4 resultados para Base shear recovery
em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Nell’ambito dell’analisi computazionale delle strutture il metodo degli elementi finiti è probabilmente uno dei metodi numerici più efficaci ed impiegati. La semplicità dell’idea di base del metodo e la relativa facilità con cui può essere implementato in codici di calcolo hanno reso possibile l’applicazione di questa tecnica computazionale in diversi settori, non solo dell’ingegneria strutturale, ma in generale della matematica applicata. Ma, nonostante il livello raggiunto dalle tecnologie ad elementi finiti sia già abbastanza elevato, per alcune applicazioni tipiche dell’ingegneria strutturale (problemi bidimensionali, analisi di lastre inflesse) le prestazioni fornite dagli elementi usualmente utilizzati, ovvero gli elementi di tipo compatibile, sono in effetti poco soddisfacenti. Vengono in aiuto perciò gli elementi finiti basati su formulazioni miste che da un lato presentano una più complessa formulazione, ma dall’altro consentono di prevenire alcuni problemi ricorrenti quali per esempio il fenomeno dello shear locking. Indipendentemente dai tipi di elementi finiti utilizzati, le quantità di interesse nell’ambito dell’ingegneria non sono gli spostamenti ma gli sforzi o più in generale le quantità derivate dagli spostamenti. Mentre i primi sono molto accurati, i secondi risultano discontinui e di qualità scadente. A valle di un calcolo FEM, negli ultimi anni, hanno preso piede procedure di post-processing in grado, partendo dalla soluzione agli elementi finiti, di ricostruire lo sforzo all’interno di patch di elementi rendendo quest’ultimo più accurato. Tali procedure prendono il nome di Procedure di Ricostruzione (Recovery Based Approaches). Le procedure di ricostruzione qui utilizzate risultano essere la REP (Recovery by Equilibrium in Patches) e la RCP (Recovery by Compatibility in Patches). L’obbiettivo che ci si prefigge in questo lavoro è quello di applicare le procedure di ricostruzione ad un esempio di piastra, discretizzato con vari tipi di elementi finiti, mettendone in luce i vantaggi in termini di migliore accurattezza e di maggiore convergenza.
Resumo:
Stress recovery techniques have been an active research topic in the last few years since, in 1987, Zienkiewicz and Zhu proposed a procedure called Superconvergent Patch Recovery (SPR). This procedure is a last-squares fit of stresses at super-convergent points over patches of elements and it leads to enhanced stress fields that can be used for evaluating finite element discretization errors. In subsequent years, numerous improved forms of this procedure have been proposed attempting to add equilibrium constraints to improve its performances. Later, another superconvergent technique, called Recovery by Equilibrium in Patches (REP), has been proposed. In this case the idea is to impose equilibrium in a weak form over patches and solve the resultant equations by a last-square scheme. In recent years another procedure, based on minimization of complementary energy, called Recovery by Compatibility in Patches (RCP) has been proposed in. This procedure, in many ways, can be seen as the dual form of REP as it substantially imposes compatibility in a weak form among a set of self-equilibrated stress fields. In this thesis a new insight in RCP is presented and the procedure is improved aiming at obtaining convergent second order derivatives of the stress resultants. In order to achieve this result, two different strategies and their combination have been tested. The first one is to consider larger patches in the spirit of what proposed in [4] and the second one is to perform a second recovery on the recovered stresses. Some numerical tests in plane stress conditions are presented, showing the effectiveness of these procedures. Afterwards, a new recovery technique called Last Square Displacements (LSD) is introduced. This new procedure is based on last square interpolation of nodal displacements resulting from the finite element solution. In fact, it has been observed that the major part of the error affecting stress resultants is introduced when shape functions are derived in order to obtain strains components from displacements. This procedure shows to be ultraconvergent and is extremely cost effective, as it needs in input only nodal displacements directly coming from finite element solution, avoiding any other post-processing in order to obtain stress resultants using the traditional method. Numerical tests in plane stress conditions are than presented showing that the procedure is ultraconvergent and leads to convergent first and second order derivatives of stress resultants. In the end, transverse stress profiles reconstruction using First-order Shear Deformation Theory for laminated plates and three dimensional equilibrium equations is presented. It can be seen that accuracy of this reconstruction depends on accuracy of first and second derivatives of stress resultants, which is not guaranteed by most of available low order plate finite elements. RCP and LSD procedures are than used to compute convergent first and second order derivatives of stress resultants ensuring convergence of reconstructed transverse shear and normal stress profiles respectively. Numerical tests are presented and discussed showing the effectiveness of both procedures.
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Sommario Il progetto descritto in questo documento consiste nella realizzazione di una prima applicazione pratica di uno specifico studio di ricerca rivolto al ripristino di reti wireless in scenari post-calamità naturali. In principio è stata descritta un’ampia analisi delle problematiche di rete che si vengono a creare in seguito ad eventi catastrofici. Successivamente, analizzando le varie tecniche e tecnologie oggetto di studio di diversi gruppi di ricerca, si è scelto di collaborare con il progetto STEM-Mesh, essendo ancora in fase sperimentale, il quale affronta il problema di ristabilire la connettività di rete in questi particolari scenari, attraverso l’utilizzo di tecnologie Cognitive Radio (CR), mobilità controllata e principi di reti auto-organizzanti. Di questo primo approccio pratico sono state poi descritte le fasi di progettazione, implementazione e testing. Nella fase di progettazione sono state studiate le componenti hardware e software che rispettassero il più possibile i requisiti e le caratteristiche dei dispositivi “staminali” STEM-Node cuore del progetto STEM-Mesh, ovvero dei dispositivi wireless altamente auto-riconfiguranti ed auto-organizzanti che possono diventare dispositivi sostituivi ai nodi compromessi in una rete, riconfigurandosi appunto in base alle funzionalità interrotte. Nella fase di implementazione si è passati alla stesura del codice, in Python e Wiring, abilitante il dispositivo STEM-Node. Infine nella fase di testing si è verificato che i risultati fossero quelli desiderati e che il sistema realizzato funzionasse come previsto.
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Le prestazioni meccaniche di una miscela di conglomerato bituminoso dipendono principalmente dai materiali che la compongono e dalla loro interazione. La risposta tenso-deformativa delle sovrastrutture stradali è strettamente legata al comportamento reologico del legante bituminoso e dalla sua interazione con lo scheletro litico. In particolare nelle pavimentazioni drenanti, a causa dell’elevato contenuto di vuoti, il legame che si crea tra il legante (mastice bituminoso) e l’aggregato è molto forte, per questo motivo è importante migliorarne le prestazioni. Additivando il mastice con polverino di gomma da PFU (pneumatici fuori uso), non solo si migliorano prestazioni, resistenza alle deformazioni permanenti ed elastoplasticità del materiale, ma si sfruttano anche materiali di recupero, portando vantaggi anche dal punto di vista ambientale. In quest’ottica la ricerca effettuata nella tesi si pone come obiettivo l’analisi reologica e lo studio di mastici additivati con polverino di gomma ricavato da PFU, per la realizzazione di conglomerati bituminosi drenanti. In particolare, partendo da un bitume di base, sono stati preparati due mastici: il primo ottenuto miscelando bitume modificato e filler calcareo, il secondo aggiungendo al precedente anche il polverino di gomma. Tale studio è stato eseguito mediante l’utilizzo del DSR (Dynamic Shear Rheometer – UNI EN 14770), con il quale sono state affrontate tre prove: Amplitude Sweep test, per la valutazione del valore di deformazione di taglio γ entro il quale il materiale si mantiene all’interno del campo di viscoelasticità lineare (Linear visco-elasticity, LVE); Frequency Sweep test, per l’estrapolazione delle master curves; Multiple stress Creep Recovery, per valutare la resistenza del materiale alle deformazioni permanenti. Dall’analisi dei dati è stato possibile definire il comportamento reologico di entrambi i mastici e, in seconda analisi, confrontarne le caratteristiche e le prestazioni.