373 resultados para PXI MXI SCXI controllo acquisizione monitoraggio sala prove


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Le prove non distruttive che sono state studiate in questa tesi sono il monitoraggio termografico, le prove soniche, la tecnica tomografica sonica e l’indagine tramite georadar. Ogni capitolo di applicazione in sito o in laboratorio è sempre preceduto da un capitolo nel quale sono spiegati i principi fondamentali della tecnica applicata. I primi cinque capitoli riguardano un problema molto diffuso nelle murature, cioè la risalita capillare di umidità o di soluzione salina all’interno delle stesse. Spiegati i principi alla base della risalita capillare in un mezzo poroso e della tecnica termografica, sono state illustrate le tre prove svolte in laboratorio: una prova di risalita (di umidità e di salamoia) su laterizi, una prova di risalita di salamoia su tripletta muraria monitorata da sensori e una prova di risalita di umidità su muretto fessurato monitorata tramite termografia ad infrarossi. Nei capitoli 6 e 7 sono stati illustrati i principi fondamentali delle prove soniche ed è stata presentata un’analisi approfondita di diverse aree del Duomo di Modena in particolare due pareti esterne, un pilastro di muratura e una colonna di pietra. Nelle stesse posizioni sono state effettuate anche prove tramite georadar (Capitoli 11 e 12) per trovare analogie con le prove soniche o aggiungere informazioni che non erano state colte dalle prove soniche. Nei capitoli 9 e 10 sono stati spiegati i principi della tomografia sonica (tecnica di inversione dei tempi di volo e tecnica di inversione delle ampiezze dei segnali), sono stati illustrati i procedimenti di elaborazione delle mappe di velocità e sono state riportate e commentate le mappe ottenute relativamente ad un pilastro di muratura del Duomo di Modena (sezioni a due quote diverse) e ad un pilastro interno di muratura della torre Ghirlandina di Modena.

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Lo studio sviluppato nella tesi fa riferimento all’ampio database sperimentale raccolto presso il sito campione di Treporti (VE), nell’ambito di un progetto di ricerca finalizzato alla caratterizzazione geotecnica del complesso sottosuolo della Laguna Veneta. Il sottosuolo lagunare è infatti caratterizzato da una fitta alternanza di sedimenti a matrice prevalentemente limosa, dal comportamento intermedio fra sabbie e argille. Il progetto di ricerca prevedeva la realizzazione di una vasta campagna di indagini in sito, articolata in più fasi e integrata da un programma sperimentale di laboratorio; nell’area in esame è stato inoltre costruito un rilevato sperimentale in vera grandezza, continuamente monitorato con una sofisticata strumentazione per circa quattro anni, fino alla sua graduale rimozione. Il lavoro di tesi proposto riguarda l’analisi dei dati provenienti dalle numerose prove dilatometriche (DMT) e con piezocono (CPTU) effettuate a Treporti, con particolare riferimento alle prove di tipo sismico (SDMT e SCPTU) realizzate sia prima della costruzione del rilevato sia a seguito della rimozione dello stesso. Rispetto alla prove “tradizionali”, le prove sismiche permettono anche la misura della velocità delle onde di taglio (Vs), la cui conoscenza è richiesta anche dalle recenti Norme Tecniche delle Costruzioni e della quale è possibile risalire agevolmente al modulo di rigidezza elastico a piccolissime deformazioni (G0). L’enorme database raccolto in questo sito offre tra l’altro l’interessante ed inusuale possibilità di mettere a confronto dati ricavati da prove dilatometriche e con piezocono relative a verticali adiacenti, svolte in diverse fasi della storia di carico imposta al sottosuolo dell’area mediante la costruzione del rilevato. L’interpretazione dei dati penetrometrici e dilatometrici è stata fatta utilizzando i più recenti approcci interpretativi proposti nella letteratura del settore. È importante sottolineare che la possibilità di classificare e stimare i parametri meccanici del sottosuolo lagunare a partire da prove diverse ha permesso una valutazione critica delle procedure interpretative adottate e, in taluni casi, ha messo in evidenza i limiti di alcuni approcci, pur se limitatamente al caso specifico in esame. In alcuni casi, grazie all’uso integrato delle prove dilatometriche e penetrometriche è stato possibile mettere a punto specifiche correlazioni alternative a quelle esistenti, calibrate sui dati sperimentali di Treporti.

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La mia tesi dal titolo ”Applicazione della tecnica PSinSAR™ allo studio di fenomeni franosi lenti: casi di studio in Emilia-Romagna” ha avuto come obiettivo quello di mostrare le potenzialità e i limiti della tecnica PSinSAR nel monitoraggio di fenomeni franosi localizzati in Val Marecchia. Ho svolto, nel capitolo due, un’analisi preliminare dell’area di studio andando a evidenziare prima le caratteristiche climatiche, piogge medie annue e le temperature minime e massime, e a seguire sono passato a descrivere l’inquadramento geologico e geomorfologico. L’area della Val Marecchia è, da questo punto di vista, molto particolare poggiando su quella che è definita dagli autori “coltre della Val Marecchia”; essa è un complesso alloctono sovrascorso ai terreni autoctoni della successione Umbro – Romagnola - Marchigiana. La traslazione verso Est della coltre avvenne per "scatti", in funzione delle principali fasi tettoniche appenniniche, separati da momenti di pausa in cui sedimentarono le formazioni più recenti le quali poi si spostarono in modo solidale con la coltre. La coltre, infatti, è costituita da un insieme di formazioni di età diverse e in particolare ritroviamo, partendo da quella più antica l’unità ligure, l’unità subligure e infine l’unità epiligure. La presenza di formazioni più recenti sopra ad altre più antiche rende unica la morfologia della vallata con enormi blocchi rocciosi poggianti su un substrato in genere argilloso come nell’esempio più famoso della rupe di San Leo. Da queste analisi è emersa un’altra caratteristica peculiare della valle cioè la forte tendenza a essere interessata da dissesti di varie tipologie. Gli indici di franosità mostrano che nella zona alta della vallata circa il 50% del territorio è interessato da dissesti, valore che decresce leggermente nella parte media e bassa della valle. Il motivo di tale instabilità è da imputare in parte alla forte erosione che avviene sulle placche epiliguri e in parte alle caratteristiche scadenti del substrato che è per lo più composto di argille e arenarie. Per quanto riguarda le tipologie di frane in Val Marecchia la situazione è molto eterogenea; in particolari le tre tipologie più frequenti sono il colamento lento, lo scivolamento rotazionale/traslativo e le frane di tipo complesso. Nel terzo capitolo ho descritto la tecnica PSinSAR; essa si basa sull’elaborazione di scene riprese da satellite per giungere alla formazione di una rete di punti, i PS, di cui conosciamo i movimenti nel tempo. I Permanent Scatterer (PS) sono dei bersagli radar individuati sulla superficie terrestre dal sensori satellitari caratterizzati per il fatto di possedere un’elevata stabilità nel tempo alla risposta elettromagnetica. I PS nella maggior parte dei casi corrispondono a manufatti presenti sulla superficie quali edifici, monumenti, strade, antenne e tralicci oppure ad elementi naturali come per esempio rocce esposte o accumuli di detrito. Lo spostamento viene calcolato lungo la linea di vista del satellite, per cui il dato in uscita non mostra lo spostamento effettivo del terreno, ma l'allontanamento o l'avvicinamento del punto rispetto al satellite. La misure sono sempre differenziali, ovvero sono riferite spazialmente a un punto noto a terra chiamato reference point, mentre temporalmente alla data di acquisizione della prima immagine. La tecnica PSinSAR proprio per la sua natura è "cieca" rispetto ai movimenti in direzione Nord-Sud. Le scene utilizzate per la creazione dei dataset di PS derivano quasi interamente dai satelliti ERS e ENVISAT. Tuttora sono disponibili anche le scene dei satelliti TerraSAR-X, RADARSAT e Cosmo Skymed. I sensori utilizzati in questo ambito sono i SAR (Synthetic Aperture Radar) che sono sensori attivi, cioè emettono loro stessi l'energia necessaria per investigare la superficie terrestre al contrario dei sensori ottici. Questo permette di poter acquisire scene anche di notte e in condizioni di cielo nuvoloso. La tecnica PSinSAR presenta molti vantaggi rispetto alle tecniche interferometriche tradizionali essa, infatti, è immune agli errori di decorrelamento temporale e spaziale oltre agli errori atmosferici, che portavano ad avere precisioni non inferiori a qualche cm, mentre ora l’errore di misura sulla velocità media di spostamento si attesta in genere sui 2 mm. La precisione che si ha nella georeferenziazione dei punti è in genere di circa 4-7 m lungo la direzione Est e circa 1-2 m in quella Nord. L’evoluzione di PSinSAR, SqueeSAR, permette un numero maggiore di punti poiché oltre ai Permanent Scatterers PS, tramite un apposito algoritmo, calcola anche i Distribuited Scatterer DS. I dataset di dati PS che ho utilizzato nel mio lavoro di tesi (PSinSAR) derivano, come detto in precedenza, sia da scene riprese dal satellite ERS che da ENVISAT nelle due modalità ascendenti e discendenti; nel primo caso si hanno informazioni sui movimenti avvenuti tra il 1992 e il 2000 mentre per l’ENVISAT tra il 2002 e il 2008. La presenza di dati PS nelle due modalità di ripresa sulla stessa zona permette tramite alcuni calcoli di ricavare la direzione effettiva di spostamento. È importante però sottolineare che, a seconda della modalità di ripresa, alcune aree possono risultare in ombra, per questo nell’analisi dei vari casi di studio non sempre sono stati utilizzabili tutti i dataset. Per l'analisi dei vari casi di studio, presentati nel capitolo 4, ho utilizzato diverso materiale cartografico. In particolare mi sono servito delle Carte Tecniche Regionali (CTR) a scala 1:10000 e 1:5000, in formato digitale, come base cartografica. Sempre in formato digitale ho utilizzato anche le carte geologiche e geomorfologiche dell'area della Val Marecchia (fogli 266, 267, 278) oltre, per finire, agli shapefile presi dal database online del Piano stralcio dell’Assetto Idrogeologico PAI. Il software usato per la realizzazione del lavoro di tesi è stato ArcGIS di proprietà di ESRI. Per ogni caso di studio ho per prima cosa effettuato un'analisi dal punto di vista geologico e geomorfologico, in modo da fare un quadro delle formazioni presenti oltre ad eventuali fenomeni franosi mostrati dalle carte. A seguire ho svolto un confronto fra il dato PS, e quindi i valori di spostamento, e la perimetrazione mostrata nel PAI. Per alcuni casi di studio il dato PS ha mostrato movimenti in aree già perimetrate nel PAI come "in dissesto", mentre in altri il dato satellitare ha permesso di venire a conoscenza di fenomeni non conosciuti (come ad esempio nel caso di Monte Gregorio). Per ogni caso di studio ho inoltre scelto alcuni PS caratteristici (solitamente quelli a coerenza maggiore) e ho ricavato la relativa serie storica. In questo modo è stato possibile verificare lo spostamento durante tutti gli anni in cui sono state prese le scene (dal 1992 al 2000 per dati ERS, dal 2002 al 2008 per dati ENVISAT) potendo quindi mettere in luce accelerazioni o assestamenti dei fenomeni nel tempo, oltre a escludere la presenza di trend di spostamento anomali imputabili nella maggior parte dei casi a errori nel dato. L’obiettivo della tesi è stato da una parte di verificare la bontà del dato PS nell’interpretazione dei movimenti dovuti a dissesti franosi e dall’altra di fare un confronto tra il dato di spostamento ricavato dai PS e i vari inventari o carte di piano. Da questo confronto sono emerse informazioni molti interessanti perché è stato possibile avere conferme di movimento su dissesti già conosciuti (Sant’Agata Feltria, San Leo e altri) ma anche di venire a conoscenza di fenomeni non conosciuti (Monte Gregorio). In conclusione è emerso dal mio lavoro che il monitoraggio tramite tecnica PSinSAR necessita di essere integrato con le tecniche tradizionali poiché presenta alcune limitazioni importanti come l’impossibilità di "vedere" movimenti veloci o lungo la direzione Nord-Sud, oltre ad avere dati in aree vegetate o scarsamente abitate. I vantaggi sono però notevoli potendo monitorare con un’unica ripresa vaste porzioni di territorio oltre ad avere serie storiche consistenti, in grado di evidenziare i movimenti avvenuti nel passato. Tale tecnica quindi, secondo il mio parere, può essere utilizzata come supporto alla stesura di cartografia di fenomeni franosi fornendo informazioni aggiuntive rispetto alle varie tecniche tradizionali come il GPS, sondaggi geotecnici e sondaggi inclinometrici.

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La presente Tesi di Laurea si colloca nell’ambito di un progetto strategico di ateneo chiamato OpIMA. Tale progetto mira a sviluppare codificatori innovativi per segnali di tipo impulsivo, discreti nei livelli, con riferimento soprattutto all’attuazione, alla sintesi di forme d’onda e all’amplificazione audio. L’obiettivo del progetto è di sviluppare nuove generazioni di codificatori, simili nell’uso a quelli tradizionali ed in qualche modo compatibili con essi e pure basati su principi operativi radicalmente diversi. La Tesi di Laurea è stata svolta presso il Dipartimento di Ingegneria Elettrica (DIE) nel laboratorio di Compatibilità Elettromagnetica (LACEM). Il lavoro tratta di uno studio nel dominio tempo-frequenza sulle emissioni condotte prodotte da un convertitore statico DC/AC progettato presso il DIE. Tale studio risulta utile per capire come e quando vengono generati questi disturbi e per migliorare la compatibilità elettromagnetica del convertitore. La Tesi inizialmente richiama con il Capitolo 1 i concetti che stanno alla base della compatibilità elettromagnetica, soprattutto per quanto riguarda le emissioni condotte. Con il Capitolo 2 si descrive in dettaglio il banco prova in ogni sua parte; nel Capitolo 3 vengono riportati i dati teorici di carica e scarica del BUS DC del convertitore. Nel Capitolo 4, 5, 6 vengono riportati i risultati delle prove effettuate sul convertitore per quanto riguarda le emissioni condotte; in particolare nel Capitolo 4 le prove sono state eseguite sul convertitore originale, nel Capitolo 5 si sono ripetute le prove separando elettricamente il circuito di potenza del convertitore da quello di controllo (ovviamente in questa fase abbiamo utilizzato due fonti di alimentazione separate) e nel Capitolo 6 si è voluto eliminare il rumore generato dall’alimentatore presente all’interno del circuito di controllo e per far ciò sono stati costruiti cinque alimentatori lineari esterni con determinate caratteristiche. Infine nell’ultimo Capitolo si sono tratte le conclusioni sui risultati delle misure effettuate.