126 resultados para discalculia didattica inclusione scuola unità didattica


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Il progetto di percorso urbano ‘S’intende per restauro qualsiasi intervento volto a conservare e a trasmettere al futuro, facilitandone la lettura e senza cancellarne le tracce del passaggio nel tempo, le opere d’interesse storico, artistico e ambientale; esso si fonda sul rispetto della sostanza antica e delle documentazioni autentiche costituite da tali opere, proponendosi, inoltre, come atto d’interpretazione critica non verbale ma espressa nel concreto operare’ (G.Carbonara) Celate all’interno di edifici privati, ritrovate quasi sempre fortuitamente, ai più sconosciute, le pitture murali del Trecento riminese necessitano un processo di valorizzazione. Si tratta di portarle alla luce una seconda volta creando un percorso di riscoperta di queste opere nascoste, di cui raramente si è più sentito parlare dopo il clamore sollevato dalla mostra del 1935 organizzata da Brandi. Si parla quindi di un percorso conoscitivo. Un percorso urbano che tocchi i luoghi dove queste sono ancora conservate: l’antica chiesa di San Michelino in foro (oggi divisa tra più proprietari privati), la chiesa di Sant’Agostino, la cappella del campanile della chiesa di Santa Maria in Corte, la cappella del Crocifisso in San Nicolò al porto. Le chiese costituiranno le tappe di un percorso che si articolerà attraverso le strade medievali della città. Si verrà a creare quindi un percorso non solo alla scoperta delle pitture murali del XIII e XIV secolo, ma alla scoperta della Rimini del Trecento, delle sue vie, del suo sviluppo urbano. Si affronterà il problema del restauro delle pitture murali, ma sempre preoccupandosi della buona conservazione e del mantenimento del monumento nel suo insieme. Pittura murale e architettura sono, come sostiene Philippot, inscindibili: trattando una pittura murale, il restauratore tratta sempre e solo una parte di un insieme più vasto, che costituisce il tutto al quale egli si dovrà riferire, tanto dal punto di vista estetico e storico, quanto dal punto di vista tecnico . Per ogni chiesa si prevederà quindi, oltre al progetto di restauro della pittura, anche un progetto di fruizione dello spazio architettonico e di riconfigurazione dello stesso, quando necessario, ragionando caso per caso. Si è deciso di porre come origine del percorso l’antica chiesa di San Michelino. La motivazione di questa scelta risiede nel fatto che in questo edificio si è individuato il luogo adatto ad ospitare uno spazio espositivo dove raccontare la Rimini del Trecento. Uno spazio espositivo al servizio della città, con la progettazione del quale si cercherà di restituire unità agli ambienti dell’antica chiesa, oggi così frazionati tra troppi proprietari. Da San Michelino si continuerà verso la chiesa di Sant’Agostino, dove si trovano affreschi del Trecento riminese già molto noti e studiati. Ciò che si rende necessario in questo caso è la riconfigurazione architettonica e spaziale degli affreschi della parte bassa della cappella del campanile, staccati e trasferiti su pannelli negli anni ’70, oltre alla previsione di un sistema di monitoraggio degli affreschi stessi. La terza tappa del percorso sarà la chiesa di Santa Maria in Corte. Il ciclo di affreschi si trova all’interno della cappella del campanile, oggi chiusa al pubblico ed esclusa dallo spazio della chiesa dopo gli interventi barocchi. Abbiamo quindi pensato di proporre una soluzione che permetta una più agevole fruizione della cappella, progettando un’illuminazione e un percorso d’accesso adeguati. Più complesso è il caso di San Nicolò al porto, individuata come ultima tappa del percorso. Si tratta in questo caso della riconfigurazione di un intero isolato, che nel tempo ha perso totalmente il suo significato urbano riducendosi ad una sorta di spartitraffico. Qui si rendeva necessaria inoltre la progettazione di una nuova chiesa, presentando quella attuale seri problemi statici.

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Il progetto di percorso urbano ‘S’intende per restauro qualsiasi intervento volto a conservare e a trasmettere al futuro, facilitandone la lettura e senza cancellarne le tracce del passaggio nel tempo, le opere d’interesse storico, artistico e ambientale; esso si fonda sul rispetto della sostanza antica e delle documentazioni autentiche costituite da tali opere, proponendosi, inoltre, come atto d’interpretazione critica non verbale ma espressa nel concreto operare’ (G.Carbonara) Celate all’interno di edifici privati, ritrovate quasi sempre fortuitamente, ai più sconosciute, le pitture murali del Trecento riminese necessitano un processo di valorizzazione. Si tratta di portarle alla luce una seconda volta creando un percorso di riscoperta di queste opere nascoste, di cui raramente si è più sentito parlare dopo il clamore sollevato dalla mostra del 1935 organizzata da Brandi. Si parla quindi di un percorso conoscitivo. Un percorso urbano che tocchi i luoghi dove queste sono ancora conservate: l’antica chiesa di San Michelino in foro (oggi divisa tra più proprietari privati), la chiesa di Sant’Agostino, la cappella del campanile della chiesa di Santa Maria in Corte, la cappella del Crocifisso in San Nicolò al porto. Le chiese costituiranno le tappe di un percorso che si articolerà attraverso le strade medievali della città. Si verrà a creare quindi un percorso non solo alla scoperta delle pitture murali del XIII e XIV secolo, ma alla scoperta della Rimini del Trecento, delle sue vie, del suo sviluppo urbano. Si affronterà il problema del restauro delle pitture murali, ma sempre preoccupandosi della buona conservazione e del mantenimento del monumento nel suo insieme. Pittura murale e architettura sono, come sostiene Philippot, inscindibili: trattando una pittura murale, il restauratore tratta sempre e solo una parte di un insieme più vasto, che costituisce il tutto al quale egli si dovrà riferire, tanto dal punto di vista estetico e storico, quanto dal punto di vista tecnico . Per ogni chiesa si prevederà quindi, oltre al progetto di restauro della pittura, anche un progetto di fruizione dello spazio architettonico e di riconfigurazione dello stesso, quando necessario, ragionando caso per caso. Si è deciso di porre come origine del percorso l’antica chiesa di San Michelino. La motivazione di questa scelta risiede nel fatto che in questo edificio si è individuato il luogo adatto ad ospitare uno spazio espositivo dove raccontare la Rimini del Trecento. Uno spazio espositivo al servizio della città, con la progettazione del quale si cercherà di restituire unità agli ambienti dell’antica chiesa, oggi così frazionati tra troppi proprietari. Da San Michelino si continuerà verso la chiesa di Sant’Agostino, dove si trovano affreschi del Trecento riminese già molto noti e studiati. Ciò che si rende necessario in questo caso è la riconfigurazione architettonica e spaziale degli affreschi della parte bassa della cappella del campanile, staccati e trasferiti su pannelli negli anni ’70, oltre alla previsione di un sistema di monitoraggio degli affreschi stessi. La terza tappa del percorso sarà la chiesa di Santa Maria in Corte. Il ciclo di affreschi si trova all’interno della cappella del campanile, oggi chiusa al pubblico ed esclusa dallo spazio della chiesa dopo gli interventi barocchi. Abbiamo quindi pensato di proporre una soluzione che permetta una più agevole fruizione della cappella, progettando un’illuminazione e un percorso d’accesso adeguati. Più complesso è il caso di San Nicolò al porto, individuata come ultima tappa del percorso. Si tratta in questo caso della riconfigurazione di un intero isolato, che nel tempo ha perso totalmente il suo significato urbano riducendosi ad una sorta di spartitraffico. Qui si rendeva necessaria inoltre la progettazione di una nuova chiesa, presentando quella attuale seri problemi statici.

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L’obiettivo dell’elaborato è analizzare la fattibilità tecnica ed economica di un impianto di prelievo d’acqua da falda artesiana per lo scambio termico nell’impianto frigorifero centralizzato dell’ospedale civile nuovo di Imola. Esso provvede a fornire acqua refrigerata a tutte le unità di trattamento aria (u.t.a.) del complesso ospedaliero ed è finalizzato a garantire per ogni locale le specifiche condizioni igrometriche , nonchè il benessere degli operatori e dei pazienti della struttura. Il lavoro di progettazione ha riguardato il dimensionamento di componenti e reti idrauliche con l’ausilio del software “EPANET” (programma per la simulazione di reti idrauliche). L’idea che ha guidato il presente elaborato è stata la creazione di un “ciclo” dell’acqua tale per cui l’acqua di scarto delle torri evaporative viene utilizzata per l’irrigazione degli orti nei pressi dei quale sorge il pozzo e successivamente, va ad alimentare la falda stessa. Le scelte progettuali hanno quindi dovuto considerare questo importante vincolo e sono state tese alla minimizzazione dei consumi d’acqua e , quindi, alla sostenibilità ambientale dell’intero impianto. In generale, infatti non è detto che la soluzione economicamente più vantaggiosa lo sia anche dal punto di vista ambientale. La soluzione adottata con rilancio dell’acqua agli orti limita il prelievo medio giornaliero d’acqua di falda di 20 m3/gg durante il periodo estivo. E’stato dimostrato come il progetto sia tecnicamente fattibile e generi valore per l’impresa con indice di rendimento IR(VAN/Capitale investito) pari a 1,29 per i primi 20 anni e pari a 2,06 per n anni di funzionamento dell’impianto con un tempo di recupero del capitale investito pari a sei anni.

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Il presente studio si occupa di indagare lo stato delle popolazioni di alici, Engraulis encrasicolus, e sardine, Sardina pilchardus, presenti nel Mar Adriatico Centrale e Settentrionale attraverso l’utilizzo di metodi di dinamica di popolazione. L’attenzione per queste specie è dovuta alla loro importanza commerciale; sono, infatti, specie “target” della flotta peschereccia italiana, in particolare nell’area adriatica. I metodi di dinamica di popolazione sono uno degli aspetti più importanti delle scienze della pesca. Attraverso lo stock assessment si possono acquisire informazioni sull’abbondanza in mare delle risorse nel tempo e nello spazio, nonché sulla mortalità dovuta all’attività di pesca, che sono di primaria importanza per l’adozione di misure gestionali. I metodi di dinamica di popolazione esaminati e confrontati in questa tesi sono stati due: Virtual Population Analysis (VPA) e Integrated Catch-at-Age Analysis (ICA). Prima, però, è stato necessario esaminare le modalità con cui ottenere i dati di “input”, quali: tassi di crescita delle specie, mortalità naturale, sforzo di pesca, dati di cattura. Infine, è stato possibile ricostruire nel tempo la storia dello stock in questione e il suo stato attuale, dando indicazioni per lo sfruttamento futuro in un’ottica di conservazione dello stock stesso. Attraverso la determinazione della curva di crescita si sono potuti ottenere i parametri di crescita delle specie in esame, necessari per definire i tassi di mortalità naturale. L’abbondanza di questi stock è stata valutata con i programmi Age Length Key (ALK) e Iterative Age Length Key (IALK). Nei programmi di stock assessment utilizzati si è preferito utilizzare la stima di abbondanza calcolata con il primo metodo, in quanto più rappresentativo dello stock in esame. Un parametro di fondamentale importanza e di difficile stima è la mortalità; in particolare, in questo studio ci siamo occupati di determinare la mortalità naturale. Questa è stata determinata utilizzando due programmi: ProdBiom (Abella et al., 1998) e il sistema ideato da Gislason et al. (2008). Nonostante l’approccio conservativo suggerisca l’utilizzo dei valori ricavati da ProdBiom, in quanto più bassi, si è preferito utilizzare i tassi di mortalità naturale ricavati dalla seconda procedura. Questa preferenza è stata determinata dal fatto che il programma ProdBiom consegna indici di mortalità naturale troppo bassi, se confrontati con quelli presentati in letteratura per le specie in esame. Inoltre, benché nessuno dei due programmi sia stato costruito appositamente per le specie pelagiche, è comunque preferibile la metodologia ideata da Gislason et al. (2008), in quanto ottenuta da un esame di 367 pubblicazioni, in alcune delle quali erano presenti dati per queste specie. Per quanto riguarda i dati di cattura utilizzati in questo lavoro per il calcolo della Catch Per Unit Effort (CPUE, cioè le catture per unità di sforzo), si sono utilizzati quelli della marineria di Porto Garibaldi, in quanto questa vanta una lunga serie temporale di dati, dal 1975 ad oggi. Inoltre, in questa marineria si è sempre pescato senza imposizione di quote e con quantitativi elevati. Determinati questi dati è stato possibile applicare i programmi di valutazione degli stock ittici: VPA e ICA. L’ICA risulta essere più attendibile, soprattutto per gli anni recenti, in quanto prevede un periodo nel quale la selettività è mantenuta costante, riducendo i calcoli da fare e, di conseguenza, diminuendo gli errori. In particolare, l’ICA effettua i suoi calcoli considerando che i dati di cattura e gli indici di “tuning” possono contenere degli errori. Nonostante le varie differenze dei programmi e le loro caratteristiche, entrambi concordano sullo stato degli stock in mare. Per quanto riguarda l’alice, lo stock di questa specie nel Mar Adriatico Settentrionale e Centrale, altamente sfruttato in passato, oggi risulta moderatamente sfruttato in quanto il livello di sfruttamento viene ottenuto con un basso livello di sforzo di pesca. Si raccomanda, comunque, di non incrementare lo sforzo di pesca, in modo da non determinare nuove drastiche diminuzioni dello stock con pesanti conseguenze per l’attività di pesca. Le sardine, invece, presentano un trend diverso: dalla metà degli anni ottanta lo stock di Sardina pilchardus ha conosciuto un continuo e progressivo declino, che solo nell’ultimo decennio mostra un’inversione di tendenza. Questo, però, non deve incoraggiare ad aumentare lo pressione di pesca, anzi bisogna cercare di mantenere costante lo sforzo di pesca al livello attuale in modo da permettere il completo ristabilimento dello stock (le catture della flotta italiana sono, infatti, ancora relativamente basse). Questo lavoro, nonostante i vari aspetti da implementare (quali: il campionamento, le metodologie utilizzate, l’introduzione di aspetti non considerati, come ad es. gli scarti,… etc.) e le difficoltà incontrate nel suo svolgimento, ha fornito un contributo di approfondimento sugli spinosi aspetti della definizione del tasso di mortalità naturale, individuando una procedura più adatta per stimare questo parametro. Inoltre, ha presentato l’innovativo aspetto del confronto tra i programmi ICA e VPA, mostrando una buon accordo dei risultati ottenuti. E’ necessario, comunque, continuare ad approfondire questi aspetti per ottenere valutazioni sempre più precise e affidabili, per raggiungere una corretta gestione dell’attività di pesca e ai fini della preservazione degli stock stessi.

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La tesi individua alcune strategie di rigenerazione urbana e di riqualificazione edilizia, al fine di ottenere una serie di linee guida per l’intervento sul patrimonio di edilizia abitativa situata nelle periferie urbane. Tali principi sono stati poi applicati ad un edificio ACER collocato nella prima periferia di Forlì, per sperimentare l’efficacia delle strategie individuate. Dalla ricerca svolta sulle strategie di intervento volte alla riqualificazione sociale delle periferie, in particolare la teoria del “Defencible space” di Jacobs, si evidenzia l’importanza di accentuare nei residenti il sentimento di territorialità, ovvero la consapevolezza di far parte di una comunità specifica insediata in un particolare spazio, alimentata attraverso la frequentazione e l’appropriazione percettivo-funzionale degli spazi pubblici. Si è deciso quindi di allargare il campo di intervento alla rigenerazione dell’interno comparto, attraverso la riorganizzazione degli spazi verdi e la dotazione di attrezzature sportive e ricreative, in modo da offrire spazi specifici per le diverse utenze (anziani, giovani, bambini) e la definizione di un programma funzionale di servizi ricreativi e spazi destinati a piccolo commercio per integrare le dotazioni carenti dell’area. Dall’analisi approfondita dell’edificio sono emerse le criticità maggiori su cui intervenire: - l’intersezione dei percorsi di accesso all’edificio - la struttura portante rigida, non modificabile - la scarsa varietà tipologica degli alloggi - l’elevato fabbisogno energetico. La riqualificazione dell’edificio ha toccato quindi differenti campi: tecnologico, funzionale, energetico e sociale; il progetto è stato strutturato come una serie di fasi successive di intervento, eventualmente realizzabili in tempi diversi, in modo da consentire il raggiungimento di diversi obiettivi di qualità, in funzione della priorità data alle diverse esigenze. Secondo quest’ottica, il primo grado di intervento, la fase 1 - riqualificazione energetica, si limita all’adeguamento dello stato attuale alle prestazioni energetiche richieste dalla normativa vigente, in assenza di adeguamenti tipologici e spaziali. La fase 2 propone la sostituzione degli impianti di riscaldamento a caldaie autonome presenti attualmente con un impianto centralizzato con pompa di calore, un intervento invasivo che rende necessaria la realizzazione di un “involucro polifunzionale” che avvolge completamente l’edificio. Questo intervento nasce da tre necessità fondamentali : - architettonica: poter ampliare verso l’esterno le superfici degli alloggi, così da intervenire sulle unità abitative rendendole più rispondenti alle necessità odierne; - statica: non dover gravare in ciò sull’edificio esistente apportando ulteriori carichi, difficilmente sopportabili dalla struttura esistente, assicurando il rispetto della normativa antisismica in vigore; - impiantistica/tecnologica: alloggiare i condotti del nuovo impianto centralizzato per il riscaldamento, raffrescamento e acs; La fase 3 è invece incentrata sull’ampliamento dell’offerta abitativa, in modo da rispondere anche a necessità legate ad utenze speciali, come utenti disabili o anziani. L’addizione di nuovi volumi si sviluppa in tre direzioni: - un volume parassita, che aderisce all’edificio nel fronte sud/est, indipendente dal punto di vista strutturale, ruotato per sfruttare al meglio l’orientamento ottimale. - un volume satellite, indipendente, connesso all’edificio esistente tramite un elemento di raccordo, e nel quale sono collocati alcuni alloggi speciali. - un’addizione in copertura, che non appoggia direttamente sul solaio di copertura esistente, ma grava sull’elemento di chiusura del’involucro realizzato nella fase 2 Completano il progetto le addizioni volumetriche a piano terra, destinate a servizi quali un centro diurno, un micronido e un bar, i quali costituiscono la traduzione alla scala dell’edificio delle strategie applicate nel progetto di comparto. Questi interventi hanno consentito di trasformare un edificio costruito negli anni ’80 in un complesso residenziale moderno, dotato spazi accessori di grande qualità, tecnologie moderne che ne garantiscono il comfort abitativo, servizi alla persona disponibili in prossimità dell’edificio.

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IMPARARE LA SOSTENIBILITA’ Oggetto di questa tesi di laurea è la progettazione di un asilo nido in prossimità della scuola dell’infanzia “Coccinella” di Bertinoro (FC) per rispondere alle esigenze espresse dalla’Amministrazione Comunale, orientate a realizzare un ampliamento della struttura esistente, completando così il polo scolastico comprendente anche la scuola elementare comunale adiacente. La strategia di intervento che il progetto ha adottato prevede due scenari: uno che assume integralmente gli obiettivi dell’Amministrazione e prevede la realizzazione di una struttura per la prima infanzia ad ampliamento di quella esistente, e un secondo che invece propone anche la realizzazione di una nuova scuola materna, in sostituzione di quella attualmente presente. Il progetto ha adottato un approccio integrato dal punto di vista formale e costruttivo, mostrando particolari attenzioni alle tematiche ambientali, assunte come determinanti per ottenere elevati livelli di benessere per i fruitori. La scuola diventa così promotrice di una progettazione orientata a principi di sostenibilità ambientale, efficienza e risparmio energetico, attraverso scelte in cui, sin dalle prime fasi, tecnologia, ambiente, comfort e salute cercano un reciproco equilibrio. A scala urbana si è scelto di recuperare e ampliare il sistema di percorsi pedonali che consente il collegamento tra le diverse parti della città, valorizzando il paesaggio quale risorsa primaria. A scala locale, per garantire l’integrazione del nuovo intervento con l’ambiente e il territorio, il progetto ha richiesto un’approfondita analisi preliminare del sito, comprendente lo studio di elementi del contesto sociale, culturale, ambientale e paesaggistico. A questi si sono affiancati gli aspetti climatologici, funzionali alla scelta dell’esposizione da attribuire all’edificio in modo da mitigare gli effetti delle variazioni climatiche e ottimizzare la qualità indoor. Dal punto di vista funzionale e distributivo il progetto ha risposto a criteri di massima flessibilità e fruibilità degli ambienti interni, assecondando le esigenze di educatori e bambini. Particolare attenzione è stata rivolta alla scelta della tipologia costruttiva, adottando elementi prefabbricati in legno assemblati a secco. Questo sistema consente la realizzazione di strutture affidabili, durevoli nel tempo e rispondenti a tre criteri fondamentali nell’ottica della sostenibilità: impiego di materiali rinnovabili, minimizzazione dei rifiuti e del consumo di acqua in cantiere e possibilità di recupero tramite smontaggio. Per garantire un corretto rapporto tra costruito e contesto urbano si è deciso di utilizzare materiali da rivestimento della tradizione locale, quali la pietra, e di attenuare l’impatto visivo dell’intervento attraverso l’impiego di coperture verdi. Queste, oltre a restituire in copertura il suolo occupato dai volumi edificati, contribuiscono alla mitigazione del microclima, sia all’interno dell’edificio che nel suo intorno. Rispetto agli obiettivi di benessere degli utenti, il progetto si è posto l’obiettivo di superare i confini determinati dalla normativa sui requisiti energetici, puntando al raggiungimento di condizioni ottimali in termini di salubrità del costruito e confort abitativo. Questo intervento si propone di sperimentare un approccio ecologico di sensibilizzazione ai criteri di sostenibilità, capace di coinvolgere tutti i protagonisti della vita scolastica: i bambini, gli insegnanti, i genitori e la città. “Imparare la sostenibilità” è l’obiettivo del progetto e la linea guida della tesi, i “percorsi di sostenibilità”, rappresenta il frutto degli studi, delle analisi, delle scelte che ci hanno spinto ad ottenere lo scopo prefissato e racchiude in un significato sia fisico che metaforico i risultati finali, sia a scala urbana, che a scala dell’edificio. Il termine “percorsi” ci permette di comprendere sia la nuova rete di collegamenti tra l’area di intervento e il resto della città quali strumento di rigenerazione e di contatto con il paesaggio, ma anche il processo di crescita e formativo che il bambino, destinatario e protagonista del progetto, intraprenderà in questi luoghi. La realizzazione di edifici tecnologicamente efficienti dal punto di vista delle prestazioni energetiche (raggiungimento classe B per la struttura esistente, classe A per le ipotesi di ampliamento) ma anche dal punto di vista del confort luminoso rappresenta la premessa per la formazione di una nuova generazione più responsabile e rispettosa nei confronti dell’ambiente che la circonda.

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Cercare di comprendere l'importanza che il villaggio sanatoriale Eugenio Morelli ha avuto nel passato è fondamentale per capire quali necessità abbiano spinto ad erigere un tale colosso, sulle pendici delle alpi. Ed è proprio da qui che la mia tesi è partita, dalla ricerca storica, dall'analisi degli elementi politici, sanitari e soprattutto sociali che si sono verificati tra la fine dell'ottocento e i primi tre decenni del novecento; periodo in cui la tubercolosi è passata dall'essere un malattia poco considerata, che colpiva solo le classi più povere e disagiate, costrette a vivere nei periferie sovraffollate delle grandi città, all'essere considerata una vera e propria piaga sociale, che dove essere sanata. In questa prima ricerca non si è comunque trascurata l'aspetto architettonico, andando ad analizzare l'evoluzione che hanno visto i sanatori, prima in Europa e poi in particolare in Italia. Valutandone gli aspetti stilistici, formali e soprattutto funzionali, con le tante standardizzazioni che si sono avute sotto il fascismo, e che proprio nel villaggio sanatoriale ritroviamo. In seguito sono passato ad analizzare i lavori sul villaggio effettuati nel dopoguerra, come l'eliminazione della teleferica e la costruzione delle passerelle pedonali, che collegano direttamente i vari padiglioni tra di loro, che vennero aggiunte negli anni 70, da quando cioè la destinazione del complesso è mutata in una funzione ospedaliera. Questo però è avvenuto per una sola parte del complesso, cioè quella che una volta era destinata agli alloggi femminili, mentre la porzione più a ovest è stata lasciata in disuso. In varie sedi si è affrontato il dibattito su come sfruttare le migliaia di metri quadri che gli edifici dismessi offrono, ma fino ad ora non è stata data una nuova vocazione a quest'ultimi. La soluzione più accreditata è quella di cedere parte del villaggio ad una società di ricerca svizzera che lo utilizzerebbe come campus per gli scienziati. Ed è proprio considerando questa possibilità, e tenendo conto dell'attuale porzione destinata all'attività ospedaliera, che si sviluppato il progetto di tesi per le nuove passerelle pedonali, che dovrebbero risultare come un elemento di unione dell'intero villaggio e come elemento che si integra alla moltitudine di percorsi già presenti in esso, dandone una maggior razionalizzazione rispetto a quelle esistenti e trasformando i singoli padiglioni, da unità chiuse che in se stesse trovano la conclusione della loro funzione ad un elemento inserito in una rete funzionale che, con la riattivazione delle teleferiche, attraversa tutto il villaggio

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Con la crescente diffusione del web e dei servizi informatici offerti via internet, è aumentato in questi anni l’utilizzo dei data center e conseguentemente, il consumo di energia elettrica degli stessi. Il problema ambientale che comporta l’alto fabbisogno energetico, porta gli operatori di data center ad utilizzare tecniche a basso consumo e sistemi efficienti. Organizzazioni ambientali hanno rilevato che nel 2011 i consumi derivanti dai data center raggiungeranno i 100 milioni di kWh, con un costo complessivo di 7,4 milioni di dollari nei soli Stati Uniti, con una proiezione simile anche a livello globale. La seguente tesi intende valutare le tecniche in uso per diminuire il consumo energetico nei data center, e quali tecniche vengono maggiormente utilizzate per questo scopo. Innanzitutto si comincerà da una panoramica sui data center, per capire il loro funzionamento e per mostrare quali sono i componenti fondamentali che lo costituiscono; successivamente si mostrerà quali sono le parti che incidono maggiormente nei consumi, e come si devono effettuare le misurazioni per avere dei valori affidabili attraverso la rilevazione del PUE, unità di misura che valuta l’efficienza di un data center. Dal terzo capitolo si elencheranno le varie tecniche esistenti e in uso per risolvere il problema dell’efficienza energetica, mostrando alla fine una breve analisi sui metodi che hanno utilizzato le maggiori imprese del settore per risolvere il problema dei consumi nei loro data center. Lo scopo di questo elaborato è quello di capire quali sono le tecniche e le strategie per poter ridurre i consumi e aumentare l’efficienza energetica dei data center.

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Il concetto fondante e le motivazioni alla base di questo lavoro di tesi sono costituiti dalla volontà di analizzare a fondo la problematica energetica ed ambientale, focalizzando l‟indagine sul ruolo delle Fonti Energetiche Rinnovabili e contestualizzandola nel contesto “locale” relativo alla Regione Emilia Romagna: questo lavoro di tesi, infatti, è stato sviluppato nell‟ambito di un progetto di collaborazione stipulato tra Università e Regione Emilia Romagna e si è svolto all‟interno dell‟Assessorato alle Attività Produttive della Regione, lavorando con il “Servizio Politiche Energetiche” emiliano-romagnolo. La crisi energetica (e, contestualmente, la crisi ambientale) rappresenta una problematica al centro del dibattito globale da oltre mezzo secolo, affrontata finora in maniera non organica e realmente efficace dalle nazioni e dagli organismi sovranazionali coinvolti in tale dibattito. Tale tematica è divenuta ancora più pregnante (e la ricerca di una “soluzione” al riguardo, ancora più pressante) negli ultimi anni, in seguito alla deflagrazione di una crisi globale –economica e sociale- che ha intaccato i modelli di crescita e sviluppo (anche tecnologico) conosciuti finora, ponendo di fronte agli occhi dell‟umanità la necessità impellente di ridefinire politiche economiche, ambientali e, conseguentemente, energetiche, caratterizzate da una maggiore sostenibilità globale. La continua crescita della popolazione e il progressivo incremento generalizzato (e disomogeneo) degli standard di vita alimentano con ritmi esponenziali la domanda –e la conseguente produzione- di energia, inevitabilmente correlata (proprio a causa dei modelli di sviluppo seguiti finora) ad un drammatico incremento delle emissioni climalteranti, che continuano a nuocere irreversibilmente alla salubrità del nostro fragile ecosistema. Oltre alla problematica ambientale si aggiunge, con impellenza sempre più marcata, quella relativa alla disponibilità delle principali fonti energetiche (quelle fossili), che si profilano in esaurimento entro lassi temporali che potrebbero divenire drammaticamente prossimi: il “rischio reale” connesso alla prosecuzione di politiche energetiche poggiate sullo sfruttamento intensivo di tali fonti non è tanto connesso all‟eventuale esaurimento assoluto delle risorse stesse, quanto ad una loro progressiva riduzione, tale da renderle viepiù costose e sempre meno convenienti economicamente. Uno scenario di questo tipo si tradurrebbe inevitabilmente in una condizione per la quale solamente i Paesi più ricchi potrebbero usufruire di tali risorse, estremamente costose, mentre i Paesi meno evoluti economicamente rischierebbero di trovarsi nell‟impossibilità di approvvigionarsi, andando incontro a condizioni di deficit energetico: uno scenario inquietante, che però non appare così “ipotetico”, se si tiene conto di come –già ora- siano in aumento segnali di allarme e di conflitto, attivati da localizzate insufficienze energetiche. In un quadro globale di questo tipo le strade risolutive finora riconosciute e percorse dal mondo scientifico, politico ed economico sono sostanzialmente due: - L‟implementazione del risparmio energetico, in un‟ottica di drastica riduzione dei consumi globali; - La “conversione” della produzione energetica (attualmente fondata sulle fonti convenzionali, ossia quelle fossili) verso le cosiddette “Fonti Energetiche Alternative”. Questa seconda direttrice di marcia sembra poter essere quella in grado di reindirizzare verso un orizzonte di maggiore sostenibilità l‟attuale sistema energetico globale, e in quest‟ottica assumono quindi enorme importanza strategica le tecnologie alternative e, prime tra tutte, le Fonti Energetiche Rinnovabili (FER). Queste consentirebbero infatti sia di ridurre l‟impatto ambientale connesso alla produzione energetica da fonti convenzionali, che di implementare politiche di autosufficienza energetica per quei Paesi che attualmente, dal punto di vista del bilancio energetico interno, dipendono in misura marcata dall‟importazione di combustibili fossili dall‟estero. La crisi energetica e il conseguente ruolo chiave delle Fonti Energetiche Rinnovabili è quindi il punto di partenza di questa tesi, che ha voluto confrontarsi con tale problematica globale, misurandosi con le azioni e con i provvedimenti intrapresi al riguardo a livello locale, focalizzando l‟attenzione sulla realtà e sugli sviluppi delle Fonti Energetiche Rinnovabili nella Regione Emilia Romagna. Per sviluppare il lavoro si è proceduto definendo prima di tutto un quadro complessivo della situazione, in termini di problematica energetica e di stato attuale delle Fonti Energetiche Rinnovabili, scendendo progressivamente nel dettaglio: partendo da una fotografia a livello mondiale, quindi europeo, successivamente italiano (basandosi sui dati di pubblicazioni italiane ed estere, di enti competenti in materia come Terna, il GSE o l‟Enea per l‟Italia, e l‟IEA, l‟EIA, l‟UE per l‟Europa e il resto del mondo). Nella terza parte della tesi si è scesi al dettaglio di questo stato attuale delle Fonti Energetiche Rinnovabili a livello Regionale (Emiliano-Romagnolo) e Provinciale (le nove Province della Regione): per procedere alla definizione di questo quadro la “tecnica operativa” è consistita in una raccolta dati effettuata in collaborazione con il ”Servizio Politiche Energetiche” della Regione Emilia Romagna, estesa alle 9 Province e ai 348 Comuni del territorio emiliano-romagnolo. La richiesta di dati avanzata è stata relativa agli impianti alimentati da fonte energetica rinnovabile in esercizio e a quelli in fase di valutazione sul territorio afferente all‟Ente considerato. Il passo successivo è consistito nell‟aggregazione di questi dati, nella loro analisi e nella definizione di un quadro organico e coerente, relativo allo stato attuale (Ottobre 2010) delle Fonti Energetiche Rinnovabili sul territorio emiliano-romagnolo, tale da permettere di realizzare un confronto con gli obiettivi definiti per le FER all‟interno dell‟ultimo Piano Energetico Regionale e con lo stato delle FER nelle altre Regioni italiane. Sono stati inoltre realizzati due “Scenari”, relativi all‟evoluzione stimata del parco “rinnovabile” emiliano-romagnolo, definiti al 2012 (“Breve Termine”) e al 2015 (“Medio Termine”). I risultati ottenuti hanno consentito di verificare come, nell‟orizzonte “locale” emiliano-romagnolo, il sistema globale connesso alle Fonti Energetiche Rinnovabili abbia attecchito e si sia sviluppato in misura marcata: gli obiettivi relativi alle FER definiti nel precedente Piano Energetico Regionale sono infatti stati sostanzialmente raggiunti in toto. Dalla definizione degli “Scenari” previsionali è stato possibile stimare l‟evoluzione futura del parco “rinnovabile” emilianoromagnolo, verificando come questo risulti essere in continua crescita e risulti “puntare” su due fonti rinnovabili in maniera particolare: la fonte fotovoltaica e la fonte a biocombustibili. Sempre dall‟analisi degli “Scenari” previsionali è stato possibile stimare l‟evoluzione delle singole tecnologie e dei singoli mercati rinnovabili, verificando limiti allo sviluppo (come nel caso della fonte idroelettrica) o potenziali “espansioni” molto rilevanti (come nel caso della fonte eolica). Il risultato finale di questo lavoro di tesi è consistito nel poter definire dei nuovi obiettivi, relativi alle differenti Fonti Energetiche, da potersi inserire all‟interno del prossimo Piano Energetico Regionale: l‟obiettivo “complessivo” individua –avendo il 2015 come orizzonte temporale- una crescita incrementale delle installazioni alimentate da FER pari a 310 MWe circa. Questo lavoro di tesi è stato ovviamente organizzato in più “Parti”, ciascuna ulteriormente suddivisa in “Capitoli”. Nella “Prima Parte”, costituita dai primi 4 Capitoli, si è proceduto ad introdurre la problematica energetica e il contesto in cui si muovono le decisioni e le politiche (comunitarie, nazionali e sovra-nazionali) destinate a trovare soluzioni e risposte: Il Primo Capitolo, introduttivo, definisce prima di tutto gli “strumenti” e i concetti che verranno successivamente richiamati più volte nel resto della Tesi, partendo dal concetto di “energia”, definito sia “concettualmente” che attraverso le unità di misura utilizzate per quantificarlo. Il passo successivo è stato quello di contestualizzare l‟evoluzione dello sfruttamento di questa “risorsa”, in relazione allo sviluppo delle tecnologie e delle stesse condizioni di vita umane, così da definire un background storico per le considerazioni introdotte nel Capitolo successivo. Il Secondo Capitolo, infatti, introduce la problematica attuale (ma mutuata dal background storico evidenziato in precedenza) della “crisi energetica” e della “crisi ambientale” ad essa correlata, considerandone gli aspetti prima di tutto globali, connessi a considerazioni di natura sociale, demografica e –conseguentemente economica e sociale: all‟interno di questa analisi, vengono citati anche gli scenari previsionali elaborati da numerosi enti di ricerca e istituzioni, coinvolti su più livelli nell‟ottica di riuscire ad individuare una “risposta” alle problematiche sollevate dallo sfruttamento intensivo della risorsa energetica per vie convenzionali. Tale risposta è rappresentata dalle normative sovranazionali, europee e italiane varate nell‟ottica di attuare una “transizione etica” in materia di sviluppo sostenibile, impatto ambientale e sfruttamento energetico: un presupposto imprescindibile per la transizione energetica sostenibile è proprio l‟impegno a livello locale (quindi anche e prima di tutto di istituzioni quali, in Italia, le Regioni, le Province e i Comuni), senza il quale difficilmente si potranno raggiungere traguardi avanzati, che implicano anche un sostanziale cambio di mentalità. Nell‟ottica di approfondire ulteriormente il contesto all‟interno del quale vengono adottate azioni e intrapresi provvedimenti utili a concretizzare risposte a livello italiano –nazionale e locale- il Terzo Capitolo introduce il tema delle “politiche energetiche sostenibili”, partendo dalla definizione dell‟attuale condizione Italiana (in termini di inquinamento atmosferico e di sfruttamento intensivo della risorsa energetica, nonché di scenari previsionali), per definire successivamente le politiche nazionali per le fonti rinnovabili, per il settore dei trasporti, del riscaldamento e del raffreddamento, della pianificazione energetica e della generazione distribuita. Il Capitolo introduce anche il tema degli interventi in ambito di fiscalità energetica (“Certificati Verdi”, “Certificati Bianchi” e il “Conto Energia”). Proprio per definire al meglio i meccanismi di incentivazione, il Quarto Capitolo esplicita (facendo riferimento alla documentazione pubblicata da enti quali GSE, Terna, GRTN) il meccanismo del cosiddetto “mercato elettrico” e degli scambi che vi avvengono, in modo tale da comprendere come i metodi di incentivazione alle fonti alternative che si appoggiano su interventi di fiscalità energetica, riescano ad avere –o meno- presa sul sistema. La “Seconda Parte” (costituita dai Capitoli dal 5° al 13°) è invece dedicata al necessario approfondimento sullo stato delle Fonti Energetiche Rinnovabili (FER): in ogni capitolo è stato infatti approfondita la condizione attuale delle principali FER (fonte a Biocombustibili, Eolica, Geotermica, Idraulica, Solare Fotovoltaica, Solare Termica, Solare Termodinamica). Tale approfondimento è stato condotto in termini di sviluppo della tecnologia, incidenza e contributo della singola FER sui bilanci elettrici (considerando prima il quadro mondiale, quindi quello europeo, per scendere infine al dettaglio italiano). Nella parte finale di ogni capitolo sono state riportate anche le principali criticità riscontrate per ogni fonte presa in considerazione, oltre che gli scenari previsionali stimati considerandone i potenziali sviluppi, in un‟ottica di medio termine e di lungo termine. La “Terza Parte” (comprendente i Capitoli dal 14° al 22°) di questa Tesi raccoglie invece il lavoro svolto e i risultati ottenuti e permette di definire lo stato attuale e gli scenari previsionali (a breve termine e a medio termine) per le Fonti Energetiche Rinnovabili nella Regione Emilia Romagna, con un livello di dettaglio sia Regionale che Provinciale. Il lavoro, come detto, è consistito nella raccolta dati effettuata presso gli enti di “governo territoriale” emiliano-romagnoli (la Regione, le 9 Province e i 348 Comuni) e nella successiva aggregazione, elaborazione e interpretazione di questi stessi dati. I Capitoli dal 15° al 19° definiscono lo stato attuale (all‟Ottobre 2010) e gli scenari previsionali (a breve termine e medio termine) per le differenti FER (rispettivamente, Biocombustibili, Eolica, Fotovoltaica, Geotermica e Idroelettrica), prima a livello Provinciale, quindi a livello Regionale. Nella conclusione di ogni Capitolo è contenuto un confronto con lo stato della FER presa in considerazione relativo agli anni precedenti, oltre che il confronto con gli obiettivi definiti per la tecnologia al 2010 dal precedente Piano Energetico Regionale. Questi Capitoli si chiudono con l‟analisi del trend storico della Fonte Energetica Rinnovabile considerata e con la conseguente individuazione dei potenziali obiettivi al 2012 e al 2015 da inserire nel prossimo Piano Energetico Regionale. E‟ presente anche l‟evoluzione stimata del “mercato” della singola FER presa in considerazione, oltre che della “tipologia tecnologica” sulla quale gli installatori e gli investitori tenderanno ad orientarsi sia nel breve che nel medio termine. I Capitoli 20°, 21° e 22° contengono invece lo stato “riassuntivo” delle Fonti Energetiche Rinnovabili, definite per il panorama emiliano-romagnolo (anche in questo caso, prima a livello Provinciale, successivamente a livello regionale) sotto un‟ottica temporale differente: il Capitolo 20° riassume lo stato attuale del parco “rinnovabile” complessivo emiliano-romagnolo, definendone l‟evoluzione storica e confrontandolo con gli obiettivi fissati al 2010 dal precedente Piano Energetico regionale, permettendo così di verificare –nel complesso- se le stime del 2004 erano state corrette. Il Capitolo 21° definisce l‟evoluzione del parco “rinnovabile” complessivo emiliano-romagnolo al 2012, sia a livello Provinciale che Regionale, definendone in questo modo un trend stimato di crescita e dei conseguenti obiettivi di breve termine, riferiti alle singole FER. Il Capitolo 22° definisce infine l‟evoluzione del parco “rinnovabile” complessivo emiliano-romagnolo al 2015 (ancora una volta, sia a livello Provinciale che Regionale) permettendo così di ricavare un trend stimato di crescita e, soprattutto, gli obiettivi di medio termine -riferiti alle singole FER- da inserire all‟interno del prossimo Piano Energetico Regionale. La conclusione permette di chiudere sinteticamente il lavoro svolto in precedenza, traendo le indicazioni più rilevanti dai dati e dalle considerazioni pregresse: come si evincerà, l‟Emilia Romagna risulta una Regione in cui gli obiettivi rinnovabili (e di “conversione energetica”) sono stati sostanzialmente raggiunti e, in alcuni casi, perfino superati. Il mercato rinnovabile è in crescita e le politiche locali e sovra locali evidenziano una marcata volontà di puntare prevalentemente su settori e tecnologie quali quella della biomassa e quella solare fotovoltaica. Nonostante questo, si evidenzia anche la necessità di lavorare a livello di enti regionali e provinciali, per omogeneizzare ulteriormente la distribuzione energetica “rinnovabile” sul territorio (implementando lo sviluppo di determinate fonti su distretti territoriali al momento non ancora raggiunti da tali mercati) e per provvedere ad una riduzione dei consumi energetici che consenta alle FER di avere una maggiore incidenza sui bilanci energetici ed elettrici, locali e regionali. Si ricorda che la “costruzione” di questa tesi è stata sviluppata parallelamente ad un‟attività di stage presso il settore Politiche energetiche dell‟Assessorato alle Attività Produttive della Regione Emilia – Romagna, che in questa fase sta procedendo alla definizione del nuovo Piano Energetico Regionale, e alla conseguente individuazione d