193 resultados para Schiume metalliche, Modale, Macchina utensile
Resumo:
Nel periodo storico compreso tra la seconda metà dell’Ottocento ed il primo ventennio del Novecento, un’ondata di innovazioni tecnologiche e scientifiche, unitamente all’espansione dell’industria siderurgica e la conseguente diffusione del ferro come materiale da costruzione, portarono alla realizzazione di strutture metalliche grandiose. Ciò fu reso possibile grazie ad una fervida attività di ricerca che permise la risoluzione di problematiche tecniche di assoluto rilievo, come la progettazione di grandi coperture o di ponti destinati al traffico ferroviario in grado di coprire luci sempre maggiori. In questo contesto si sviluppò il sistema della chiodatura come metodo di unione per il collegamento rigido e permanente dei vari elementi che compongono la struttura portante metallica. Ad oggi il sistema della chiodatura è stato quasi completamente sostituito dalla bullonatura di acciaio ad alta resistenza e dalla saldatura, che garantendo gli stessi standard di affidabilità e sicurezza, offrono vantaggi in termini economici e di rapidità esecutiva. Tuttavia lo studio delle unioni chiodate continua a rivestire notevole importanza in tutti quei casi in cui il progettista debba occuparsi di restauro, manutenzione o adeguamento di strutture esistenti che in molti casi continuano ad assolvere le funzioni per le quali erano state progettate. La valutazione delle strutture esistenti, in particolare i ponti, ha assunto un’importanza sempre crescente. L’incremento della mobilità e del traffico sulle infrastrutture di trasporto ha portato ad un incremento contemporaneo di carichi e velocità sui ponti. In particolare nelle ferrovie, i ponti rappresentano una parte strategica della rete ferroviaria e in molti casi, essi hanno già raggiunto i loro limiti di capacità di traffico, tanto è vero che l’età media del sessanta percento dei ponti metallici ferroviari è di un centinaio di anni. Pertanto i carichi di servizio, i cicli di sforzo accumulati a causa dei carichi da traffico e il conseguente invecchiamento delle strutture esistenti, inducono la necessità della valutazione della loro rimanente vita a fatica. In questo contesto, la valutazione delle condizioni del ponte e le conseguenti operazioni di manutenzione o sostituzione diventano indispensabili. Negli ultimi decenni sono state effettuate numerose iniziative di ricerca riguardo il comportamento a fatica dei ponti ferroviari chiodati, poiché le passate esperienze hanno mostrato che tali connessioni sono suscettibili di rotture per fatica. Da uno studio dell’ASCE Committee on Fatigue and Fracture Reliability è emerso che l’ottanta, novanta percento delle crisi nelle strutture metalliche è da relazionarsi ai fenomeni di fatica e frattura. Il danno per fatica riportato dai ponti chiodati è stato osservato principalmente sulle unioni tra elementi principali ed è causato dagli sforzi secondari, che si possono sviluppare in diverse parti delle connessioni. In realtà riguardo la valutazione della fatica sui ponti metallici chiodati, si è scoperto che giocano un ruolo importante molti fattori, anzitutto i ponti ferroviari sono soggetti a grandi variazioni delle tensioni indotte da carichi permanenti e accidentali, così come imperfezioni geometriche e inclinazioni o deviazioni di elementi strutturali comportano sforzi secondari che solitamente non vengono considerati nella valutazione del fenomeno della fatica. Vibrazioni, forze orizzontali trasversali, vincoli interni, difetti localizzati o diffusi come danni per la corrosione, rappresentano cause che concorrono al danneggiamento per fatica della struttura. Per questo motivo si studiano dei modelli agli elementi finiti (FE) che riguardino i particolari delle connessioni e che devono poi essere inseriti all’interno di un modello globale del ponte. L’identificazione degli elementi critici a fatica viene infatti solitamente svolta empiricamente, quindi è necessario che i modelli numerici di cui si dispone per analizzare la struttura nei particolari delle connessioni, così come nella sua totalità, siano il più corrispondenti possibile alla situazione reale. Ciò che ci si propone di sviluppare in questa tesi è un procedimento che consenta di affinare i modelli numerici in modo da ottenere un comportamento dinamico analogo a quello del sistema fisico reale. Si è presa in esame la seguente struttura, un ponte metallico ferroviario a binario unico sulla linea Bologna – Padova, che attraversa il fiume Po tra le località di Pontelagoscuro ed Occhiobello in provincia di Ferrara. Questo ponte fu realizzato intorno agli anni che vanno dal 1945 al 1949 e tra il 2002 e il 2006 ha subito interventi di innalzamento, ampliamento ed adeguamento nel contesto delle operazioni di potenziamento della linea ferroviaria, che hanno portato tra l’altro all’affiancamento di un nuovo ponte, anch’esso a singolo binario, per i convogli diretti nella direzione opposta. Le travate metalliche del ponte ferroviario sono costituite da travi principali a traliccio a gabbia chiusa, con uno schema statico di travi semplicemente appoggiate; tutte le aste delle travi reticolari sono formate da profilati metallici in composizione chiodata. In particolare si è rivolta l’attenzione verso una delle travate centrali, della quale si intende affrontare un’analisi numerica con caratterizzazione dinamica del modello agli Elementi Finiti (FEM), in modo da conoscerne lo specifico comportamento strutturale. Ad oggi infatti l’analisi strutturale si basa prevalentemente sulla previsione del comportamento delle strutture tramite modelli matematici basati su procedimenti risolutivi generali, primo fra tutti il Metodo agli Elementi Finiti. Tuttavia i risultati derivanti dal modello numerico possono discostarsi dal reale comportamento della struttura, proprio a causa delle ipotesi poste alla base della modellazione. Difficilmente infatti si ha la possibilità di riscontrare se le ipotesi assunte nel calcolo della struttura corrispondano effettivamente alla situazione reale, tanto più se come nella struttura in esame si tratta di una costruzione datata e della quale si hanno poche informazioni circa i dettagli relativi alla costruzione, considerando inoltre che, come già anticipato, sforzi secondari e altri fattori vengono trascurati nella valutazione del fenomeno della fatica. Nel seguito si prenderanno in esame le ipotesi su masse strutturali, rigidezze dei vincoli e momento d’inerzia delle aste di parete, grandezze che caratterizzano in particolare il comportamento dinamico della struttura; per questo sarebbe ancora più difficilmente verificabile se tali ipotesi corrispondano effettivamente alla costruzione reale. Da queste problematiche nasce l’esigenza di affinare il modello numerico agli Elementi Finiti, identificando a posteriori quei parametri meccanici ritenuti significativi per il comportamento dinamico della struttura in esame. In specifico si andrà a porre il problema di identificazione come un problema di ottimizzazione, dove i valori dei parametri meccanici vengono valutati in modo che le caratteristiche dinamiche del modello, siano il più simili possibile ai risultati ottenuti da elaborazioni sperimentali sulla struttura reale. La funzione costo è definita come la distanza tra frequenze proprie e deformate modali ottenute dalla struttura reale e dal modello matematico; questa funzione può presentare più minimi locali, ma la soluzione esatta del problema è rappresentata solo dal minimo globale. Quindi il successo del processo di ottimizzazione dipende proprio dalla definizione della funzione costo e dalla capacità dell’algoritmo di trovare il minimo globale. Per questo motivo è stato preso in considerazione per la risoluzione del problema, l’algoritmo di tipo evolutivo DE (Differential Evolution Algorithm), perché gli algoritmi genetici ed evolutivi vengono segnalati per robustezza ed efficienza, tra i metodi di ricerca globale caratterizzati dall’obiettivo di evitare la convergenza in minimi locali della funzione costo. Obiettivo della tesi infatti è l’utilizzo dell’algoritmo DE modificato con approssimazione quadratica (DE-Q), per affinare il modello numerico e quindi ottenere l’identificazione dei parametri meccanici che influenzano il comportamento dinamico di una struttura reale, il ponte ferroviario metallico a Pontelagoscuro.
Resumo:
La necessità di sincronizzare i propri dati si presenta in una moltitudine di situazioni, infatti il numero di dispositivi informatici a nostra disposizione è in continua crescita e, all' aumentare del loro numero, cresce l' esigenza di mantenere aggiornate le multiple copie dei dati in essi memorizzati. Vi sono diversi fattori che complicano tale situazione, tra questi la varietà sempre maggiore dei sistemi operativi utilizzati nei diversi dispositivi, si parla di Microsoft Windows, delle tante distribuzioni Linux, di Mac OS X, di Solaris o di altri sistemi operativi UNIX, senza contare i sistemi operativi più orientati al settore mobile come Android. Ogni sistema operativo ha inoltre un modo particolare di gestire i dati, si pensi alla differente gestione dei permessi dei file o alla sensibilità alle maiuscole. Bisogna anche considerare che se gli aggiornamenti dei dati avvenissero soltanto su di uno di questi dispositivi sarebbe richiesta una semplice copia dei dati aggiornati sugli altri dispositivi, ma che non è sempre possibile utilizzare tale approccio. Infatti i dati vengono spesso aggiornati in maniera indipendente in più di un dispositivo, magari nello stesso momento, è pertanto necessario che le applicazioni che si occupano di sincronizzare tali dati riconoscano le situazioni di conflitto, nelle quali gli stessi dati sono stati aggiornati in più di una copia ed in maniera differente, e permettano di risolverle, uniformando lo stato delle repliche. Considerando l' importanza e il valore che possono avere i dati, sia a livello lavorativo che personale, è necessario che tali applicazioni possano garantirne la sicurezza, evitando in ogni caso un loro danneggiamento, perchè sempre più spesso il valore di un dispositivo dipende più dai dati in esso contenuti che dal costo dello hardware. In questa tesi verranno illustrate alcune idee alternative su come possa aver luogo la condivisione e la sincronizzazione di dati tra sistemi operativi diversi, sia nel caso in cui siano installati nello stesso dispositivo che tra dispositivi differenti. La prima parte della tesi descriverà nel dettaglio l' applicativo Unison. Tale applicazione, consente di mantenere sincronizzate tra di loro repliche dei dati, memorizzate in diversi dispositivi che possono anche eseguire sistemi operativi differenti. Unison funziona a livello utente, analizzando separatamente lo stato delle repliche al momento dell' esecuzione, senza cioè mantenere traccia delle operazioni che sono state effettuate sui dati per modificarli dal loro stato precedente a quello attuale. Unison permette la sincronizzazione anche quando i dati siano stati modificati in maniera indipendente su più di un dispositivo, occupandosi di risolvere gli eventuali conflitti che possono verificarsi rispettando la volontà dell' utente. Verranno messe in evidenza le strategie utilizzate dai suoi ideatori per garantire la sicurezza dei dati ad esso affidati e come queste abbiano effetto nelle più diverse condizioni. Verrà poi fornita un' analisi dettagiata di come possa essere utilizzata l' applicazione, fornendo una descrizione accurata delle funzionalità e vari esempi per renderne più chiaro il funzionamento. Nella seconda parte della tesi si descriverà invece come condividere file system tra sistemi operativi diversi all' interno della stessa macchina, si tratta di un approccio diametralmente opposto al precedente, in cui al posto di avere una singola copia dei dati, si manteneva una replica per ogni dispositivo coinvolto. Concentrando l' attenzione sui sistemi operativi Linux e Microsoft Windows verranno descritti approfonditamente gli strumenti utilizzati e illustrate le caratteristiche tecniche sottostanti.
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In questa Tesi forniamo una libreria di funzioni aritmetiche che operano in spazio logaritmico rispetto all'input. Partiamo con un'analisi dei campi in cui è necessario o conveniente porre dei limiti, in termini di spazio utilizzato, alla computazione di un determinato software. Vista la larga diffusione del Web, si ha a che fare con collezioni di dati enormi e che magari risiedono su server remoti: c'è quindi la necessità di scrivere programmi che operino su questi dati, pur non potendo questi dati entrare tutti insieme nella memoria di lavoro del programma stesso. In seguito studiamo le nozioni teoriche di Complessità, in particolare quelle legate allo spazio di calcolo, utilizzando un modello alternativo di Macchina di Turing: la Offline Turing Machine. Presentiamo quindi un nuovo “modello” di programmazione: la computazione bidirezionale, che riteniamo essere un buon modo di strutturare la computazione limitata in spazio. Forniamo poi una “guida al programmatore” per un linguaggio di recente introduzione, IntML, che permettere la realizzazione di programmi logspace mantenendo però il tradizionale stile di programmazione funzionale. Infine, per mostrare come IntML permetta concretamente di scrivere programmi limitati in spazio, realizziamo una libreria di funzioni aritmetiche che operano in spazio logaritmico. In particolare, mostriamo funzioni per calcolare divisione intera e resto sui naturali, e funzioni per confrontare, sommare e moltiplicare numeri espressi come parole binarie.
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Fino ad un recente passato, le macchine elettriche di tipo trifase costituivano l’unica soluzione in ambito industriale per la realizzazione di azionamenti di grande potenza. Da quando i motori sono gestiti da convertitori elettronici di potenza si è ottenuto un notevole passo in avanti verso l’innovazione tecnologica. Infatti, negli ultimi decenni, le tecnologie sempre più all’avanguardia e l’aumento dell’utilizzo dell’elettronica, sia in campo civile quanto in quello industriale, hanno contribuito a una riduzione dei costi dei relativi componenti; questa situazione ha permesso di utilizzare tecnologie elaborate che in passato avevano costi elevati e quindi risultavano di scarso interesse commerciale. Nel campo delle macchine elettriche tutto questo ha permesso non solo la realizzazione di azionamenti alimentati e controllati tramite inverter, in grado di garantire prestazioni nettamente migliori di quelle ottenute con i precedenti sistemi di controllo, ma anche l’avvento di una nuova tipologia di macchine con un numero di fasi diverso da quello tradizionale trifase, usualmente impiegato nella generazione e distribuzione dell’energia elettrica. Questo fatto ha destato crescente interesse per lo studio di macchine elettriche multifase. Il campo di studio delle macchine multifase è un settore relativamente nuovo ed in grande fermento, ma è già possibile affermare che le suddette macchine sono in grado di fornire prestazioni migliori di quelle trifase. Un motore con un numero di fasi maggiore di tre presenta numerosi vantaggi: 1. la possibilità di poter dividere la potenza su più fasi, riducendo la taglia in corrente degli interruttori statici dell’inverter; 2. la maggiore affidabilità in caso di guasto di una fase; 3. la possibilità di sfruttare le armoniche di campo magnetico al traferro per ottenere migliori prestazioni in termini di coppia elettromagnetica sviluppata (riduzione dell’ampiezza e incremento della frequenza della pulsazione di coppia); 4. l’opportunità di creare azionamenti elettrici multi-motore, collegando più macchine in serie e comandandole con un unico convertitore di potenza; 5. Maggiori e più efficaci possibilità di utilizzo nelle applicazioni Sensorless. Il presente lavoro di tesi, ha come oggetto lo studio e l’implementazione di una innovativa tecnica di controllo di tipo “sensorless”, da applicare in azionamenti ad orientamento di campo per macchine asincrone eptafase. Nel primo capitolo vengono illustrate le caratteristiche e le equazioni rappresentanti il modello della macchina asincrona eptafase. Nel secondo capitolo si mostrano il banco di prova e le caratteristiche dei vari componenti. Nel terzo capitolo sono rappresentate le tecniche di modulazione applicabili per macchine multifase. Nel quarto capitolo vengono illustrati il modello del sistema implementato in ambiente Simulink ed i risultati delle simulazioni eseguite. Nel quinto capitolo viene presentato il Code Composer Studio, il programma necessario al funzionamento del DSP. Nel sesto capitolo, sono presentati e commentati i risultati delle prove sperimentali.
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L’isolamento alla base è una tecnica grazie alla quale una struttura è protetta dagli effetti di danneggiamento dei terremoti grazie all’istallazione alla base della struttura di elementi flessibili che aumentano il periodo fondamentale della struttura fino ad un valore sufficientemente lontano dal periodo dominante del sisma atteso, oppure grazie ad elementi scorrevoli che entrano in funzione quando i carichi laterali superano un livello predefinito. In questo modo, le deformazioni indotte da un sisma si ritroveranno principalmente al livello di questi elementi flessibili o scorrevoli e la struttura si muoverà essenzialmente come un corpo rigido.
Resumo:
Il concetto di “sostenibilità” si riferisce allo sviluppo dei sistemi umani attraverso il più piccolo impatto possibile sul sistema ambientale. Le opere che si inseriscono bene nel contesto ambientale circostante e le pratiche che rispettano le risorse in maniera tale da permettere una crescita e uno sviluppo a lungo termine senza impattare sull’ambiente sono indispensabili in una società moderna. I progressi passati, presenti e futuri che hanno reso i conglomerati bituminosi materiali sostenibili dal punto di vista ambientale sono particolarmente importanti data la grande quantità di conglomerato usato annualmente in Europa e negli Stati Uniti. I produttori di bitume e di conglomerato bituminoso stanno sviluppando tecniche innovative per ridurre l’impatto ambientale senza compromettere le prestazioni meccaniche finali. Un conglomerato bituminoso ad “alta lavorabilità” (WMA), pur sviluppando le stesse caratteristiche meccaniche, richiede un temperatura di produzione minore rispetto a quella di un tradizionale conglomerato bituminoso a caldo (HMA). L’abbassamento della temperature di produzione riduce le emissioni nocive. Questo migliora le condizioni dei lavoratori ed è orientato verso uno sviluppo sostenibile. L’obbiettivo principale di questa tesi di laurea è quello di dimostrare il duplice valore sia dal punto di vista dell’eco-compatibilità sia dal punto di vista meccanico di questi conglomerati bituminosi ad “alta lavorabilità”. In particolare in questa tesi di laurea è stato studiato uno SMA ad “alta lavorabilità” (PGGWMA). L’uso di materiali a basso impatto ambientale è la prima fase verso un progetto ecocompatibile ma non può che essere il punto di partenza. L’approccio ecocompatibile deve essere esteso anche ai metodi di progetto e alla caratterizzazione di laboratorio dei materiali perché solo in questo modo è possibile ricavare le massime potenzialità dai materiali usati. Un’appropriata caratterizzazione del conglomerato bituminoso è fondamentale e necessaria per una realistica previsione delle performance di una pavimentazione stradale. La caratterizzazione volumetrica (Mix Design) e meccanica (Deformazioni Permanenti e Comportamento a fatica) di un conglomerato bituminoso è una fase importante. Inoltre, al fine di utilizzare correttamente i materiali, un metodo di progetto avanzato ed efficiente, come quello rappresentato da un approccio Empirico-Meccanicistico (ME), deve essere utilizzato. Una procedura di progetto Empirico-Meccanicistica consiste di un modello strutturale capace di prevedere gli stati di tensione e deformazione all’interno della pavimentazione sotto l’azione del traffico e in funzione delle condizioni atmosferiche e di modelli empirici, calibrati sul comportamento dei materiali, che collegano la risposta strutturale alle performance della pavimentazione. Nel 1996 in California, per poter effettivamente sfruttare i benefici dei continui progressi nel campo delle pavimentazioni stradali, fu iniziato un estensivo progetto di ricerca mirato allo sviluppo dei metodi di progetto Empirico - Meccanicistici per le pavimentazioni stradali. Il risultato finale fu la prima versione del software CalME che fornisce all’utente tre approcci diversi di l’analisi e progetto: un approccio Empirico, uno Empirico - Meccanicistico classico e un approccio Empirico - Meccanicistico Incrementale - Ricorsivo. Questo tesi di laurea si concentra sulla procedura Incrementale - Ricorsiva del software CalME, basata su modelli di danno per quanto riguarda la fatica e l’accumulo di deformazioni di taglio dai quali dipendono rispettivamente la fessurazione superficiale e le deformazioni permanenti nella pavimentazione. Tale procedura funziona per incrementi temporali successivi e, usando i risultati di ogni incremento temporale, ricorsivamente, come input dell’incremento temporale successivo, prevede le condizioni di una pavimentazione stradale per quanto riguarda il modulo complesso dei diversi strati, le fessurazioni superficiali dovute alla fatica, le deformazioni permanenti e la rugosità superficiale. Al fine di verificare le propreità meccaniche del PGGWMA e le reciproche relazioni in termini di danno a fatica e deformazioni permanenti tra strato superficiale e struttura della pavimentazione per fissate condizioni ambientali e di traffico, è stata usata la procedura Incrementale – Ricorsiva del software CalME. Il conglomerato bituminoso studiato (PGGWMA) è stato usato in una pavimentazione stradale come strato superficiale di 60 mm di spessore. Le performance della pavimentazione sono state confrontate a quelle della stessa pavimentazione in cui altri tipi di conglomerato bituminoso sono stati usati come strato superficiale. I tre tipi di conglomerato bituminoso usati come termini di paragone sono stati: un conglomerato bituminoso ad “alta lavorabilità” con granulometria “chiusa” non modificato (DGWMA), un conglomerato bituminoso modificato con polverino di gomma con granulometria “aperta” (GGRAC) e un conglomerato bituminoso non modificato con granulometria “chiusa” (DGAC). Nel Capitolo I è stato introdotto il problema del progetto ecocompatibile delle pavimentazioni stradali. I materiali a basso impatto ambientale come i conglomerati bituminosi ad “alta lavorabilità” e i conglomerati bituminosi modificati con polverino di gomma sono stati descritti in dettaglio. Inoltre è stata discussa l’importanza della caratterizzazione di laboratorio dei materiali e il valore di un metodo razionale di progetto delle pavimentazioni stradali. Nel Capitolo II sono stati descritti i diversi approcci progettuali utilizzabili con il CalME e in particolare è stata spiegata la procedura Incrementale – Ricorsiva. Nel Capitolo III sono state studiate le proprietà volumetriche e meccaniche del PGGWMA. Test di Fatica e di Deformazioni Permanenti, eseguiti rispettivamente con la macchina a fatica per flessione su quattro punti e il Simple Shear Test device (macchina di taglio semplice), sono stati effettuati su provini di conglomerato bituminoso e i risultati dei test sono stati riassunti. Attraverso questi dati di laboratorio, i parametri dei modelli della Master Curve, del danno a fatica e dell’accumulo di deformazioni di taglio usati nella procedura Incrementale – Ricorsiva del CalME sono stati valutati. Infine, nel Capitolo IV, sono stati presentati i risultati delle simulazioni di pavimentazioni stradali con diversi strati superficiali. Per ogni pavimentazione sono stati analizzati la fessurazione superficiale complessiva, le deformazioni permanenti complessive, il danno a fatica e la profondità delle deformazioni in ognuno degli stati legati.
Resumo:
L’introduzione massiccia dell’elettronica di potenza nel campo degli azionamenti elettrici negli ultimi decenni ha sostanzialmente rivoluzionato la tipologia di alimentazione dei motori elettrici. Da un lato ciò ha migliorato la qualità del controllo della velocità, ma dall’altro ha aggravato le sollecitazioni che gli isolanti delle macchine devono sopportare. Si è infatti passati da tecniche di controllo tradizionali, che consistevano nell’alimentare i motori in alternata direttamente con la rete sinusoidale a 50 Hz (o a 60 Hz), ad alimentazioni indirette, cioè realizzate interponendo tra la rete e la macchina un convertitore elettronico (inverter). Tali dispositivi operano una conversione di tipo ac/dc e dc/ac che permette, come nella modulazione Pulse Width Modulation (PWM), di poter variare la frequenza di alimentazione della macchina, generando una sequenza di impulsi di larghezza variabile. Si è quindi passati dalle tradizionali alimentazioni con forme d’onda alternate sinusoidali a forme di tensione impulsive e ad elevata frequenza, cioè caratterizzate da rapidi fronti di salita e di discesa (dell’ordine di qualche kV/µs). La natura impulsiva di queste forme d’onda ha aggravato la sollecitazione elettrica a cui sono sottoposti i materiali impiegati per l’isolamento dei conduttori degli avvolgimenti delle macchine. E’ importante notare che l’utilizzo dei dispositivi elettronici, che ormai si trovano sparsi nelle reti di bassa tensione, assorbono correnti ad elevato contenuto armonico sul lato di prelievo, hanno quindi un effetto distorcente che altera l’andamento sinusoidale della rete stessa. Quindi, senza opportuni filtri, anche tutte le altre utenze connesse nelle vicinanze, dimensionate per alimentazioni sinusoidali di tipo tradizionale, possono risentire di queste distorsioni armoniche. Per tutti questi motivi è sorta la necessità di verificare l’adeguatezza dei tradizionali isolamenti ad essere in grado di sopportare le sollecitazioni che derivano dall’utilizzo di convertitori elettronici. In particolare, per i motori elettrici tale interrogativo è stato posto in seguito al verificarsi di un elevato numero di guasti inaspettati (precoci), probabilmente imputabile alla diversa sollecitazione elettrica applicata ai materiali. In questa tesi ci si è occupati della progettazione di un inverter di media tensione, che verrà impiegato per eseguire prove sugli avvolgimenti di statore di motori (formette), al fine di condurre successivamente uno studio sull’invecchiamento dei materiali che compongono gli isolamenti. Tale inverter è in grado di generare sequenze di impulsi con modulazione PWM. I parametri caratteristici delle sequenze possono essere modificati in modo da studiare i meccanismi di degradazione in funzione della tipologia delle sollecitazioni applicate. Avendo a che fare con provini di natura capacitiva, il cui isolamento può cedere durante la prova, il sistema deve essere intrinsecamente protetto nei confronti di tutte le condizioni anomale e di pericolo. In particolare deve essere in grado di offrire rapide ed efficaci protezioni per proteggere l’impianto stesso e per salvaguardare la sicurezza degli operatori, dato l’elevato livello delle tensioni in gioco. Per questo motivo è stata pensata un’architettura di sistema ad hoc, in grado di fronteggiare le situazioni anomale in modo ridondante. E’ infatti stato previsto l’inserimento di un sistema di controllo basato sul CompactRIO, sul quale è stato implementato un software in grado di monitorare le grandezze caratteristiche del sistema e le protezioni che affiancheranno quelle hardware, realizzate con dispositivi elettronici. I dispositivi elettronici di protezione e di interfacciamento sono stati studiati, implementati e simulati con PSpice, per poi essere successivamente dimensionati e realizzati su schede elettroniche, avvalendosi del software OrCAD. La tesi è strutturata come segue: - Il primo capitolo tratta, in maniera generale, i motori asincroni trifase, gli inverter e l’invecchiamento dei sistemi isolanti, con particolare interesse alle sollecitazioni meccaniche, termiche ed elettriche nel caso di sollecitazioni impulsive; - Il secondo capitolo riguarda il sistema realizzato nel suo complesso. Inizialmente verrà descritto lo schema elettrico generale, per poi analizzare più nello specifico le varie parti di cui il sistema è composto, come l’inverter di media tensione, il generatore di media tensione, la scheda di disaccoppiamento ottico, la scheda di controllo del generatore di media tensione, la scheda OCP; - Il terzo capitolo descrive le lavorazioni meccaniche eseguite sulle scatole contenti i rami di inverter, la realizzazione delle fibre ottiche e riporta le fasi di collaudo dell’intero sistema. Infine, verranno tratte le conclusioni.
Resumo:
Questo progetto nasce dalla volontà di creare un oasi verde, dove poter studiare, fare ricerca e anche rilassarsi, distogliendo l’attenzione dalla distesa di fabbriche ceramiche che si stagliano per chilometri quadrati su tutto il territorio del comparto ceramico reggiano-modenese. Lo scenario che si presenta a chi fruisce di questi luoghi è, infatti, di straniamento. Si è pervasi da un forte senso di alienazione ed inadeguatezza a causa delle dimensioni di alcuni fabbricati e dalla bicromia che ne caratterizzano gli spazi. Tali caratteristiche ambientali cozzano prepotentemente con la presenza di verde molto intenso, quasi boschivo, che compone il parco delle Salse di Nirano e gli spazi circostanti il Castello di Spezzano, distante solo qualche centinaia di metri dal complesso fioranese della Ferrari e quindi dal sito in esame. Fra gli obiettivi progettuali non è mai stato prioritario salvaguardare le strutture industriali presenti sull’area, non tanto a causa dello scarso interesse architettonico dei manufatti, quanto conseguentemente alla considerazione che la tipicità di tali strutture è ben rappresentata anche dalle fabbriche dell’intorno. L’obiettivo prefissato è proprio quello di infrangere questa monotonia, di organizzare spazi e, soprattutto, servizi, fino ad ora, totalmente assenti. Questa mancanza può essere spiegata ricordando l’indirizzo prettamente industriale dell’area, ma, analizzando attentamente le emergenze limitrofe all’area in questione, è facile notare come la cittadella Ferrari, ad esempio, abbia cominciato a dare al problema una risposta molto forte dal punto di vista architettonico. Nonostante questa parziale risignificazione del territorio, la separazione fra topos urbano - residenziale e industriale all’interno del Distretto è fin troppo marcata. Va detto anche che la totale carenza di luoghi per poter camminare, magari riflettendo sui temi oggetto di ricerca, e per poter vivere all’aria aperta, induce a progettare una soluzione destinata a ovviare al problema. Ne consegue quindi una forte deficienza di infrastrutture, come i parcheggi, di luoghi dedicati al divertimento o anche solo al tempo libero. Proprio per questo motivo, fra i propositi c’è anche quello di integrare il progetto con qualche soluzione in favore di questa problematica, come un polo sportivo che comprenda palestre e piscine. Il contesto, caratterizzato dalla presenza del circuito, che ha risonanza internazionale, suggerisce di optare per una struttura planimetrica lineare: ciò va a massimizzare il contatto fra superficie degli edifici e l’intorno. Sviluppando questa linearità, prende corpo la problematica di creare una rotazione circa a metà della linea d’asse; in primo luogo per assecondare la morfologia dell’area e del contesto, mantenendo inalterati gli edifici situati a nord, e, non meno importante, assegnare il giusto orientamento all’ambito residenziale, che per la sua architettura dovrà essere rivolto perfettamente verso sud. Spostando poi lo sguardo verso gli stabilimenti della Rossa, la via Giardini offre numerosi spunti progettuali. Porta a essere ripensata, lungo i suoi margini, per rapportarla meglio al contesto Ferrari, che è, a sua volta, legato indissolubilmente a quello che si trova al di là di tale asse viario; il Circuito di Fiorano e il progetto del centro ricerca. Per questo motivo risulta una priorità anche la progettazione di percorsi pedonali che colleghino il centro degli stabilimenti Ferrari con l’area del circuito, in modo da favorire la fruibilità di questo luogo di indubbio fascino e carico di storia. In conclusione, il progetto dovrà sviluppare un articolazione che consenta di percepire l’architettura in movimento. La volontà progettuale è chiaramente scenografica e si occuperà anche del rapporto fra tecnica e uomo (macchina/natura). La necessità percepita è quella, dunque, di creare un impianto di forte espressività per sanare una situazione urbana lacerata e caotica. La vastità dell’area in esame permette di incrementare la presenza di entità naturali ad esempio con l’aggiunta dell’enorme vasca d’acqua che può essere utilizzata direttamente anche per scopi funzionali al centro ricerca. L’articolazione progettuale si rivela perciò molto sfaccettata e ricca di spunti.
Resumo:
Nel contesto della progettazione di interventi di difesa da frane di crollo, la tesi è rivolta allo studio del comportamento di opere di protezione dalla caduta massi, con particolare riguardo alle barriere paramassi, strutture metalliche progettate per arrestare blocchi in caduta lungo un versante. Specificamente, il comportamento altamente non lineare di queste strutture è stato osservato mediante modellazione numerica agli elementi finiti con codice di calcolo STRAUS 7 v.2.3.3. La formulazione dei modelli è stata sviluppata a partire dai dati contenuti nel Catasto delle opere di protezione (VISO), recentemente messo a punto dalla Provincia Autonoma di Bolzano, nel contesto di una più ampia procedura di analisi della pericolosità di versante in presenza di opere di protezione, finalizzata ad una appropriata gestione del rischio indotto da frane di crollo. Sono stati messi a punto una serie di modelli agli elementi finiti di alcune tra le tipologie più ricorrenti di barriere paramassi a limitata deformabilità. Questi modelli, sottoposti ad una serie di analisi dinamiche e non-lineari, intese a simulare l’impatto di blocchi aventi massa e velocità nota, hanno permesso di osservare la risposta complessiva di queste strutture in regime dinamico identificando i meccanismi di rottura a partire dall’osservazione della formazione di cerniere plastiche, monitorando contestualmente grandezze rilevanti quali gli spostamenti e le forze mobilitate in fondazione. Questi dati, opportunamente interpretati, possono fornire i parametri necessari all’implementazione di più ampie procedure di analisi del rischio indotto da movimenti frane di crollo.
Resumo:
Sviluppo di un aerogeneratore ad asse verticale a pale, che fornisca una potenza di 100 KW utilizzando un generatore senza interposizione di moltiplicatore di giri per la produzione di energia elettrica. Si vuole progettare una macchina che possa essere montata sul luogo di esercizio, avendo quindi tutta la componentistica trasportabile e senza richiedere l’uso di trasporti eccezionali per evitare di avere costi aggiuntivi che con semplici accorgimenti possono essere evitati. La macchina dovrà per quanto possibile evitare la presenza di fondamenta che incrementino i costi di realizzazione e pregiudichino il sito urbanizzandolo fortemente.
Resumo:
Questo lavoro di tesi rientra nel progetto europeo SaveMe, al quale partecipa il gruppo di ricerca del dipartimento di chimica organica nel quale ho svolto l’attività di tirocinio. Obiettivo finale di tale progetto è la sintesi di nanoparticelle a base di PLGA (acido poli(D,L-lattico-co-glicolico)) superficialmente funzionalizzate con biomolecole, per l’impiego nel trattamento e nella diagnosi del cancro al pancreas. L’obiettivo da raggiungere nel primo anno di ricerca per il mio gruppo era la sintesi delle nanoparticelle centrali (core nanosystems). Nel presente lavoro sono quindi riportati i metodi di sintesi di polimeri derivati da PLGA e suoi copolimeri con PEG (polietilenglicole) aventi vari gruppi funzionali terminali: acidi idrossamici, amminici e acidi carbossilici. I polimeri sintetizzati sono stati caratterizzati tramite test colorimetrici qualitativi, 1H-NMR, 13C-NMR, spettrometria IR e TGA. Sono state sintetizzate nanoparticelle polimeriche (PNPs), con le tecniche Oil/Water (O/W) e nanoprecipitazione (NP), basate sui polimeri ottenuti, aventi quindi funzioni acide, idrossamiche ed amminiche sulla superficie. Su queste PNPs è stato effettuata una decorazione superficiale con nanoparticelle metalliche di maghemite (CAN-Maghemite). Le nanoparticelle polimeriche sono state caratterizzate tramite DLS e delle PNPs decorate sono state ottenute immagini TEM. Sono riportati inoltre i test di viabilità cellulare delle nanoparticelle ottenute.
Resumo:
INDICE INTRODUZIONE 1 1. DESCRIZIONE DEL SISTEMA COSTRUTTIVO 5 1.1 I pannelli modulari 5 1.2 Le pareti tozze in cemento armato gettate in opera realizzate con la tecnologia del pannello di supporto in polistirene 5 1.3 La connessione tra le pareti e la fondazione 6 1.4 Le connessioni tra pareti ortogonali 7 1.5 Le connessioni tra pareti e solai 7 1.6 Il sistema strutturale così ottenuto e le sue caratteristiche salienti 8 2. RICERCA BIBLIOGRAFICA 11 2.1 Pareti tozze e pareti snelle 11 2.2 Il comportamento scatolare 13 2.3 I muri sandwich 14 2.4 Il “ferro-cemento” 15 3. DATI DI PARTENZA 19 3.1 Schema geometrico - architettonico definitivo 19 3.2 Abaco delle sezioni e delle armature 21 3.3 Materiali e resistenze 22 3.4 Valutazione del momento di inerzia delle pareti estese debolmente armate 23 3.4.1 Generalità 23 3.4.2 Caratteristiche degli elementi provati 23 3.4.3 Formulazioni analitiche 23 3.4.4 Considerazioni sulla deformabilità dei pannelli debolmente armati 24 3.4.5 Confronto tra rigidezze sperimentali e rigidezze valutate analiticamente 26 3.4.6 Stima di un modulo elastico equivalente 26 4. ANALISI DEI CARICHI 29 4.1 Stima dei carichi di progetto della struttura 29 4.1.1 Stima dei pesi di piano 30 4.1.2 Tabella riassuntiva dei pesi di piano 31 4.2 Analisi dei carichi da applicare in fase di prova 32 4.2.1 Pesi di piano 34 4.2.2 Tabella riassuntiva dei pesi di piano 35 4.3 Pesi della struttura 36 4.3.1 Ripartizione del carico sulle pareti parallele e ortogonali 36 5. DESCRIZIONE DEL MODELLO AGLI ELEMENTI FINITI 37 5.1 Caratteristiche di modellazione 37 5.2 Caratteristiche geometriche del modello 38 5.3 Analisi dei carichi 41 5.4 Modello con shell costituite da un solo layer 43 5.4.1 Modellazione dei solai 43 5.4.2 Modellazione delle pareti 44 5.4.3 Descrizione delle caratteristiche dei materiali 46 5.4.3.1 Comportamento lineare dei materiali 46 6. ANALISI DEL COMPORTAMENTO STATICO DELLA STRUTTURA 49 6.1 Azioni statiche 49 6.2 Analisi statica 49 7. ANALISI DEL COMPORTAMENTO DINAMICO DELLA STRUTTURA 51 7.1 Determinazione del periodo proprio della struttura con il modello FEM 51 7.1.1 Modi di vibrare corrispondenti al modello con solai e pareti costituiti da elementi shell 51 7.1.1.1 Modi di vibrare con modulo pari a E 51 7.1.1.2 Modi di vibrare con modulo pari a 0,5E 51 7.1.1.3 Modi di vibrare con modulo pari a 0,1E 51 7.1.2 Modi di vibrare corrispondenti al modello con solai infinitamente rigidi e pareti costituite da elementi shell 52 7.1.2.1 Modi di vibrare con modulo pari a E 52 7.1.2.2 Modi di vibrare con modulo pari a 0,5E 52 7.1.2.3 Modi di vibrare con modulo pari a 0,1E: 52 7.1.3 Modi di vibrare corrispondenti al modello con solai irrigiditi con bielle e pareti costituite da elementi shell 53 7.1.3.1 Modi di vibrare con modulo pari a E 53 7.1.3.2 Modi di vibrare con modulo pari a 0,5E 53 7.1.3.3 Modi di vibrare con modulo pari a 0,1E 53 7.2 Calcolo del periodo proprio della struttura assimilandola ad un oscillatore semplice 59 7.2.1 Analisi svolta assumendo l’azione del sisma in ingresso in direzione X-X 59 7.2.1.1 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 300000 Kg/cm2 59 7.2.1.1.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari ad E 59 7.2.1.1.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 61 7.2.1.1.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 63 7.2.1.1.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 66 7.2.1.2 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 150000 Kg/cm2 69 7.2.1.2.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,5E 69 7.2.1.2.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari a 0,5E 71 7.2.1.2.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,5 E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 73 7.2.1.2.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,5 E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 76 7.2.1.3 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 30000 Kg/cm2 79 7.2.1.3.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,1E 79 7.2.1.3.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari a 0,1E 81 7.2.1.3.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 83 7.2.1.3.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 86 7.2.2 Analisi svolta assumendo l’azione del sisma in ingresso in direzione Y-Y 89 7.2.2.1 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 300000 Kg/cm2 89 7.2.2.1.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari ad E 89 7.2.2.1.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 91 7.2.2.1.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 93 7.2.2.1.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 98 7.2.2.1.5 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari ad E 103 7.2.2.1.6 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 105 7.2.2.1.7 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 107 7.2.2.1.8 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari ad E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 112 7.2.2.2 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 150000 Kg/cm2 117 7.2.2.2.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,5E 117 7.2.2.2.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari a 0,5E 119 7.2.2.2.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,5 E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 121 7.2.2.2.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,5 E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 126 7.2.2.2.5 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,5 E 131 7.2.2.2.6 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 133 7.2.2.2.7 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,5E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 135 7.2.2.2.8 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,5E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 140 7.2.2.3 Analisi svolta assumendo il modulo elastico E pari a 30000 Kg/cm2 145 7.2.2.3.1 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,1E 145 7.2.2.3.2 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari a 0,1E 147 7.2.2.3.3 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 149 7.2.2.3.4 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 154 7.2.2.3.5 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H e modulo elastico assunto pari a 0,1 E 159 7.2.2.3.6 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H e modulo elastico assunto pari ad E 161 7.2.2.3.7 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 2/3 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 163 7.2.2.3.8 Determinazione del periodo proprio della struttura considerando la massa complessiva concentrata a 1/2 H, modulo elastico assunto pari a 0,1E, e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari” delle pareti parallele all’azione del sisma 168 7.3 Calcolo del periodo proprio della struttura approssimato utilizzando espressioni analitiche 174 7.3.1 Approssimazione della struttura ad una mensola incastrata di peso Q=ql avente un peso P gravante all’estremo libero 174 7.3.1.1 Riferimenti teorici: sostituzione di masse distribuite con masse concentrate 174 7.3.1.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 177 7.3.1.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 179 7.3.2 Approssimazione della struttura ad una mensola incastrata alla base, di peso Q=ql, avente un peso P gravante all’estremo libero e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari”delle pareti parallele all’azione del sisma 181 7.3.2.1 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 181 7.3.2.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 186 7.3.3 Approssimazione della struttura ad un portale avente peso Qp = peso di un piedritto, Qt=peso del traverso e un peso P gravante sul traverso medesimo 191 7.3.3.1 Riferimenti teorici: sostituzione di masse distribuite con masse concentrate 191 7.3.3.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo ellastico E=300000 kg/cm2 192 7.3.3.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo ellastico E=30000 kg/cm2 194 7.3.4 Approssimazione della struttura ad un portale di peso Qp = peso di un piedritto, Qt=peso del traverso e avente un peso P gravante sul traverso medesimo e struttura resistente costituita dai soli “maschi murari”delle pareti parallele all’azione del sisma 196 7.3.4.1 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 196 7.3.4.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 201 7.3.5 Approssimazione della struttura ad una mensola incastrata di peso Q=ql avente le masse m1,m2....mn concentrate nei punti 1,2….n 206 7.3.5.1 Riferimenti teorici: metodo approssimato 206 7.3.5.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 207 7.3.5.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 209 7.3.6 Approssimazione della struttura ad un telaio deformabile con tavi infinitamente rigide 211 7.3.6.1 Riferimenti teorici: vibrazioni dei telai 211 7.3.6.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 212 7.3.6.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 215 7.3.7 Approssimazione della struttura ad una mensola incastrata di peso Q=ql avente masse m1,m2....mn concentrate nei punti 1,2….n e studiata come un sistema continuo 218 7.3.7.1 Riferimenti teorici: metodo energetico; Masse ripartite e concentrate; Formula di Dunkerley 218 7.3.7.1.1 Il metodo energetico 218 7.3.7.1.2 Masse ripartite e concentrate. Formula di Dunkerley 219 7.3.7.2 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=300000 kg/cm2 221 7.3.7.3 Applicazione allo specifico caso di studio in esame con modulo elastico E=30000 kg/cm2 226 7.4 Calcolo del periodo della struttura approssimato mediante telaio equivalente 232 7.4.1 Dati geometrici relativi al telaio equivalente e determinazione dei carichi agenti su di esso 232 7.4.1.1 Determinazione del periodo proprio della struttura assumendo diversi valori del modulo elastico E 233 7.5 Conclusioni 234 7.5.1 Comparazione dei risultati relativi alla schematizzazione dell’edificio con una struttura ad un grado di libertà 234 7.5.2 Comparazione dei risultati relativi alla schematizzazione dell’edificio con una struttura a più gradi di libertà e a sistema continuo 236 8. ANALISI DEL COMPORTAMENTO SISMICO DELLA STRUTTURA 239 8.1 Modello con shell costituite da un solo layer 239 8.1.1 Analisi dinamica modale con spettro di risposta avente un valore di PGA pari a 0,1g 239 8.1.1.1 Generalità 239 8.1.1.2 Sollecitazioni e tensioni sulla sezione di base 242 8.1.1.2.1 Combinazione di carico ”Carichi verticali più Spettro di Risposta scalato ad un valore di PGA pari a 0,1g” 242 8.1.1.2.2 Combinazione di carico ”Spettro di Risposta scalato ad un valore di 0,1g di PGA” 245 8.1.1.3 Spostamenti di piano 248 8.1.1.4 Accelerazioni di piano 248 8.1.2 Analisi Time-History lineare con accelerogramma caratterizzato da un valore di PGA pari a 0,1g 249 8.1.2.1 Generalità 249 8.1.2.2 Sollecitazioni e tensioni sulla sezione di base 251 8.1.2.2.1 Combinazione di carico ” Carichi verticali più Accelerogramma agente in direzione Ye avente una PGA pari a 0,1g” 251 8.1.2.2.2 Combinazione di carico ” Accelerogramma agente in direzione Y avente un valore di PGA pari a 0,1g ” 254 8.1.2.3 Spostamenti di piano assoluti 257 8.1.2.4 Spostamenti di piano relativi 260 8.1.2.5 Accelerazioni di piano assolute 262 8.1.3 Analisi dinamica modale con spettro di risposta avente un valore di PGA pari a 0,3g 264 8.1.3.1 Generalità 264 8.1.3.2 Sollecitazioni e tensioni sulla sezione di base 265 8.1.
Resumo:
Il lavoro è stato suddiviso in tre macro-aree. Una prima riguardante un'analisi teorica di come funzionano le intrusioni, di quali software vengono utilizzati per compierle, e di come proteggersi (usando i dispositivi che in termine generico si possono riconoscere come i firewall). Una seconda macro-area che analizza un'intrusione avvenuta dall'esterno verso dei server sensibili di una rete LAN. Questa analisi viene condotta sui file catturati dalle due interfacce di rete configurate in modalità promiscua su una sonda presente nella LAN. Le interfacce sono due per potersi interfacciare a due segmenti di LAN aventi due maschere di sotto-rete differenti. L'attacco viene analizzato mediante vari software. Si può infatti definire una terza parte del lavoro, la parte dove vengono analizzati i file catturati dalle due interfacce con i software che prima si occupano di analizzare i dati di contenuto completo, come Wireshark, poi dei software che si occupano di analizzare i dati di sessione che sono stati trattati con Argus, e infine i dati di tipo statistico che sono stati trattati con Ntop. Il penultimo capitolo, quello prima delle conclusioni, invece tratta l'installazione di Nagios, e la sua configurazione per il monitoraggio attraverso plugin dello spazio di disco rimanente su una macchina agent remota, e sui servizi MySql e DNS. Ovviamente Nagios può essere configurato per monitorare ogni tipo di servizio offerto sulla rete.
Resumo:
Oggi, grazie al continuo progredire della tecnologia, in tutti i sistemi di produzione industriali si trova almeno un macchinario che permette di automatizzare determinate operazioni. Alcuni di questi macchinari hanno un sistema di visione industriale (machine vision), che permette loro di osservare ed analizzare ciò che li circonda, dotato di algoritmi in grado di operare alcune scelte in maniera automatica. D’altra parte, il continuo progresso tecnologico che caratterizza la realizzazione di sensori di visione, ottiche e, nell’insieme, di telecamere, consente una sempre più precisa e accurata acquisizione della scena inquadrata. Oggi, esigenze di mercato fanno si che sia diventato necessario che macchinari dotati dei moderni sistemi di visione permettano di fare misure morfometriche e dimensionali non a contatto. Ma le difficoltà annesse alla progettazione ed alla realizzazione su larga scala di sistemi di visione industriali che facciano misure dimensioni non a contatto, con sensori 2D, fanno sì che in tutto il mondo il numero di aziende che producono questo tipo di macchinari sia estremamente esiguo. A fronte di capacità di calcolo avanzate, questi macchinari necessitano dell’intervento di un operatore per selezionare quali parti dell’immagine acquisita siano d’interesse e, spesso, anche di indicare cosa misurare in esse. Questa tesi è stata sviluppata in sinergia con una di queste aziende, che produce alcuni macchinari per le misure automatiche di pezzi meccanici. Attualmente, nell’immagine del pezzo meccanico vengono manualmente indicate le forme su cui effettuare misure. Lo scopo di questo lavoro è quello di studiare e prototipare un algoritmo che fosse in grado di rilevare e interpretare forme geometriche note, analizzando l’immagine acquisita dalla scansione di un pezzo meccanico. Le difficoltà affrontate sono tipiche dei problemi del “mondo reale” e riguardano tutti i passaggi tipici dell’elaborazione di immagini, dalla “pulitura” dell’immagine acquisita, alla sua binarizzazione fino, ovviamente, alla parte di analisi del contorno ed identificazione di forme caratteristiche. Per raggiungere l’obiettivo, sono state utilizzate tecniche di elaborazione d’immagine che hanno permesso di interpretare nell'immagine scansionata dalla macchina tutte le forme note che ci siamo preposti di interpretare. L’algoritmo si è dimostrato molto robusto nell'interpretazione dei diametri e degli spallamenti trovando, infatti, in tutti i benchmark utilizzati tutte le forme di questo tipo, mentre è meno robusto nella determinazione di lati obliqui e archi di circonferenza a causa del loro campionamento non lineare.