12 resultados para Haya de la Torre

em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna


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Il mio lavoro di tesi è partito da uno studio approfondito del contesto in cui si trova la Darsena di Ravenna, la mia area di progetto. Tutta la storia dell’evoluzione di Ravenna è legata soprattutto a due fattori principali: la necessità di difendersi dalle incursioni esterne e il continuo adattarsi alle trasformazioni del territorio soprattutto per quanto riguarda la linea di costa e il corso dei due fiumi che la circondano, il Ronco e il Montone. Questi due fattori hanno fatto si che Ravenna sia apparsa, sin dai primi secoli d. C., una città cinta da grandi mura, circondate da fiumi. Il Ronco e il Montone, sono poi diventati, a metà del XVI sec. i protagonisti principali della storia di Ravenna. I diversi progetti che si sono susseguiti nel tempo per cercare di deviarli e allontanarli dalla città, dato che ormai rappresentavano solo un grosso pericolo di alluvione, hanno determinato l’abbandono del primo porto della città, voluto dall’imperatore Augusto e la nascita dell’attuale canale Candiano. Fin dall’inizio il nuovo porto di Ravenna ha presentato una serie di problemi legati alla scarsa profondità del fondale e ai costi di manutenzione, a tal punto che le attività del porto sono sempre state molto limitate. Oggi la Darsena di città è caratterizzata da una moltitudine di edifici di archeologia industriale, risalenti al boom economico degli anni ’50, che risultano per la maggior parte, in uno stato di degrado e abbandono, incominciato con la crisi petrolifera degli anni ’70. A partire dal P.R.G. del 1993, si sono messi in atto una serie di iniziative atte a rivitalizzare e reintegrare quest’area all’interno della città storica, in modo che non sembri più un’entità separata ma che possa diventare un grande potenziale di sviluppo per la città stessa. La politica di riqualificazione del waterfront non riguarda solo Ravenna, ma è una strategia che molte città del modo hanno adottato negli ultimi decenni per ridare lustro alla città stessa e, allo stesso tempo recuperare zone spesso lasciate al loro destino. Fra queste città ho scelto di approfondirne cinque, Baltimora, Barcellona, Genova, Amburgo e Bilbao, evidenziando le diverse situazioni ma soprattutto le diverse motivazioni che le hanno spinte a raggiungere la medesima conclusione, quella che l’area portuale rappresenta un grande fattore di sviluppo. La mia attenzione poi si è spostata su quale attività potesse essere più adatta ad assolvere questo obiettivo. Ho pensato di progettare un museo e una serie di edifici ad esso collegati, come un centro di ricerca con residenze annesse e una torre belvedere, che dessero all’area la possibilità di essere vissuta in tutto l’arco della giornata e per tutto l’anno. Prima di affrontare direttamente la parte progettuale ho cercato di capire quale fosse la tipologia di museo e quali fossero i principali elementi indispensabili che caratterizzano questi edifici. Durante lo studio di questi casi ho classificato i musei secondo 5 categorie diverse, la galleria, la rotonda, la corte, la spirale e la pianta libera, che rispecchiano anche lo sviluppo storico di questa particolare tipologia architettonica. In base a tutte queste considerazioni ho affrontato il mio progetto. L’area presa in esame è caratterizzata da un’ampia superficie su cui insistono tre imponenti edifici di archeologia industriale molto degradati e utilizzati come magazzini dalla società proprietaria dell’area. Due di questi presentano un orientamento parallelo alla tessitura dei campi, il terzo invece segue un orientamento proprio. Oltre a queste due trame nell’area se ne può rilevare una terza legata all’andamento del canale. Queste grandi cattedrali del lavoro mi hanno fatto subito pensare di poterle utilizzare come spazi espositivi per mostre permanenti e temporanee, mantenendo intatta la loro struttura portante. Ho deciso di immergere l’edificio più imponente dei tre, che si trova in asse con la strada veicolare di accesso dalla città, in una grande corte verde delimitata ai lati da due nuovi edifici a L adibiti a veri e propri musei. Se da una parte questi musei costituiscono i limiti della corte, dall’altra rappresentano le quinte sceniche di aree completamenti differenti. Il museo adiacente al canale si affaccia su una grande piazza pavimentata dove troneggia l’edificio di archeologia industriale più simile ad una basilica e che accoglie i visitatori che arrivano tramite la navetta costiera; l’altro invece guarda verso il centro di ricerca e le residenze universitarie legati tra loro da un grande campo lungo completamente verde. A concludere la composizione ho pensato ad una torre belvedere dalla pianta circolare che potesse assorbire tutte le diverse direzioni e che si trova proprio in asse con il terzo edificio di archeologia industriale e a contatto con l’acqua. Per quanto riguarda l’organizzazione interna dei musei ho scelto di proporre due sezioni dello stesso museo con caratteristiche ben distinte. Il primo museo riguarda la storia della civiltà marinara di Ravenna ed è caratterizzato da ambienti conclusi lungo un percorso prestabilito che segue un criterio cronologico, il secondo invece presenta una pianta abbastanza libera dove i visitatori possono scegliere come e su cosa indirizzare la propria visita. Questa decisione è nata dalla volontà di soddisfare le esigenze di tutta l’utenza, pensando soprattutto alla necessità di coinvolgere persone giovani e bambini. Il centro di ricerca è organizzato planimetrica mente come una grande C, dove le due ali più lunghe ospitano i laboratori mentre l’ala più corta rappresenta l’ingresso sottolineato da un portico aggettante sulla corte. Simmetricamente si trovano i sette volumi delle residenze. Ognuno di questi può alloggiare sei studenti in altrettanti monolocali con servizi annessi, e presenta al piano terra aree di relax e sale lettura comuni. La torre belvedere invece riveste un ruolo più commerciale ospitando negozi, uffici per le varie associazioni legate al mare e un ristorante su più livelli, fino ad arrivare alla lanterna, che, come il faro per le navi, diventa un vero segno di riconoscimento e di orientamento dell’area sia dal mare che dalla città.

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Chiunque visiti il Castello di Sorrivoli, può percepire lo straordinario valore testimoniale di questo monumento, dall’aspetto “venerando e pittoresco”, che racchiude in sé quasi mille anni di storia. Il continuo utilizzo del castello, le piccole opere di manutenzione e le campagne di restauro hanno garantito la trasmissione al presente di apparati tipici dell’architettura bellica medievale e del palatium residenziale, ma soprattutto hanno reso possibile leggere parte di questi mille anni direttamente sulla fabbrica. Quello che invece colpisce negativamente è come il castello abbia dovuto adattarsi alle nuove funzioni, imposte aprioristicamente negli ultimi decenni e non viceversa. Spazi straordinari sono stati compromessi, gran parte delle sale sono utilizzate come deposito e le ali del castello, che non possono essere ragionevolmente sfruttate dalla comunità religiosa, si trovano in uno stato di conservazione pessimo, mettendo così a repentaglio la possibilità di continuare questa traditio, intesa col significato latino di tradere ai posteri la memoria del castello. L’approccio alla fabbrica richiedeva dunque, oltre agli interventi sui paramenti, una nuova destinazione d’uso che, coinvolgendo tutto il castello, ne valorizzasse le spazialità e soprattutto permettesse la conservazione di tutte le sue parti costitutive. In secondo luogo, la nuova ipotesi aspirava a confrontarsi con una situazione realistica e sostenibile dal punto di vista della gestione del complesso. Dopo aver valutato quelle che erano le opportunità offerte dal territorio e le vocazioni d’uso del castello stesso, è quindi emersa la necessità di avere due livelli di fruizione, uno che permettesse a tutti di conoscere e visitare il castello e le sue parti più significative e il secondo più materiale, legato alla presenza di tutti quei servizi che rendono confortevole la permanenza delle persone. Per queste ragioni il percorso ha inizio nel parco, con una lettura complessiva del monumento; prosegue, attraverso la postierla, nel piano interrato, dove è allestito un museo virtuale che narra, in maniera interattiva, la storia del castello e termina sulla corte, dove il nuovo volume, che ripropone la spazialità dell’ala crollata, permette di comprendere i legami intrinseci col territorio circostante. La torre centrale assume infine il ruolo di punto culminante di questa ascesa verso la conoscenza del castello, diventando un luogo metaforico di meditazione e osservazione del paesaggio. Il piano terra e il piano primo dell’antico palatium ospitano invece una struttura ricettiva, che aspirando ad un’elevata qualità di servizi offerti, è dotata di punto vendita e degustazione di prodotti tipici e sala conferenze. La scelta di ricostruire l’ala crollata invece, non vuol essere un gesto autografo, ma deriva dall’esigenza di far funzionare al meglio il complesso sistema del castello; sono stati destinati al volume di nuova edificazione quei servizi necessari che però non erano compatibili con la fabbrica antica e soprattutto si è cercato di dar conclusione al racconto iniziato nel giardino. In tal senso la valorizzazione del castello si articola come un percorso di conoscenza che si pone come scopo primario la conservazione del monumento, senza però negare l’innovazione legata alla contemporaneità dell’intervento e alla volontà di volerlo includere in una più ampia dinamica territoriale.

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La tesi di laurea elaborata ha come oggetto Villa Torlonia, chiamata anche “ la Torre” , un complesso edilizio risalente al Settecento. Il lavoro effettuato ha compreso prima di tutto uno studio della storia della Torre, l’evoluzione e il rapporto con il suo contesto. È seguita poi un’analisi del complesso, effettuata dal punto di vista sia della consistenza che dello stato di conservazione, per poi studiare l’insieme di interventi che l’hanno caratterizzata e che le hanno conferito l’attuale aspetto.Si tratta di opere di consolidamento, di recupero e di ripristino che hanno occupato un’epoca che va dagli ultimi vent’anni del Novecento fino ad ora. Solo dopo questa fase di studio e di ricerca si è passati ad elaborare un programma di riutilizzo della Villa, che occupa il quinto capitolo della Tesi. L’idea progettuale sviluppata parte dall'intento di valorizzare questo complesso edilizio che, essendo di proprietà comunale, è spesso oggetto di manifestazioni culturali. La grande corte esterna, il piano terra del corpo centrale ed i vecchi magazzini al piano interrato sono oggigiorno sede di incontri di moda e di momenti espositivi temporanei, molti dei quali legati alla produzione calzaturiera locale. San Mauro Pascoli ospita infatti le sede di alcune delle più note marche dell'alta moda calzaturiera e la sua economia così come la sua storia, è legata a questa attività che da più di un secolo rappresenta una vera e propria attrattiva locale. Il tipo di intervento che si viene a delineare parte quindi dal voler privilegiare questa tradizione del luogo, pertanto il progetto prevede l’inserimento di un Museo della scarpa e lo spostamento della scuola calzaturiera CERCAL, al fine di rendere Villa Torlonia un centro di attrazione turistica.

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Lo studio della forma circolare, la più dinamica e flessibile tra le figure geometriche, è alla base del nostro intervento progettuale. La sua analisi deriva dallo studio accurato e approfondito della civiltà Muisca, popolazione precolombiana che si insediò nel nostro territorio di progetto, la localidad de Usme. Posizionata a sud di Bogotà, presenta un territorio prevalentemente montuoso segnato da numerosi corsi fluviali. La popolazione indigena, nella visione del cosmo e conseguentemente in tutti gli aspetti della vita, attinge a principi basati sui quattro elementi della terra. Ispirate dal modo in cui l’acqua veniva venerata e rispettata dalla cultura Muisca, il nostro interesse si è concentrato su questo elemento. La morfologia e l’idrografia del territorio ci hanno suggerito l’idea strutturante del progetto: definire un parco fluviale lungo le rive del rio Tunjuelo, fiume che caratterizza l’area e costituisce la più importante risorsa idrica di Bogotà. Il percorso lungo l’asse verde si configura come una passeggiata naturale e permette la definizione di luoghi di incontro, di aggregazione e di conoscenza del territorio. Lungo il parco fluviale sorgono le architetture, puntuali e dislocate in successione: una torre dell’acqua, localizzata nel punto più alto dell’area di progetto, una piazza-mercato, luogo di incontro e di scambio ed una cisterna dell’acqua, posizionata alla quota più bassa. I singoli progetti collaborano tra loro funzionalmente: la torre, serbatoio idrico, distribuisce l’acqua prelevata dalla cisterna, tanto alle abitazioni circostanti quanto all’intervento progettuale nella sua complessità. In tal maniera la struttura architettonica, fluviale e del verde coesistono all’interno dell’area, partecipando alla definizione di un sistema completo e autosufficiente. Un circuito di elementi che ben convive con l’idea della forma circolare, generatrice dei progetti architettonici. L’architettura circolare, che ben si presta a dialogare con la natura, si pone come obbiettivo quello di dare una nuova immagine alla localidad.

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La Rocca delle Caminate nella coscienza e nell’immaginario Ben volentieri mi sono occupato dell’ambizioso progetto di restauro e recupero funzionale della Rocca delle Caminate, perché se è vero che il complesso ha rivestito un’importanza rilevante sotto il profilo storico e politico di questa parte di Romagna, è pur vero che vive nei miei ricordi fin dall’epoca dell’infanzia, ed è venuto acquistando nel tempo un preciso valore nella mia coscienza e nel mio immaginario. Questa rocca, questa fortificazione, questa torre che si staglia all’orizzonte dominando con austerità le amene vallate, l’ho sempre veduta e ha sempre sollevato in me suggestioni e interrogativi che però non mi ero mai preoccupato di chiarire: ero, per così dire, rimasto fedele alla mia emotività e mi erano bastati i racconti di nonna che andava spesso rammentando di quando, durante il ventennio fascista, insieme alle sorelle percorreva a piedi i sentieri che dalla vicina Dogheria conducevano alle Caminate, in occasione di una tal festa o di una tal funzione religiosa. Le sue parole e i suoi racconti continuano a donarmi un po’ del profumo dell’epoca, e fa specie notare come ancora oggi – in un tempo che fa dello sfavillio delle luci sfoggio di opulenza e miraggio di benessere – vengano puntualmente traditi dall’ammirazione per un faro che all’epoca ruotava emanando luce verde, bianca e rossa: quella del tricolore italiano. La Rocca delle Caminate – dicevo – è sempre stata una veduta familiare e fin troppo consuetudinaria, nei cui riguardi ero quasi giunto a una sorta d’indolenza intellettuale. Eppure, alla vigilia di decidere l’oggetto di questa tesi, ho volto lo sguardo ancora verso latorre che domina a meraviglia il circostante paese”, ma in questa circostanza trovandomi cambiato: non più solo emozionato dal racconto nella memoria degli anziani, bensì spinto a una sfida anche per onorare il loro attaccamento verso questa fortificazione. È un popolo, quello che ho trovato, che mi ha stupito alquanto per la capacità di ricordare. Voglio dire ricordo, non trasognata visione; sottolineo fulgida testimonianza, non di rado animata dalla fierezza di chi sente fortemente il radicamento a una terra e rivendica il diritto di poter un giorno rivedere la ‘propria’ Rocca come l’ha veduta un tempo, poterla finalmente visitare e toccare, al di là di ogni colore politico, al di là di ogni vicenda passata, bella o brutta che sia. Poterla, in concreto, vivere. Così, un giorno ho varcato il limite dell’ingresso della Rocca e ho iniziato a camminare lungo il viale che conduce al castello; mi sono immerso nel parco e ho goduto della frescura dei pini, dei frassini e dei cipressi che fanno da contorno alla fortificazione. Certamente, ho avvertito un po’ di soggezione giunto ai piedi dell’arce, e mi è sorto spontaneo pormi alcune domande: quanti fanti e cavalieri saranno giunti a questa sommità in armi? Quanti ne saranno morti travolti nella furia della battaglia? Quanti uomini avranno provveduto alla sicurezza di questi bastioni oggi privati per sempre delle originarie mura difensive? Quanti castellani avranno presieduto alla difesa del castro? Ma più che a ogni altra cosa, il mio pensiero è andato a un protagonista della storia recente, a Benito Mussolini, che fra la fine degli anni venti e l’inizio degli anni trenta aveva eletto questo luogo a dimora estiva. Camminando lungo i corridoi della residenza e visitando le ampie stanze, nel rimbombo dei miei passi è stato pressoché impossibile non pensare a quest’uomo che si riconosceva in un duce e che qui ha passato le sue giornate, qui ha indetto feste, qui ha tenuto incontri politici e ha preso importanti decisioni. Come dimenticare quel mezzobusto, quella testa, quella postura impettita? Come dimenticare quello sguardo sempre un po’ accigliato e quei proclami che coglievano il plauso delle masse prima ancora di essere compiutamente formulati? In questo clima, fra castellani, capitani, cavalieri e duces di ogni epoca, sono entrato in punta di piedi, procedendo ai rilevamenti e ai calcoli per la realizzazione di questo progetto. È vero, non è stato facile muoversi nel silenzio che avvolge questo posto magico senza romperne l’incanto, e se a volte, maldestramente, ho fatto più rumore del solito, me ne rammarico. Sono sicuro che questi illustri signori sapranno scusarmene.

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Questa tesi affronta il progetto di riqualificazione energetica, riorganizzazione funzionale ed ampliamento del plesso scolastico a Villa Romiti a Forlì, costituito da tre istituti scolastici (scuola dell'infanzia "Le Api", scuola primaria "P. Squadrani" e scuola secondaria inferiore "G. Mercuriali") inseriti in un comparto su cui insistono anche il palazzetto dello sport "Pala-Romiti" e la torre piezometrica dell'acquedotto, a servizio dell'omonimo quartiere. Al fine di comprendere meglio le dinamiche che intercorrono tra il plesso scolastico, il quartiere in cui è collocato e la città , è stata inizialmente effettuata un'analisi dell'area, del territorio circostante e del sistema scolastico forlivese, che ne ha evidenziato alcuni dei tratti salienti. Il comparto è una superficie pianeggiante di forma rettangolare, con un'estensione di 34000 mq, collocata a ovest del centro storico di Forlì, in prossimità  del fiume Montone e a contatto diretto con il territorio agricolo periurbano, delimitata su due lati dalla rete viaria urbana e sui restanti due dai campi circostanti. Questa particolare collocazione dispone l'area nel punto di incontro tra due diverse trame del territorio: quella urbana definita dall'allineamento dei corpi di fabbrica del quartiere Romiti, ripreso dall'orientamento degli edifici all'interno del plesso scolastico, e la trama agricola derivante dalla centuriazione romana, che segna l'intero territorio circostante in relazione al tracciato dell'antica via Emilia. In seguito, l'attenzione si è focalizzata sulle relazioni tra i vari elementi che occupano l'area e sugli elementi di criticità  che le condizionano. Sulla scorta dei programmi fissati dall'Amministrazione comunale, un ulteriore approfondimento ha permesso di individuare le criticità  a livello del singolo edificio e di delineare le strategie di intervento per la riqualificazione del comparto. Rispetto al sistema scolastico forlivese, che si è sviluppato invece seguendo le direttrici di espansione della città storica verso est, l'area appare come un nucleo isolato, in cui gli indirizzi dell'Amministrazione prevedono di mantenere ed intensificare la presenza di più istituti scolastici, in modo da rafforzarne il carattere di polo di formazione, a servizio di un bacino di utenza molto vasto, che dall'insediamento urbano più prossimo si estende fino alle frazioni presenti sui colli circostanti. La presenza all'interno del comparto del Palazzetto dello sport accentua le difficoltà  di gestione e l'utilizzo promiscuo degli spazi connettivi e di pertinenza, già  complesse a causa della convivenza di diverse scuole. La necessità  di assicurare l'accesso al Palazzetto anche da parte degli utenti esterni alle scuole ha generato una confusa rete di percorsi di accesso all'area; in cui percorrenze carrabili e pedonali si sovrappongono, con conseguenti problemi sia di funzionalità  che di sicurezza, soprattutto per gli alunni degli istituti. Elemento positivo su cui innestare una riqualificazione del plesso è la presenza di estese aree verdi, in parte di pertinenza esclusiva, che ospitano le attività  ludiche degli studenti ma che attualmente soffrono di incuria e di scarsa manutenzione, aggravate dalla mancanza di un efficiente sistema perimetrale di controllo. Il palazzetto dello sport e la torre piezometrica, servizi di quartiere utili alla collettività , rappresentano due emergenze architettoniche che, nell'ottica di una sistemazione planivolumetrica dell'area, necessitano di un'attenzione particolare, al fine di integrarle all'interno di un unico disegno generale di un "campus" scolastico. Approfondendo l'analisi alla scala dei singoli edifici, di ciascuno di essi sono state evidenziate le principali criticità , in termini architettonici, funzionali ed energetici. La scuola primaria "P. Squadrani", costruita alla fine degli anni "40, è un edificio a corte, con un regolare disegno di facciata scandito da aperture ad arco, che gli conferiscono un'identità  architettonica, molto più debole invece negli altri edifici del comparto. Per questo edificio, che presenta problemi legati alla fruizione e all'orientamento delle aule per la didattica, il programma dell'Amministrazione comunale prevede un ampliamento in grado di ospitare un'ulteriore sezione. L'Amministrazione non prevede prossimi interventi, invece, per scuola secondaria inferiore "G. Mercuriali", che però, nonostante la sua costruzione risalga agli anni '80, appare in cattivo stato di conservazione e manca sia di un'adeguata area verde di pertinenza, che di una palestra a uso esclusivo. Infine, la scuola dell'infanzia "Le Api", di recente costruzione, è dotata di un'area verde di grande estensione, ma collocata in posizione sfavorevole, a causa dell'ombra proiettata dall'edificio "Pala-Romiti". Per questo istituto, l'Amministrazione prevede il raddoppio della capienza, per raggiungere il numero di sei unità  pedagogiche complessive. Le analisi effettuate sul comportamento energetico evidenziano che le prestazioni di tutti e tre gli edifici sono inadeguate e devono essere sensibilmente migliorate per allinearsi agli standard della recente normativa regionale (DAL 156/2008 Regione Emilia-Romagna). Sulla base degli elementi emersi dalle analisi preliminari e degli obiettivi fissati dall'Amministrazione comunale, la strategia di progetto adottata si è focalizzata su sette principali obiettivi: riorganizzare il sistema di accessi e percorsi, separando l'uso carrabile da quello pedonale: si è previsto di declassare e riservare ai soli mezzi pubblici il tratto di strada comunale antistante il lato sud del comparto e di innestarvi un asse principale di accesso all'area scolastica, ad uso esclusivo degli utenti delle scuole; attestare sul nuovo asse principale di percorrenza i cinque diversi nuclei funzionali presenti nell'area: le tre scuole, il palazzetto dello sport, il nuovo parco pubblico e infine l'area riservata alla torre piezometrica e ai parcheggi; progettare un'unica nuova scuola per l'infanzia, dimensionata per ospitare tutte le sei sezioni previste, collocata a diretto contatto con il verde agricolo circostante, caratterizzata da una separazione netta -funzionale e volumetrica- tra gli spazi dedicati ai bambini e quelli dedicati al personale e organizzata in due blocchi indipendenti di unità pedagogiche, da tre aule ciascuno, dotate di un ampio spazio esterno di gioco e attività all'aperto; riqualificare energeticamente e funzionalmente la scuola primaria e ampliarla con l'aggiunta di un adiacente corpo di fabbrica di nuova costruzione, in continuità planimetrica e volumetrica con l'edificio esistente, a cui il nuovo volume si collega tramite una corte coperta; sottoporre il "Pala-Romiti" ad un "restyling" delle facciate e riorganizzarne i sistemi di collegamento verticale esterni; riconfigurare l'area di pertinenza esclusiva della scuola secondaria inferiore, raccordandola con il nuovo parco pubblico progettato sull'area liberata dalla demolizione della precedente scuola dell'infanzia, collocato nelle vicinanze dell'attuale parco di quartiere, cosi da rinforzare la presenza di verde urbano nel comparto; dotare la torre piezometrica di una propria via di accesso indipendente, sulla quale vengono concentrati i parcheggi necessari alle esigenze dell'intera area. In sintesi, l'obiettivo da raggiungere attraverso questa tesi è quello di proporre un intervento che analizzi e ponga rimedio alle criticità  e contemporaneamente valorizzi i punti di forza già presenti, cercando di progettare uno spazio a misura di bambino, un'isola pedonale immersa nel verde.

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Negli ultimi anni la ricerca ha fatto grandi passi avanti riguardo ai metodi di progetto e realizzazione delle strutture portanti degli edifici, a tal punto da renderle fortemente sicure sotto tutti i punti di vista. La nuova frontiera della ricerca sta quindi virando su aspetti che non erano mai stati in primo piano finora: gli elementi non-strutturali. Considerati fino ad oggi semplicemente carico accessorio, ci si rende sempre più conto della loro capacità di influire sui comportamenti delle strutture e sulla sicurezza di chi le occupa. Da qui nasce l’esigenza di questo grande progetto chiamato BNCs (Building Non-structural Component System), ideato dall’Università della California - San Diego e sponsorizzato dalle maggiori industrie impegnate nel campo delle costruzioni. Questo progetto, a cui ho preso parte, ha effettuato test su tavola vibrante di un edificio di cinque piani in scala reale, completamente arredato ed allestito dei più svariati elementi non-strutturali. Lo scopo della tesi in questione, ovviamente, riguarda l’identificazione strutturale e la verifica della sicurezza di uno di questi elementi non-strutturali: precisamente la torre di raffreddamento posta sul tetto dell’edificio (del peso di circa 3 tonnellate). Partendo da una verifica delle regole e calcoli di progetto, si è passato ad una fase di test sismici ed ispezioni post-test della torre stessa, infine tramite l’analisi dei dati raccolti durante i test e si è arrivati alla stesura di conclusioni.

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Descrizione delle attività preliminari di progettazione di una turbina eolica auto-montante. Scopo di questo studio di fattibilità è ridurre la necessità di impiego di gru pesanti per il montaggio delle torri delle turbine eoliche. Nella tesi sono affrontati il progetto concettuale, un disegno di massima del sistema studiato per sollevare autonomamente la torre. Sono inoltre presenti alcune verifiche dei componenti più critici per confermare l'attuabilità della soluzione.

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Vengono qui riportate le leggi che descrivono lo spettro della radiazione di Corpo Nero

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Il presente lavoro si riferisce ad una delle attività di monitoraggio topografico più diffuse e consolidate: il controllo altimetrico per mezzo della livellazione geometrica di precisione, finalizzato alla determinazione dei dislivelli – e della loro variazione nel tempo – tra capisaldi appositamente istituiti sulla struttura. Va ricordato infatti che in Topografia non è possibile determinare direttamente la quota assoluta di un punto, ma solamente il dislivello, ossia la differenza di quota fra punti della superficie fisica. Il caso di studio si riferisce nello specifico ad un oggetto di grandissimo interesse: le Due Torri di Bologna. La Torre degli Asinelli e la Torre Garisenda di Bologna sono infatti soggette da lungo tempo ad una attività di monitoraggio altimetrico con la tecnica della livellazione geometrica di precisione, oggi realizzata con strumentazione digitale. L’attività viene condotta dall’area di Geomatica del Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali (DICAM) dell’Università di Bologna in collaborazione con il Comune di Bologna. Scopo della tesi è illustrare gli aspetti teorici alla base della tecnica della livellazione geometrica e le operazioni che sono state eseguite sul campo ed in laboratorio, in affiancamento a quanto effettuato dal DICAM con il coordinamento del Prof. G. Bitelli. Nel Capitolo 1 viene descritta la metodologia di rilevamento mediante livellazione geometrica di precisione e la tecnica di elaborazione dei dati tramite la compensazione per osservazioni indirette secondo il principio dei minimi quadrati. Nel Capitolo 2 viene presentato il caso di studio e descritto il rilievo che è stato effettuato durante il periodo della tesi. Vengono illustrate le fasi operative sul campo e la successiva fase di predisposizione dei dati per la compensazione. Infine si illustra l’elaborazione numerica realizzata per la determinazione delle quote nel sistema di riferimento locale utilizzato.

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Il presente lavoro di tesi si pone come obbiettivo l’elaborazione di dati GNSS in modalità cinematica post-processing per il monitoraggio strutturale e, in una seconda fase, lo studio delle precisioni raggiungibili delle soluzioni ottenute utilizzando algoritmi di post-elaborazione del dato. L’oggetto di studio è la torre Garisenda, situata in piazza Ravegnana, accanto alla torre Asinelli, nel centro storico di Bologna, da tempo oggetto di studi e monitoraggi per via della sua inclinazione particolarmente critica. Per lo studio è stato utilizzato un data set di quindici giorni, dal 15/12/2013 al 29/12/2013 compresi. Per l’elaborazione dei dati è stato utilizzato un software open source realizzato da ricercatori del Politecnico di Milano, goGPS. Quest'ultimo, essendo un codice nuovo, è stato necessario testarlo al fine di poter ottenere dei risultati validi. Nella prima fase della tesi si è quindi affrontato l’aspetto della calibrazione dei parametri che forniscono le soluzioni più precise per le finalità di monitoraggio considerando le possibili scelte offerte dal codice goGPS. In particolare sono stati imposti dei movimenti calibrati e si è osservata la soluzione al variare dei parametri selezionati scegliendo poi quella migliore, ossia il miglior compromesso tra la capacità di individuare i movimenti e il rumore della serie. Nella seconda fase, allo scopo di poter migliorare le precisioni delle soluzioni si sono valutati metodi di correzione delle soluzioni basati sull'uso di filtri sequenziali e sono state condotte analisi sull'incremento di precisione derivante dall'applicazione di tali correzioni.