9 resultados para Biomassa - Microbiologia

em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna


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Il presente elaborato è stato finalizzato allo sviluppo di un processo di digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU oppure, in lingua inglese OFMSW, Organic Fraction of Municipal Solid Waste) provenienti da raccolta indifferenziata e conseguente produzione di biogas da impiegarsi per il recupero energetico. Questo lavoro rientra nell’ambito di un progetto, cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna attraverso il Programma Regionale per la Ricerca Industriale, l’Innovazione e il Trasferimento Tecnologico (PRRIITT), sviluppato dal Dipartimento di Chimica Applicata e Scienza dei Materiali (DICASM) dell’Università di Bologna in collaborazione con la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Ferrara e con la società Recupera s.r.l. che applicherà il processo nell’impianto pilota realizzato presso il proprio sito di biostabilizzazione e compostaggio ad Ostellato (FE). L’obiettivo è stato la verifica della possibilità di impiegare la frazione organica dei rifiuti indifferenziati per la produzione di biogas, e in particolare di metano, attraverso un processo di digestione anaerobica previo trattamento chimico oppure in codigestione con altri substrati organici facilmente fermentabili. E’ stata inoltre studiata la possibilità di impiego di reattori con biomassa adesa per migliorare la produzione specifica di metano e diminuire la lag phase. Dalla sperimentazione si può concludere che è possibile giungere allo sviluppo di metano dalla purea codigerendola assieme a refluo zootecnico. Per ottenere però produzioni significative la quantità di solidi volatili apportati dal rifiuto non deve superare il 50% dei solidi volatili complessivi. Viceversa, l’addizione di solfuri alla sola purea si è dimostrata ininfluente nel tentativo di sottrarre gli agenti inibitori della metanogenesi. Inoltre, l’impiego di supporti di riempimento lavorando attraverso processi batch sequenziali permette di eliminare, nei cicli successivi al primo, la lag phase dei batteri metanogeni ed incrementare la produzione specifica di metano.

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Lo scopo di questo lavoro è quello di sviluppare un consorzio altamente performante in grado di degradare il tricloroetilene (TCE) e l’1,1,2,2-tetracloroetano (TeCA) attraverso una degradazione aerobica cometabolica in reattori a letto impaccato (PBRs). Per questo obiettivo, sono state campionate da differenti pozzi di monitoraggio cinque acque di falda contaminate dai solventi clorurati sopra descritti e sono stati preparati 20 vial batch da 119 mL per testare differenti substrati di crescita della biomassa: metano, propano, butano, pentano. Substrato ed ossigeno sono stati periodicamenti riaggiunti. I solventi clorurati sono stati aggiunti a concentrazioni crescenti. Sono stati anche allestiti quattro reattori a colonna impaccata per testare il carrier più adatto per la biomassa selezionata. In tali reattori sono state condotte prove fluidodinamiche preliminari.

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Studio del funzionamento in off - design dei due motori a combustione interna alimentati ad olio vegetale presenti all'interno dell'impianto cogenerativo a biomassa.

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I processi microbiologici rivestono una grande importanza nello sviluppo di combustibili e sostanze chimiche da fonti rinnovabili (biomassa), quali: il biometano e le bioplastiche, come i poli(idrossialcanoati), PHA. I PHA sono poliesteri ottenuti per condensazione di 3-idrossiacidi, il più comune dei quali è il poli(3-idrossibutirrato, PHB). Gli alti costi di produzione del PHA da colture microbiche singole ha portato a valutare nuove strategie, tra cui l’utilizzo di colture microbiche miste (MMC) e substrati di scarto. Il bio-olio ottenuto dalla pirolisi di biomassa potrebbe essere un substrato interessante per la produzione di biogas e PHA. Gli acidi a catena corta (acidi grassi volatili, VFA), infatti, sono i prodotti intermedi nella produzione sia di biogas che di PHA. L’analisi di questi ultimi viene normalmente effettuata tramite GC-FID o GC-MS. La degradazione termica (pirolisi, Py) di PHA produce acidi alchenoici caratteristici, come l’acido crotonico. Il metodo tradizionale per la determinazione del PHA è la metanolisi seguita da un’analisi GC-MS, una procedura laboriosa con uso di solventi clorurati e sostanze corrosive. Lo scopo principale di questa tesi è stato quello di sviluppare un nuovo metodo di analisi dei PHA. Il metodo studiato si basa sulla pirolisi diretta della biomassa e determinazione degli acidi alchenoici prodotti dalla degradazione del PHA in GC-FID. La pirolisi analitica è stata studiata tramite analisi di polimeri puri (per la calibrazione) e poi è stata applicata a campioni batterici derivanti da MMC e a ceppi selezionati. Il confronto con il metodo convenzionale ha dimostrato che la Py/GC-FID è un metodo valido per l’identificazione dei PHA e per la loro quantificazione nelle matrici batteriche. Il pre-trattamento del campione è minimo e non richiede l’uso di solventi e reagenti chimici. Inoltre, è stata applicata una tecnica di analisi dei VFA nei test di biometanazione basata sull’estrazione con una microquantità di dimetilcarbonato.

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Questa tesi ha riguardato lo studio di potenziali combustibili dalla pirolisi catalitica di varie tipologie di biomasse. Durante l’attività di laboratorio sono state condotte pirolisi intermedie e con zeolite di campioni di Arthrospira platensis (microalghe), residui della pesca, Ulva lactuca (macroalghe) e segatura di pino (Pinus sylvestris). Il cracking termico è stato condotto a 460 °C, con un reattore pirolitico da banco, e i vapori sono condensati in trappole fredde al termine del sistema. Nella pirolisi catalitica, i vapori prodotti nelle stesse condizioni sperimentali attraversano uno strato di catalizzatore (H-ZSM-5) dove subiscono il cracking. L’obiettivo principale di questo studio è la valutazione del processo di upgrading dei vapori di pirolisi per ottenere bio-oli arricchiti in idrocarburi. Dalle prove di pirolisi, catalitica e non, sono state raccolte frazioni solide e liquide, di cui sono state determinate le rese: biochar (solido), frazione liquida organica e acquosa e, nel caso delle pirolisi catalitiche, coke e una frazione volatile solubile in eptano. Delle frazioni organiche ed eptanica è stata caratterizzata la composizione elementare e mediante analisi GC-MS. Per le biomasse di partenza sono state effettuate analisi elementari, prossimali e degli acidi grassi totali. I risultati mostrano differenze sostanziali tra le frazioni organiche delle pirolisi e pirolisi catalitiche. Microalghe, macroalghe e residui della pesca contengono proteine che producono oli ricchi in composti azotati, mentre la segatura di pino produce oli ricchi in composti ossigenati derivati dalla lignina. In seguito al cracking catalitico si ha una diminuzione dei composti azotati e ossigenati e gli oli sono costituiti per la maggior parte da idrocarburi aromatici. L’olio da cracking catalitico ha una composizione simile a quella dei combustibili tradizionali, ma una migliore qualità di composizione del bio-olio comporta rese più basse. Il processo può presentare potenzialità solo per la trasformazione di biomasse di scarto.

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Tesi volta all'ottimizzazione di un impianto di pirolisi sia dal punto di vista termochimico sia dal punto di vista energetico, caratterizzata dalla parte sperimentale costituita da prove eseguite direttamente sull'impianto.

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Progettazione, realizzazione e sperimentazione di un filtro per il particolato da piccole caldaie a biomassa, che deve avere efficienza maggiore del 99,9% e consumi energetici specifici minori di 10 Wh/Nm3.