87 resultados para catena


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Questo elaborato di tesi presenta uno studio volto a identificare il ruolo dell’autofagia nella patogenesi della neuropatia ottica ereditaria di Leber (LHON), una patologia neurodegenerativa mitocondriale dovuta a mutazioni nel mtDNA. Tali mutazioni generano difetti nella catena respiratoria, nelle vie apoptotiche mediate dai mitocondri e nella produzione di ROS; dati preliminari hanno dimostrato una correlazione tra le mutazioni LHON e l’omeostasi mitocondriale, regolata dai processi contrapposti di autofagia e mitobiogenesi. Secondo questa ipotesi, le alterazioni LHON aumentano il flusso autofagico soprattutto negli individui affetti, mentre i portatori di mutazione sani (carrier) risultano protetti da un importante incremento nella mitobiogenesi che agisce da meccanismo compensatorio. È stata dunque caratterizzata tramite Western Blotting l’espressione proteica di due marker autofagici, LC3 e p62, in PBMCs (Peripheral Blood Mononuclear Cells) estratte da pazienti LHON, affetti e carrier, e individui di controllo. Sono stati inoltre quantificati i livelli cellulari di due proteine della membrana interna mitocondriale, COX IV e SDHA, al fine di valutare la massa mitocondriale come parametro di confronto rispetto ai livelli di autofagia. È stata infine analizzata l’influenza dell’idebenone sull’autofagia e sulla massa mitocondriale, confrontando pazienti affetti in terapia con questo farmaco e pazienti affetti non trattati. Lo studio ha in parte avvalorato i risultati preliminari; l’elevata variabilità riscontrata porta però all’esigenza, nelle analisi future, di una maggiore campionatura, nonché di indagini di diversa natura condotte in parallelo per validare i risultati.

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Lo studio è orientato alla determinazione dei rischi tossici posti dalle nanoparticelle di diossido di titanio rilasciate in ambiente marino. L’organismo modello utilizzato per questo studio è la diatomea Thalassiosira pseudonana, la quale è stata scelta per la sua semplicità biologica unita alla fondamentale rilevanza nella catena alimentare e nell’ecosistema marino. Oltre alle nanoparticelle prodotte industrialmente, questo studio ha lo scopo di determinare e confrontare la tossicità delle nanoparticelle utilizzate in alcuni prodotti di cura personale (in particolare crema solare e dentifricio), estraendole direttamente da essi. I nostri risultati mostrano una notevole ridondanza nel legame tra la natura (il tipo) delle nanoparticelle e l’inibizione della normale crescita delle diatomee, che supera la correlazione con tutti gli altri parametri monitorati (concentrazione di nanoparticelle, tempo di esposizione, pH, carica superficiale e dimensione delle particelle stesse), sebbene gli altri parametri risultino direttamente legati agli effetti inibitori. Tali risultati suggeriscono un’intensificazione della ricerca nell’ambito delle nanotecnologie, orientata allo sviluppo di nanomateriali “sostenibili”, ovvero dei quali sono note le potenzialità di impiego, ma anche gli aspetti negativi, che possono di conseguenza essere monitorati con maggiore consapevolezza.

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Lo scopo del mio elaborato è stato quello di valutare se il denaro potesse essere un veicolo di trasmissione di microrganismi. Esistono infatti reperti storici che indicano che il denaro veniva visto come probabile portatore di infezioni fatali come la “morte nera”, la peste bubbonica e le pandemie di polmoniti descritte in Europa. Vi sono anche altri studi che hanno indicato come patogeni isolati con maggiore frequenza dalle banconote microrganismi quali enterobatteri e stafilococchi. In questa sperimentazione mi sono occupato del campionamento microbiologico di banconote di vario taglio, raccolte prevalentemente in piccoli esercizi alimentari, sulle quali è stato fatto un tampone al fine di determinare la presenza di: coliformi totali, E. coli, S. aureus, altri stafilococchi, muffe, lieviti, carica batterica totale. Le analisi condotte hanno mostrato che nelle banconote non sono mai stati isolati ceppi di S. aureus, a differenza di quanto riportato nella letteratura. Simili considerazioni si possono fare anche per E. coli. Per quel che riguarda la carica batterica totale, le banconote più contaminate sono risultate essere quelle da 20 euro (valore medio 474 UFC/cm2). I tamponi microbiologici effettuati sui tagli da 50 euro sono stati gli unici ad essere caratterizzati da una elevata presenza di coliformi totali. In conclusione possiamo affermare che le banconote posso effettivamente costituire un importante veicolo di contaminazione microbica, che può poi trasferirsi anche su altri matrici, come prodotti alimentari. Considerando la pressione che viene esercitata dalle Autorità di controllo su tutte le fasi della catena alimentare, dalla produzione alla vendita al dettaglio, la variabile posta dalle possibili contaminazioni attraverso il maneggiamento e la circolazione delle banconote potrebbe quindi costituire un rischio reale, sia pure non ancora quantificato e forse non quantificabile.

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I robot ad architettura parallela sono meccanismi robotici a catena chiusa. Se al posto di membri rigidi estensibili, come collegamenti tra base e piattaforma, si utilizzano dei cavi avvolgibili allora si parla di manipolatori paralleli a cavi. Nel primo capitolo si mettono a confronto robot seriali e paralleli, si descrivono le caratteristiche dei manipolatori paralleli a cavi e si presentano alcune attuali applicazioni. Nel secondo capitolo si forniscono richiami fondamentali di cinematica e dinamica del corpo rigido e si fanno alcuni cenni alla teoria dei torsori. Nel terzo capitolo si affronta il problema geometrico-statico inverso di un robot parallelo a tre cavi. Nel quarto capitolo si affronta il problema della dinamica inversa, che è sempre da risolvere nei casi in cui si abbiano forze inerziali rilevanti e si desideri raggiungere livelli di accuratezza elevati. Nel quinto capitolo si descrive il codice di simulazione Matlab-Adams. Nel sesto capitolo si descrive la componentistica meccanica ed elettronica del prototipo di laboratorio di manipolatore parallelo a tre cavi e si presentano i risultati ottenuti dalle simulazioni combinate Matlab-Adams nei casi di diverse traiettorie percorse a differenti velocità; infine, si mettono in evidenza le differenze tra l’approccio dinamico e quello statico quando le velocità dei motori e le inerzie della piattaforma mobile sono rilevanti.

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Questo elaborato si pone l’obiettivo principale di formulare una metodologia volta alla misura sperimentale della risposta impulsiva di ambienti indoor in ambito acustico. Lo studio della risposta impulsiva di una stanza trova diverse applicazioni nell’ambito dell’ingegneria acustica. Essa contiene infatti informazioni sulla geometria della stanza stessa, che può essere ricostruita con appositi algoritmi. È sovente impiegata anche in campo architettonico per progettare interventi di correzione o ottimizzazione acustica. In questo elaborato si darà spazio ad una terza applicazione: si utilizzerà la risposta impulsiva misurata in una determinata stanza per aggiungere effetti ambientali a suoni registrati in camere anecoiche. Per perseguire quest’obiettivo, nel capitolo 1 si richiamano i concetti di base riguardo i sistemi LTI, funzioni di trasferimento e risposta impulsiva, approfondendo gli aspetti legati alle tecniche tradizionalmente usate per la misura della risposta impulsiva in ambito acustico. Si pone poi la base teorica del metodo sperimentale che sarà sviluppato nel corso dell’elaborato, fondato sulla stima numerica dello spettro di segnali ad energia finita. Nel secondo capitolo s’illustra l’impostazione della catena di misura, chiarendo le scelte hardware intraprese, le motivazioni di tali scelte, il funzionamento generale dei dispositivi impiegati e le condizioni ottimali di misura. Il capitolo 3 rappresenta il cuore di questo elaborato, nel quale viene illustrata l’implementazione vera e propria della metodologia della misura della risposta impulsiva, a partire dal settaggio degli strumenti utilizzati, alla realizzazione del codice MATLAB per l’elaborazione dei dati, per giungere infine all’analisi dei risultati sperimentali ottenuti. Con il quarto ed ultimo capitolo si introduce il concetto di equalizzazione e si implementa una prima e grossolana soluzione al problema degli effetti distorcenti introdotti dai dispositivi non ideali.

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La tesi ha l'obiettivo di analizzare e ottimizzare i flussi di approvvigionamento in un'azienda che produce su commessa: CT Pack S.r.L, specializzata nella realizzazione di macchine automatiche per il packaging di biscotti, gelato e cioccolato. Per raggiungere l'obiettivo si è preso come riferimento il modello proposto dal BPR (Business Process Reengineering): sono stati analizzati i principali attori coinvolti, in particolare fornitori e magazzino, mediante l'uso di KPI definiti ad hoc. Sulla base di questi sono stati individuati due processi critici: il primo riguarda la gestione del magazzino, che presenta un'elevata quantità di codici non movimentati anche a causa del processo di gestione del materiale avanzato al termine di ciascuna commessa; il secondo riguarda il materiale a consumo, che impiega i magazzinieri per un tempo eccessivo, è caratterizzato da giacenze per il 30% non movimentate e da supermarket collocati in officina ridondanti e caratterizzati da bassi tassi di utilizzo (anche sotto il 50%). Per risolvere questi problemi ed effettuare una riprogettazione si fa affidamento agli strumenti proposti dal project management: si imposta quindi un progetto che ha l'obiettivo di ridurre nel breve periodo il valore di magazzino mediante lo smaltimento attraverso diverse vie di codici non utilizzati e agisce nel lungo periodo per evitare che le criticità si ripropongano. Mediante la riprogettazione della gestione dei resi di produzione si prevede un maggior controllo, grazie al lavoro congiunto di ufficio tecnico e ufficio acquisti. La nuova gestione del materiale a consumo ha in se alcune delle tecniche proposte dalla lean production (il kanban, per esempio) e integra il fornitore nella catena di approvvigionamento, garantendo un maggior controllo sulle quantità, un risparmio di circa 7 h/mese di lavoro per i magazzinieri e una riduzione delle giacenze del 46%.

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Il presente elaborato si propone di analizzare la tematica della sostenibilità nella gestione della Supply Chain, con particolare attenzione alla misurazione delle performance attraverso indicatori KPI e modelli multidimensionali. Nella prima sezione, dopo un’introduzione sul tema dello sviluppo sostenibile, si offre una descrizione dello scenario attuale e degli approcci alla sostenibilità, evidenziandone i principi guida e le sfide future, mentre in seguito vengono analizzate le pressioni esercitate dagli stakeholder per l’implementazione di pratiche sostenibili. La seconda porzione dell’elaborato è incentrata sull’introduzione della sostenibilità nel Supply Chain Management, caratterizzandone l’evoluzione dalla tradizionale gestione della catena di fornitura e mettendone in luce opportunità e barriere. Successivamente, la terza parte si propone di entrare nel dettaglio in merito alle pratiche adottabili nella filiera finalizzate all’implementazione di un management sostenibile, proponendo un modello concettuale per l’analisi delle varie attività, dalla progettazione di prodotto fino alla logistica inversa. Un’ulteriore tematica approfondita è rappresentata dall’impatto di queste pratiche sostenibili sulle performance economiche aziendali, proponendo diversi approcci. Nell’ultima sezione dell’elaborato il focus è incentrato sulla misurazione delle performance di sostenibilità, dove ne vengono indagate opportunità e difficoltà, proponendo in seguito un modello teorico. Contestualmente vengono quindi esposti diversi KPI e modelli multidimensionali, i quali, con modalità e prospettive diverse, contribuiscono alla misurazione delle prestazioni di sostenibilità: in particolare viene fatto riferimento agli indici caratteristici del GRI e all’utilizzo combinato della balanced scorecard e dell’analytic hierarchy process.

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Gli ultimi 10 anni hanno visto un crescente aumento delle richieste di fornitura di servizi legati alla manutenzione edilizia da parte della Grande Distribuzione Organizzata; la domanda è quella di servizi riconducibili al Facility Management, ovvero rapporti basati sul raggiungimento di standard qualitativi predefiniti in sede contrattuale e garanzia di intervento 24h/24. Nella prima parte del progetto di tesi viene inquadrata la disciplina del FM, le motivazioni, gli strumenti e gli attori coinvolti. Dopo un excursus normativo sulla manutenzione in Italia, una classificazione delle tipologie di intervento manutentivo e una valutazione sull’incidenza della manutenzione nel Life Cycle Cost, viene effettuata un’analisi delle modalità interoperative del FM applicato alla manutenzione edilizia nel caso della GDO. La tesi è stata svolta nell'ambito di un tirocinio in azienda, il che ha permesso alla laureanda di affrontare il caso di studio di un contratto di Global Service con un’importante catena di grande distribuzione, e di utilizzare un software gestionale (PlaNet) con il quale viene tenuta traccia, per ogni punto vendita, degli interventi manutentivi e della loro localizzazione nell’edificio. Questo permette di avere un quadro completo degli interventi, con modalità di attuazione già note, e garantisce una gestione più efficace delle chiamate, seguite tramite un modulo di Call Center integrato. La tesi esamina criticamente i principali documenti di riferimento per l’opera collegati alla manutenzione: il Piano di Manutenzione e il Fascicolo dell’Opera, evidenziando i limiti legati alla non completezza delle informazioni fornite. L’obbiettivo finale della tesi è quello di proporre un documento integrativo tra il Piano di Manutenzione e il Fascicolo, al fine di snellire il flusso informativo e creare un documento di riferimento completo ed esaustivo, che integra sia gli aspetti tecnici delle modalità manutentive, sia le prescrizioni sulla sicurezza.

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Scopo della tesi è la valutazione del potenziale di crescita (δ) di Listeria monocytogenes espressa come differenza tra il carico cellulare (log10 ufc/g) alla fine e all’inizio della prova, in monoporzioni di battuta di vitello (tartare) confezionate sottovuoto e conservate a temperatura di refrigerazione. Si tratta di un alimento ready to eat – RTE – prodotto dalla Ditta INALCA Spa e destinato ad una catena di ristorazione. I challenge test hanno lo scopo di fornire informazioni sul comportamento in determinate condizioni di conservazione, di L. monocytogenes inoculata artificialmente in un alimento. L. monocytogenes è un microrganismo patogeno ubiquitario nell’ambiente e resistente a diverse condizioni ambientali. E’ stato dimostrato che il batterio è responsabile della contaminazione post-processo degli alimenti, in quanto è stato isolato da impianti di trasformazione, macchine per l’imballaggio, nastri trasportatori, guanti, congelatori e guarnizioni. Sono state oggetto di studio: - i) 3 u.c. inoculate con soluzione fisiologica sterile su cui sono stati valutati Aw, pH, carica aerobia mesofila, batteri lattici, Pseudomonas, Enterobacteriaceae, muffe e lieviti; - ii) 1 u.c. non soggetta ad alcun inoculo per la ricerca qualitativa/quantitativa di L. monocytogenes; - iii) 9 u.c. contaminate con una miscela di 5 ceppi di L. monocytogenes (circa 100 ufc/g). Le confezioni inoculate sono state conservate per 21 giorni (pari alla shelf-life commerciale), di cui i primi 7 alla temperatura di +3°C, ed i successivi 14 giorni a +5°C. Il valore δ è risultato pari a 0.57: essendo superiore, seppure di poco, al valore soglia 0.5, le tartare in esame sono classificate come alimenti pronti che costituiscono terreno favorevole alla crescita di L. monocytogenes (categoria 1.2); in base al regolamento (CE) 2073/2005, il microrganismo deve essere assente in 25 g alla produzione e < 100 ufc/g durante la shelf–life (nota 5 e 7).

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Obiettivo di questa sperimentazione è stata la valutazione in vitro dell’attività prebiotica di un sottoprodotto dell’industria alimentare, il pastazzo di agrumi, ed una pianta officinale largamente diffusa in natura, l’equiseto, nei confronti di alcuni batteri lattici isolati da feci di origine umana. Come riferimento si sono utilizzati due composti a riconosciuta attività prebiotica, l’inulina ed i frutto-oligosaccaridi (FOS), e ceppi di Bifidobacterium isolati da un preparato commerciale (Bifiselle®, Bromatech). I ceppi batterici utilizzati per tale prova sono stati isolati da campioni fecali di individui caratterizzati da differenti regimi alimentari – onnivoro, vegano od ovo-latto vegetariano -nell’ambito delle attività relative al progetto PRIN 2010-2011 “Microrganismi negli alimenti e nell'uomo: studio del microbiota e del relativo metaboloma in funzione della dieta onnivora, vegetariana o vegana (Gut4Diet)”. I risultati ottenuti hanno messo in evidenza come alcuni dei ceppi studiati posseggano una buona capacità di crescita in terreni di coltura con sottoprodotti agrumari ed equiseto come fonti di carbonio. Tramite analisi delle molecole volatili si sono determinate più di 60 molecole appartenenti principalmente alle classi degli acidi organici e loro esteri, alcoli, aldeidi, chetoni e pirazine. Tra queste vi sono alcuni esteri di acidi grassi a corta catena che si sono accumulati soprattutto nei sistemi addizionati di equiseto, FOS ed inulina. E’ noto che gli acidi grassi a corta catena sono prodotti dalla flora batterica intestinale durante la fermentazione di polisaccaridi non digeribili ed esplicano un ruolo protettivo nei confronti di differenti patologie.

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Negli ultimi anni, tra le varie tecnologie che hanno acquisito una sempre maggiore popolarità e diffusione, una di particolare rilevanza è quella degli Unmanned Aerial Vehicles. Di questi velivoli, quelli che stanno riscuotendo maggiore successo sono i multirotori, alimentati esclusivamente da azionamenti elettrici disposti in opportune posizioni della struttura. Particolari sforzi sono stati recentemente dedicati al miglioramento di questa tecnologia in termini di efficienza e precisione, tuttavia quasi sempre si trascura la vitale importanza dello sfruttamento efficiente dei motori elettrici. La tecnica di pilotaggio adottata nella quasi totalità dei casi per questi componenti è il BLDC sensorless, anche se la struttura si dimostra spesso essere PMSM, dunque inadatta all’uso di questa strategia. Il controllo ideale per i PMSM risulterebbe essere FOC, tuttavia per l'implementazione sensorless molti aspetti scontati nel BLDC devono essere affrontati, in particolare bisogna risolvere problemi di osservazione e identificazione. Durante la procedura di avviamento, efficienti strategie di self-commissioning vengono adottate per l’identificazione dei parametri elettrici. Per la fase di funzionamento nominale viene proposto un osservatore composto da diversi componenti interfacciati tra loro tramite un filtro complementare, il tutto al fine di ottenere una stima di posizione e velocità depurata dai disturbi. In merito al funzionamento in catena chiusa, vengono esposte valutazioni preliminari sulla stabilità e sulla qualità del controllo. Infine, per provare la validità degli algoritmi proposti, vengono mostrati i risultati delle prove sperimentali condotte su un tipico azionamento per UAV, pilotato da una scheda elettronica progettata appositamente per l’applicazione in questione. Vengono fornite inoltre indicazioni sull’implementazione degli algoritmi studiati, in particolare considerazioni sull’uso delle operazioni a virgola fissa per velocizzare l'esecuzione.

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La Blockchain è un deposito di dati distribuito costituito da una lista di record (in continua crescita) resistente a modifiche e revisioni, anche da parte degli operatori dei nodi (computer) su cui risiede. I dati sono sicuri anche in presenza di partecipanti non affidabili o disonesti alla rete. Una copia totale o parziale della blockchain è memorizzata su tutti i nodi. I record contenuti sono di due tipi: le transazioni, che sono i dati veri e propri, e i blocchi, che sono la registrazione di quanto ed in quale ordine le transazioni sono state inserite in modo indelebile nel database. Le transazioni sono create dai partecipanti alla rete nelle loro operazioni (per esempio, trasferimento di valuta ad un altro utente), mentre i blocchi sono generati da partecipanti speciali, i cosiddetti “miners”, che utilizzano software e a volte hardware specializzato per creare i blocchi. L’attività dei miners viene ricompensata con l’assegnazione di “qualcosa”, nel caso della rete Bitcoin di un certo numero di unità di valuta. Spesso negli esempi si fa riferimento alla Blockchain di Bitcoin perché è la catena di blocchi implementata per prima, e l'unica ad avere una dimensione consistente. Le transazioni, una volta create, vengono distribuite sui nodi con un protocollo del tipo “best effort”. La validità di una transazione viene verificata attraverso il consenso dei nodi della rete sulla base di una serie di parametri, che variano secondo l’implementazione specifica dell’architettura. Una volta verificata come valida, la transazione viene inserita nel primo blocco libero disponibile. Per evitare che ci sia una duplicazione delle informazioni l’architettura prevede un sistema di time stamping, che non richiede un server centralizzato.