655 resultados para Ribes rosso,Prodotti funzionali,Tecniche estrattive,Prodotti a base di carne
Resumo:
Questo lavoro confronta i comportamenti catalitici di alcuni catalizzatori acidi per l'idrolisi diretta di lignocellulosa e cellulosa. I catalizzatori utilizzati sono Zr/P/O e Nb/P/O. Le analisi di reattività di questi sistemi catalitici per l'idrolisi di lignocellulosa e cellulosa, mostrano diversi comportamenti in termini di selettività in monosaccaridi e prodotti di degradazione. Tali differenze sono dovute alle diverse proprietà acide dei sistemi catalitici. Il sistema Zr/P/O presenta un'elevata affinità per i β-1,4-glucani, come dimostrato dall'attività nell'idrolisi della cellulosa a formare glucosio; al contrario, il sistema Nb/P/O presenta un'elevata attività nella formazione di prodotti di degradazione e sottoprodotti. Infine è stato effettuato uno studio preliminare del sistema Zr/P/O sull'idrolisi diretta di biomasse lignocellulosiche derivanti da scarti agricoli.
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La ludicizzazione (deriv. Gamification) è l’utilizzo delle dinamiche proprie dei giochi, quali livelli, punti o premi, in contesti che, senza di essa, non avrebbero alcuna caratteristica di tipo ludico. Il suo principale scopo è quello di ridurre la percezione di compiere azioni noiose, routinarie e ripetitive focalizzando l'attenzione sul maggiore coinvolgimento e divertimento degli utenti. Il campo di applicazione della ludicizzazione è potenzialmente sconfinato. Sono numerose le aziende che investono su processi di produzione mirati all'attribuzione di una caratteristica ludica ai propri prodotti, allo scopo di aumentare la soddisfazione e la fedeltà dei clienti finali. In questo senso, anche il settore del turismo ha iniziato ad introdurre strumenti e tecnologie "ludicizzate", in grado di valorizzare maggiormente le risorse monumentali e fornire al turista un'esperienza completamente nuova e rinnovata. Il presente studio analizza in primis gli aspetti fondamentali del processo di ludicizzazione di un generico sistema o prodotto. Nella seconda parte dell'elaborato, invece, viene illustrata l'applicazione di tali principi per la progettazione di un'applicazione Android il cui scopo è fornire una guida interattiva della città di Bologna basata sulla ludicizzazione.
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A causa delle complesse problematiche ambientali e in accordo con gli obiettivi della legislazione internazionale e comunitaria, le aziende sempre più frequentemente adottano sistemi di gestione per miglioramento continuo delle proprie prestazioni ambientali. La tesi si pone come obiettivo l’analisi dell’efficienza energetica di una grande azienda del settore alimentare: sono state valutate le prestazioni in relazione agli impianti di produzione di energia e i consumi di energia dei singoli reparti di lavorazione e impianti; per ogni reparto sono stati inoltre analizzati dati e indicatori di tipo generale e puntuale, sulla base delle indicazioni riportate nella norma CEI EN ISO 50001: 2011. I risultati mostrano che i reparti di produzione energetica operano in assetto di Cogenerazione ad Alto Rendimento e che negli ultimi due anni si è registrata una riduzione delle emissioni di CO2 rispetto ai MWh prodotti; dal 2008 al 2013 si è assistito ad un trend di aumento dei consumi di energia elettrica rispetto ai prodotti realizzati, a differenza dei consumi di energia termica. Infine sulla base delle priorità di intervento individuate, è stato creato un piano d’azione teso al miglioramento delle performance energetiche. Inoltre la tesi si pone l’obiettivo di creare e applicare un metodo per calcolare la significatività degli aspetti ambientali dell’azienda, al fine di valutare gli impatti associati, in modo da permetterne una classificazione e da individuare le priorità di intervento per il miglioramento delle performance ambientali, in accordo con la norma UNI EN ISO 14001: 2004. Il metodo è stato progettato sulla base di dati aziendali e in modo da garantire oggettività, modulabilità e ripetibilità nella maggiore misura possibile; tale metodo è stato applicato ad un reparto di lavorazione e ha permesso di classificare gli aspetti ambientali, individuando le priorità di intervento, quali consumi idrici ed energetici.
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Le biomasse sono attualmente una promettente alternativa ai combustibili fossili per la produzione di sostanze chimiche e fuels. Nella trasformazione delle biomasse in prodotti chimici un ruolo importante è giocato dai derivati del furfurale; il 5-idrossimetil-2-furfurale (HMF), per esempio, è un precursore chiave per la sintesi di prodotti con applicazioni nell'industria dei polimeri e in campo farmaceutico. Può essere ossidato per ottenere l’acido 2,5-furandicarbossilico (FDCA), un monomero per la sintesi di una nuova classe di polimeri, alternativi a quelli ottenuti da acido tereftalico. Per la preparazione di FDCA da HMF sono stati utilizzati vari catalizzatori e differenti condizioni di reazione; il principale svantaggio è la necessità di sali metallici e solventi organici, che rendono il processo costoso e ad elevato impatto ambientale. Recentemente sono stati trovati catalizzatori di Au supportati, attivi nell’ossidazione del HMF a FDCA; tuttavia la stabilità del catalizzatore e la produttività del processo rimangono basse. Lo scopo del lavoro è stato lo studio di sistemi attivi e stabili nella reazione di ossidazione del HMF a FDCA. In particolare è stato approfondito l’effetto della morfologia del supporto di CeO2, utilizzato per la preparazione di catalizzatori a base di Au e l’influenza della fase attiva sul meccanismo di reazione in sistemi misti Pd/Au. Il lavoro svolto ha avuto come obiettivi: -La preparazione di catalizzatori Au-CeO2 mesoporoso, ottenuto mediante “hard template” e la loro caratterizzazione mediante analisi XRD, HRTEM, BET, XRF, TPR e porosimetriche. Confrontando questi sistemi con catalizzatori di Au-CeO2 commerciale è stato possibile osservare le differenze in termini di attività catalitica e di struttura. -La sintesi di nanoparticelle Pd/Au in lega o core-shell e la loro caratterizzazione mediante analisi DLS, XRF, XRD e HRTEM per comprendere come il tipo di fase attiva formata influisce sull’attività e sul meccanismo di reazione nell’ossidazione di HMF a FDCA.
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La movimentazione delle materie prime, degli intermedi e dei prodotti finali all’interno di una raffineria avviene attraverso una struttura logistica che prevede la ricezione delle materie prime, i trasferimenti delle sostanze tra le diverse unità produttive, la spedizione dei prodotti finiti. La distribuzione dei fluidi avviene su vie di tubazioni (pipe rack e trincee) che si possono articolare su un’ampia porzione di territorio, in prossimità di impianti, strade ed altri centri nevralgici. La perdita di contenimento accidentale dalle tubazioni può costituire un elemento di rischio di difficile gestione, proprio per la diffusione dei percorsi su un’area di vaste dimensioni. Il presente lavoro di tesi, svolto presso lo studio ICARO s.r.l. di Cortona, si propone di effettuare l’analisi del rischio dovuto al trasferimento dei fluidi all’interno di una raffineria, valutando la frequenza e la distribuzione spaziale degli effetti degli scenari incidentali finali che possono avere luogo in caso di rilascio. Le tubazioni prese in esame sono quelle di maggior impatto dal punto di vista del rischio a causa della pericolosità della sostanza trasferita e della vicinanza del percorso a punti nevralgici all’interno dello stabilimento; sulla base di questo criterio sono state analizzate le tubazioni per il trasferimento di GPL, H2S e benzina. I risultati ottenuti consentono di identificare soluzioni per l’ottimizzazione del layout della raffineria e costituiscono, più in generale, uno strumento analitico di supporto alle modifiche progettuali. L’elaborato è strutturato come segue. Nel Capitolo 1 è riportata la descrizione della raffineria e delle linee di interconnessione selezionate ai fini dello studio. Nel Capitolo 2 vengono identificate le tipologie più rappresentative di perdita di contenimento dalle linee e ne viene stimata la frequenza di accadimento. Nel Capitolo 3 viene illustrata una metodologia per la stima della probabilità di innesco che tiene in considerazione la circolazione di automezzi nelle strade interne della raffineria. Nel Capitolo 4 vengono esaminati, confrontati e selezionati i vari tipi di modelli di rilascio presenti nel package di simulazione Phast Professional 7.1 in vista della loro applicazione alle perdite dalle linee. Nel Capitolo 5 è riportato il calcolo delle frequenze di accadimento degli scenari incidentali finali, mentre nel Capitolo 6 sono illustrati i risultati relativi alla valutazione delle conseguenze. Nel Capitolo 7 viene effettuato lo studio dell’effetto domino, sviluppato in accordo ad un approccio metodologico innovativo. Infine nel Capitolo 8 vengono riportate alcune considerazioni finali.
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Le biomasse sono attualmente la più promettente alternativa ai combustibili fossili per la produzione di sostanze chimiche e fuels. A causa di problematiche di natura etica la ricerca oggi si sta muovendo verso l'uso delle biomasse che sfruttano terreni non coltivabili e materie prime non commestibili, quali la lignocellulosa. Attualmente sono state identificate diverse molecole piattaforma derivanti da biomasse lignocellulosiche. Tra queste ha suscitato grande interesse la 2-furaldeide o furfurale (FU). Tale molecola può essere ottenuta mediante disidratazione di monosaccaridi pentosi e possiede elevate potenzialità; è infatti considerata un intermedio chiave per la sintesi di un’ampia varietà di combustibili alternativi come il metilfurano (MFU) e prodotti ad elevato valore aggiunto per l’industria polimerica e la chimica fine come l’alcol furfurilico (FAL). In letteratura tali prodotti vengono principalmente ottenuti in processi condotti in fase liquida mediante l’utilizzo di catalizzatori eterogenei a base di metalli nobili come: Ni-Co-Ru-Pd, Pt/C o Pt/Al2O3, NiMoB/γ-Al2O3, in presenza di idrogeno molecolare come agente riducente. La riduzione del gruppo carbonilico mediante l’utilizzo di alcoli come fonti di idrogeno e catalizzatori a base di metalli non nobili tramite la reazione di Meerwein–Ponndorf–Verley (MPV), rappresenta un approccio alternativo che limita il consumo di H2 e permette di utilizzare bio-alcoli come donatori di idrogeno. Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di mettere a punto un processo continuo, in fase gas, di riduzione della FU a FAL e MFU, utilizzando metanolo come fonte di idrogeno tramite un meccanismo di H-transfer. In dettaglio il lavoro svolto può essere così riassunto: Sintesi dei sistemi catalitici MgO e Mg/Fe/O e loro caratterizzazione mediante analisi XRD, BET, TGA/DTA, spettroscopia RAMAN. Studio dell’attività catalitica dei catalizzatori preparati nella reazione di riduzione in fase gas di FU a FAL e MFU utilizzando metanolo come fonte di idrogeno.
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I prodotti fitosanitari sono sostanze attive e preparati, contenenti una o più sostanze attive, destinati a proteggere i vegetali, a favorire e regolare i loro processi vitali, a conservarli, a eliminare le parti non necessarie, a frenare o evitare un loro indesiderato accrescimento, ad eliminare le piante indesiderate. Il prodotto fitosanitario è composto normalmente da tre tipologie di sostanze: sostanza attiva, coadiuvante e coformulante. Le sostanze attive rappresentano la parte del prodotto fitosanitario che serve a combattere l’avversità che si vuole controllare, cioè la sostanza tossica che, a seconda della pericolosità e della concentrazione presente nella formulazione, concorre a determinare la classe di tossicità e quindi di pericolosità del prodotto. Gli stabilimenti che detengono fitosanitari sono suddivisi in depositi e siti produttivi. Secondo la classificazione dell’ISPRA, i depositi di fitosanitari costituiscono una delle 15 categorie di attività a rischio di incidente rilevante, mentre, i siti produttivi rientrano nella categoria degli stabilimenti chimici e/o petrolchimici. Il presente lavoro di tesi ha riguardato la valutazione del rischio di incidente rilevante per i depositi di fitosanitari, con particolare attenzione al rischio associato alla produzione di composti tossici a seguito di scenari incidentali di incendio. È stata in primo luogo effettuata una ricerca approfondita finalizzata a comprendere che cosa sono i prodotti fitosanitari, a quale scopo servono e quali sono i rischi ad essi associati. Successivamente, è stato effettuato un approfondimento delle norme a cui i siti che producono e detengono fitosanitari sono soggetti. È stato quindi effettuato un censimento per individuare quali e quanti sono i depositi e i siti di produzione di prodotti fitosanitari suscettibili di causare incidenti rilevanti in Italia. Si è poi proceduto all’analisi storica sulle banche dati MHIDAS, E-MARS ed ARIA, al fine di individuare gli eventi incidentali che hanno interessato depositi e siti produttivi di fitosanitari. Successivamente, si è analizzato il Regolamento CPR-15, quale metodo raccomandato dal ministero olandese VROM (Ministerie van Volkshuisvesting, Ruimtelijke Ordening en Milieu) per la valutazione del rischio associato a depositi di fitosanitari. Come applicazione della metodologia per la valutazione del rischio descritta dal Regolamento CPR 15, è stata effettuata la modellazione di uno scenario di incendio in un deposito reale di fitosanitari attraverso il Warehouse Model, implementato nel software PHAST 6.54. La simulazione ha portato a definire l’estensione delle aree di danno associate alla dispersione dei fumi tossici prodotti dall’incendio.
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In questo elaborato viene presentato un nuovo modello di costo per le matrici per estrusione basato su un approccio feature-based. Nel particolare si è cercato di definire il costo di questi prodotti sulla base delle loro caratteristiche geometriche e tecnologiche.
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L'obiettivo di questo elaborato é quello di mettere in evidenza una categoria critica dei rifiuti: i pannolini usa e getta. Essi, infatti, consumano una quantità ingente di risorse ed energia ed inoltre producono un enorme impatto ambientale connesso allo smaltimento finale. Si pensi che quest'ultimi rappresentano circa il 5% del totale dei rifiuti prodotti: 2 miliardi di pannolini solo in Italia che impiegano più di 500 anni per decomporsi in discarica. Per studiare questo fenomeno si è presa in considerazione una cooperativa sociale bolognese che ha molto a cuore la salvaguardia dell'ambiente e che, attraverso un suo progetto, il progetto Lavanda, ha istituito una lavanderia che si occupa di fornire attraverso il noleggio pannolini lavabili agli asili del territorio: la cooperativa Eta Beta. Inoltre, recentemente, essa ha deciso di utilizzare anche pannolini compostabili, forniti dall'azienda IES Gas, per ridurre ulteriormente le emissioni nell'ambiente. Infatti il motore principale della cooperativa è quello di coniugare la raccolta differenziata alla riduzione dei rifiuti, concetto che dovrebbe essere alla base di ogni azienda, ogni famiglia, ogni persona ma che in Italia risulta di difficile realizzazione.Utilizzando i dati dalla Cooperativa e contattando le cooperative che collaborano con essa (Cadiai e Karabak) ed anche gli asili affiliati si è deciso di effettuare un'analisi statistico - gestionale per individuare il numero medio di pannolini utilizzati da un bambino in un anno scolastico andando a considerare diverse variabili come la tipologia di asilo, l'età dei bambini o le presenze. Dopo questa parentesi 'gestionale', lo studio ha ripreso un'impronta 'ambientale': infatti si è andato a studiare il processo anaerobico e aerobico per lo smaltimento dei pannolini compostabili attraverso un esperimento svolto presso il laboratorio di Chimica e di Processo del DICAM, facoltà di Ingegneria, Alma Mater Studiorum di Bologna
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La furfurale (FU) rappresenta una delle più importanti molecole piattaforma per la produzione di biocarburanti e prodotti chimici a partire dalle biomasse. L’elevato interesse che si nutre nei confronti di tale molecola è giustificato dall’ampio spettro di reazioni che possono essere condotte su di essa al fine di ottenere prodotti di interesse industriale, quali, ad esempio, il furfuril alcool (FAL) e il metilfurano (MFU). I processi attualmente utilizzati per la produzione di tali molecole usano H2 e costosi catalizzatori a base di metalli nobili. Un’alternativa interessante a questi processi è quella che prevede di utilizzare un alcool come fonte di idrogeno tramite un processo di H-transfer su catalizzatori a base di ossidi misti. Lo scopo di questa tesi è stata quindi la sintesi e lo studio delle proprietà catalitiche del sistema FeVO4, nella reazione di riduzione in fase gas della furfurale, usando metanolo come agente di H-transfer. Il catalizzatore è stato ottenuto mediante coprecipitazione dei precursori di Fe e V e successivamente calcinato. La caratterizzazione Raman e XRD ha confermato la bontà della procedura di sintesi. I risultati dei test catalitici hanno mostrato che nelle condizioni ottimali il sistema è altamente selettivo nella riduzione della FU a MFU, mentre i prodotti secondari sono 2-vinilfurano e 2,5-dimetilfurano. A causa della deposizione di specie carboniose sulla superficie del catalizzatore, la conversione della FU tende a diminuire col passare delle ore di reazione. Tuttavia il sistema risulta rigenerabile grazie ad un trattamento in aria a 450°C. Inoltre l’analisi XRD dei catalizzatori scaricati ha mostrato che l’ossido misto subisce un processo di riduzione a seguito dell’interazioni con il metanolo, in quanto la stechiometria Fe:V:O passa dal valore di 1:1:4 a valori di 1:1:3. Sulla base di questi dati il processo di produzione del MFU è stato ulteriormente ottimizzato effettuando un pretrattamento riduttivo del catalizzatore prima dei test catalitici.
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L'elaborato tratta dell'ottimizzazione del processo di riduzione termica dell'ossido di grafene in termini di conduttività e trasmittanza ottica. Definiti gli standard di deposizione tramite spin-coating e riduzione termica, i film prodotti vengono caratterizzati tramite XPS, AFM, UPS, TGA, ne vengono testate la conducibilità, con e senza effetto di gate, e la trasmittanza ottica, ne si misura l'elasticità tramite spettroscopia di forza, tutto al fine di comprendere l'evoluzione del processo termico di riduzione e di individuare i parametri migliori al fine di progredire verso la produzione di elettrodi flessibili e trasparenti a base di grafen ossido ridotto.
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Tra i prodotti vegani più richiesti vi sono i “formaggi” vegani, alimenti fermentati a base di frutta secca o ottenuti attraverso trattamenti su latte di mandorla e latte di soia, e successivamente fermentati. Nella mia attività ho caratterizzato un alimento fermentato vegano e studiato la successione microbica durante la fermentazione di un “formaggio” ottenuto partendo da anacardi e preparato in maniera artigianale. Oltre agli aspetti microbiologici, ho analizzato anche alcune caratteristiche fisico chimiche. Durante il processo di produzione gli anacardi vengono messi in ammollo per 8 ore a temperatura ambiente e, successivamente, i semi vengono scolati e risciacquati sotto acqua corrente. Gli anacardi vengono poi addizionati di acqua e microrganismi probiotici e tritati in un mixer fino al raggiungimento di una crema omogenea. A questo punto il prodotto viene lasciato riposare a temperatura ambiente per 48 ore durante le quali ha luogo la fermentazione e poi addizionato di ingredienti. Le indagini chimico fisiche effettuate hanno evidenziato che il pH si mostra già basso prima dell’inizio della fermentazione vera e propria e scende a 4.5 dopo 48 ore di riposo a causa dell’accumulo di acidi organici, ed in particolare di acido lattico e acetico che indicando un’attività fermentativa condotta dai batteri lattici. Le analisi microbiologiche hanno confermato che l’effettivo agente di fermentazione era costituito da questi batteri che sono stati identificati a livello molecolare. Le specie identificate due eterofermentanti (Weissella e Leuconostoc), presenti soprattutto nelle prime fasi della fermentazione, ed una omofermentante (Pediococcus), prende il sopravvento mano a mano che la fermentazione procede. Il lavoro svolto ha permesso di ottenere alcune importanti informazioni per la produzione industriale di un “formaggio” vegano fermentato. Il processo studiato presenta numerosi punti di rischio che devono essere presi in considerazione prima di poter giungere alla messa a punto di un prodotto definitivo.
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Il seguente elaborato prende le mosse da un progetto, denominato Nutrid’Uva, promosso e attivamente concretizzato dall’azienda bresciana “Cascina Belmonte” di concerto con il laboratorio del Campus di Scienze Alimentari di Cesena (Università di Bologna). In particolare, si è voluta sperimentare l’applicazione di processi innovativi per la produzione di succo d’uva bio e bevande a base di succo d’uva bio proveniente da uve biologiche coltivate nell’areale della Valténesi (sponda occidentale del Garda), stabilizzati mediante l’uso di alte pressioni idrostatiche e senza trattamento termico. In questi termini, il presente lavoro ha l’obiettivo di: delineare il quadro generale in cui si inserisce il progetto, arricchendolo con spunti tratti dalle pratiche di processo seguite in loco; determinare il contenuto delle classi polifenoliche presenti nei campioni di alcuni succhi sottoposti a differenti tecnologie di macerazione in confronto all’abituale processo di lavorazione aziendale (vitigni ibridi diretti produttori, Barbera, Merlot, Cabernet). Si è proceduto dunque attraverso l’analisi spettrofotometrica delle principali classi di composti fenolici e dell’attività antiossidante.
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Le proprietà reologiche degli alimenti cremosi a fini medici speciali, come quelli per l’alimentazione dei pazienti disfagici, sono influenzate dalla formulazione e dalle tecnologie di produzione. Gli obiettivi di questa tesi, sono stati i seguenti: - individuazione di metodi e parametri reologici empirico-imitativi per la caratterizzazione di campioni di creme alimentari; - studio dell’effetto di differenti quantità di addensante sulle caratteristiche reologiche di creme alimentari; - studio dell’effetto della conservazione in regime di refrigerazione (4° C) o surgelazione (-18°C) sulle caratteristiche reologiche di differenti creme alimentari. Questo al fine di approfondire la conoscenza di tali aspetti per ottimizzare le modalità di produzione e conservazione di differenti creme alimentari destinate all’alimentazione di pazienti disfagici. Dai risultati ottenuti è emerso come tra i metodi ed i parametri empirico-imitativi considerati, quello che sembra essere risultato più idoneo per la determinazione rapida delle caratteristiche di viscosità dei campioni di creme alimentari analizzati è risultato il parametro coesività valutato con test di back extrusion. Per la natura pseudo-plastica dei campioni analizzati, contrariamente a quanto indicato dal produttore, l’utilizzo del viscosimetro vibrazionale non è risultato essere ottimale, per l’instabilità della misura legata alla modifica più o meno importante della viscosità dei sistemi analizzati causata dall’azione delle onde sonore generate dal probe. La caratterizzazione reologica delle creme con differenti contenuti di addensante ha permesso di creare delle cinetiche legate alla modifica delle caratteristiche reologiche empirico-imitative dei sistemi in funzione della quantità di addensate aggiunto. Correlando tali informazioni con il livello di accettazione dei prodotti da parte del paziente disfagico sarà possibile creare degli standard produttivi reologici per la preparazione di prodotti idonei alla sua alimentazione. Le differenti temperature di conservazione dei prodotti, in regime di refrigerazione o congelamento, sembrano non aver influenzato le caratteristiche reologiche delle creme analizzate.
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L’aumento delle concentrazioni del diossido di carbonio in atmosfera dovuto alla combustione dei combustibili fossili è una fonte di grande preoccupazione a causa del suo impatto sul clima globale. La biomassa è l’unica fonte rinnovabile a poter essere convertita in combustibili e, tra i metodi di conversione, la pirolisi produce un liquido (bio-olio) che presenta potenzialità come combustibile. Le alghe sono una biomassa di interesse, ma il bio-olio che si ottiene è caratterizzato da composti contenenti ossigeno, zolfo e azoto che ne riducono la qualità. Tali elementi possono essere eliminati attraverso la scissione (cracking) con zeoliti con la produzione di idrocarburi. L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare le caratteristiche del cracking catalitico di tre microalghe: Arthrospira platensis, Botryococcus braunii e Desmodesmus communis per la produzione di idrocarburi. Le biomasse sono state pirolizzate a 500 °C e i vapori prodotti termicamente sono stati fatti passare nella zeolite dove subiscono il cracking. Sono state utilizzate due zeolite a diversa acidità: un pellet H-ZSM5 (SiO2/Al2O3=38) e un monolite a base di HZSM5 (SiO2/Al2O3=80) e sepiolite. Dal cracking si ottengono sei frazioni pirolitiche: char, coke, fase acquosa, bio-olio, frazione volatile e gas non condensabili. Le frazioni sono state caratterizzate tramite analisi elementari e molecolari e dai dati ottenuti sono stati calcolati i bilanci di N, C e del potere calorifico. Per tutte le alghe si ottiene un bio-olio con un elevato contenuto di carbonio e fortemente deossigenato, ma le rese sono relativamente basse. I prodotti che contengono una maggior frazione del carbonio della biomassa iniziale sono il char ed il coke, seguiti dalla fase organica e dai gas. La distribuzione dell’azoto è simile ma con una maggiore frazione nella fase acquosa. Entrambi i catalizzatori agiscono migliorando la qualità del bio-olio tramite la riduzione dei composti azotati ed ossigenati e formando idrocarburi monoaromatici, tipici delle benzine, e poliaromatici. Il monolite, con zeolite meno acida, produce una maggior frazione di bio-olio caratterizzato, però, da una minor percentuale di composti aromatici. Si ritiene che l’aumento delle rese del bio-olio e la valorizzazione dei sottoprodotti (biochar, fase acquosa) siano indispensabili per la sostenibilità del processo.