7 resultados para Electric equipment

em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna


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The trend related to the turnover of internal combustion engine vehicles with EVs goes by the name of electrification. The push electrification experienced in the last decade is linked to the still ongoing evolution in power electronics technology for charging systems. This is the reason why an evolution in testing strategies and testing equipment is crucial too. The project this dissertation is based on concerns the investigation of a new EV simulator design. that optimizes the structure of the testing equipment used by the company who commissioned this work. Project requirements can be summarized in the following two points: space occupation reduction and parallel charging implementation. Some components were completely redesigned, and others were substituted with equivalent ones that could perform the same tasks. In this way it was possible to reduce the space occupation of the simulator, as well as to increase the efficiency of the testing device. Moreover, the possibility of conjugating different charging simulations could be investigated by parallelly launching two testing procedures on a unique machine, properly predisposed for supporting the two charging protocols used. On the back of the results achieved in the body of this dissertation, a new design for the EV simulator was proposed. In this way, space reduction was obtained, and space occupation efficiency was improved with the proposed new design. The testing device thus resulted to be way more compact, enabling to gain in safety and productivity, along with a 25% cost reduction. Furthermore, parallel charging was implemented in the proposed new design since the conducted tests clearly showed the feasibility of parallel charging sessions. The results presented in this work can thus be implemented to build the first prototype of the new EV simulator.

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Negli ultimi cinquant’anni, in particolare dal 1956 al 2010, grazie a miglioramenti di tipo economico e sociale, il territorio urbanizzato italiano è aumentato di circa 600 mila ettari, cioè una superficie artificializzata pari quasi a quella dell’intera regione Friuli Venezia Giulia, con un aumento del 500% rispetto agli anni precedenti. Quando si parla di superfici “artificializzate” ci si riferisce a tutte quelle parti di suolo che perdono la propria caratteristica pedologica per essere asportate e divenire urbanizzate, cioè sostituite da edifici, spazi di pertinenza, parcheggi, aree di stoccaggio, strade e spazi accessori. La costruzione di intere periferie e nuclei industriali dagli anni ’50 in poi, è stata facilitata da un basso costo di mano d’opera e da una supposta presenza massiccia di risorse disponibili. Nonché tramite adeguati piani urbanistico-territoriali che hanno accompagnato ed assecondato questo orientamento. All’oggi, è evidente come questa crescita tumultuosa del tessuto urbanizzato non sia più sostenibile. Il consumo del suolo provoca infatti vari problemi, in particolare di natura ecologica e ambientale, ma anche sanitaria, economica e urbana. Nel dettaglio, secondo il dossier Terra Rubata1, lanciato all’inizio del 2012 dal FAI e WWF gli aspetti che vengono coinvolti direttamente ed indirettamente dalla conversione urbana dei suoli sono complessivamente i seguenti. Appartenenti alla sfera economico-energetica ritroviamo diseconomie dei trasporti, sperperi energetici, riduzione delle produzioni agricole. Per quanto riguarda la sfera idro-geo-pedologica vi è la possibilità di destabilizzazione geologica, irreversibilità d’uso dei suoli, alterazione degli assetti idraulici ipo ed epigei. Anche la sfera fisico-climatica non è immune a questi cambiamenti, ma può invece essere soggetta ad accentuazione della riflessione termica e dei cambiamenti 1 Dossier TERRA RUBATA Viaggio nell’Italia che scompare. Le analisi e le proposte di FAI e WWF sul consumo del suolo, 31 gennaio 2012 2 climatici, ad una riduzione della capacità di assorbimento delle emissioni, ad effetti sul sequestro del carbonio e sulla propagazione spaziale dei disturbi fisico-chimici. In ultimo, ma non per importanza, riguardo la sfera eco-biologica, ritroviamo problemi inerenti l’erosione fisica e la distruzione degli habitat, la frammentazione eco sistemica, la distrofia dei processi eco-biologici, la penalizzazione dei servizi ecosistemici dell’ambiente e la riduzione della «resilienza» ecologica complessiva. Nonostante ci sia ancora la speranza che questo orientamento possa “invertire la rotta”, non è però possibile attendere ancora. È necessario agire nell’immediato, anche adottando adeguati provvedimenti normativi e strumenti pianificatori ed operativi nell’azione delle pubbliche amministrazioni analogamente a quanto, come evidenziato nel dossier sopracitato2, hanno fatto altri paesi europei. In un recente documento della Commissione Europea3 viene posto l’anno 2050 come termine entro il quale “non edificare più su nuove aree”. Per fare ciò la Commissione indica che nel periodo 2000-2020 occorre che l’occupazione di nuove terre sia ridotta in media di 800 km2 totali. È indispensabile sottolineare però, che nonostante la stabilità demografica della situazione attuale, se non la sua leggera decrescenza, e la società attuale ha necessità di spazi di azione maggiori che non nel passato e possiede una capacità di spostamento a velocità infinitamente superiori. Ciò comporta una variazione enorme nel rapporto tra le superfici edificate (quelle cioè effettivamente coperte dal sedime degli edifici) e le superfici urbanizzate (le pertinenze pubbliche e private e la viabilità). Nell’insediamento storico, dove uno degli obiettivi progettuali era quello di minimizzare i tempi di accesso tra abitazioni e servizi urbani, questo rapporto varia tra il 70 e il 90%, mentre nell’insediamento urbano moderno è quasi sempre inferiore al 40-50% fino a valori anche inferiori al 20% in taluni agglomerati commerciali, 2 Dossier TERRA RUBATA Viaggio nell’Italia che scompare. Le analisi e le proposte di FAI e WWF sul consumo del suolo, 31 gennaio 2012 3 Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse, settembre 2011 3 industriali o direzionali nei quali il movimento dei mezzi o le sistemazioni paesaggistiche di rappresentanza richiedono maggiori disponibilità di spazi. Come conciliare quindi la necessità di nuovi spazi e la necessità di non edificare più su nuove aree? Dai dati Istat il 3% del territorio Italiano risulta occupato da aree dismesse. Aree che presentano attualmente problemi di inquinamento e mancata manutenzione ma che potrebbero essere la giusta risorsa per rispondere alle necessità sopracitate. Enormi spazi, costruiti nella precedente epoca industriale, che possono essere restituiti al pubblico sotto forma di luoghi destinati alla fruizione collettiva come musei, biblioteche, centri per i giovani, i bambini, gli artisti. Allo stesso tempo questi spazi possono essere, completamente o in parte, rinaturalizzati e trasformati in parchi e giardini. La tematica, cosiddetta dell’archeologia industriale non si presenta come una novità, ma come una disciplina, definita per la sua prima volta in Inghilterra nel 1955, che vanta di esempi recuperati in tutta Europa. Dagli anni ’60 l’opinione pubblica cominciò ad opporsi alla demolizione di alcune strutture industriali, come ad esempio la Stazione Euston a Londra, riconoscendone l’importanza storica, culturale ed artistica. Questo paesaggio industriale, diviene oggi testimonianza storica di un’epoca e quindi per questo necessita rispetto e attenzione. Ciò non deve essere estremizzato fino alla esaltazione di questi immensi edifici come rovine intoccabili, ma deve invitare l’opinione pubblica e i progettisti a prendersene cura, a reintegrarli nel tessuto urbano donando loro nuove funzioni compatibili con la struttura esistente che andrà quindi lasciata il più possibile inalterata per mantenere una leggibilità storica del manufatto. L’Europa presenta vari casi di recupero industriale, alcuni dei quali presentano veri e propri esempi da seguire e che meritano quindi una citazione ed un approfondimento all’interno di questo saggio. Tra questi l’ex stabilimento FIAT del Lingotto a Torino, 4 la celebre Tate Modern di Londra, il Leipzig Baumwollspinnerei, il Matadero Madrid e la Cable Factory a Elsinky. Questi edifici abbandonati risultano all’oggi sparsi in maniera disomogenea anche in tutta Italia, con una maggiore concentrazione lungo le linee ferroviarie e nei pressi delle città storicamente industrializzate. Essi, prima di un eventuale recupero, risultano come rifiuti abbandonati. Ma come sopradetto questi rifiuti urbani possono essere recuperati, reinventati, riabilitati, ridotati di dignità, funzione, utilità. Se questi rifiuti urbani possono essere una nuova risorsa per le città italiane come per quelle Europee, perché non provare a trasformare in risorse anche i rifiuti di altra natura? Il problema dei rifiuti, più comunemente chiamati come tali, ha toccato direttamente l’opinione pubblica italiana nel 2008 con il caso drammatico della regione Campania e in particolare dalla condizione inumana della città di Napoli. Il rifiuto è un problema dovuto alla società cosiddetta dell’usa e getta, a quella popolazione che contrariamente al mondo rurale non recupera gli scarti impiegandoli in successive lavorazioni e produzioni, ma li getta, spesso in maniera indifferenziata senza preoccuparsi di ciò che ne sarà. Nel passato, fino agli anni ’60, il problema dello smaltimento dei rifiuti era molto limitato in quanto in genere gli scatti del processo industriale, lavorativo, costruttivo venivano reimpiegati come base per una nuova produzione; il materiale da riciclare veniva di solito recuperato. Il problema degli scarti è quindi un problema moderno e proprio della città, la quale deve quindi farsene carico e trasformarlo in un valore, in una risorsa. Se nell’equilibrio ecologico la stabilità è rappresentata dalla presenza di cicli chiusi è necessario trovare una chiusura anche al cerchio del consumo; esso non può terminare in un oggetto, il rifiuto, ma deve riuscire a reinterpretarlo, a trovare per 5 esso una nuova funzione che vada ad attivare un secondo ciclo di vita, che possa a sua volta generare un terzo ciclo, poi un quarto e cosi via. Una delle vie possibili, è quella di riciclare il più possibile i nostri scarti e quindi di disassemblarli per riportare alla luce le materie prime che stavano alla base della loro formazione. Uno degli ultimi nati, su cui è possibile agire percorrendo questa strada è il rifiuto RAEE4. Esso ha subito un incremento del 30,7% negli ultimi 5 anni arrivando ad un consumo di circa 19 kilogrammi di rifiuti all’anno per abitante di cui solo 4 kilogrammi sono attualmente smaltiti nelle aziende specializzate sul territorio. Dismeco s.r.l. è una delle aziende sopracitate specializzata nello smaltimento e trattamento di materiale elettrico ed elettronico, nata a Bologna nel 1977 come attività a gestione familiare e che si è poi sviluppata divenendo la prima in Italia nella gestione specifica dei RAEE, con un importante incremento dei rifiuti dismessi in seguito all'apertura del nuovo stabilimento ubicato nel Comune di Marzabotto, in particolare nel lotto ospitante l’ex-cartiera Rizzoli-Burgo. L’azienda si trova quindi ad operare in un contesto storicamente industriale, in particolare negli edifici in cui veniva stoccato il caolino e in cui veniva riciclata la carta stampata. Se la vocazione al riciclo è storica dell’area, grazie all’iniziativa dell’imprenditore Claudio Tedeschi, sembra ora possibile la creazione di un vero e proprio polo destinato alla cultura del riciclo, all’insegnamento e all’arte riguardanti tale tematica. L’intenzione che verrà ampliamente sviluppata in questo saggio e negli elaborati grafici ad esso allegati è quella di recuperare alcuni degli edifici della vecchia cartiera e donane loro nuove funzioni pubbliche al fine di rigenerare l’area. 4 RAEE: Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, in lingua inglese: Waste of electric and electronic equipment (WEEE) o e-waste). Essi sono rifiuti di tipo particolare che consistono in qualunque apparecchiatura elettrica o elettronica di cui il possessore intenda disfarsi in quanto guasta, inutilizzata, o obsoleta e dunque destinata all'abbandono. 6 Il progetto, nello specifico, si occuperà di riqualificare energeticamente il vecchio laboratorio in cui veniva riciclata la carta stampata e di dotarlo di aree per esposizioni temporanee e permanenti, sale conferenze, aule didattiche, zone di ristoro e di ricerca. Per quanto riguarda invece l’area del lotto attualmente artificializzata, ma non edificata, vi è l’intenzione di riportarla a zona verde attraverso la creazione di un “Parco del Riciclo”. Questa zona verde restituirà al lotto un collegamento visivo con le immediate colline retrostanti, accoglierà i visitatori e li ospiterà nelle stagioni più calde per momenti di relax ma al tempo stesso di apprendimento. Questo perché come già detto i rifiuti sono risorse e quando non possono essere reimpiegati come tali vi è l’arte che se ne occupa. Artisti del calibro di Picasso, Marinetti, Rotella, Nevelson e molti altri, hanno sempre operato con i rifiuti e da essi sono scaturite opere d’arte. A scopo di denuncia di una società consumistica, semplicemente come oggetti del quotidiano, o come metafora della vita dell’uomo, questi oggetti, questi scarti sono divenuti materia sotto le mani esperte dell’artista. Se nel 1998 Lea Vergine dedicò proprio alla Trash Art una mostra a Rovereto5 significa che il rifiuto non è scarto invisibile, ma oggetto facente parte della nostra epoca, di una generazione di consumatori frugali, veloci, e indifferenti. La generazione dell’”usa e getta” che diviene invece ora, per necessita o per scelta generazione del recupero, del riciclo, della rigenerazione. L’ipotesi di progetto nella ex-cartiera Burgo a Lama di Reno è proprio questo, un esempio di come oggi il progettista possa guardare con occhi diversi queste strutture dismesse, questi rifiuti, gli scarti della passata società e non nasconderli, ma reinventarli, riutilizzarli, rigenerarli per soddisfare le necessità della nuova generazione. Della generazione riciclo.

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Motivation Thanks for a scholarship offered by ALma Mater Studiorum I could stay in Denmark for six months during which I could do physical tests on the device Gyro PTO at the Departmet of Civil Engineering of Aalborg University. Aim The goal of my thesis is an hydraulic evaluation of the device: Gyro PTO, a gyroscopic device for conversion of mechanical energy in ocean surface waves to electrical energy. The principle of the system is the application of the gyroscopic moment of flywheels equipped on a swing float excited by waves. The laboratory activities were carried out by: Morten Kramer, Jan Olsen, Irene Guaraldi, Morten Thøtt, Nikolaj Holk. The main purpose of the tests was to investigate the power absorption performance in irregular waves, but testing also included performance measures in regular waves and simple tests to get knowledge about characteristics of the device, which could facilitate the possibility of performing numerical simulations and optimizations. Methodology To generate the waves and measure the performance of the device a workstation was created in the laboratory. The workstation consist of four computers in each of wich there was a different program. Programs have been used : Awasys6, LabView, Wave lab, Motive optitrack, Matlab, Autocad Main Results Thanks to the obtained data with the tank testing was possible to make the process of wave analisys. We obtained significant wave height and period through a script Matlab and then the values of power produced, and energy efficiency of the device for two types of waves: regular and irregular. We also got results as: physical size, weight, inertia moments, hydrostatics, eigen periods, mooring stiffness, friction, hydrodynamic coefficients etc. We obtained significant parameters related to the prototype in the laboratory after which we scale up the results obtained for two future applications: one in Nissun Brending and in the North Sea. Conclusions The main conclusion on the testing is that more focus should be put into ensuring a stable and positive power output in a variety of wave conditions. In the irregular waves the power production was negative and therefore it does not make sense to scale up the results directly. The average measured capture width in the regular waves was 0.21 m. As the device width is 0.63 m this corresponds to a capture width ratio of: 0.21/0.63 * 100 = 33 %. Let’s assume that it is possible to get the device to produce as well in irregular waves under any wave conditions, and lets further assume that the yearly absorbed energy can be converted into electricity at a PTO-efficiency of 90 %. Under all those assumptions the results in table are found, i.e. a Nissum Bredning would produce 0.87 MWh/year and a North Sea device 85 MWh/year.

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Sviluppo dell'ingegneria di cantiere per la realizzazione di due strutture per il settore oil & gas e offshore. Definizione di layout di cantiere, supportazione, roll-up di sottoassiemi, sollevamenti tramite tiri piramidali e bilancini, movimentazione tramite carrelli semoventi o SPMT.

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In the last years, the European countries have paid increasing attention to renewable sources and greenhouse emissions. The Council of the European Union and the European Parliament have established ambitious targets for the next years. In this scenario, biomass plays a prominent role since its life cycle produces a zero net carbon dioxide emission. Additionally, biomass can ensure plant operation continuity thanks to its availability and storage ability. Several conventional systems running on biomass are available at the moment. Most of them are performant either in the large-scale or in the small power range. The absence of an efficient system on the small-middle scale inspired this thesis project. The object is an innovative plant based on a wet indirectly fired gas turbine (WIFGT) integrated with an organic Rankine cycle (ORC) unit for combined heat and power production. The WIFGT is a performant system in the small-middle power range; the ORC cycle is capable of giving value to low-temperature heat sources. Their integration is investigated in this thesis with the aim of carrying out a preliminary design of the components. The targeted plant output is around 200 kW in order not to need a wide cultivation area and to avoid biomass shipping. Existing in-house simulation tools are used: They are adapted to this purpose. Firstly the WIFGT + ORC model is built; Zero-dimensional models of heat exchangers, compressor, turbines, furnace, dryer and pump are used. Different fluids are selected but toluene and benzene turn out to be the most suitable. In the indirectly fired gas turbine a pressure ratio around 4 leads to the highest efficiency. From the thermodynamic analysis the system shows an electric efficiency of 38%, outdoing other conventional plants in the same power range. The combined plant is designed to recover thermal energy: Water is used as coolant in the condenser. It is heated from 60°C up to 90°C, ensuring the possibility of space heating. Mono-dimensional models are used to design the heat exchange equipment. Different types of heat exchangers are chosen depending on the working temperature. A finned-plate heat exchanger is selected for the WIFGT heat transfer equipment due to the high temperature, oxidizing and corrosive environment. A once-through boiler with finned tubes is chosen to vaporize the organic fluid in the ORC. A plate heat exchanger is chosen for the condenser and recuperator. A quasi-monodimensional model for single-stage axial turbine is implemented to design both the WIFGT and the ORC turbine. The system simulation after the components design shows an electric efficiency around 34% with a decrease by 10% compared to the zero-dimensional analysis. The work exhibits the system potentiality compared to the existing plants from both technical and economic point of view.