100 resultados para Museografia, archeologia, paesaggio


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Questa Tesi di Laurea si occupa del Progetto di Restauro Architettonico e di Riqualificazione Agricola e Paesaggistica della chiesa sconsacrata di Santa Maria Assunta della Cappella e dei terreni annessi alla proprietà. L'area di progetto consiste in 24 ettari di terreno, sulla cima di un altura in cui, in epoca medievale, venne eretta la chiesa di Santa Maria Assunta della Cappella e successivamente vennero costruiti gli edifici annessi: la sagrestia, la canonica, il cimitero, il fienile, che poi divenne casa colonica, e infine il nuovo fienile. La sconsacrazione della chiesa nel 1986 e l'abbandono della casa colonica da parte del contadino,hanno fatto si che l'intero complesso cadesse rapidamente in rovina. L'obiettivo di questo progetto è quello di recuperare l'intera area realizzando un'azienda agrituristica: ripristinando le coltivazioni, che le testimonianze storiche tanto decantano,convertendo la canonica in ambienti destinati alla ristorazione e all'ospitalità e la chiesa in uno spazio multifunzionale destinato ad ospitare eventi.

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Una delle immagini iconiche del nostro pensiero è un noto quadro di Giorgio De Chirico: “Archeologi”. Manichini antropomorfi, freddi e sgradevoli sono i custodi di quell’antichità d’oro rappresentata in questo caso dagli elementi dell’architettura classica. La nostra generazione impersona oggi l’essenza di quei manichini raccontati da De Chirico: a cambiare è il contenuto architettonico e storico che portano con sè, ma l’esigenza umana di ricordare il passato e valorizzarlo resta immutata. Figli dell’epoca industriale e del consumismo, ora tocca a noi ripiantare le radici storiche del tempo che fu, che ancora oggi hanno tanta influenza sulla vita di tutti. L’ordine dei templi classici è stato sovvertito da quello delle grandi industrie abbandonate, i luoghi del culto e della preghiera pagana hanno lasciato il posto alle sale dei “rituali” fordisti e del sudore del lavoro. Siamo architetti di archeologie sommerse dall’ignoranza della nostra epoca e, attraverso di esse, tentiamo di ricucire le città dalle ferite che noi stessi le abbiamo causato.

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Il restauro, nella sua concezione prima filosofica e poi pratico-progettuale, è per me il mezzo di indagine di una realtà - quella contemporanea - innanzitutto storica, di Paesaggio pluristratificato. Tutto reca con se segno e espressione di un rapporto antico tra Uomo e Natura, e la città, intesa nell'immagine della più grande architettura mai concepita, ne è l'emblema massimo che attraverso la sua forma e le sue dinamiche cerca di esperire in maniera più o meno sapiente il luogo naturale in cui decide di "Abitare". L'Acqua in questo indissolubile legame tra Uomo e Natura ne è l'elemento fondativo: le città, come la vita, nascono ove Lei si fa presente, e - almeno in passato - il mantenimento di una relazione intima e vitale con Lei si manifestava in bellezza, ricchezza e qualità della vita della città stessa. La fabbrica del Lavatoio pubblico coperto della città di Fossombrone, un tempo anche ospedale civico, diventa così, nel suo contatto diretto (fisico-visivo) col fiume Metauro, il baluardo ultimo di un viaggio di scoperta atto a scriverne una storia possibile, e in ultima istanza ma non per importanza, a pensarne - almeno idealmente - la possibilità di un progetto contemporaneo, un progetto possibile. Attraverso l'idea di un nuovo spazio pubblico, in un ottica del tutto positivista di miglioramento della qualità della vita - dal benessere individuale verso il benessere collettivo - e intensificazione della vita pubblica, il progetto si fa portavoce delle pratiche comunitarie di agricoltura urbana, la cui forma deriva e non esclude le altre facenti parte del concetto generale di verde urbano: l'orto, l'orto-giardino, il giardino, il parco, ecc. La dimensione collettiva, inclusiva, sociale e partecipativa di tale tematica fa strada, citando Lefebvre, ad un rinnovato diritto alla città: non alla città antica, ma alla vita urbana, ai luoghi d'incontro e di scambio, a ritmi di vita e impieghi di tempo che permettano l'uso pieno e intero di questi momenti e luoghi.

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Il progetto parte da un’indagine preliminare relativa alla città di Bogotà, capitale della Colombia che, a causa della rapida urbanizzazione a cui è andata incontro nel corso degli anni, presenta un tessuto urbano frammentario e disorganizzato. In seguito all'aumento spropositato della popolazione, la storia della Colombia documenta un sempre più crescente bisogno di abitazioni ed è proprio da questa situazione che si sviluppa il presente elaborato. Occorre ricucire il tessuto urbano esistente ridefinendo un nuovo sistema di aree residenziali, servizi primari, pubblici, sanitari e aree per la collettività che siano in grado di regolare i futuri insediamenti urbani. La localidad Usme si colloca a Sud di Bogotà, si tratta di una delle localidades più povere e prive di servizi, il cui suolo urbano è interamente ricoperto di abitazioni di piccole dimensioni insalubri e insicure. In questa zona periferica rurale, accanto alle tipiche viviendas informales, si stanno sviluppando le nuove costruzioni collettive edificate ad opera di “MetroVivienda” . Questa società realizza dei massicci blocchi edilizi sfruttando al massimo lo spazio a disposizione senza rispettare le preesistenze o gli spazi aperti, deturpando il contesto in cui si inseriscono e l’assetto originale della città. Il punto di partenza per la comprensione della realtà urbana di Usme è rappresentato dallo studio del rigido schema a griglia dell' assetto urbano, tipico delle fondazioni coloniali della Capitale, che sarà la base generatrice del progetto di ricucitura del tessuto. Lo scopo di questo lavoro è lo sviluppo di un progetto che si adatti al contesto, valorizzando il paesaggio e la naturalità del luogo, per mezzo della riqualificazione del tessuto esistente e che sia in grado di integrare il vecchio con il nuovo.

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Strategie conoscitive per la valorizzazione di un percorso. Partendo dall'analisi storica, del territorio e del paesaggio, si mettono a sistema quattro edifici di culto lungo la Via Romea Nonantolana, osservando le tecniche costruttive impiegate nella loro realizzazione, ed i fattori ambientali al contorno con una schedatura. Si analizza lo stato di conservazione si propone uno schema di attività ispettive e manutentive, e,prendendo come esempio uno dei quattro edifici, le cause delle patologie sullo stesso e le ipotesi di intervento. Si propone infine un'idea di percorso per poter rendere più fruibili queste fabbriche.

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L’esigenza di contestualizzare le rovine di Suasa Senonum all’interno di un Parco Archeologico che racconti la composizione della città e le relazioni che questa ha intessuto con il territorio, ha condotto alla formulazione di un progetto territoriale; il Parco Archeologico è così inteso come un’occasione per rilanciare la conoscenza di un sistema che connette aspetti culturali, storici e paesaggistici. La città è intersecata da uno dei percorsi più antichi e importanti della Regione: la Salaria Gallica che attraversa città, borghi, vallate, fiumi e parchi archeologici tra cui quello di Suasa Senonum e offre la possibilità di leggere le dinamiche che hanno modellato il territorio sin dall’antichità. Il punto di forza di questa via consiste nell’offrire la possibilità di leggere come la natura e l’uomo abbiano interagito nel tempo e di come esso eserciti la propria opera modellatrice sul risultato delle loro relazioni. Queste considerazioni hanno portato ad affrontare temi che pongono l’accento su questioni che vanno dalle connessioni territoriali all’aggiunta di stratificazione sullo spessore del tempo culminando in un risultato che riconsegna la città alla collettività. Il progetto traduce queste riflessioni affrontando la costruzione di un ponte sul fiume Cesano quale punto di ricucitura della via Salaria Gallica, dell’inserimento di un visitor centre e della rivitalizzazione dell’anfiteatro quale luogo di spettacolo. Il filo conduttore del tutto, dal lining out all’opera land art, sta nella volontà di intaccare il meno possibile quell’equilibrio con cui la natura ha preso il sopravvento sulle attività umane di un tempo celandone le tracce; la sfida è stata quella di rendere l’organismo urbano nuovamente leggibile attraverso il progetto di architettura. Abbiamo così cercato di reinserire in un circuito ritrovato ciò che il tempo ha in parte cancellato.

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Il tema delle coperture in ambito archeologico è particolarmente presente nel dibattito architettonico attuale per le implicazioni che una tale struttura comporta nella relazione con un manufatto antico, nella lettura che ne può dare al pubblico e anche nello sviluppo di tecniche costruttive che consenta di coprire grandi luci interferendo il meno possibile con lo strato archeologico. I temi sviluppati in questa tesi di laurea partono dagli studi intrapresi durante il Laboratorio di Laurea “Archeologia e Progetto di Architettura” nell’anno accademico 2013-2014, che si è occupato delle analisi della città romana di Suasa, nel territorio marchigiano, con l’obiettivo di confrontarsi con le tematiche della musealizzazione e della progettazione in un ambito delicato come quello archeologico con tutte le sue particolarità. La tesi si occupa del progetto strutturale della copertura iniziato in gruppo con due miei colleghi, Thomas Fabbri e Sara Salvigni, la cui prima parte si è conclusa nel 2015 nella loro tesi di laurea intitolata Rileggere le tracce: valorizzazione e musealizzazione della città romana di Suasa.

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I movimenti lenti delle colate in terra sono una caratteristica geomorfologica comune nell’Appennino settentrionale e sono uno dei principali agenti di modellazione del paesaggio. Spesso case e piccoli centri abitati sorgono in zone affette da questo tipo di movimento franoso e di conseguenza subiscono danni causati da piccoli spostamenti. In questo lavoro di Tesi vengono presentati i risultati ottenuti dall’interferometria radar ad apertura sintetica (InSAR) mediante elaborazione tramite StaMPS (Stanford Method of Persistent Scatterers), utilizzando la tecnica avanzata Small Baseline Subset (Berardino et al., 2002). Questo metodo informatico è applicato alle acquisizioni rilevate dai satelliti Envisat e COSMO-SkyMed in orbita ascendente e discendente, ottenendo una copertura di dati che va dal 2004 al 2015, oltre ad un rilevamento geologico-geomorfologico in dettaglio eseguito nell’area di studio. Questa tecnica di telerilevamento è estremamente efficace per il monitoraggio dei fenomeni di deformazione millimetrica che persistono sulla superficie terrestre, basata sull'impiego di serie temporali d’immagini radar satellitari (Ferretti et al., 2000). Lo studio è stato realizzato nel paese di Gaggio Montano nell’Appennino bolognese. In questa zona sono stati identificati diversi corpi di frana che si muovono con deformazioni costanti durante il tempo di investigazione e grazie ai risultati ottenuti dai satelliti è possibile confrontare tale risultato. Gli spostamenti misurati con il metodo InSAR sono dello stesso ordine di grandezza dei movimenti registrati dai sondaggi inclinometrici. Le probabili cause dell’instabilità di versante a Gaggio Montano sono di natura antropica, in quanto alti tassi di deformazione sono presenti nelle zone dove sorgono case di recente costruzione e complessi industriali. Un’altra plausibile spiegazione potrebbe essere data dalla ricarica costante d’acqua, proveniente dagli strati dei Flysch verso l’interno del complesso caotico sottostante, tale dinamica causa un aumento della pressione dell’acqua nelle argille e di conseguenza genera condizioni d’instabilità sul versante. Inoltre, i depositi franosi rilevati nell’area di studio non mostrano nessun tipo di variazione dovuta ad influenze idrologiche. Per questo motivo le serie temporali analizzare tendo ad essere abbastanza lineari e costanti nel tempo, non essendo influenzate da cicli stagionali.

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Il termine Ecomuseo deriva dal greco οἶκος da intendersi come l’insieme delle relazioni all’interno di una comunità e delle interazioni tra la comunità e il territorio. Si tratta di un particolare processo di conoscenza, tutela e valorizzazione del patrimonio locale, materiale e immateriale. In mancanza di una legge quadro nazionale, in Italia finora sono state dodici le regioni e le province a sancire autonomamente l’istituzione e il riconoscimento degli Ecomusei, promuovendone la creazione. La Provincia Autonoma di Bolzano non è ancora dotata di uno strumento normativo per il riconoscimento degli Ecomusei. Si è pertanto valutata la possibilità di applicare lo strumento alle particolari condizioni socio-culturali del territorio sudtirolese. L’indagine è stata svolta a partire dall’analisi dei presupposti necessari alla realizzazione di un Ecomuseo generalmente condivisi dalle normative quali l’omogeneità culturale e la presenza di beni di comunità. Entrambi i criteri hanno richiesto di essere interpretati, sulla base di indagini storiche, sociali e culturali, svolte sotto il profilo architettonico, analizzando non solo la produzione edilizia nel tempo, ma anche i contenuti politici e culturali, la variazione della percezione del costruito da parte della popolazione e la conseguente evoluzione nell’approccio nei confronti della preesistenza. Verificate le condizioni di applicabilità dei criteri si è proceduto alla progettazione di un Ecomuseo Interculturale per la città di Merano (EIM), valutandone oggetto, finalità e struttura. Il progetto ha compreso anche la proposta di una sede per l’Ecomuseo, realizzando uno studio per il restauro di un’officina ferroviaria dei primi del Novecento riconoscendo in essa un importante documento di cultura materiale. In conclusione è stata quindi elaborata una proposta per un progetto di legge provinciale in materia di Ecomusei, quale fattore fondamentale per la loro organizzazione, promozione e diffusione.

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L’innovazione non è solamente l’applicazione e l’uso di nuovi device tecnologici ma, anche, un nuovo approccio capace di gestire le sfide sociali delle nostre città. In esse gli spazi pubblici sono i luoghi che per primi possono essere portatori di nuovi valori, nuovi modi di vivere e di agire sulle città. Sono spazi di sperimentazione dove possiamo imparare ad interagire con (e rispettando) i diversi attori. L’intervento architettonico in questi ambiti diventa il mezzo per favorire l’evoluzione positiva dell’attuale stato fisico e sociale. La progettazione si sta, però, evolvendo trasformandosi sempre più in una strategia in grado di apprendere dagli eventi e dalle contingenze. Gli interventi proposti nella mia tesi di laurea, seguendo questo approccio, vogliono portare una riqualificazione degli spazi urbani pubblici di Zingonia, una realtà estremamente complessa e stimolante. Zingonia è nata come New town nel 1964 ed oggi appare come un quartiere metropolitano degradato e pericoloso senza Comune, una periferia senza centro, uno dei più sorprendenti e complessi laboratori d’immigrazione in Italia. L’insieme di piccoli interventi proposti sono azioni che vogliono incrementare la percezione di un luogo “sicuro”, tentando di abbassare alcune barriere mentali e fisiche. I risultati concreti di questi interventi sono altrettanto importanti quanto i risultati sociali e psicologici percepiti dai partecipanti. La strategia adottata prevede il coinvolgimento degli user in tutto il processo, promuovendo interventi di autocostruzione “DIY-Do it yourself”. Questo approccio è rilevante perchè l’azione di creazione genera un legame molto importante con lo spazio e attiva il dialogo con gli altri partecipanti che è alla base dello sviluppo di una comunità. Le persone vengono così coinvolte in un educazione pratica dell’estetica del paesaggio diventando consapevoli del proprio potere nel cambiare ciò che le circonda.