7 resultados para Lésion spinale
em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP) è una molecola presente nei neuroni del midollo spinale di diverse specie di Mammiferi, inclusi topi, ratti, conigli, cani, gatti, pecore, scimmie e uomo. Nonostante la distribuzione dei neuroni contenenti questo neuropeptide sia stata studiata in maniera dettagliata nel midollo spinale delle suddette specie, non sono disponibili, in letteratura, informazioni relative alla presenza di queste cellule nel midollo spinale dei Cetacei. Di conseguenza, è stata condotta la presente ricerca che ha avuto lo scopo di determinare, mediante metodiche di immunoistochimica, la distribuzione e la morfologia dei neuroni esprimenti il CGRP nel midollo spinale di tursiope (Tursiops truncatus). In questa specie, la distribuzione laminare (secondo Rexed) dei neuroni CGRP-immunoreattivi è assai simile a quella che si osserva nei Roditori, nei Carnivori e nei Primati; infatti, i corpi cellulari immunopositivi sono localizzati soprattutto in corrispondenza dell’apice del corno dorsale (lamine I e II) e nel corno ventrale (lamine VIII e IX). La distribuzione e la morfologia dei neuroni esprimenti CGRP nel midollo spinale di tursiope suggeriscono come tale neuropeptide possa essere coinvolto nella trasmissione delle informazioni sia sensitive (somatiche e viscerali) che motorie. I neuroni CGRP-immunoreattivi localizzati nelle lamine I e II del midollo spinale di tursiope, come dimostrato in altre specie, potrebbero agire da interneuroni modulando le informazioni nocicettive che dai gangli spinali vengono trasmesse al midollo spinale. Nelle lamine I e II sono presenti anche numerosi processi immunopositivi che, oltre ad appartenere a neuroni locali, derivano, molto probabilmente, dai ai neuroni pseudounipolari dei gangli spinali. In accordo con quanto appena affermato, è opportuno sottolineare come le fibre afferenti primarie provenienti dai gangli spinali utilizzino il CGRP per la trasmissione delle informazioni dolorifiche. La presenza di CGRP nei neuroni della lamina VIII, invece, indica come questo neuropeptide possa essere implicato nella trasmissione di segnali di natura motoria, utilizzando meccanismi presinaptici. Infine, la presenza di numerosi motoneuroni immunoreattivi per il CGRP nella lamina IX indicherebbe un’azione diretta svolta da questo neuropeptide nell’interazione tra motoneurone inferiore e muscolo scheletrico.
Resumo:
I Gangli della Base svolgono un importante ruolo nel controllo del movimento volontario: questi nuclei sottocorticali localizzati alla base di entrambi gli emisferi cerebrali sono densamente interconnessi con la corteccia cerebrale, il talamo e il tronco dell’encefalo, ma non con il midollo spinale. Facilitano l’esecuzione di un singolo atto motorio, sopprimendo tutti gli altri. Questa funzionalità ha lo scopo di favorire il comando più appropriato, inibendo i restanti per il tempo necessario. I Gangli della Base fungono da vero e proprio filtro, prendendo informazioni dall'intera corteccia, permettendo il passaggio di alcune e bloccandone altre. Per iniziare, verrà descritta l’anatomia e ogni singola parte che compone questi nuclei, elencando le varie interconnessioni sinaptiche. Successivamente, si passerà alla illustrazione della via diretta e della via indiretta e del meccanismo fisiologico che regola l’apprendimento sinaptico e la selezione di azioni, con annessi i principi teorici che ne costituiscono le fondamenta. Si affronterà il modello sviluppato presso l’Università di Bologna da C. Baston e M. Ursino e verranno mostrate varie simulazioni riguardanti tale modello. In conclusione, si tratteranno la malattia di Parkinson, patologia neurodegenerativa che colpisce principalmente le cellule dopaminergiche di alcune aree dei Gangli della Base, e il morbo di Huntington
Resumo:
Nel presente lavoro di tesi ho sviluppato un metodo di analisi di dati di DW-MRI (Diffusion-Weighted Magnetic Resonance Imaging)cerebrale, tramite un algoritmo di trattografia, per la ricostruzione del tratto corticospinale, in un campione di 25 volontari sani. Il diffusion tensor imaging (DTI) sfrutta la capacità del tensore di diffusione D di misurare il processo di diffusione dell’acqua, per stimare quantitativamente l’anisotropia dei tessuti. In particolare, nella sostanza bianca cerebrale la diffusione delle molecole di acqua è direzionata preferenzialmente lungo le fibre, mentre è ostacolata perpendicolarmente ad esse. La trattografia utilizza le informazioni ottenute tramite il DW imaging per fornire una misura della connettività strutturale fra diverse regioni del cervello. Nel lavoro si è concentrata l’attenzione sul fascio corticospinale, che è coinvolto nella motricità volontaria, trasmettendo gli impulsi dalla corteccia motoria ai motoneuroni del midollo spinale. Il lavoro si è articolato in 3 fasi. Nella prima ho sviluppato il pre-processing di immagini DW acquisite con un gradiente di diffusione sia 25 che a 64 direzioni in ognuno dei 25 volontari sani. Si è messo a punto un metodo originale ed innovativo, basato su “Regions of Interest” (ROIs), ottenute attraverso la segmentazione automatizzata della sostanza grigia e ROIs definite manualmente su un template comune a tutti i soggetti in esame. Per ricostruire il fascio si è usato un algoritmo di trattografia probabilistica che stima la direzione più probabile delle fibre e, con un numero elevato di direzioni del gradiente, riesce ad individuare, se presente, più di una direzione dominante (seconda fibra). Nella seconda parte del lavoro, ciascun fascio è stato suddiviso in 100 segmenti (percentili). Sono stati stimati anisotropia frazionaria (FA), diffusività media, probabilità di connettività, volume del fascio e della seconda fibra con un’analisi quantitativa “along-tract”, per ottenere un confronto accurato dei rispettivi percentili dei fasci nei diversi soggetti. Nella terza parte dello studio è stato fatto il confronto dei dati ottenuti a 25 e 64 direzioni del gradiente ed il confronto del fascio fra entrambi i lati. Dall’analisi statistica dei dati inter-subject e intra-subject è emersa un’elevata variabilità tra soggetti, dimostrando l’importanza di parametrizzare il tratto. I risultati ottenuti confermano che il metodo di analisi trattografica del fascio cortico-spinale messo a punto è risultato affidabile e riproducibile. Inoltre, è risultato che un’acquisizione con 25 direzioni di DTI, meglio tollerata dal paziente per la minore durata dello scan, assicura risultati attendibili. La principale applicazione clinica riguarda patologie neurodegenerative con sintomi motori sia acquisite, quali sindromi parkinsoniane sia su base genetica o la valutazione di masse endocraniche, per la definizione del grado di contiguità del fascio. Infine, sono state poste le basi per la standardizzazione dell’analisi quantitativa di altri fasci di interesse in ambito clinico o di studi di ricerca fisiopatogenetica.
Resumo:
Ogni anno si registra un crescente aumento delle persone affette da patologie neurodegenerative come la sclerosi laterale amiotrofica, la sclerosi multipla, la malattia di Parkinson e persone soggette a gravi disabilità motorie dovute ad ictus, paralisi cerebrale o lesioni al midollo spinale. Spesso tali condizioni comportano menomazioni molto invalidanti e permanenti delle vie nervose, deputate al controllo dei muscoli coinvolti nell’esecuzione volontaria delle azioni. Negli ultimi anni, molti gruppi di ricerca si sono interessati allo sviluppo di sistemi in grado di soddisfare le volontà dell’utente. Tali sistemi sono generalmente definiti interfacce neurali e non sono pensati per funzionare autonomamente ma per interagire con il soggetto. Tali tecnologie, note anche come Brain Computer Interface (BCI), consentono una comunicazione diretta tra il cervello ed un’apparecchiatura esterna, basata generalmente sull’elettroencefalografia (EEG), in grado di far comunicare il sistema nervoso centrale con una periferica esterna. Tali strumenti non impiegano le usuali vie efferenti coinvolte nella produzione di azioni quali nervi e muscoli, ma collegano l'attività cerebrale ad un computer che ne registra ed interpreta le variazioni, permettendo quindi di ripristinare in modo alternativo i collegamenti danneggiati e recuperare, almeno in parte, le funzioni perse. I risultati di numerosi studi dimostrano che i sistemi BCI possono consentire alle persone con gravi disabilità motorie di condividere le loro intenzioni con il mondo circostante e provano perciò il ruolo importante che esse sono in grado di svolgere in alcune fasi della loro vita.
Resumo:
Le fratture vertebrali sono tra le principali cause dell’incremento della mortalità. Queste sono dovute principalmente a traumi, tumori o particolari patologie metaboliche che colpiscono l’osso. Il tratto maggiormente interessato è quello toraco-lombare in quanto deve sopportare la maggior parte dei carichi. Risulta quindi necessario comprendere come la colonna vertebrale risponde ai carichi così da studiare e sviluppare nuovi protocolli e trattamenti per disordini del tratto spinale. Informazioni quantitative possono essere ottenute mediante test in vitro. Questi hanno alcune limitazioni dovute principalmente alla difficoltà di misurare le tensioni e le deformazioni in zone diverse dalla superficie, alla complessità e al costo delle prove. Un altro limite delle prove in vitro è rappresentato dal fatto che ciascun campione può essere testato a rottura una volta sola. Queste problematiche possono essere superate con l’utilizzo contemporaneo di modelli matematici e test in vitro. In particolare i test in vitro sono utilizzati in fase di validazione del modello matematico, ovvero nella determinazione di quanto il modello è una rappresentazione del comportamento reale che si sta simulando. Il presente lavoro di tesi si inserisce in un progetto di caratterizzazione di vertebre toraco-lombari utilizzate per la validazione di un modello agli elementi finiti. In particolare l’obiettivo dello studio è stata la realizzazione di prove meccaniche in modo da replicare l’anterior wedge fracture. Tali prove sono state effettuate presso il Laboratorio di Biomeccanica del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Bologna. Gli spostamenti registrati durante le prove sono stati utilizzati dal Laboratorio di Tecnologia Medica dell’Istituto Ortopedico Rizzoli come condizioni al contorno per la realizzazione di un modello FE. Una volta validato e messo a punto, il modello sarà utilizzato per valutare lo stato di salute della colonna vertebrale in vivo.
Resumo:
I Gangli della Base svolgono un ruolo molto importante nel movimento volontario, ovvero nel meccanismo di azione-selezione, e la loro influenza è evidente soprattutto in alcune patologie che ancora ad oggi sono in fase di studio: una di queste è il Morbo di Parkinson. I Gangli della Base comprendono quattro formazioni nervose: lo striato, il globus pallidus, la substantia nigra e il nucleo subtalamico: essi ricevono le principali afferenze dalla corteccia cerebrale ed inviano le principali efferenze al tronco dell’encefalo, e, per mezzo del talamo, alle corteccia prefrontale, premotoria e motrice. A differenza della maggior parte delle altre componenti dei sistemi motori, i Gangli della Base non stabiliscono direttamente né connessioni afferenti, né efferenti con il midollo spinale. Il compito principale svolto dai Gangli dDella Base è la selezione di un’azione: esso permette ad un’azione di essere selezionata rispetto ad un’altra, che in questo modo viene inibita. La descrizione dell’anatomia, dei meccanismi fisiologici e del Morbo di Parkinson è trattata nel Capitolo 1. In questo elaborato è utilizzato il modello computazionale di Mauro Ursino e Chiara Baston, che sarà illustrato dettagliatamente nel Capitolo 2, riguardante il meccanismo di azione-selezione svolto dai Gangli della Base. E’ descritto un sistema di valutazione di un paziente parkinsoniano, il tapping test: esso consiste in un movimento alternato del dito e ad oggi risulta essere uno dei metodi più semplici per ottenere informazioni sulla gravità della bradicinesia. L’obiettivo di questo lavoro è quello di comprendere, tramite l’analisi di simulazioni effettuate per mezzo del modello computazionale di Mauro Ursino e Chiara Baston, come la frequenza di tapping dipenda dal variare di alcuni parametri delle equazioni del modello: gli effetti dovuti alla variazione di un singolo parametro o più di uno, saranno mostrati nel Capitolo 3.
Resumo:
Nel trattamento e nella cura di pazienti con lesione spinale è fondamentale una corretta valutazione della lesione e delle disfunzionalità che questa produce. Il cammino è senza dubbio una delle funzionalità maggiormente ridotta a seguito di una lesione, che può portare sia ad una diminuzione di questa capacità sia ad una completa inabilità. Nella valutazione del cammino il clinico si avvale di diverse strumentazioni come sistemi stereofotogrammetrici, pedane di forza ed elettromiografi che gli permettono di svolgere un’analisi strumentale del passo ed indagare le cause muscolari e neurologiche che portano a delle anormalità nella deambulazione. Questo lavoro si propone di presentare questi sistemi e compiere una panoramica dei principali parametri cinematici (velocità del cammino, lunghezza del passo, fase di stance, angoli articolari, ciclogrammi intra-articolari) che influenzano il passo e le metodologie con più successo nel migliorarli. Inoltre verranno evidenziati i risultati ottenuti dall’analisi elettromiografica riguardo alla presenza di pattern muscolari comuni alla base del cammino riscontrabili anche in persone sane e come gli impulsi EMG siano modulabili in ampiezza e durata a seguito di training motori.