8 resultados para ALERGIA RESPIRATORIA

em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna


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Il presente studio è stato progettato e articolato includendo tre approcci disciplinari sviluppati parallelamente al fine di ottenere dati etologici, endocrinologici, e respiratori riguardo cinque esemplari di trichecho del pacifico (Odobenus rosmarus) ospitati presso l’Oceanografic di Valencia. Il periodo di campionamento si è sviluppato in un lasso di tempo di 12 settimane durante le quali sono stati raccolti dati riguardo i tre ambiti di studio. La raccolta di dati etologici è stata effettuata per mezzo di supporto video il quale ha permesso di generare un totale di 72 ore di filmato. Attraverso l’analisi del materiale multimediale è stato possibile elaborare un catalogo comportamentale con annesso un catalogo video atto alla semplificazione di riconoscimento dei vari moduli comportamentali; la revisione della documentazione video è stata effettuata mediante il software Noldus “Observer 5.0” che si è resa necessaria per la quantificazione dei singoli comportamenti osservati durante il periodo di studio. Succesivamente i dati ottenuti sono stati sottoposti ad analisi statistica al fine di poter valutare le differenze e le analogie comportamentali dei due soggetti principali nell’arco della singola giornata e durante le dodici settimane di analisi. In concomitanza col campionamento video, si è proceduto ialla raccolta dei dati relativi ai pattern respiratori al fine di valutare la durata delle apnee in ambiente controllato. In seguito è stato effettuato un approccio endocrinologico al fine di valutare la possibilità di rilevare e quantificare glucorticoidi quali cortisolo, testosterone e progesterone presenti nei campioni. Si è ricorso alla raccolta di materiale salivare in alternativa al campionamento ematico in modo da stabilire l’effettiva efficacia del metodo. I campioni sono stati poi processati mediante RIA e i livelli ormonali ottenuti sono stati utilizzati per effettuare una comparazione con il manifestarsi dei moduli comportamentali osservati è analizzarne le correlazioni presenti e osservarne gli effetti sull’espressione etologica.

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I policlorobifenili (PCB) sono un gruppo di 209 congeneri di bifenili policlorurati altamente tossici e persistenti che, a causa della loro elevata lipofilia, tendono ad accumularsi in sedimenti anaerobici marini, tramite i quali possono entrare nella catena alimentare. I PCB possono essere degradati mediante processi di declorurazione riduttiva mediati da popolazioni microbiche anaerobiche in grado di utilizzarli fortuitamente come accettori finali della catena respiratoria. Il processo consiste quindi nella bioconversione di congeneri ad alto grado di clorurazione in PCB basso clorurati, meno tossici, meno bioaccumulabili e più facilmente biodegradabili in condizioni aerobiche. Nel presente elaborato è stata investigata la capacità di una popolazione microbica arricchita su congeneri coplanari di PCB da un sedimento contaminato del Canale Brentella (Prima Zona Industriale di Porto Marghera, laguna di Venezia), di declorurare miscele commerciali di PCB (Aroclor 1254) in condizioni geobiochimiche di laboratorio che riproducono quelle presenti in sito. Il processo è quindi stato studiato in microcosmi anaerobici slurry di sedimento sospeso nella stessa acqua del sito e monitorato con un approccio chimico e microbiologico integrato. Ai fini di caratterizzare e stimolare i microganismi responsabili del processo degradativo sono state utilizzate tecniche convenzionali basate sull’inibizione selettiva di diversi gruppi microbici. Dopo una fase di latenza di 7 settimane, la coltura microbica ha declorurato velocemente ed estesamente la miscela commerciale di PCB saggiata, bioconvertendo il 70% dei congeneri ad alto grado di clorurazione (da penta- a octa- clorurati) in PCB di- e tri-clorurati. Il processo ha esibito selettività nei confronti delle posizioni meta dei gruppi 2,3- e 2,3,4-clorofenile e para dei gruppi 3,4- e 3,4,5-clorofenile, secondo il modello di declorurazione H’. Il monitoraggio delle attività microbiche in presenza dei diversi inibitori saggiati ha permesso inoltre di concludere che i batteri metanogeni e i batteri solfato-riduttori non sono direttamente coinvolti nel processo degradativo, suggerendo invece che le specie decloruranti siano appartenenti o strettamente correlate al genere Dehalococcoides. Poiché lo studio è stato eseguito in condizioni geobiochimiche di laboratorio che mimano quelle presenti in sito, i risultati ottenuti indicano che la popolazione microbica dei sedimenti del canale Brentella, se opportunamente stimolata, è potenzialmente in grado di mediare in situ la declorurazione riduttiva dei PCB preesistenti nel sedimento, contribuendo alla natural attenuation dei sedimenti contaminati.

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Argomento del presente lavoro è l’analisi di dati fMRI (functional Magnetic Resonance Imaging) nell’ambito di uno studio EEG-fMRI su pazienti affetti da malattia di Parkinson idiopatica. L’EEG-fMRI combina due diverse tecniche per lo studio in vivo dell’attività cerebrale: l'elettroencefalografia (EEG) e la risonanza magnetica funzionale. La prima registra l’attività elettrica dei neuroni corticali con ottima risoluzione temporale; la seconda misura indirettamente l’attività neuronale registrando gli effetti metabolici ad essa correlati, con buona risoluzione spaziale. L’acquisizione simultanea e la combinazione dei due tipi di dati permettono di sfruttare i vantaggi di ciascuna tecnica. Scopo dello studio è l’indagine della connettività funzionale cerebrale in condizioni di riposo in pazienti con malattia di Parkinson idiopatica ad uno stadio precoce. In particolare, l’interesse è focalizzato sulle variazioni della connettività con aree motorie primarie e supplementari in seguito alla somministrazione della terapia dopaminergica. Le quattro fasi principali dell’analisi dei dati sono la correzione del rumore fisiologico, il pre-processing usuale dei dati fMRI, l’analisi di connettività “seed-based “ e la combinazione dei dati relativi ad ogni paziente in un’analisi statistica di gruppo. Usando ’elettrocardiogramma misurato contestualmente all’EEG ed una stima dell’attività respiratoria, è stata effettuata la correzione del rumore fisiologico, ottenendo risultati consistenti con la letteratura. L’analisi di connettività fMRI ha mostrato un aumento significativo della connettività dopo la somministrazione della terapia: in particolare, si è riscontrato che le aree cerebrali maggiormente connesse alle aree motorie sono quelle coinvolte nel network sensorimotorio, nel network attentivo e nel default mode network. Questi risultati suggeriscono che la terapia dopaminergica, oltre ad avere un effetto positivo sulle performance motorie durante l’esecuzione del movimento, inizia ad agire anche in condizioni di riposo, migliorando le funzioni attentive ed esecutive, componenti integranti della fase preparatoria del movimento. Nel prossimo futuro questi risultati verranno combinati con quelli ottenuti dall’analisi dei dati EEG.

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NAVA®, dall’inglese Neurally Adjusted Ventilatory Assist, è una tecnica di monitoraggio e di ventilazione e rappresenta una sofisticata innovazione tecnologica in quanto consente un’assistenza ventilatoria costantemente in armonia con le esigenze del paziente, grazie alla rilevazione diretta dell’attività elettrica del diaframma. Da un punto di vista pratico-operativo, NAVA è un modulo integrativo che si inserisce nelle apparecchiature di ventilazione già esistenti integrandone al meglio le funzionalità. A tale modulo è collegato un sondino nasogastrico nella cui parte distale vi sono elettrodi bipolari. Il sondino viene inserito nell’esofago vicino al diaframma e permette l’acquisizione del segnale Edi (Diaphragmatic Electrical Activity), relativo all’attività elettrica del diaframma. L’attività di quest ultimo è strettamente correlata alla dinamica respiratoria del paziente, in quanto il diaframma, contraendosi, determina il flusso d’aria all’interno delle vie aree. Il segnale Edi acquisito viene usato per interfacciarsi con il ventilatore e grazie speciali algoritmi, il segnale guida il ventilatore permettendo un’assistenza ventilatoria proporzionale e sincrona agli sforzi respiratori del paziente. NAVA è tra le nuove apparecchiature sanitarie ed elettromedicali che la Banca Popolare dell’Emilia Romagna ha recentemente donato al Centro Grandi Ustionati dell’Ospedale Bufalini di Cesena per un valore complessivo di oltre 120.000 euro. NAVA e gli altri strumenti donati sono apparecchiature di ultima generazione destinate a migliorare le possibilità di sopravvivenza dei pazienti più critici, con ustioni e ferite alla cute molto gravi, che necessitano di un’assistenza intensiva. In questo elaborato, nel Capitolo 1, viene presentata la Fisiologia dell’apparato respiratorio e a seguire, nel Capitolo 2, viene descritta la Ventilazione meccanica convenzionale, ancora oggi molto utilizzata. Successivamente, nel Capitolo 3 è illustrata la nuova modalità NAVA. Proseguendo, nel Capitolo 4 si apre un confronto tra le principali differenze tra la NAVA e le precedenti modalità di ventilazione. L’elaborato si conclude con la speranza che NAVA, un’innovazione senza precedenti, non sia limitata ad un investimento potenzialmente utile nel presente della terapia intensiva, ma che la ricerca ad essa correlata possa, in un imminente futuro, aprire la strada a nuove tecnologie ancora più efficienti nella salvaguardia dei pazienti in terapia intensiva.

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Negli ultimi 10 anni i blooms attribuibili alla dinoflagellata bentonica Ostreopsis cf. ovata sono aumentati in termini di frequenza ed intensità lungo le coste del Mediterraneo, avendo ripercussioni negative sulla salute umana e forti impatti sulle comunità marine bentoniche, ciò a seguito della produzione di potenti tossine (composti palitossina-simili) da parte della microalga. Tra i fattori ecologici che innescano o regolano le dinamiche dei bloom tossici le interazioni tra microalghe e batteri sono in misura sempre maggiore oggetto di ricerca. In questo studio è stata analizzata la struttura filogenetica della comunità batterica associata ad O. cf. ovata in colture batch e valutate le dinamiche successionali della stessa in relazione alle differenti fasi di crescita della microalga (oltre che in relazione alle dinamiche di abbondanza virale). Lo studio filogenetico è stato effettuato tramite l’ausilio di metodiche molecolari di sequenziamento di next generation (Ion Torrent). Le abbondanze dei batteri e delle particelle virali sono state determinate tramite microscopia ad epifluorescenza; l’abbondanza cellulare algale è stata stimata tramite metodo Uthermohl. Il contributo della frazione batterica ad elevata attività respiratoria è stato determinato tramite doppia colorazione con coloranti DAPI e CTC. Dai dati emersi si evince che la comunità batterica attraversa due fasi di crescita distinte, una più marcata e concomitante con la fase esponenziale di O. cf. ovata, l'altra quando la microalga è in fase media stazionaria. Per quanto concerne la composizione filogenetica della comunità sono stati rilevati 12 phyla, 17 classi e 150 generi, sebbene i dati ottenuti abbiano rilevato una forte dominanza del phylum Proteobacteria con la classe Alphaproteobacteria, seguita dal phylum Bacteroidetes con la classe Sphingobacteria. Variazioni nella struttura filogenetica della comunità batterica, a livello di generi, tra le diverse fasi di crescita della microalga ha permesso di evidenziare ed ipotizzare particolari interazioni di tipo mutualistico e di tipo competitivo.

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Questo elaborato di tesi presenta uno studio volto a identificare il ruolo dell’autofagia nella patogenesi della neuropatia ottica ereditaria di Leber (LHON), una patologia neurodegenerativa mitocondriale dovuta a mutazioni nel mtDNA. Tali mutazioni generano difetti nella catena respiratoria, nelle vie apoptotiche mediate dai mitocondri e nella produzione di ROS; dati preliminari hanno dimostrato una correlazione tra le mutazioni LHON e l’omeostasi mitocondriale, regolata dai processi contrapposti di autofagia e mitobiogenesi. Secondo questa ipotesi, le alterazioni LHON aumentano il flusso autofagico soprattutto negli individui affetti, mentre i portatori di mutazione sani (carrier) risultano protetti da un importante incremento nella mitobiogenesi che agisce da meccanismo compensatorio. È stata dunque caratterizzata tramite Western Blotting l’espressione proteica di due marker autofagici, LC3 e p62, in PBMCs (Peripheral Blood Mononuclear Cells) estratte da pazienti LHON, affetti e carrier, e individui di controllo. Sono stati inoltre quantificati i livelli cellulari di due proteine della membrana interna mitocondriale, COX IV e SDHA, al fine di valutare la massa mitocondriale come parametro di confronto rispetto ai livelli di autofagia. È stata infine analizzata l’influenza dell’idebenone sull’autofagia e sulla massa mitocondriale, confrontando pazienti affetti in terapia con questo farmaco e pazienti affetti non trattati. Lo studio ha in parte avvalorato i risultati preliminari; l’elevata variabilità riscontrata porta però all’esigenza, nelle analisi future, di una maggiore campionatura, nonché di indagini di diversa natura condotte in parallelo per validare i risultati.