252 resultados para Muratura, mattoni, malta, resistenza, consolidamento
Resumo:
Nell’ambito di questa Tesi sono state affrontate le fasi di progettazione, sviluppo e caratterizzazione di materiali biomimetici innovativi per la realizzazione di membrane e/o costrutti 3D polimerici, come supporti che mimano la matrice extracellulare, finalizzati alla rigenerazione dei tessuti. Partendo dall’esperienza di ISTEC-CNR e da un’approfondita conoscenza chimica su polimeri naturali quali il collagene, è stata affrontata la progettazione di miscele polimeriche (blends) a base di collagene, addizionato con altri biopolimeri al fine di ottimizzarne i parametri meccanici e la stabilità chimica in condizioni fisiologiche. I polimeri naturali chitosano ed alginato, di natura polisaccaridica, già noti per la loro biocompatibilità e selezionati come additivi rinforzanti per il collagene, si sono dimostrati idonei ad interagire con le catene proteiche di quest’ultimo formando blends omogenei e stabili. Al fine di ottimizzare l’interazione chimica tra i polimeri selezionati, sono stati investigati diversi processi di blending alla base dei quali è stato applicato un processo complesso di co-fibrazione-precipitazione: sono state valutate diverse concentrazioni dei due polimeri coinvolti e ottimizzato il pH dell’ambiente di reazione. A seguito dei processi di blending, non sono state registrate alterazioni sostanziali nelle caratteristiche chimiche e nella morfologia fibrosa del collagene, a riprova del fatto che non hanno avuto luogo fenomeni di denaturazione della sua struttura nativa. D’altro canto entrambe le tipologie di compositi realizzati, possiedano proprietà chimico-fisiche peculiari, simili ma non identiche a quelle dei polimeri di partenza, risultanti di una reale interazione chimica tra le due molecole costituenti il blending. Per entrambi i compositi, è stato osservato un incremento della resistenza all’attacco dell’enzima collagenasi ed elevato grado di swelling, quest’ultimo lievemente inferiore per il dispositivo contenente chitosano. Questo aspetto, negativo in generale per quanto concerne la progettazione di impianti per la rigenerazione dei tessuti, può avere aspetti positivi poiché la minore permeabilità nei confronti dei fluidi corporei implica una maggiore resistenza verso enzimi responsabili della degradazione in vivo. Studi morfologici al SEM hanno consentito di visualizzare le porosità e le caratteristiche topografiche delle superfici evidenziando in molti casi morfologie ibride che confermano il buon livello d’interazione tra le fasi; una più bassa omogeneità morfologica si è osservata nel caso dei composti collagene-alginato e solo dopo reidratazione dello scaffold. Per quanto riguarda le proprietà meccaniche, valutate in termini di elasticità e resistenza a trazione, sono state rilevate variazioni molto basse e spesso dentro l’errore sperimentale per quanto riguarda il modulo di Young; discorso diverso per la resistenza a trazione, che è risultata inferiore per i campione di collagene-alginato. Entrambi i composti hanno comunque mostrato un comportamento elastico con un minore pre-tensionamento iniziale, che li rendono promettenti nelle applicazioni come impianti per la rigenerazione di miocardio e tendini. I processi di blending messi a punto nel corso della ricerca hanno permesso di ottenere gel omogenei e stabili per mezzo dei quali è stato possibile realizzare dispositivi con diverse morfologie per diversi ambiti applicativi: dispositivi 2D compatti dall’aspetto di membrane semitrasparenti idonei per rigenerazione del miocardio e ligamenti/tendini e 3D porosi, ottenuti attraverso processi di liofilizzazione, con l’aspetto di spugne, idonei alla riparazione/rigenerazione osteo-cartilaginea. I test di compatibilità cellulare con cardiomioblasti, hanno dimostrato come entrambi i materiali compositi realizzati risultino idonei a processi di semina di cellule differenziate ed in grado di promuovere processi di proliferazione cellulare, analogamente a quanto avviene per il collagene puro.
Resumo:
Progetto di un aerogeneratore ad asse verticale in grado di erogare una potenza di circa 100 kW con un vento di 16 m/s con l’obiettivo fondamentale di risolvere i problemi di avviamento comuni per le turbine ad asse verticale (VAWT), che affliggono in particolare le turbine Darrieus. Inoltre la turbina eolica in questione non deve necessitare di fondazione nè di trasporti eccezionali per l’installazione, permettendo l’abbattimento dei costi iniziali. Le vele sono state sostituite da profili alari, in grado di generare non solo resistenza ma anche portanza.
Resumo:
I materiali polimerici espansi sono utilizzati come core di pannelli compositi di tipo sandwich (tipicamente a base di polivinilcloruro, polistirene e poliuretani). Negli ultimi anni molte ricerche si sono concentrate sulla possibilità di aumentare le loro proprietà meccaniche, termiche, di resistenza agli agenti esterni, ignifughe, etc cercando contemporaneamente la diminuzione del peso e del costo (sia delle materia prime che di processo). In questo contesto, l’obiettivo di questa tesi di laurea è lo studio, la preparazione e la caratterizzazione di espansi in PVC di natura cross-linked per la produzione di pannelli compositi a sandwich potenzialmente utilizzabili in campo eolico e navale.
Resumo:
Le Dye – Sensitized Solar Cells (DSSC) sono attualmente considerate tra le alternative più promettenti al fotovoltaico tradizionale. I ridotti costi di produzione e l’elevata versatilità di utilizzo rappresentano i punti di forza di questi dispositivi innovativi. Ad oggi la ricerca è concentrata prevalentemente sull’incremento delle prestazioni delle DSSC, ottenibile solamente attraverso un miglioramento delle funzioni dei singoli componenti e dell’interazione sinergica tra questi. Tra i componenti, ha recentemente assunto particolare interesse il blocking layer (BL), costituito generalmente da un film sottile di TiO2 depositato sulla superficie dell’anodo (FTO) e in grado di ottimizzare i fenomeni all’interfaccia FTO/TiO2/elettrolita. Nel corso di questo lavoro di tesi si è rivolta l’attenzione prevalentemente sulle caratteristiche del BLs (ad esempio proprietà morfologico – strutturali) cercando di mettere in correlazione il processo di deposizione con le caratteristiche finali del film ottenuto. A questo scopo è stato ottimizzato un processo di deposizione dei film via spin coating, a partire da soluzioni acquosa o alcolica di precursore (TiCl4). I film ottenuti sono stati confrontati con quelli depositati tramite un processo di dip coating riportato in letteratura. I BLs sono stati quindi caratterizzati tramite microscopia (SEM – AFM), spettrofotometria (UV.- Vis) e misure elettrochimiche (CV – EIS). I risultati ottenuti hanno messo in evidenza come i rivestimenti ottenuti da soluzione acquosa di precursore, indipendentemente dalla tecnica di deposizione utilizzata (spin coating o dip coating) diano origine a film disomogenei e scarsamente riproducibili, pertanto non idonei per l’applicazione nelle DSSC. Viceversa, i BLs ottenuti via spin coating dalla soluzione alcolica di TiCl4 sono risultati riproducibili, omogenei, e uniformemente distribuiti sulla superficie di FTO. Infine, l’analisi EIS ha in particolare evidenziato un effettivo aumento della resistenza al trasferimento di carica tra elettrodo FTO ed elettrolita in presenza di questi BLs, fenomeno generalmente associato ad un efficace blocking effect.
Resumo:
Il Protocollo di Montreal, che succede alla Convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono richiede l’eliminazione di idrocarburi contenenti cloro (CFC). Nel corso degli ultimi decenni ha quindi assunto importanza la reazione di idrodeclorurazione di clorofluorocarburi, in particolare rivolta alla produzione di idrocarburi fluorurati che sono risultati interessanti per la produzione di polimeri con specifiche caratteristiche di resistenza meccanica, termica e chimica. In questo lavoro di tesi, svolto in collaborazione con SOLVAY SPECIALTY POLYMERS ITALY, sono stati studiati catalizzatori innovativi per la produzione di perfluorometilviniletere (MVE), mediante idrodeclorurazione di perfluorometilcloroviniletere (AM). Attualmente la reazione di produzione industriale dell’MVE, condotta con l'utilizzo di quantità stechiometriche di Zn e dimetilformammide (DMF), presenta il notevole problema dello smaltimento di grandi quantità di zinco cloruro e di DMF. La reazione studiata, condotta in catalisi eterogenea, in presenta di H2, presenta una forte dipendenza dalla natura dei metalli utilizzati oltre che dal tipo di sintesi dei catalizzatori impiegati. Nell'ambito di questo lavoro è stato sviluppato un metodo, a basso impatto ambientale, per la sintesi si nanoparticelle preformate da utilizzare per la preparazione di catalizzatori supportati si TiO2 e SiO2. Le nanosospensioni ed i sistemi catalitici prodotti sono stati caratterizzati utilizzando diverse metodologie di analisi quali: XRD, XRF, TEM, TPR-MS, che hanno permesso di ottimizzare le diverse fasi della preparazione. Allo scopo di osservare effetti sinergici tra le specie utilizzate sono stati confrontati sistemi catalitici monometallici con sistemi bimetallici, rivelando interessanti implicazioni derivanti dall’utilizzo di fasi attive nanoparticellari a base di Pd e Cu. In particolare, è stato possibile apprezzare miglioramenti significativi nelle prestazioni catalitiche in termini di selettività a perfluorometilviniletere all’aumentare del contenuto di Cu. La via di sintesi ottimizzata e impiegata per la produzione di nanoparticelle bimetalliche è risultata una valida alternativa, a basso impatto ambientale, ai metodi di sintesi normalmente usati, portando alla preparazione di catalizzatori maggiormente attivi di quelli preparati con i metalli standard.
Resumo:
Il presente lavoro presenta una analisi di sensitività sui parametri progettuali più significativi per i sistemi di ancoraggio di dispositivi di produzione di energia del mare di tipo galleggiante, comunemente conosciuti come Floating Wave Energy Converters (F-WEC). I convertitori di questo tipo sono installati offshore e possono basarsi su diversi principi di funzionamento per la produzione di energia: lo sfruttamento del moto oscillatorio dell’onda (chiamati Wave Active Bodies, gran parte di convertitori appartengono la tecnologia di questo tipo), la tracimazione delle onde (Overtopping Devices), o il principio della colonna d’acqua oscillante (Oscillating Water Columns). La scelta del luogo di installazione dei tali dispositivi implica una adeguata progettazione del sistema di ancoraggio che ha lo scopo di mantenere il dispositivo in un intorno sufficientemente piccolo del punto dove è stato originariamente collocato. Allo stesso tempo, dovrebbero considerarsi come elemento integrato del sistema da progettare al fine di aumentare l’efficienza d’estrazione della potenza d’onda. Le problematiche principali relativi ai sistemi di ancoraggio sono: la resistenza del sistema (affidabilità, fatica) e l’economicità. Le due problematiche sono legate tra di loro in quanto dall’aumento del resistenza dipende l’aumento della complessità del sistema di ancoraggio (aumentano il numero delle linee, si utilizzano diametri maggiori, aumenta il peso per unità di lunghezza per ogni linea, ecc.). E’ però chiaro che sistemi più affidabili consentirebbero di abbassare i costi di produzione e renderebbero certamente più competitiva l’energia da onda sul mercato energetico. I dispositivi individuali richiedono approcci progettuali diversi e l’economia di un sistema di ormeggio è strettamente legata al design del dispositivo stesso. Esistono, ad oggi, una serie di installazioni a scala quasi di prototipo di sistemi WEC che hanno fallito a causa del collasso per proprio sistema di ancoraggio, attirando così l’attenzione sul problema di una progettazione efficiente, affidabile e sicura.
Resumo:
Oggetto di questa tesi di laurea è la riqualificazione funzionale ed energetica di un'autorimessa per corriere costruita a Forlì nel 1935 dal geom. Alberto Flamigni e di proprietà dell' ATR, Agenzia per la Mobilità della provincia di Forlì-Cesena. Al deposito per corriere sono annessi dei piccoli capanni adibiti a magazzini ed una palazzina per uffici costruita negli anni '50, non facente parte del progetto originale. Oggi l'intero complesso risulta in disuso e la richiesta espressa dall'Amministrazione Comunale di Forlì è quella di adattare il comparto per ospitare funzioni musicali, d'intrattenimento e cultura, pensando anche ad un collegamento col manufatto storico dell'Arena Forlivese; quest'ultima, costruita negli anni '20, è situata ai margini del lotto in esame, risulta di proprietà privata ed oggi versa in condizioni di grave degrado. Uno dei fini del progetto, sul filo conduttore delle richieste dell'Amministrazione, è quello di mantenere l'involucro originale dell'edificio, su cui grava anche un vincolo storico, essendo stato progettato durante il periodo fascista ed avendo forti richiami alle soluzioni architettoniche adottate da Marcello Piacentini. Si è quindi deciso di lavorare al suo interno, al fine di creare dei nuclei indipendenti che ospitano le nuove funzioni di auditorium, mediateca, spazio espositivo, sale prova, camerini, mantenendo invece intatto il perimetro in mattoni facciavista con basamento in travertino. Il fronte esposto a sud, essendo stato originariamente pensato come mero elemento di chiusura, senza basamento e sistema di rivestimento ma semplicemente intonacato, si distacca dal resto dell'involucro ed è stato perciò oggetto di maggiori modifiche, in relazione anche al nuovo orientamento d'ingresso pensato per il comparto: l'Amministrazione Comunale ha infatti espresso il desiderio di modificare il percorso di accesso all'edificio, dal fronte nord su piazza Savonarola al fronte ovest su via Ugo Bassi. Il progetto ha adottato un approccio integrato dal punto di vista formale e costruttivo, ponendo particolare attenzione al rispetto e alla valorizzazione della struttura esistente: uno dei punti forti dell'ex deposito è infatti la sua copertura in travi reticolari in c.a. con shed vetrati orientati a nord. Tale sistema di copertura è stato mantenuto per favorire l'illuminazione degli spazi interni, isolato termicamente ed integrato con dei pannelli diffusori che garantiscono una luce uniforme e ben distribuita. Dal punto di vista funzionale e distributivo il progetto ha risposto a criteri di massima flessibilità e fruibilità degli ambienti interni, assecondando le esigenze dell'utenza. Mantenendo la finalità del minimo intervento sull'involucro esistente, nel piano terra si è adottata una tipologia di ambienti open space che delimitano il doppio volume dello spazio espositivo, pensato come un semplice e neutro contenitore, allestibile in base al tipo di mostra ed alla volontà degli organizzatori. Particolare attenzione è stata rivolta alla scelta della tipologia costruttiva per l'auditorium ed i volumi adibiti a sale prova, camerini e depositi, adottando elementi prefabbricati in legno assemblati a secco. Si sono studiati anche i sistemi impiantistici al fine di garantire un elevato livello di comfort interno e nel contempo un considerevole risparmio dal punto di vista energetico. Durante le varie fasi di avanzamento e messa a punto del progetto è stata posta grande attenzione all'aspetto acustico, dalla scelta della forma della sala al trattamento superficiale per garantire un'ottima resa prestazionale, parametro imprescindibile nella progettazione di un adeguato spazio musicale. Altro elemento preso in considerazione a scala locale e urbana è stato quello della sistemazione del cortile a sud, oggi asfaltato ed utilizzato come semplice parcheggio di autobus, al fine di trasformarlo in parco pubblico fruibile dagli utenti del complesso culturale e nel contempo elemento di connessione con l'Arena, tramite un nuovo sistema di orientamenti e percorsi.
Resumo:
I fattori che, nei primi anni dell'aviazione, contribuivano al verificarsi o meno di una sciagura aerea erano principalmente di natura meccanica, mentre oggi la maggior parte degli incidenti è attribuibile all’errore umano. Nel corso del tempo sono stati sviluppati modelli per l’analisi del fattore umano ed ha assunto un ruolo fondamentale lo studio del crashworthiness allo scopo di sviluppare tecnologie che contribuiscano alla riduzione di incidenti aerei e del tasso di mortalità. In questo studio è stata analizzata la resistenza della fusoliera di un aliante DG-100G Elan nelle principali tipologie di impatto. Le statistiche evidenziano, come cause principali di incidente, la caduta in vite e lo stallo in prossimità del suolo. Dall’analisi dei risultati ottenuti con la configurazione di base dell’aliante è stata delineata una possibile modifica per migliorarne la resistenza ad impatto. Obiettivo dello studio è la verifica in prima approssimazione della bontà o meno dei risultati ottenuti attraverso l’introduzione delle modifiche, valutando la differenza di quest’ultimi fra le due configurazioni.
Resumo:
La mia tesi propone un progetto di restauro e rifunzionalizzazione dell’Ex Stabilimento SITA di Forli costruito nel 1935. Attualmente l’edificio, al confine fra centro storico e tessuto urbano moderno, crea un grande vuoto urbano. L’obiettivo principale del progetto è il restauro e il consolidamento del manufatto, nonché una sua successiva rifunzionalizzazione. L’obbiettivo è la creazione di un centro culturale pubblico, di aggregazione e di incontro, che stimoli un nuovo impulso vitale ed economico nella zona circostante. La nuova funzione è quella di un centro culturale polifunzionale, gestito da una fondazione che fornisca spazi di utilizzo ampi, flessibili ed intercambiabili. Nello specifico si intende: spazi per conferenze cittadine, spettacoli teatrali temporanei, fiere, mercatini, mostre con particolari esigenze di dimensioni, concerti e festival organizzati sia dal privato che dalla pubblica amministrazione. Concludendo la parola chiave e il fine di questa tesi sono il restauro e la conservazione, e gli strumenti che si utilizzeranno per raggiungerli sono il consolidamento e la rifunzionalizzazione. Per questo motivo gli spazi e la struttura subiscono i minimi cambiamenti necessari per le nuove funzioni, seppur nei limiti imposti dal preesistente.
Resumo:
Il basso tasso d'usura e l'alta resistenza meccanica dell'UHMWPE reticolato e additivato ha posto l'attenzione verso l'uso di teste femorali con diametri maggiori per diminuire il rischio d'impingement e dislocazioni. Questo richiede l'utilizzo d'inserti acetabolari più sottili di quelli attualmente in commercio. In quest'ottica è necessario porre particolare attenzione alla resistenza meccanica d'inserti più sottili, e all'efficacia della vitamina E nel combattere l'effetto dell'ossidazione che si manifesta in seguito al processo di reticolazione. Lo scopo del lavoro è quindi di studiare un inserto più sottile di quelli attualmente in commercio per verificarne le performance. Tale studio è svolto su una serie di taglie (compreso inserto prodotto ad-hoc con spessore di 3,6 mm) con spessore di 5,6 mm e di 3,6 mm dalle quali viene isolato il worst-case tramite analisi FEM. Con prove sperimentali è testata la resistenza meccanica del worst-case, e sono monitorate le deformazioni subite e l'ossidazione del campione. Dagli studi FEM è risultato che le tensioni sono mediamente le stesse in tutti i campioni, anche se si sono registrate tensioni leggermente superiori nella taglia intermedia. A differenza delle attese la taglia in cui si sono riscontrate le tensioni massime è la F (non è l'inserto che ha diametro inferiore). A seguito della messa a punto del modello FEM si è identificato un valore d'attrito inferiore a quello atteso. In letteratura i valori d'attrito coppa-inserto sono più grandi del valore che si è identificato tramite simulazioni FEM. Sulla base dei risultati FEM è isolato il worst-case che viene quindi sottoposto a un test dinamico con 6 milioni di cicli atto a valutarne le performance. Gli inserti di spessore ridotto non hanno riportato alcun danno visibile, e la loro integrità strutturale non è stata modificata. Le considerazioni preliminari sono confermate dalla verifica al tastatore meccanico e dall'analisi chimica, dalle quale non si sono evidenziate particolari problematiche. Infatti, da queste verifiche si rileva che l'effetto del creep nella prova accelerata è pressoché trascurabile, e non si riscontrano variazioni dimensionali rilevanti. Anche dall'analisi chimica dei campioni non si evidenzia ossidazione. I valori d'ossidazione dell'inserto testato sono analoghi a quelli del campione non testato, anche quando viene confrontato con l'inserto in UHMWPE vergine si evidenzia un'ossidazione di molto superiore. Questo prova che la vitamina E inibisce i radicali liberi che quindi non causano l'ossidazione con susseguente fallimento dell'inserto. Dai risultati si vede che i campioni non subiscono danni rilevanti, le deformazioni elastiche monitorate nel test dinamico sono pressoché nulle, come gli effetti del creep misurati analizzando i dati ottenuti al tastatore meccanico. Grazie alla presenza della vitamina E non si ha ossidazione, quella rilevata è vicina a zero ed è da imputare alla lavorazione meccanica. Secondo tali considerazioni è possibile affermare che la riduzione dello spessore degli inserti da 5,6 mm a 3,6 mm non ha conseguenze critiche sul loro comportamento, e non comporta un fallimento del dispositivo.
Resumo:
Gli acciai inossidabili austenitici presentano ottime caratteristiche che li rendono ideali in tutti quei settori in cui è richiesta un’elevata resistenza alla corrosione associata a caratteristiche estetiche e funzionali. L’acciaio AISI 316L risulta essere uno dei più studiati ed utilizzati, specie nell’industria alimentare e farmaceutica, dove leapparecchiature debbono poter essere sottoposte ad aggressive procedure di sanificazione. Tuttavia, la modesta resistenza meccanica e la bassa durezza superficiale di questo acciaio determinano un comportamento non soddisfacente dal punto di vista dell’usura da strisciamento in assenza di lubrificanti, situazione che si verifica sovente in molti macchinari dedicati a queste industrie. Tra le varie soluzioni, studiate per migliorare il suo comportamento tribologico, la cementazione a bassa temperatura (LowTemperature Carburizing, LTC) seguita dalla deposizione PE-CVD (Plasma-Enhanced Chemical Vapour Deposition) di un rivestimento di carbonio amorfo idrogenato (a-C:H), sembra essere molto promettente. In questo lavoro vengono analizzate le caratteristiche tribologiche dell’acciaio AISI 316L cementato a bassa temperatura e rivestito di carbonio amorfo idrogenato, tramite prove tribologiche di strisciamento non lubrificato in geometria di contatto pattino su cilindro. Sono state verificate, inoltre, le caratteristiche microstrutturali e meccaniche superficiali del rivestimento multistrato LTC/a-C:H tramite osservazioni morfologiche/topografiche, analisi in spettroscopia micro-Raman e misure di indentazione strumentata sulle superfici rivestite, seguite da analisi metallografia e misura dei profili di microdurezza Vickers in sezione trasversale. I risultati ottenuti dimostrano che, ai fini di contenere l’effetto negativo legato all’aumento di rugosità dovuto al trattamento LTC, è opportuno effettuare una lucidatura precedente al trattamento stesso, poiché effettuandola successivamente si rischierebbe dicomprometterne lo strato efficace. Inoltre, si osserva come il trattamento LTC incrementi le capacità del substrato di supportare il rivestimento a-C:H, portando ad un miglioramento delle prestazioni tribologiche, nelle prove di strisciamento non lubrificato. Infine, si dimostra come l’utilizzo di un rivestimento a base di carbonio amorfo idrogenato adeguatamente supportato permetta una riduzione dell’attrito (di oltre cinque volte) e dell’usura (di circa dieci ordini di grandezza) rispetto ai corrispondenti materiali non rivestiti.
Resumo:
Il Cor-Ten è un acciaio micro-legato, detto anche acciaio patinabile, che garantisce una buona resistenza alla corrosione da agenti atmosferici. Proprio grazie a questa sua peculiare caratteristica sta conoscendo un vasto impiego in particolare nel campo dell’edilizia e delle infrastrutture. La corrosione infatti interessa tutti i settori produttivi e non, provocando ingenti danni economici. Stime effettuate negli ultimi 40anni da diversi enti internazionali indicano che l’entità di questi danni, pur variando da settore a settore, risulta compresa per i paesi industrializzati tra il 3 e il 4% del PIL. Da questi dati si evince la necessità di proteggere i materiali dalla corrosione; in genere per questo scopo si ricorre a trattamenti superficiali o a rivestimenti protettivi. Queste tecniche non rappresentano però l’unica strada, è possibile infatti agire sulla composizione della lega, come nel caso del Cor-Ten, in modo che l’interazione metallo-ambiente porti alla formazione di una patina protettiva di prodotti di corrosione relativamente stabili. La formazione di questo strato, cosiddetto passivante, protegge il metallo da un’ulteriore attacco corrosivo. Scopo di questo lavoro di tesi è studiare il comportamento di questo materiale in ambiente urbano-costiero in tre differenti stati di finitura in cui è commercialmente disponibile: grezzo, pre-patinato e pre-patinato cerato, focalizzando l’attenzione sugli aspetti ambientali legati al suo utilizzo e cercando di valutare in particolare il rilascio dei metalli di lega nell’ambiente, aspetto fino ad ora non considerato in letteratura. I risultati ottenuti indicano che sembrerebbe preferibile l’utilizzo del materiale grezzo rispetto ai pre-patinati, almeno per quanto riguarda il rilascio di metalli in ambiente. Sulla base dei risultati ottenuti è possibile fornire una stima, per i tre stati di finitura di Cor-Ten A considerati, del quantitativo totale (solubile + estraibile) dei metalli rilasciati in ambiente nei sette mesi di esposizione durante la stagione primaverile-estiva della sperimentazione condotta in questo studio. La quantità rilasciata stimata per il Fe oscilla tra i 0,5 g/m2 per i provini light e i 0,7 g/m2 per i provini dark e grezzi, per il Ni il range è compreso tra i 3,6 mg/m2 dei provini grezzi e i 5 mg/m2 per i light, nel caso del Mn il quantitativo varia dai 6,8 mg/m2 per i light ai 10 mg/m2 per i grezzi. Per il Cr la stima per i provini pre-patinati è simile e si attesta intorno a 1,7 mg/m2, risultando minore (anche se in maniera non rilevate) per i grezzi.
Resumo:
Descrizione dell'effetto favorevole sulla resistenza a fatica di un piatto forato della presenza di un accoppiamento per interferenza, rilevato mediante prove sperimentali e simulazioni agli elementi finiti.
Resumo:
L’intento di questa tesi è fornire un andamento di alcune proprietà dei materiali compositi in fibra di carbonio, CFRP, utilizzati soprattutto nell’ambito aeronautico e navale, esposti quindi a condizioni ambientali specifiche di variazione ciclica della temperatura. Lo studio è effettuato sulle prove di caratterizzazione statica, di compressione, flessione in tre punti e taglio interlaminare, che generano risultati sulla resistenza delle fibre e della matrice e sul modulo elastico a compressione e trazione del composito.