128 resultados para Salmo salar,crio-affumicatura,azoto,qualità microbiologica,ossidazione lipidica
Resumo:
L’odierno mercato concorrenziale ha portato le aziende a rinnovare il sistema produttivo, spostandosi da un approccio innovativo convergente, in cui le imprese erano le uniche detentrici del controllo dell’intero processo, fin dalla generazione di nuove idee e proposte di innovazione, ad un approccio aperto, denominato Open Innovation, che fa leva sul concetto di flusso libero e bidirezionale di idee e tecnologie tra l’azienda e l’ambiente esterno. È in questo contesto che è stata progettata in Carpigiani una piattaforma e-maintenance chiamata Teorema che, sfruttando un sistema di telemetria, consente di monitorare in tempo reale le macchine installate presso l’utente finale, acquisendo importanti informazioni sul reale utilizzo e sulle effettive funzionalità impiegate dal cliente. Grazie a tale gestione remota, allo stesso tempo è possibile garantire un’efficace operazione di diagnostica e prognostica atte a prevenire eventuali malfunzionamenti. Il presente elaborato fornisce un concreto metodo di utilizzo di tale piattaforma per il monitoraggio real time di macchine per gelato espresso, al fine di verificarne l’effettivo utilizzo da parte del cliente ed il corretto dimensionamento dell’impianto. Per mezzo della piattaforma Teorema è stato inoltre possibile eseguire un’indagine comparativa sui consumi energetici misurati in macchina, testando l’efficienza di funzionamento. Infine è stata eseguita un’analisi FMEA degli allarmi rilevati sul parco di macchine analizzate, per valutare l’affidabilità della macchina e dei suoi componenti.
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L’aumento delle concentrazioni del diossido di carbonio in atmosfera dovuto alla combustione dei combustibili fossili è una fonte di grande preoccupazione a causa del suo impatto sul clima globale. La biomassa è l’unica fonte rinnovabile a poter essere convertita in combustibili e, tra i metodi di conversione, la pirolisi produce un liquido (bio-olio) che presenta potenzialità come combustibile. Le alghe sono una biomassa di interesse, ma il bio-olio che si ottiene è caratterizzato da composti contenenti ossigeno, zolfo e azoto che ne riducono la qualità. Tali elementi possono essere eliminati attraverso la scissione (cracking) con zeoliti con la produzione di idrocarburi. L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare le caratteristiche del cracking catalitico di tre microalghe: Arthrospira platensis, Botryococcus braunii e Desmodesmus communis per la produzione di idrocarburi. Le biomasse sono state pirolizzate a 500 °C e i vapori prodotti termicamente sono stati fatti passare nella zeolite dove subiscono il cracking. Sono state utilizzate due zeolite a diversa acidità: un pellet H-ZSM5 (SiO2/Al2O3=38) e un monolite a base di HZSM5 (SiO2/Al2O3=80) e sepiolite. Dal cracking si ottengono sei frazioni pirolitiche: char, coke, fase acquosa, bio-olio, frazione volatile e gas non condensabili. Le frazioni sono state caratterizzate tramite analisi elementari e molecolari e dai dati ottenuti sono stati calcolati i bilanci di N, C e del potere calorifico. Per tutte le alghe si ottiene un bio-olio con un elevato contenuto di carbonio e fortemente deossigenato, ma le rese sono relativamente basse. I prodotti che contengono una maggior frazione del carbonio della biomassa iniziale sono il char ed il coke, seguiti dalla fase organica e dai gas. La distribuzione dell’azoto è simile ma con una maggiore frazione nella fase acquosa. Entrambi i catalizzatori agiscono migliorando la qualità del bio-olio tramite la riduzione dei composti azotati ed ossigenati e formando idrocarburi monoaromatici, tipici delle benzine, e poliaromatici. Il monolite, con zeolite meno acida, produce una maggior frazione di bio-olio caratterizzato, però, da una minor percentuale di composti aromatici. Si ritiene che l’aumento delle rese del bio-olio e la valorizzazione dei sottoprodotti (biochar, fase acquosa) siano indispensabili per la sostenibilità del processo.
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Nelle matrici ambientali sono spesso presenti xenoestrogeni, molecole sintetiche o di origine naturale ad attività estrogenica in grado di alterare il normale equilibrio ormonale di organismi esposti, incidendo negativamente su alcune funzioni vitali come la riproduzione ed il metabolismo. Diverse sostanze chimiche presenti in ambiente, tra cui alcune molecole ad attività estrogenica, sono anche potenziali composti genotossici, in grado, cioè, di interagire con il DNA ed esercitare effetti anche a lungo termine come l’insorgenza di tumori nei vertebrati, uomo compreso. L’obiettivo del presente lavoro di tesi è stato quello di mettere a punto ed utilizzare due saggi biologici, il saggio E-screen ed il test dei micronuclei, per valutare la presenza di xenoestrogeni e composti genotossici in campioni di acque prelevate prima e dopo i trattamenti di potabilizzazione, utilizzando cellule MCF-7 di adenocarcinoma mammario come modello sperimentale in vitro. Le indagini biologiche sono state condotte sulla base di una convenzione di ricerca con la Società acquedottistica Romagna Acque- Società delle fonti e hanno previsto tre campagne di monitoraggio. I campioni di acqua sperimentale, raccolti prima e dopo i trattamenti presso diversi impianti di potabilizzazione, sono stati preventivamente filtrati, estratti in fase solida, fatti evaporare sotto leggero flusso di azoto, ed infine, saggiati sulle cellule. Il test E-screen, di cui abbiamo dimostrato un elevato livello di sensibilità, ha permesso di escludere la presenza di composti ad attività estrogenica nei campioni esaminati. Allo stesso modo, i risultati del test dei micronuclei hanno dimostrato l’assenza di effetti genotossici, confermando la buona qualità delle acque analizzate. Nell’ambito delle attività di monitoraggio, le indagini biologiche risultano essenziali per la valutazione di una potenziale contaminazione ambientale, in quanto forniscono informazioni anche quando non sono state condotte analisi chimiche. Inoltre, anche quando le analisi chimiche siano state condotte, i test biologici informano della potenzialità tossica di una matrice causata eventualmente da sostanze non oggetto del saggio chimico. Infine, i test biologici permettono di identificare eventuali sinergie tra più contaminanti presenti nelle acque, affermandosi come test da condurre in maniera complementare ai saggi chimici. I test biologici come quelli impiegati nel lavoro di tesi sono molto sensibili ed informativi, ma necessitano della definizione di protocolli standardizzati per garantirne un’uniforme applicazione alle acque ad uso potabile, almeno a livello nazionale.
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La diatomea presa in esame in questo studio è Phaeodactylum tricornutum, diatomea marina con simmetria pennata. L’interesse commerciale verso Phaeodactylum tricornutum nasce dal suo alto contenuto di acidi grassi polinsaturi (PUFA), tra cui troviamo alcuni omega 3, come l’acido eicosapentaenoico (EPA) e l’acido docosaesaenoico (DHA) e dalla quantità del polisaccaride di riserva prodotto, il β-1,3 glucano crisolaminarina. E’stata studiata la capacità dei β-1,3 glucani, in particolare della laminarina, di inibire l’attacco cellulare da parte di alcuni batteri dannosi per la salute umana. Anche i pigmenti accessori di questa diatomea in particolare il β-carotene (appartenente ai caroteni) e la fucoxantina (appartenente alle xantofille) possono essere impiegati nella nutraceutica. Negli studi svolti precedentemente sull’effetto di fattori ambientali sulla composizione di questa specie, è stata presa in considerazione solo la produzione di lipidi e non è mai stato seguito contemporaneamente l’andamento di lipidi e polisaccaridi: questo progetto di tesi prevede la valutazione della possibilità di ottenere colture di P. tricornutum ad alto contenuto sia polisaccaridico sia lipidico per applicazioni industriali. Tutto il lavoro di tesi si è svolto presso l’azienda Micoperi Blue Growth (MBG), nello stabilimento di Ortona (CH) in due fasi: nella prima fase l’esperimento è stato condotto in batch su piccola scala e la crescita e la composizione di P. tricornutum sono state seguite in due diversi terreni di coltura: uno ricco in azoto, denominato N, per mezzo del quale si è voluta incrementare la crescita e la biomassa ed uno a ridotto contenuto di azoto, denominato N/3, per indurre la produzione di lipidi e polisaccaridi. Ne è stata seguita la crescita per mezzo di misure di assorbanza, peso secco, pH, conta cellulare, determinazione dei macronutrienti ed è stata analizzata la composizione biochimica con determinazione dei composti polisaccaridici totali, determinazione qualitativa dei polisaccaridi, determinazione della clorofilla a, valutazione quantitativa e qualitativa dei lipidi. E' stato notato che la condizione con un contenuto polisaccaridico e lipidico maggiore è quella con un ridotto contenuto di azoto. Con la seconda fase si è voluto verificare la riproducibilità su larga scala di quanto notato nel primo esperimento in sistemi chiusi industriali. E’stata avviata una monocoltura di Phaeodactylum tricornutum in fotobioreattore (PBR) da 70L in semicontinuo e ne è stata monitorata la crescita misurando assorbanza, peso secco, pH, quantità di macronutrienti nel terreno; la composizione biochimica è stata valutata determinando i polisaccaridi totali e la loro composizione qualitativa, le proteine totali, i lipidi totali e la composizione qualitativa. In conclusione con questo lavoro si è visto il terreno migliore per la produzione di polisaccaridi e lipidi e le tempistiche di produzione in Phaeodactylum tricornutum, e in aggiunta, abbiamo dimostrato che sia contenuti che tempistiche sono riproducubili in un sistema industriale chiuso per produrre biomassa ad alto valore commerciale.
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Il presente lavoro di tesi ha avuto lo scopo di valutare l’effetto dell’insorgenza delle anomalie “white-striping” e “wooden breast” (sia separatamente che contestualmente nell’ambito dello stesso filetto) su composizione chimica, profilo in acidi grassi e suscettibilità all’ossidazione lipidica e proteica. Le modificazioni riscontrate nella composizione chimica (maggiori livelli di collagene e lipidi a discapito del tenore in proteine) determinano una ridotta qualità nutrizionale con possibili effetti negativi sulla percezione del consumatore, oltre che sulla capacità di ritenzione idrica come riscontrato in precedenti studi. Per quanto riguarda il profilo in acidi grassi, l’effetto delle anomalie è stato più limitato rispetto a quanto ipotizzato. Infatti, nonostante l’aumento dei lipidi totali, le carni di petto anomale non presentano modificazioni nel contenuto di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi totali. Le uniche differenze hanno riguardato il totale degli acidi grassi saturi e il contenuto di acidi grassi essenziali (EPA, DPA, DHA) che sono risultati significativamente inferiori. Le ridotte quantità di EPA e DPA nei petti anomali possono essere correlate alla minore attività degli enzimi Δ5 e Δ6 desaturasi, probabilmente in ragione della complessiva riduzione nell’espressione dei geni che codificano tali enzimi. Da sottolineare infine che le carni anomale hanno presentato livelli inferiori di emepigmenti. Per quanto attiene alle caratteristiche tecnologiche, è stata osservato un maggiore livello di ossidazione delle proteine in relazione alla presenza dell’anomalia wooden breast. Al contrario, l’ossidazione dei lipidi non ha mostrato differenze sostanziali fra i campioni anomali e quelli normali. Nel complesso, pertanto questo lavoro di tesi ha ulteriormente evidenziato i rischi connessi all’utilizzo delle carni anomale, e soprattutto di quelle affette da wooden breast, nella preparazione di prodotti trasformati in relazione al peggioramento delle rese di lavorazione dovuto alla minore concentrazione e qualità delle proteine. La componente lipidica sembra invece essere meno compromessa dalla presenza di tali anomalie.
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Questo lavoro si è posto l’obiettivo di valutare come differenti qualità di pellet di legno, in accordo con la norma EN 14961-2, e la diversa potenza termica di una moderna stufa domestica influenzino le relative emissioni prodotte. La norma EN 14961-2 prevede una serie di proprietà per il pellet di legno con valori caratteristici per ogni classe di qualità, A1, A2 e B. Per simulare le condizioni cui sono sottoposte le emissioni in aria ambiente, il campionamento del particolato è stato effettuato per mezzo di un tunnel di diluizione. Per valutare e confrontare le emissioni prodotte della stufa a pellet, i dati ottenuti sono stati espressi come fattori di emissione cioè il rapporto tra la quantità di inquinante emesso e i MJ sviluppati dalla combustione. Dallo studio emerge che il pellet di più scarsa qualità mostra emissioni maggiori di CO, NOx, PM, ioni solubili, e la formazione di IPA con alta tossicità: questo implica un maggior impatto sulla salute dell’uomo e sull’ambiente. Inoltre la combustione di pellet di bassa qualità di tipo B causa frequenti problemi di combustione dovuti all’alta percentuale di ceneri, portando a maggiori emissioni di prodotti da combustione incompleta (TC, IPA, PM). La maggior potenza di funzionamento della stufa limita l’emissione di prodotti di combustione incompleta, TC, CO, PM e IPA, ma aumenta la tossicità di quest’ultimi.
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This thesis tries to interpret the origin and evolution of karst-like forms present in Arabia Terra, a region of Mars that develops in the equatorial zone of the planet. The work has been carried out specifically in the craters Crommelin (4o 91’ N-10o 51’ E), 12000088 (3o 48’ N-1o 30’ E), NE 12000088 (4° 20’ N-2° 50’ E), C "2" (3° 54’ N-1° W), and in their surrounding areas. These craters contain layered deposits characterized by a high albedo and on which erosion is very pronounced. The area containing the craters is a plateau that has the same characteristics of albedo and texture. The preliminary morphological study has made use of instrumentation such as the Mars Reconnaissance Orbiter (MRO), in particular HiRISE images (High Resolution Imaging Science Experiment), CTX (Context Camera) and CRISM (Compact Reconnaissance Imaging Spectrometers for Mars). A regional geomorphological map has been drawn up containing the main morphotypes, and detailed geomorphological maps were prepared for different karst-like morphologies. The analysis of spectral data collected from CRISM instrumentation has allowed to identify the footprint of sulphate minerals in the external area. Data were collected for morphometric negative forms (karst-like) and positive forms (mud volcanoes, dikes and pingos). For the analysis of the relief forms DTMs (Digital Terrain Models) produced by the union of stereographic CTX couples or HiRISE were used. From the analysis of high-resolution images morphological footprints similar to periglacial environments have been identified, including the presence of patterned ground and polygonal cracks found all over the area of investigation, and relief structures similar to pingos present in the crater C "2". These observations allow us to imagine a geological past with a cold climate at the equator able to freeze the few fluids present in the Martian arid terrain. The development of karst-like landforms, on the other hand, can be attributed to a subsequent improval of the weather conditions that led to a normal climate regime for the equatorial areas, resulting in the degradation of the permafrost. The melt waters have thus allowed the partial dissolution of the sulphate layers. The karst-like forms look rather fresh suggesting them to be not that old.
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Individuare e conoscere la natura degli inquinanti atmosferici e disporre dei dati delle emissioni sono azioni fondamentali per formulare politiche ambientali incentrate sul miglioramento della qualità dell'aria e monitorarne l'efficacia. Sorge l'esigenza di un controllo costante della qualità dell'aria, processo che avviene utilizzando delle centraline di monitoraggio fisse sparse nelle vie delle maggiori città o nei pressi dei principali insediamenti industriali. Lo scopo di questo progetto è quello di realizzare una stazione di monitoraggio mobile al fine di aumentare la superficie di controllo, realizzando un oggetto dinamico capace di acquisire dati sull'inquinamento. Questo è stato fatto applicando ad un drone un sistema di sensori capaci di rilevare le variazioni dei livelli di concentrazione degli agenti inquinanti. Ciò permette di eliminare le stazioni di monitoraggio fisse, le quali rappresentano una spesa ingente. Inoltre, attraverso l'utilizzo di un drone, è possibile monitorare siti più vasti, permettendo un monitoraggio costante e ripetuto nel tempo. La prima parte dell'elaborato analizza il sistema Embedded utilizzato per l'acquisizione dei dati, concentrando l'attenzione prevalentemente sui moduli utilizzati. La seconda descrive quali sono i primi passi per cominciare ad utilizzare i sensori posti sulla Gases Board 2.0 e risponde ai dubbi più comuni su quali parametri di configurazione adottare per un avere una risposta adeguata, quale processo di calibrazione seguire o come trasformare i dati acquisiti, espressi in tensioni, in valori di concentrazione di gas. La terza parte illustra i test effettuati per verificare il corretto funzionamento del sistema completo, con l’esposizione delle problematiche individuate, e una presentazione delle alternative più valide per superarle.
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Il progetto di tesi ha il compito di far comunicare un device mobile con un apparato elettromedicale tramite tecnologia bluetooth low energy. Il paziente ha a disposizione questo apparato per misurarsi l'elettrocardiogramma autonomamente e poi, tramite l'uso dell'app, vengono mostrati i risultati ottenuti dalla misurazione. Una volta inviati i dati dal dispositivo elettromedicale all'app, questi vengono anche inoltrati a un server dove saranno sottoposti a controlli, da parte del medico curante.
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L’elaborato è nato dall’interesse verso un progetto di un impianto di sanificazione delle acque in corso di realizzazione in Kenya. Valutando le differenti realtà di tale sito rispetto alla nostra quotidianità è nata l’esigenza di approfondire preliminarmente le varie tecnologie di approvvigionamento e sanificazione delle acque, più consone per siti in via di sviluppo. Oltre 2.5 miliardi di persone non hanno accesso ai cosiddetti “improved water supply and sanitation”, le fonti idriche migliorate: acquedotti e fognature pubbliche, eventualmente con collegamenti domestici, sorgenti e serbatoi protetti, cisterne per la raccolta delle acque piovane, ecc. Maggior interesse è stata attribuita alla qualità dell’acqua e ai possibili trattamenti di sanificazione. Impianti semplici, economici ed efficaci alla rimozione totale della carica microbiologica sono sicuramente bisogni di base e componenti essenziali di assistenza sanitaria primaria. Dove è possibile le soluzioni ottimali consigliate sono tecnologie a basso costo che sono facili da progettare, costruire e impiegare, e sono costituite da materiali facilmente disponibili nei luoghi dove si applicano. Nel villaggio di Sori, in Kenya, un impianto di ozonizzazione delle acque del Lago Vittoria, con un precedente trattamento di sedimentazione e filtrazione rende disponibili a 16000 abitanti circa 30 l/ab giorno microbiologicamente sana.
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Tramite l'ausilio della development board prodotta dalla Xilinx e denominata ZedBoard, è stato utilizzato il protocollo I2C per effetuare una configurazione dei registri interni del sensore OV7670 al fine di migliorare la qualità delle immagini acquisite.
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Il fine della presente tesi è quello di definire parametri di riferimento progettuali e di controllo sul funzionamento degli abbattitori ad umido e degli abbattitori degli ossidi di azoto dalle emissioni industriali, utili ad una valutazione preventiva del progetto di impianto ed alla gestione dello stesso, da proporre come rappresentativi dello stato dell’arte per questi abbattitori. E’ innanzitutto effettuata una breve disamina sui composti inorganici quali inquinanti atmosferici: da quali fonti deriva la loro presenza in aria, quali sono gli effetti sull’ambiente, quantificazione delle emissioni antropiche per questa categoria di inquinanti e quali obiettivi di riduzione si pone la Regione Emilia Romagna. Viene quindi affrontata una breve sintesi della legislazione nazionale e regionale necessaria a comprendere dove si innesta la necessità di definire questi parametri di riferimento, con il confronto di disposizioni normative vigenti sull’argomento a livello nazionale e delle regioni Lombardia ed Emilia Romagna per giungere infine ad una proposta aggiornata. Si passa poi ad una descrizione accurata degli abbattitori ad umido e, di seguito, degli abbattitori degli ossidi di azoto, fornendo il discrimine tra le diverse tipologie presenti sul mercato e concretamente utilizzate in campo; inoltre grazie allo studio di due impianti presenti nel territorio di Modena viene fornita una comprensione più approfondita dei parametri tecnici di progettazione e funzionamento. L’analisi ha interessato: - parametri tecnici costruttivi; - parametri di funzionamento; - efficienza di abbattimento. La proposta conclusiva rappresenta la sintesi di confronto tecnico con esperti costruttori/installatori di impianti di depurazione dell’aria, di una dettagliata analisi conoscitiva delle caratteristiche e delle rese di abbattimento di impianti autorizzati, installati e controllati, presenti nel territorio della regione Emilia Romagna.
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Il presente elaborato di tesi si concretizza in un inquadramento generale relativo alle emissioni odorigene: cosa sono, i riferimenti normativi, come si misurano. Si è poi fatto riferimento a un caso reale, ovvero un impianto operante nella lavorazione dei semi oleosi che ha subito una modifica della propria configurazione impiantistica. Le emisisoni odorigene sono state modellate, mediante l'utilizzo del software Calpuff, in relazione a due stati: prima e dopo la modifica. Questo ha permesso di fare un confronto in termini di impatto sull'ambiente.
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Lo studio nasce dalla necessità di verificare l’applicazione di alcuni punti della ISO/TS 16949:2009 nel reparto di pressatura dell’azienda. Era importante valutare il livello di consapevolezza dei dipendenti relativamente al problema qualità in un’azienda automotive. Perciò, a partire dalla normativa, è stata fatta un’Indagine di Consapevolezza tra tutti i dipendenti il cui lavoro ha influenza sulla qualità del processo produttivo e del prodotto realizzato. Inoltre, serviva controllare se la logistica del reparto di pressatura fosse adeguata per permettere agli operatori di svolgere al meglio l’ autocontrollo, ossia un controllo in process delle quote geometriche e dimensionali durante la produzione di serie. È stata verificata l’adeguatezza delle unità di carico per la movimentazione dei prodotti, sia a livello logistico che di carico di lavoro per chi le deve movimentare. È risultato che le UdC attualmente in uso, ossia carrelli mossi manualmente, non possono essere sostituite, ma le si può rendere più maneggevoli cambiandone le ruote. Si è studiato il carico di lavoro del reparto di pressatura, per valutare se fosse possibile introdurre misure che diano la possibilità agli operatori di reparto di svolgere i controlli in process con più accuratezza, ipotizzando l’introduzione di una figura specifica, l’Operatore dell’Autocontrollo, che possa occuparsi solo di questo incarico, sollevando gli altri operatori da tale incombenza. Infine, ci si è posti il problema di ridurre l’utilizzo dei carrelli elevatori all’interno del reparto. È risultato necessario mantenerne l’uso per poter garantire la grande flessibilità nella produzione di quest’azienda, ma si è ipotizzato di separare il reparto in due diverse zone al momento del rinnovo del parco macchine, in modo da eliminarne l’utilizzo in una delle due zone e concentrarlo nell’altra, rendendoli indispensabili solo per un determinato tipo di produzione che si svolga in un settore ben definito del reparto.
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Il lavoro si è articolato in due parti: sintesi di una molecola antiossidante (lipofenolo), che in prospettiva dovrà essere prodotta a partire da sottoprodotti dell’industria alimentare. La molecola ottenuta, già studiata nello sviluppo di emulsioni, è stata in questo lavoro testata nella formulazione di prodotti da forno, nei quali l’ossidazione lipidica è un processo difficilmente controllabile, se non con l’impiego di grassi saturi, come palma o strutto e sego. L’ossidazione incide profondamente sulla qualità e sulla sicurezza dell’alimento. È per questo che numerosi studi si sono rivolti, in questi anni, verso i meccanismi di antiossidazione nei sistemi reali. Partendo da una panoramica sui sottoprodotti della filiera alimentare, in questo lavoro si è ottimizzata una reazione di lipofilizzazione tra tirosolo e acido oleico e si è impiegato il prodotto nella formulazione tarallini per verificarne l’effettiva capacità di allungare la shelf life del prodotto ritardando l’insorgenza dell’ossidazione, con esiti più che soddisfacenti evidenziati dai dati ottenuti tramite tecniche di ossidazione forzata (Oxitest®) , analisi della componente volatile (SPME-GC-MS) e misurazione del numero di perossido.