146 resultados para Spettroscopia, nanofili, silicio
Resumo:
Le microplastiche (MP) rientrano nella categoria di contaminanti emergenti per la loro pericolosità e persistenza nell'ecosistema. Gli impianti di trattamento acque sono identificati come una fonte principale di MP per l’ambiente. A causa della mancanza di metodi di separazione standard per le MP da fanghi ed acque reflue, nel presente lavoro sperimentale, sono testati diversi metodi di separazione delle MP da campioni di fanghi e acque di due impianti reali. Tramite analisi allo stereomicroscopio e identificazione della struttura polimerica mediante spettroscopia infrarossa in riflettanza totale attenuata (FTIR-ATR) si sono ottenute delle prime stime sulle quantità di MP all’interno dei depuratori che andranno vagliate con successive prove. In generale c’è una grande variabilità associata al punto di prelievo, al periodo di campionamento e alle caratteristiche del refluo. I dati sperimentali confermano la presenza di MP sia nelle acque che nei fanghi. Per la linea acque sono esaminati un trattamento convenzionale a fanghi attivi di un piccolo impianto (1) e un trattamento terziario di filtrazione a sabbia con peracetico e UV di un impianto di potenzialità superiore (2). Seppure le efficienze di rimozione siano alte (93,37% per l’impianto 1 e 59,80% per il 2), i carichi di MP rilasciati in ambiente sono elevati a causa delle portate trattate. Il fatto che MP della stessa morfologia e colore si ritrovino in setacci di differenti dimensioni e che le concentrazioni aumentino al diminuire della dimensione, suggerisce che subiscano svariate frammentazioni a monte del campionamento. Per i fanghi sono testati 3 metodi di pretrattamento individuando il migliore in quello con pre-digestione con H2O2 e separazione per densità con NaI che verrà in seguito implementata. Nei fanghi tendono a concentrarsi le MP rimosse dalla linea acque che di solito sono quelle di densità maggiore, infatti si riscontra prevalenza di microparticelle.
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Il presente elaborato finale è incentrato sulla sintesi, caratterizzazione e studio della reattività di nuovi cluster idrurici carbonilici di rutenio e iridio a bassa nuclearità; inoltre, l’attività catalitica di suddetti cluster è stata valutata in modo preliminare in reazioni di idrogenazione e trasferimento di idrogeno. In particolare è stata ottimizzata la sintesi del composto [NEt4][H2Ru3Ir(CO)12] (2), cluster principale dello studio catalitico, e sono stati sintetizzati altri cinque cluster bimetallici Ru-Ir di cui non risulta nota la struttura in letteratura: [H3Ru3Ir(CO)12] (3), [PPN]2[H2Ru3Ir(CO)12] (4a) ([PPN]+= [N(PPh3)2]+), [NEt4][HRu3Ir2(CO)12(COD)] (5) (COD = C8H12) e [H2Ru3Ir2(CO)10(COD)2]-[HRu2Ir3(CO)12(COD)2] (miscela 1:1) (6). Tutte le specie ottenute sono state caratterizzate mediante diffrazione a raggi X su cristallo singolo (SC-XRD), spettrometria di massa ESI-MS, spettroscopia IR e 1H-NMR. Il cluster 2 è risultato attivo nella reazione di idrogenazione di doppi legami polari mediante meccanismo di H transfer, utilizzando iPrOH come fonte di idrogeno, e 4-fluoro acetofenone come substrato modello; inoltre, con l'utilizzo di un'autoclave, si sono condotte prove di idrogenazione sotto pressione di idrogeno molecolare H2 utilizzando come substrato trans-cinnamaldeide, al fine di valutare l'effetto del catalizzatore sia in presenza di gruppi C=O che di un doppio legame C=C (aldeide α,β insatura).
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La flavescenza dorata è una malattia di interesse globale che causa ogni anno ingenti danni alle coltivazioni e di conseguenza comporta sostanziali perdite economiche in viticoltura. Il primo obiettivo che questo elaborato si è posto è stato fornire uno strumento utile a identificare la malattia anche prima che essa manifesti i suoi sintomi; in quest’ottica la spettroscopia si è rivelata particolarmente promettente. In secondo luogo si è valutata se la distanza dal bosco potesse essere un fattore di incidenza della flavescenza dorata. Per quanto riguarda il primo aspetto, lo scopo è stato raggiunto con l’identificazione di diversi composti biochimici che potrebbero essere sfruttati come indicatori per l’identificazione del fitoplasma; anche la presenza di un’area boschiva potrebbe incidere nella diffusione della flavescenza dorata. È bene sottolineare che l’elaborato è stato svolto con una prospettiva agroecologica, cercando valide alternative ai metodi di lotta tradizionali che prevedono l’uso di composti chimici e lo sfalcio del cotico erboso, utile a garantire la sopravvivenza e la funzionalità di un ambiente agroecologico. Le conclusioni tratte stimolano indagini future, per approfondire le pionieristiche tematiche investigate.
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Il progetto di tesi si è focalizzato sullo studio della reattività del cluster carbonilico [Rh7(CO)16]3- in presenza del sale Au(Et2S)Cl. Ogni reazione investigata è stata svolta in atmosfera controllata di CO, modificando i rapporti stechiometrici tra il precursore e il sale di Au(I) in diversi solventi. Inizialmente si è tentato di riprodurre la sintesi del cluster bimetallico [Rh20Au7(CO)45]5- già noto, utilizzando Au(Et2S)Cl. Si è poi amplificato lo studio con l’obiettivo principale di sintetizzare nuovi cluster bimetallici ad alta nuclearità. È stato ottenuto un composto nuovo analizzato tramite diffrattometria ai raggi X a cristallo singolo: [Rh22Au3(CO)x]n-. Tramite i dati cristallografici è stato possibile definirne la sola struttura metallica, e nonostante i diversi tentativi, il composto non ha prodotto cristalli migliori per una completa caratterizzazione. Viste le quantità significative di sottoprodotti a bassa nuclearità ottenute nelle reazioni studiate, parallelamente sono state condotte prove di recupero del rodio in quanto metallo prezioso. Infine, è stato ottimizzato un metodo per separare due specie già note con carica negativa simile, [Rh10Au(CO)26]3- e [Rh16Au6(CO)36]4-. Tutti i composti sono stati caratterizzati tramite spettroscopia IR, mentre sul nuovo cluster è stata effettuata anche un’analisi alla spettrometria di massa.
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La ricerca in campo agroalimentare ha da sempre messo in evidenza l'importanza della conservazione degli alimenti nel tempo. Alcune nuove tecnologie basate sulle alte pressioni, e dunque non termiche, di stabilizzazione ai fini della conservazione, come l’High Hydrostatic Pressure (HHP) o High Pressure Processing (HPP), possono risultare fondamentali nel preservare aspetti microbiologici, qualitativi e nutrizionali dell'alimento. In questo elaborato verranno osservati alcuni aspetti del metaboloma, l’insieme delle molecole di piccola dimensione con funzioni metaboliche, di campioni di Mugil cephalus trattati con HHP. Tali aspetti permetteranno di ottenere informazioni sul profilo amminoacidico e sulla freschezza del pesce. Lo studio del profilo amminoacidico permette di tracciare la tendenza del sapore dello specifico campione analizzato dal momento che ogni amminoacido contribuisce a definire uno specifico gusto fondamentale. La freschezza del pesce sarà descritta attraverso il K index che, tramite lo studio della degradazione dei nucleotidi nel periodo post-mortem, rappresenta uno strumento utile al fine dello studio dei cambiamenti della freschezza nel tempo e secondo la tecnologia applicata. L’analisi del metaboloma del cefalo è stata eseguita mediante la spettroscopia di risonanza magnetica nucleare al protone (1H-NMR) di cui si descrivono i principi fisici nel primo capitolo. Nel secondo capitolo sono descritti i software utilizzati per indentificare le molecole che compongono il metaboloma dei campioni analizzati. Infine, nel terzo capitolo, si valuta l’effetto del trattamento HHP (a 400, 500 e 600MPa) sul profilo amminoacidico e sul K index durante il periodo di conservazione.
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L’Electron Ion Collider (EIC) è un futuro acceleratore di particelle che ha l’obiettivo di approfondire le nostre conoscenze riguardo l’interazione forte, una delle quattro interazioni fondamentali della natura, attraverso collisioni di elettroni su nuclei e protoni. L’infrastruttura del futuro detector comprende un sistema d’identificazione basato sull’emissione di luce Cherenkov, un fenomeno che permette di risalire alla massa delle particelle. Una delle configurazioni prese in considerazione per questo sistema è il dual-radiator RICH, basato sulla presenza di due radiatori all’esterno dei quali si trovano dei fotorivelatori. Un’opzione per questi sensori sono i fotorivelatori al silicio SiPM, oggetto di questo lavoro di tesi. L’obiettivo dell’attività è lo studio di un set-up per la caratterizzazione della risposta di sensori SiPM a basse temperature, illuminati attraverso un LED. Dopo un’analisi preliminare per determinare le condizioni di lavoro, si è trovato che la misura è stabile entro un errore del 3.5%.
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L’adroterapia è un tipo di terapia oncologica in cui il tumore è irraggiato con particelle cariche (adroni) quali protoni e ioni carbonio. Il vantaggio principale rispetto alla radioterapia convenzionale a raggi X consiste nel fatto che l’irraggiamento con adroni non coinvolge i tessuti sani circostanti quelli malati. Tuttavia, si conosce ancora poco sui processi di frammentazione nucleare che avvengono tra gli adroni del fascio usato nel trattamento e i nuclei presenti nel corpo umano. Così, nel 2017 nasce l’esperimento FOOT (FragmentatiOn Of Target) con lo scopo di misurare le sezioni d’urto differenziali dei frammenti nucleari prodotti nell’interazione a energie di 200-400 MeV/u (tipicamente impiegate in adroterapia). Attualmente l’apparato sperimentale di FOOT è in grado di compiere misure accurate solo per frammenti carichi, ma nell’ultimo anno si è cominciata ad esplorare la possibilità di rivelare anche i neutroni. Per questa operazione è necessario servirsi di scintillatori liquidi affiancati ad un sistema di veto costituito da scintillatori plastici sottili accoppiati a sensori che segnalano il passaggio di eventuali frammenti carichi. In una precedente campagna di misure con la collaborazione FOOT, si sono utilizzati come sensori dei tubi fotomoltiplicatori (PMT). Per migliorare le prestazioni del sistema di veto si è reso necessario l’utilizzo di scintillatori plastici veloci, letti da sensori fotomoltiplicatori al silicio (SiPM). In questa tesi mi sono occupato della risoluzione temporale dei segnali acquisiti con scintillatori plastici EJ-204 di 3 mm di spessore, letti da SiPM SenseL®.
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DUNE (Deep Underground Neutrino Experiment) è un esperimento internazionale attualmente in costruzione al laboratorio Fermilab in Illinois, Stati Uniti. Il suo scopo sarà quello di studiare alcuni dei fenomeni e quesiti aperti che riguardano i neutrini: particelle debolmente interagenti facenti parte del Modello Standard. In particolare DUNE intende studiare il fenomeno dell'oscillazione di sapore dei neutrini, osservare neutrini provenienti da supernove e stelle di neutroni per studiarne la formazione e ricercare l'eventuale decadimento dei protoni. L'esperimento sarà formato da due siti sperimentali distanti circa 1300 km tra loro: il Near Detector situato a Fermilab ed il Far Detector, situato al Sanford Underground Research Facility (SURF) in South Dakota. Questa tesi è rivolta in particolare al sistema di fotorivelazione del Far Detector, che utilizza fotomoltiplicatori al silicio (Silicon Photomultipliers, o SiPM). Questi dispositivi dovranno funzionare in condizioni criogeniche in argon liquido, perciò è stata avviata un'intensiva campagna di test volta alla caratterizzazione e validazione dei sensori che saranno montati nell'apparato. La sezione INFN di Bologna è coinvolta in questa campagna e dovrà testare una parte dei SiPM destinati all'impiego in DUNE. A tale scopo è stato realizzato, nei laboratori INFN, un sistema per il test di tali dispositivi in criogenia su larga scala. L'attività di tesi ha previsto la caratterizzazione di diversi SiPM sia a temperatura ambiente sia in criogenia e l'analisi delle distribuzioni statistiche dei parametri di diversi campioni di SiPM.
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La ricostruzione delle traiettorie delle particelle prodotte dai vertici di interazione a LHC è di fondamentale importanza per tutti gli esperimenti. Questo passo è uno dei più dispendiosi in termini di tempo e calcolo computazionale nella catena di ricostruzione dell’evento e diventa sempre più complesso con l’aumentare del numero di collisioni. L’esperimento CMS adotta un rivelatore di tracciamento con tecnologia al silicio, dove la parte più interna sfrutta rivelatori con geometria a pixel, mentre la parte esterna utilizza delle strisce di silicio. Per quanto riguarda la ricostruzione nel rivelatore a pixel, sono stati sviluppati diversi algoritmi ottimizzati per fronteggiare l’alto rate di acquisizione dati, sfruttando anche il calcolo parallelo su GPU, con un’efficienza di tracciamento comparabile o superiore agli algoritmi precedentemente utilizzati. Questi nuovi algoritmi sono alla base del software Patatrack per la ricostruzione delle traiettorie. Il lavoro descritto in questa tesi punta ad adattare Patatrack ad una geometria diversa e più complessa di quella di CMS e di valutarne le prestazioni di fisica e computazionali. Sono stati utilizzati i dati forniti dalla TrackML challenge, il cui scopo è incentivare lo sviluppo di nuovi algoritmi di ricostruzione di tracce per gli esperimenti in fisica delle alte energie. E' stato condotto uno studio approfondito della nuova geometria per potervi successivamente adattare il software esistente. Infine, la catena di ricostruzione è stata modificata per poter utilizzare i dati forniti dalla TrackML challenge e permettere la ricostruzione delle traiettorie.
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Il problema dello smaltimento delle plastiche tradizionali di origine petrolchimica ha stimolato l’interesse verso i materiali plastici bio-based biodegradabili come i PHB che, al contrario, possono essere degradati facilmente e in tempi rapidi dai batteri naturalmente presenti nell’ecosistema. Uno dei principali campi di applicazione dei PHA è quello del food packaging. L’uso di imballaggi attivi dove un antiossidante, disperso nella matrice polimerica, migra dall’imballaggio al cibo può essere utile per aumentare la shelf life degli alimenti ma anche per introdurre con la dieta fonti antiossidanti esogene che neutralizzano gli effetti dannosi dei radicali liberi, normalmente prodotti dai processi biologici. I tannini sono antiossidanti naturali che agiscono da riducenti, donano un idrogeno ai radicali liberi stabilizzandoli (free radical scavengers). Si può quindi usare il tannino estratto dal legno come bioadditivo per matrici biopolimeriche (PHB). Recuperando questo prodotto di scarto dell’industria agro-alimentare, si riesce ad abbassare il costo del prodotto finale che risulterà inoltre 100% biodegradabile e con capacità antiossidanti, quindi particolarmente adatto per il food packaging monouso. La bioplastica finale è stata ottenuta “melt mixando” il tannino in polvere, il PHB in pellets e il catalizzatore Ti(OBu)4 liquido in un mescolatore interno Brabender. Sono stati creati 4 campioni a percentuale crescente di tannino e catalizzatore. Sono state effettuate: - Prove di estrazione in acqua per capire quanto tannino non si fosse legato alla matrice biopolimerica. - Analisi FTIR per capire se fosse avvenuto un legame di transesterificazione tra matrice e tannino usando il Ti(OBu)4. - Prove di radical scavenging activity attraverso la spettroscopia uv-visibile per quantificare il potere antiossidante del tannino. - Analisi GPC, DSC e prove di trazione per confrontare le proprietà meccaniche e termiche dei campioni con quelle del PHB puro.
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Nel corso degli ultimi anni si è assistito ad un aumento di episodi fraudolenti nel settore alimentare. Ciò è vero anche per il settore oleario: per il suo elevato valore economico, nutrizionale e sensoriale, l’olio extra vergine di oliva è un bersaglio perfetto dei frodatori, che realizzano molteplici tipologie di adulterazione. Questo lavoro di tesi si è focalizzato, in particolare, sull’adulterazione dell’olio extra vergine di oliva con olio di semi di girasole. Su campioni preparati in laboratorio per simulare la frode, a partire da due oli extra vergini di oliva addizionati con percentuali diverse di olio di girasole, sono state effettuate determinazioni analitiche utilizzando un sensore spettrale, basato sulla spettroscopia nel vicino infrarosso, seguite da un’elaborazione chemiometrica dei risultati. Lo strumento portatile è stato sviluppato da una start-up olandese presso cui ho svolto il tirocinio curriculare. Il modello di stima risultante dalle risposte fornite dai 16 pixel del sensore ha mostrato una capacità di rilevazione soddisfacente nei confronti di questa adulterazione, conducendo ad un errore medio nella stima della percentuale di olio di girasole aggiunto intorno al 3%. Tale risultato, se verrà confermato da ulteriori analisi grazie alle quali il modello predittivo potrà essere reso più robusto, potrebbe incoraggiare l’utilizzo di questa metodologia analitica come tecnica rapida di screening, facilmente applicabile anche in un contesto industriale, a supporto delle più laboriose e complesse tecniche analitiche tradizionali, nella rilevazione di adulterazioni di oli extra vergini di oliva con oli di semi di girasole.
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Le stelle sono i corpi celesti fondamentali per comprendere l'evoluzione del nostro Universo. Infatti, attraverso processi di fusione nucleare che avvengono al loro interno, nel corso della loro vita le stelle producono la maggior parte dei metalli che popolano la tavola periodica, non presenti all'inizio della vita dell'Universo e la cui presenza è attribuile soltanto alla nucleosintesi stellare. In questa tesi viene trattato questo aspetto, ovvero la produzione di elementi chimici nelle stelle, seguendo in ordine cronologico le principali fasi della vita delle stelle stesse. Nel primo capitolo sono fornite delle informazioni generali sulle reazioni termonucleari, che sono alla base della vita delle stelle e della produzione di molti elementi chimici. Successivamente, vengono approfondite le catene di reazioni termonucleari che consentono la fusione dell'idrogeno in elio all'interno delle stelle, ovvero la catena protone-protone e il ciclo CNO. Nei capitoli seguenti sono state analizzate le reazioni termonucleari di fusione dell'elio in carbonio, note come processo 3-alfa, e di elementi più pesanti, quali carbonio, neon, ossigeno e silicio, che avvengono quando la stella è ormai una gigante o supergigante rossa. Infine, nell'ultimo capitolo viene descritto come, nelle fasi finali della loro vita, le stelle riescano a produrre elementi più pesanti attraverso processi di cattura neutronica, per poi rilasciarli attraverso le esplosioni di supernove, arricchendo significativamente il mezzo interstellare.
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La conversione di energia solare in energia elettrica può avvenire in diversi modi. Un problema dell’energia ottenuta tramite questa conversione è la difficoltà di immagazzinarla efficientemente per poterla utilizzare in un momento successivo. Un modo per ovviare questo problema è convertire l’energia solare in energia chimica, tramite la creazione di combustibili fotoprodotti. Alcuni combustibili di questo tipo sono l’idrogeno e gli idrocarburi ad alta densità energetica, il primo ottenuto tramite l’elettrolisi dell’acqua e i secondi tramite l’elettrolisi dell’anidride carbonica. Un metodo per compiere tali elettrolisi è l’utilizzo di celle fotoelettrochimiche, ovvero dei dispositivi che tramite l’energia solare assorbita avviano l’elettrolisi della soluzione acquosa che si decompone in due regioni separate della cella. L’efficienza di una cella fotoelettrochimica dipende fortemente dall’efficienza dei fotoelettrodi che la compongono, per questo si indagano nuovi materiali che possano garantire prestazioni migliori a costi bassi. Questa tesi nello specifico ha lo scopo di illustrare il processo di fabbricazione di fotocatodi a base di semiconduttori tramite sputtering magnetico. In particolare vengono analizzati 4 campioni strutturati con diversi materiali. I materiali utilizzati sono: Seleniuro di Rame Indio Gallio CIGS, Solfuro di Cadmio CdS, Ossido di Zinco drogato con Alluminio AZO ed Ossido di Titanio TiO2.
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Le reazioni termo-nucleari sono un particolare tipo di reazioni nucleari che avvengono nelle stelle e che ne assicurano il rifornimento energetico. Esse sono la principale fonte di energia nelle stelle, in quanto la fusione di elementi leggeri (in particolare fino al ferro) risulta essere esotermica. La fusione di elementi leggeri produce elementi più pesanti, a partire dalla fusione dell'idrogeno, che produce elio, fino alla fusione del silicio, che produce nichel. Solamente le stelle con massa maggiore di 8 masse solari, tuttavia, hanno massa necessaria a raggiungere la combustione del silicio. Le stelle meno massive sono destinate ad arrestarsi alla fusione di elementi più leggeri e a diventare delle nane bianche. Oltre alla fusione di elementi leggeri, esistono altre reazioni negli interni stellari in grado di fornire energia e formare nuovi elementi. Esse sopraggingono in larga parte nelle fasi finali della vita di una stella, quando le temperature all'interno dei nuclei stellari sono particolarmente elevate. Ne sono un esempio le catture alfa, le catture neutroniche e la fotodisintegrazione. L'insieme delle reazioni termo-nucleari che avvengono nel corso della vita di una stella permettono la creazioni di nuovi elementi, che vengono poi riemessi nel mezzo interstellare tramite esplosioni di supernova e fungono da materiale fondante per la nascita di nuove stelle. Nella seguente tesi verranno affrontate le principali reazioni termo-nucleari che avvengono negli interni stellari, dalla fusione di elementi leggeri fino alle fasi finali della vita di una stella.
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L’importanza sempre crescente dell’elettronica è accompagnata da una crescente necessità di compattezza ed efficienza energetica. Una parte sostanziale del costo e delle dimensioni dei moderni dispositivi elettronici è legata ai sistemi di conversione di potenza, il cui volume è dominato dai passivi. Per poter affrontare la miniaturizzazione dei circuiti elettronici di potenza sono dunque necessari metodi di design e tecnologie che permettano di ridurre i requisiti di immagazzinamento di energia. Un possibile approccio è aumentare la frequenza di commutazione nel range delle decine di MHz facendo in modo che l’efficienza non venga penalizzata dall’aumento delle perdite in commutazione. Ciò è reso possibile dall’impiego di topologie di convertitori risonanti che implementano la condizione ZVS. Oltre all’impiego di convertitori risonanti, l’aumento della frequenza operativa, mantenendo elevata l’efficienza, è abilitato dall’impiego di dispositivi a semiconduttore a largo band-gap come il nitruro di gallio (GaN), i quali mostrano performance superiori al silicio in termini di temperature operative, frequenze di funzionamento e densità di potenza. Inoltre, ad elevate frequenze di commutazione, l’utilizzo di magnetici coreless diventa una valida alterativa ai magnetici tradizionali, con vantaggi in termini di costo, ingombro e di efficienza. Il focus di questa tesi è il progetto di un convertitore DC-DC risonante con isolamento coreless ad alta efficienza e ad alta frequenza in tecnologia GaN a 650 V pensato per applicazioni wall-adapter. A seguito dello studio di alcune topologie di inverter risonanti e dei rispettivi rettificatori, si è scelta la topologia phi2 per il design del convertitore DC-DC double phi2 isolato (simulato con LTspice). È stato poi effettuato il design di un trasformatore coreless su PCB tramite simulatore elettromagnetico (ADS Keysight Momentum). Il convertitore complessivo presenta un’efficienza del 95,8% con una efficienza del link del 98%.