2 resultados para Hydra

em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna


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This study aimed to investigate which genes Cnidaria use for photoreception and test whether Gi alpha subunit protein is involved in the phototransduction cascade, giving additional tools to investigate light-mediated behaviors, as nematocyte firing. Here, I engineered an opsin gene promoter construct useful to test whether nematocyte sensory cells express opsin gene. By determining the expression of one of the unique EST opsin genes of the eyeless hydrozoan Hydra magnipapillata genome in nematocyte sensory cells, we will be able to investigate whether light modulation is an ancestral feature in Cnidaria, and whether regulation of nematocyte discharge by opsin-mediated phototransduction predated this pathway’s function in cnidarian eyes. Nematocytes, the cnidarians stinging cells, discharge nematocysts to capture prey. As nematocysts are energetically expensive, the discharge is tightly regulated and occurs after proper chemical and mechanical stimulation. Cnidarians are also known to display a rich corpus of photobehaviors, which are often associated with activities that involve nematocytes. Previous experiments on nematocyst firing modulation show that light decreases nematocyte firing. This study contributed to confirm that bright light decreases the tendency for nematocytes to discharge in Haliplanella luciae. Similar findings in cubozoan and hydrozoan lead us to believe that light modulation of cnidocytes may be an ancestral feature of Cnidaria. Experimentally, I found no evidence that pertussis toxin, a Gi alpha subunit protein inhibitor, ablates Hydra magnipapillata photobehaviour, preliminary suggesting that Gi alpha subunit protein is not involved in photoresponse. I found no significant association between pertussis toxin and nematocyte firing in Haliplanella luciae both in conditions of dim and bright light, suggesting that Gi alpha subunit protein is not involved in photoresponse. We have preliminary evidence for a prevalence of photoreception over chemoreception, tending toward conditions of bright light. This finding may suggest the involvement of a Gs alpha subunit protein in Haliplanella luciae phototransduction pathway. While nematocyte chemo- and mechano-sensitivity have been extensively studied, further research is necessary to better understand what an ancestral phototransduction cascade looked like, and how opsin-based phototransduction acts to regulate nematocyte discharge.

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Grazie alla crescente evoluzione tecnologica è oggi possibile, tramite Head Mounted Display (HMD), vivere una realtà virtuale ricca nei dettagli, interattiva ed immersiva. L’avanzamento in questo settore ha infatti portato a una vera e propria rivoluzione, aprendo la possibilità di utilizzare questa tecnologia in molteplici ambiti. L’ostacolo riscontrato è che a un progresso di tale entità non si associa un adeguato aggiornamento e perfezionamento riguardo alle metodologie di interazione con oggetti 3D, dell’utilizzo di interfacce grafiche e del generale design ambientale. La diretta conseguenza di questo mancato aggiornamento è quella di indebolire o addirittura annullare l’effetto presenza dell'HMD, requisito indispensabile che consente all’utente di immergersi sensorialmente nel contesto simulato. L’obiettivo di questo studio consiste nel comprendere cosa è necessario tenere in considerazione e quali regole vanno cambiate per poter mantenere un'alta sensazione di presenza per l'utente all’interno di una realtà virtuale. A questo scopo è stato creato un ambiente virtuale 3D in grado di supportare l'utilizzo di un HMD, l'Oculus Rift, e di diversi dispositivi di input in grado di consentire controllo tramite movimenti naturali, il Razer Hydra ed il Leap Motion, in modo da poter effettuare un'analisi diretta sul livello del fattore presenza percepito nell'effettuare diverse interazioni con l'ambiente virtuale e le interfacce grafiche attraverso questi dispositivi. Questa analisi ha portato all'individuazione di molteplici aspetti in queste tipologie di interazioni e di design di intrefacce utente che, pur essendo di uso comune negli ambienti 3D contemporanei, se vissuti in un contesto di realtà virtuale non risultano più funzionali e indeboliscono il senso di presenza percepito dall'utente. Per ognuno di questi aspetti è stata proposta ed implementata una soluzione alternativa (basata su concetti teorici quali Natural Mapping, Diegesis, Affordance, Flow) in grado di risultare funzionale anche in un contesto di realtà virtuale e di garantire una forte sensazione di presenza all'utente. Il risultato finale di questo studio sono quindi nuovi metodi di design di ambienti virtuali per realtà aumentata. Questi metodi hanno permesso la creazione di un ambiente virtuale 3D pensato per essere vissuto tramite HMD dove l'utente è in grado di utilizzare movimenti naturali per interagire con oggetti 3D ed operare interfacce grafiche.