153 resultados para geometria. elettromagnetismo, monopolo magnetico,monopolo di Dirac
Resumo:
Negli ultimi due decenni i microcanali hanno un'ampia gamma di applicazioni pratiche in ambiti specializzati, come le micropompe, l’ingegneria biomedica, la microfluidica, ecc. Quindi il miglioramento della capacità di scambio termico è molto significativo e, per questo motivo, è interessante studiare come influisce sullo scambio termico la variazione della geometria dei microcanali. Per descrivere le prestazioni associate ad una superficie di scambio termico ci si riferisce a dei parametri adimensionali. Ad esempio, si possono utilizzare numero di Poiseuille fRe e numero di Nusselt Nu, a cui sono associate, rispettivamente, le prestazioni in termini di attrito meccanico e di scambio termico convettivo della superficie. E si vedrà il comportamento termoidraulico al variare di parametri geometrici come il fattore di forma ed il raggio di curvatura degli spigoli della sezione attraverso simulazioni effettuate tramite FlexPDE. L’ottimizzazione delle sezioni di microcanali attraverso i Performance Evaluation Criteria (PEC) è basata su un’analisi condotta dal punto di vista della prima legge della termodinamica: l'ottimizzazione della funzione obiettivo è il suo unico scopo. Ma non ha tenuto conto dell’entropia generata nello scambiatore, che varia dopo l’ottimizzazione. Poiché l’entropia prodotta da un generico sistema termodinamico è direttamente legata alle perdite per irreversibilità nello stesso, quindi coincide l’efficienza del sistema dal punto di vista termodinamico. Per questo motivo, Bejan propone una procedura di ottimizzazione basata sulla seconda legge della termodinamica, in cui anche l’entropia è trattata come una funzione obiettivo che dovrà essere sempre minimizzata. Dopo una prima fase di analisi dal punto di vista fisico, il modello è stato applicato a casi concreti, in cui funzione obiettivo e numero di generazione entropica sono stati espressi in dipendenza dell’incognita geometrica da valutare.
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Questa tesi è incentrata sullo studio dei sistemi di numerazione. Dopo un'analisi storica dei vari contributi apportati dai diversi popoli, si mostrano alcune applicazioni didattiche elementari e alcuni giochi ricreativi. Per mostrare l'interesse di questi sistemi anche per la ricerca contemporanea, si passa a una trattazione più generale fino a giungere alla geometria frattale.
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Si è interessati a classificare le cubiche del piano proiettivo complesso. In particolare vengono classificate le cubiche piane dimostrando che ogni cubica non singolare è proiettivamente equivalente a una cubica di equazione affine nota e che esistono infinite classi di equivalenza proiettiva per le cubiche piane non singolari. Si mostra inoltre che le cubiche piane singolari irriducibili possono essere ricondotte a due classi di equivalenza proiettive: la prima classe contiene le cubiche con un nodo, la seconda classe contiene invece le cubiche con una cuspide. Infine si studiano le proiezioni piane della cubica gobba da un suo punto, oppure da un punto esterno alla cubica.
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L’impiego della storia della matematica è auspicato oggi più di ieri dalle attuali Indicazioni nazionali per i Licei ed è supportato da numerosi quadri teorici,che traghettano la storia della matematica dalle rive dell’essere artefatto all’essere conoscenza. In particolare nel secondo paragrafo del primo capitolo di questa tesi vengono presentati gli ostacoli epistemologici di Guy Brousseau, l’approccio socio-culturale di Louis Radford, l’approccio ”voci ed echi” di Paolo Boero ed infine lo spaesamento di Barbin. Nel terzo paragrafo vengono analizzati quei contributi che mirano a rendere più operativo l’entusiasmo suscitato dall’uso della storia nell’insegnamento della matematica. Quindi il primo capitolo ha l’obiettivo di porre le basi teoriche all’uso della storia nella trasmissione del sapere matematico; pertanto ho deciso di mettere a punto una sperimentazione da condurre in una classe seconda di Liceo Scientifico avente come oggetto una fonte storica. Come argomento è stato scelto l’irrazionalità, introdotto in tale trattazione nel secondo capitolo: nel primo paragrafo viene trattato il problema della nascita dell’incommensurabilità, mentre nel secondo vengono analizzate le numerose dimostrazioni che sono state proposte nel corso dei secoli in merito all’incommensurabilità di lato e diagonale di un quadrato partendo da Aristotele ed Euclide, passando per Alessandro d’Aforisia e Platone, attraversando le dimostrazioni geometriche e quelle che sfruttano il metodo dell’anthyphairesis, per giungere ad una dimostrazione moderna che non presta il fianco alle critiche aristoteliche proposte da Salomon Ofman. Nel terzo capitolo viene presentata la sperimentazione che ho condotto, anteponendo a ciò i criteri adottati per la scelta del brano, ossia le lezione di Geometria tratta dal Menone di Platone ed un breve tributo alla figura di Platone e alla sua opera da cui è tratto il brano scelto come fonte storica. Tale capitolo è articolato in tre paragrafi: nel terzo vengono descritte dettagliatamente tutte le attività condotte in classe e vengono presentati i lavori e le risposte degli studenti. Infine, nel quarto capitolo, vengono esaminati dettagliatamente i risultati dei ragazzi alla luce dei quadri teorici precedentemente introdotti e vengono messe in luce le peculiarità dell’attività dell’argomentare e le doti e mancanze relative a ciò degli studenti.
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La conoscenza e la determinazione dell’equazione cinetica è indispensabile per lo studio, la progettazione e l’ottimizzazione di qualsiasi reattore chimico. Normalmente l’analisi cinetica viene eseguita con reattori che operano in maniera quanto più prossima a condizioni ideali in modo da rendere più facile e meno affetta da errori l’interpretazione dei risultati sperimentali. In fotocatalisi è invece di fatto impossibile realizzare, anche in presenza di una perfetta miscelazione, un sistema ideale in cui si abbia un’uniforme distribuzione di tutti i parametri che influenzano la velocità di reazione. Infatti in un reattore fotocatalitico il campo di radiazione è intrinsecamente non uniforme poiché l’assorbimento della radiazione e quindi la sua attenuazione sono necessari per l’attivazione della reazione. Pertanto l’impossibilità di realizzare un sistema fotocatalitico che operi in condizioni quanto più possibile prossime all’idealità e l’incapacità di misurare sperimentalmente i valori locali di velocità di reazione e di velocità di assorbimento dei fotoni possono rendere complessa una corretta analisi cinetica. In questo lavoro vengono studiate le modalità con cui condurre comunque una rigorosa analisi cinetica di un sistema fotocatalitico slurry, nel quale il fotocalizzatore è disperso come polvere fine in sospensione nella soluzione reagente. La reazione studiata è quella di mineralizzazione dell’acido formico. Sono stati impiegati due reattori con geometrie ed illuminazioni differenti: un reattore piano illuminato con luci LED ed un reattore anulare con lampada lineare fluorescente blacklight. È stata verificata la validità di una particolare equazione cinetica, che tiene conto dell’effetto non lineare della velocità specifica (cioè per unità di massa di catalizzatore) di assorbimento dei fotoni e delle concentrazioni del reagente, dell’ossigeno e del fotocatalizzatore. Sono state inoltre determinate le condizioni critiche che possono portare ad errori nell’analisi cinetica ed è stata dimostrata l’utilità di un modello matematico che tiene conto dei bilanci di energia raggiante, di materia nonché del campo di moto. Il modello matematico, in cui compare un solo parametro aggiustabile (il tempo caratteristico di reazione od equivalentemente la costante cinetica), è in grado di riprodurre molto soddisfacentemente i risultati sperimentali in tutte le diverse condizioni operative: diversa geometria di reattore, diversa illuminazione, differente spessore ottico, diverse contrazioni di substrato e di fotocatalizzatore. Infine è stato mostrato come l’equazione cinetica ad una sola costante cinetica, che è stata adottata, descriva meglio la cinetica della reazione fotocatalitica in esame di altre equazioni a due o più costanti cinetiche spesso utilizzate in fotocatalisi e basate sulla teoria di Langmuir-Hinshelwood, a dimostrazione di un diverso meccanismo di reazione.
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La mobilitazione di polveri radioattive nel caso di un incidente di perdita di vuoto (LOVA) all’interno di ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor), è uno dei problemi di sicurezza che si sono posti durante la costruzione di tale reattore. Le polveri vengono generate dalla continua erosione da parte del plasma del materiale di contenimento. Ciò porta ad un accumulo delle stesse all’interno della camera di vuoto. Nel caso di un incidente LOVA il rilascio di tali polveri in atmosfera rappresenta un rischio per la salute di lavoratori e della popolazione circostante. Per raccogliere dati su tale tipo di incidente è stata costruita presso il laboratorio dell’università di Tor Vergata una piccola facility, STARDUST, in cui sono stati eseguiti vari esperimenti con delle condizioni iniziali simili a quelle presenti all’interno di ITER. Uno di questi esperimenti in particolare simula la rottura della camera di vuoto mediante l’ingresso di aria in STARDUST, inizialmente posto a 100 Pa, con un rateo di pressurizzazione di 300 Pa s−1. All’interno del serbatoio sono presenti delle polveri che, in differente percentuale, vengono portate in sospensione dal flusso di fluido entrante. In particolare le polveri sono composte da tungsteno (W), acciaio inossidabile (SS – 316 ) e carbonio ( C ). Scopo del presente lavoro è quello di riprodurre il campo di velocità che si genera all’interno di STARDUST nel caso dell’esperimento appena descritto e valutare il moto delle particelle portate in sospensione e la loro successiva deposizione. Ciò viene fatto mediante l’utilizzo di una geometria bidimensionale creata con Salome. Su tale geometria sono costruite differenti mesh strutturate in base al tipo di simulazione che si vuole implementare. Quest’ultima viene poi esportata nel solutore utilizzato, Code_Saturne. Le simulazioni eseguite possono essere suddivise in tre categorie principali. Nella prima (Mesh A) si è cercato di riprodurre i risultati numerici presentati dagli autori della parte sperimentale, che hanno utilizzato il software commerciale Fluent. Nella seconda si è riprodotto il campo di velocità interno a STARUDST sulla base dei dati sperimentali in possesso. Infine nell’ultima parte delle simulazioni si è riprodotto il moto delle particelle sospese all’interno del fluido in STARDUST, valutandone la deposizione. Il moto del fluido pressurizzante è stato considerato come compressibile. Il regime di moto è stato considerato turbolento viste le elevate velocità che provocavano elevati valori del numero di Reynolds per l’aria. I modelli con cui si è trattata la turbolenza sono stati di tre tipi. Il campo di velocità ottenuto è stato leggermente differente nei tre casi e si è proceduto ad un confronto per valutare le cause che hanno portato a tali differenze. Il moto delle particelle è stato trattato mediante l’utilizzo del modello di tracciamento lagrangiano delle particelle implementato in Code_Saturne. Differenti simulazioni sono state eseguite per tenere in considerazione i vari modelli di turbolenza adottati. Si è dunque proceduto ad analizzare similitudini e differenze dei risultati ottenuti.
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Una particella carica che si muove in un campo magnetico e` accelerata dalla forza di Lorentz, e di conseguenza emette della radiazione. Quindi si escludo- no a priori i neutroni, che sebbene siano formati da particelle cariche (i quarks) sono globalmente neutre. Per accelerazione, si intende anche solo un’acce- lerazione centripeta di cui risentono le particelle cariche nel campo, sebbene non vi sia una variazione nel modulo della velocita`. In base alla velocita` delle particelle cariche che si muovono nel campo magnetico si possono distinguere radiazione di ciclotrone e di sincrotrone. La radiazione di ciclotrone e` presente quando le particelle cariche hanno velocita` non relativistiche o relativistiche, invece la radiazione di sincrotrone e` presente quando le particelle hanno velo- cita` ultra-relativistiche. Entrambe sono radiazioni che non necessitano dell’equilibrio termico del mez- zo, e sono radiazioni impulsive. Cio` che le distingue, a parte la velocita`, e` la tipologia di impulsi che si misurano. Infatti nel caso del sincrotrone, ove le par- ticelle sono ultra-relativistiche, gli impulsi arrivano molto ravvicinati fra loro. Nel caso del ciclotrone arrivano impulsi meno ravvicinati che coincidono con la frequenza di rotazione nel campo magnetico. In questo elaborato ci si soffermera` esclusivamente sull’emissione di sincro- trone e su alcune applicazioni astrofisiche di questo processo, cercando di dare una trattazione sufficiente, seppur scarna, ai fini di capire un processo fisico molto importante negli ambienti astrofisici.
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Le galassie spirali hanno la forma di un disco, con un nucleo globulare più o meno prominente detto bulge e alcune braccia a spirale che si avvolgono attorno ad esso. Il tutto è in rotazione attorno all'asse del disco, con una velocità angolare che varia dal centro alla periferia. Le spirali vengono designate con la lettera S, seguita da una lettera (a, b o c) a seconda dell'importanza dei bracci. Nelle spirali di tipo Sa, i bracci sono piuttosto stretti e il nucleo è preponderante, nelle Sb invece i bracci sono più prominenti e nelle Sc sono ancora più importanti rispetto al nucleo e hanno anche un aspetto piu' "diffuso". Le spirali barrate, che si indicano con la notazione SB seguita dalle lettere a, b o c, sono identiche alle precedenti, salvo per il fatto che le braccia partono dalle estremità di una barra di stelle e gas che attraversa diametralmente il bulge, anziché direttamente da questo. Il contenuto di queste galassie a spirale è piuttosto disomogeneo; la densità della materia diminuisce dal centro verso la periferia. Inoltre possiedono una grande quantità di gas mischiato a polvere, dal quale si formano tutt'ora molte nuove stelle. Le stelle sono concentrate nel nucleo, nei bracci e in un alone di ammassi globulari disposti intorno alla galassia. Inoltre, questo gas è soggetto a processi violenti come l'esplosione di supernoavae, che vi immettono grandi quantità di energia e altro materiale, perciò la materia interstellare è disposta in modo piuttosto irregolare, concentrata in nubi di varie dimensioni. E da queste nubi si formano le stelle. Nella prima parte dell'elaborato ci occuperemo del mezzo interstellare: temperatura e densità differenziano le fasi dell' ISM, da qui discendono i vari processi di emissione/assorbimento che vedremo nella seconda parte. Principalmente andremo ad analizzare cinque bande di emissione (banda X, ottica, radio, gamma e infrarossa) e vedremo come appaiono tipicamente le galassie a spirale a lunghezze d'onda differenti, quali sono i processi in gioco e come il mezzo interstellare sia fondamentale in quasi ogni tipo di processo. A temperature elevate, esso è responsabile dell'emissione X della galassia, mentre regioni più fredde, formate da idrogeno ionizzato, sono responsabili delle righe di emissione presenti nello spettro ottico. Il campo magnetico, tramite le sue interazioni con elettroni relativistici è la principale fonte dell'emissione radio nel continuo di una galassia a spirale, mentre quella in riga è dovuta a idrogeno atomico o a gas freddo. Vedremo infine come raggi cosmici e polvere, che fanno sempre parte del mezzo interstellare, siano rispettivamente la causa principale dell'emissione gamma e infrarossa.
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Lo scopo di questa tesi è di studiare i principali risultati riguardanti le estensioni trascendenti di campi, l'indipendenza algebrica di elementi trascendenti su un campo, le basi di trascendenza di un'estensione. A partire da questi risultati vengono dimostrati due importanti teoremi di geometria algebrica: il Teorema degli zeri di Hilbert e il Teorema di Lüroth.
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Questa tesi nasce dal voler approfondire lo studio delle curve piane di grado 3 iniziato nel corso di Geometria Proiettiva. In particolare si andrà a studiare la legge di gruppo che si può definire su tali curve e i punti razionali di ordine finito appartenenti alle curve ellittiche. Nel primo capitolo si parla di equazioni diofantee, dell’Ultimo Teorema di Fermat, dell'equazione e della formula di duplicazione di Bachet. Si parla inoltre dello stretto rapporto tra la geometria, l'algebra e la teoria dei numeri nella teoria delle curve ellittiche e come le curve ellittiche siano importanti nella crittografia. Nel secondo capitolo vengono enunciate alcune definizioni, proposizioni e teoremi, riguardanti polinomi e curve ellittiche. Nel terzo capitolo viene introdotta la forma normale di una cubica. Nel quarto capitolo viene descritta la legge di gruppo su una cubica piana non singolare e la costruzione geometrica che porta ad essa; si vede il caso particolare della legge di gruppo per una cubica razionale in forma normale ed inoltre si ricavano le formule esplicite per la somma di due punti appartenenti ad una cubica. Nel capitolo cinque si iniziano a studiare i punti di ordine finito per una curva ellittica con la legge di gruppo dove l'origine è un flesso: vengono descritti e studiati i punti di ordine 2 e quelli di ordine 3. Infine, nel sesto capitolo si studiano i punti razionali di ordine finito qualsiasi: viene introdotto il concetto di discriminante di una cubica e successivamente viene enunciato e dimostrato il teorema di Nagell-Lutz.
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Il presente lavoro ha come obiettivo la descrizione dello studio del degassamento diffuso di CO2 (acquisizione dei dati e loro trattazione) effettuato nell'area vulcanica dei Campi Flegrei (NA), nello specifico nell'area della Solfatara di Pozzuoli. Questo infatti rappresenta attualmente il punto di massimo rilascio di fluidi ed energia dell'intero Distretto Vulcanico Flegreo attraverso attività quali fumarole e degassamento diffuso dal suolo, nonché deformazioni del terreno (bradisismo). Tramite l'acquisizione dei valori di flusso diffuso e delle temperature dei primi 10 cm di suolo, attraverso una trattazione dei dati statistica e geostatistica, è stato possibile distinguere e caratterizzare le sorgenti di CO2 (biologica o vulcanica), la realizzazione di sviluppo di mappe di probabilità e di flusso medio e la quantificazione dell'output totale giornaliero di CO2. Il lavoro è stato suddiviso in due fasi principali: 1. La prima fase ha riguardato l'acquisizione dei dati sul campo nei giorni 19 e 20 marzo 2015, tramite l'utilizzo di una camera d'accumulo ed un termometro munito di sonda, in 434 punti all'interno del cratere della Solfatara e nelle aree circostanti. 2. Nella seconda fase sono stati elaborati i dati, utilizzando il metodo statistico GSA (Graphical Statistic Approach) ed il metodo geostatistico della simulazione sequenziale Gaussiana (sGs). Tramite il GSA è stato possibile ripartire i dati in popolazioni e definire una media (con relativa varianza) per ognuna di esse. Con la sGs è stato possibile trattare i dati, considerando la loro distribuzione spaziale, per simulare valori per le aree prive di misurazioni; ciò ha permesso di generare delle mappe che mostrassero l'andamento dei flussi e la geometria della struttura del degassamento diffuso (Diffuse Degassing Structure, DDS; Chiodini et al., 2001). Infine i dati ottenuti sono stati confrontati con i risultati di precedenti studi e si è messo in relazione la geometria e l'intensità di degassamento con la geologia strutturale dell'area flegrea indagata.
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Nella regione del TIR, le transizioni spettrali vibro-rotazionali della CO2 sono sfruttate per ricavare la distribuzione di P e T negli esperimenti spaziali. Oltre all’importanza di questi due parametri, la loro conoscenza è necessaria per ricavare la distribuzione di qualsiasi molecola dalle sue transizioni spettrali. Per ricavare P e T si assume di conoscere il VMR della CO2. L’accuratezza con cui si ricava la distribuzione della CO2 insieme a quelle di P e T non è sufficiente. Inoltre, il VMR della CO2 aumenta nel corso degli anni. Per questo, in questa tesi si propone una nuova strategia per misurare la CO2 usando uno strumento satellitare a scansione del lembo. L’idea è quella di sfruttare le transizioni rotazionali pure dell’O2 nella regione del FIR per ricavare P e T. Poiché queste transizioni traggono origine da un momento di dipolo magnetico la loro forza di riga è molto bassa. Tuttavia, grazie alla grande abbondanza dell’O2 in atmosfera e alla lunghezza dei cammini ottici, queste transizioni sono tra le più intense nello spettro atmosferico del FIR. Il satellite considerato è posto su un’orbita quasi polare e lo strumento osserva l’emissione del lembo atmosferico in direzione opposta a quella di volo. Lo strumento ipotizzato è uno spettrometro a trasformata di Fourier con due porte di output ospitanti un detector per la regione del FIR e uno per quella del TIR. La risoluzione spettrale è di 0.004 cm-1. Mentre il NESR è di 5 nW. Il campionamento geometrico verticale dell’atmosfera è di 3 Km mentre quello orizzontale è di circa 100 Km. Usando la teoria dell’optimal estimation sono stati selezionati due set di intervalli spettrali da analizzare, uno per la regione del FIR e l’altro per la regione del TIR. Con queste ipotesi sono stati effettuati test di retrieval su osservati simulati per valutare le performance del sistema ipotizzato. Si è dimostrato che le transizioni della CO2 nella regione del TIR non sono sufficienti per ricavare P e T insieme al proprio VMR con precisione soddisfacente e che l’uso dell’informazione derivante dal FIR fa aumentare la qualità del retrieval. Le performance dell’esperimento permettono di ricavare il VMR della CO2 con una precisione di circa 1 ppm tra 10 Km e 60 Km con una risoluzione verticale di 3 Km e una orizzontale di circa 2.5° di latitudine. Si è quindi dimostrato la validità della strategia proposta in questo studio.
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Nell'ottica di un futuro riprogetto, totale o parziale, del ventilatore della galleria del vento del progetto CICLoPE dell'Università di Bologna, è stato messo a punto, grazie a modelli matematici di letteratura, un algoritmo per la determinazione della geometria delle pale di un fan. La procedura si basa su ipotesi di incompressibilità e assenza di vortici di estremità ed è in grado di fornire la geometria del ventilatore una volta che sono state fissate: le condizioni richieste nella sezione di test, l'efficienza del tunnel e alcune proprietà del ventilatore stesso (ad esempio tipologia di profilo aerodinamico e numero di pale). L'algoritmo è in grado di lavorare solamente con la configurazione ventilatore seguito da profili raddrizzatori, ma è in previsione un'estensione che consentirà di studiare anche la configurazione a fan controrotanti (come quella del CICLoPE). Con questo software sono state progettate numerose soluzioni diverse per studiare il legame tra rendimento e geometria del ventilatore. Inoltre sono stati individuati i parametri che permettono di ottenere una pala con rastremazione e svergolatura trascurabili, con lo scopo di abbassare i costi del manufatto. In particolare è stato dimostrato come le configurazioni con diametro della nacelle grande (superiore al 65\% del diametro della sezione di potenza) siano particolarmente adatte a fornire rendimenti alti con la minima complicatezza della pala. Per quanto riguarda l'efficienza aerodinamica del profilo, i test comparativi indicano che questo parametro influisce relativamente poco sul rendimento del macchinario ma modifica profondamente la geometria della pala. Efficienze elevate tendono, secondo lo studio, a richiedere pale estremamente rastremate e poco svergolate; questo porta a preferire l'adozione di profili mediamente efficienti ma dall'ampio intervallo operativo in termini di angolo di attacco.
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Negli esperimenti con particelle elementari si rende spesso necessario misurarne l’impulso e discriminare il segno della carica con l’ausilio di campi magnetici. Il lavoro presentato in questa tesi si inserisce nell'attività preliminare per la realizzazione di uno spettrometro per muoni con impulso nell'intervallo 0.5-4 GeV, posto all'interno di un campo magnetico in aria. Il prototipo di tracciatore su cui sono state condotte le misure presentate in questa tesi è costituito da diversi piani di barre di scintillatore plastico accoppiate a fotomoltiplicatori al Silicio. Le misure di laboratorio sono state finalizzate a determinare la risoluzione spaziale del prototipo a partire dai segnali di muoni cosmici nelle barre di scintillatore. Dalla ricostruzione delle tracce dei muoni è stata determinata una risoluzione spaziale migliore di 2 mm, che risulta adeguata per lo spettrometro che si vuole realizzare.
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In questo lavoro vengono analizzate due sottovarietà notevoli di P^5 legate allo studio delle ipersuperfici quadriche: la quadrica di Klein e la superficie di Veronese. La quadrica di Klein è una ipersuperficie di grado 2 di P^5 in corrispondenza biunivoca con l'insieme delle rette di P^3. Riguardando P^5 come lo spazio delle coniche di P^2, la superficie di Veronese corrisponde alle coniche di rango 1, cioè alle rette doppie.