460 resultados para Paesaggio, risorsa, sostenibilità ambientale, risparmio energetico, città adriatica


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Il volume raccoglie al suo interno il risultato complessivo della progettazione di uno stadio per la città di Bogotà, e più specificatamente per la localidad di Usme. Il progetto rappresenta la sintesi architettonica del processo conoscitivo del luogo, rielaborato in maniera da offrire una soluzione coerente a problematiche di tipo urbano, sociale e archiettonico. L'intervento si configura come una riqualificazione ambientale e territoriale dell'area delle cave di Usme, nel tentativo di fornire alla città uno spazio sportivo e al contempo sociale, che comprenda al suo interno una struttura di servizi attualmente insufficienti nella zona, con l'obbiettivo di valorizzare il sito di progetto in maniera da sfruttarne tutte le potenzialità. La riqualificazione verrà operata ricercando il collegamento della cava alle zone adiacenti e attraverso l'inserimento dello stadio che andrà a costituire un polo attrattivo non soltanto per la localidad di Usme ma per l'intera Bogotà.

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Oltre un miliardo di persone non ha oggi accesso all’acqua potabile; più di due miliardi è il numero di coloro che vivono in condizioni igienico-sanitarie realmente proibitive. Sono 80 i paesi nel mondo (con il 40% della popolazione totale) in cui si riscontra difficoltà di approvvigionamento e presenza di risorse idriche che mancano dei requisiti che dovrebbero essere assicurati per la tutela della salute: quotidianamente e sistematicamente il diritto di accesso all’acqua, che nessun individuo dovrebbe vedersi negato, viene violato. Scarsità di acqua e non omogenea distribuzione sulla superficie terrestre sono fattori che concorrono alla crisi della risorsa, cui contribuiscono processsi di natura ambientale (cambiamenti climatici, desertificazione), di natura economica (le sorti dell’industria agroalimentare, la globalizzazione degli scambi, il bisogno crescente di energia), di natura sociale (migrazioni, urbanizzazione, crescita demografica, epidemie), di natura culturale (passaggio dal rurale all’urbano, dall’agricoltura di sussistenza a quella di profitto). Nell’ottica di uno sviluppo sostenibile un aumento indiscriminato dell’offerta non può costituire soluzione al continuo incremento della domanda di acqua. Si rende pertanto necessaria la definizione di politiche e strumenti di cambiamento nei modelli di consumo e nella pianificazione che consentano una riduzione degli squilibri nella distribuzione e nella gestione della risorsa a livello domestico e civile, industriale, agricolo. L’uso efficiente, e quindi sostenibile, dell’acqua è da perseguirsi secondo le modalità: • Risparmio, inteso come minore consumo di acqua all’inizio del ciclo. • Riciclo dell’acqua in circuito chiuso, inteso come riuso dell’acqua di scarico, o uso multiplo dell’acqua. Una idonea utilizzazione dipende da una idonea progettazione, che abbia come finalità: • La destinazione in via prioritaria delle fonti e delle risorse di più elevata qualità agli usi idropotabili, con una graduale sostituzione del consumo per altri usi con risorse di minore pregio. • La regolamentazione dell’uso delle acque sotterranee, mediante la limitazione del ricorso all’impiego di pozzi solo in mancanza di forniture alternative per uso civile, industriale, agricolo. • L’incentivazione ad un uso razionale della risorsa, anche mediante l’attuazione di idonee politiche tariffarie. • L’aumento dell’efficienza delle reti di adduzione e distribuzione, sia civili che irrigue. • La promozione di uso efficiente, riciclo e recupero di acqua nell’industria. • Il miglioramento dell’efficienza ed efficacia delle tecniche di irrigazione. • La promozione del riutilizzo delle acque nei vari settori. • La diffusione nella pratica domestica di apparati e tecnologie progettati per la riduzione degli sprechi e dei consumi di acqua. In ambito agricolo la necessità di un uso parsimonioso della risorsa impone il miglioramento dell’efficienza irrigua, pari appena al 40%. La regione Emilia Romagna a livello locale, Israele a livello internazionale, forniscono ottimi esempi in termini di efficacia dei sistemi di trasporto e di distribuzione, di buona manutenzione delle strutture. Possibili soluzioni verso le quali orientare la ricerca a livello mondiale per arginare la progressiva riduzione delle riserve idriche sono: • Revisione dei costi idrici. • Recupero delle riserve idriche. • Raccolta dell’acqua piovana. • Miglioramento degli impianti di distribuzione idrica. • Scelta di metodi di coltivazione idonei alle caratteristiche locali. • Scelta di colture a basso fabbisogno idrico. • Conservazione della risorsa attraverso un sistema di irrigazione efficiente. • Opere di desalinizzazione. • Trasferimento idrico su vasta scala da un’area all’altra. Si tratta di tecniche la cui attuazione può incrementare la disponibilità media pro capite di acqua, in particolare di coloro i quali non ne posseggono in quantità sufficiente per bere o sono privi di sistemi igienico-sanitari sufficienti.

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Lo studio effettuato verte sulla ricerca delle cave storiche di pietra da taglio in provincia di Bologna, facendo partire la ricerca al 1870 circa, data in cui si hanno le prime notizie cartacee di cave bolognesi. Nella ricerca si è potuto contare sull’aiuto dei Dott. Stefano Segadelli e Maria Tersa De Nardo, geologi della regione Emilia-Romagna, che hanno messo a disposizione la propria conoscenza e le pubblicazioni della regione a questo scopo. Si è scoperto quindi che non esiste in bibliografia la localizzazione di tali cave e si è cercato tramite l’utilizzo del software ArcGIS , di georeferenziarle, correlandole di informazioni raccolte durante la ricerca. A Bologna al momento attuale non esistono cave di pietra da taglio attive, così tutte le fonti che si sono incontrate hanno fornito dati parziali, che uniti hanno permesso di ottenere una panoramica soddisfacente della situazione a inizio secolo scorso. Le fonti studiate sono state, in breve: il catasto cave della regione Emilia-Romagna, gli shape preesistenti della localizzazione delle cave, le pubblicazioni “Uso del Suolo”, oltre ai dati forniti dai vari Uffici Tecnici dei comuni nei quali erano attive le cave. I litotipi cavati in provincia sono quattro: arenaria, calcare, gesso e ofiolite. Per l’ofiolite si tratta di coltivazioni sporadiche e difficilmente ripetibili dato il rischio che può esserci di incontrare l’amianto in queste formazioni; è quindi probabile che non verranno più aperte. Il gesso era una grande risorsa a fine ‘800, con molte cave aperte nella Vena del Gesso. Questa zona è diventata il Parco dei Gessi Bolognesi, lasciando alla cava di Borgo Rivola il compito di provvedere al fabbisogno regionale. Il calcare viene per lo più usato come inerte, ma non mancano esempi di formazioni adatte a essere usate come blocchi. La vera protagonista del panorama bolognese rimane l’arenaria, che venne usata da sempre per costruire paesi e città in provincia. Le cave, molte e di ridotte dimensioni, sono molto spesso difficili da trovare a causa della conseguente rinaturalizzazione. Ci sono possibilità però di vedere riaprire cave di questo materiale a Monte Finocchia, tramite la messa in sicurezza di una frana, e forse anche tramite la volontà di sindaci di comunità montane, sensibili a questo argomento. Per avere una descrizione “viva” della situazione attuale, sono stati intervistati il Dott. Maurizio Aiuola, geologo della Provincia di Bologna, e il Geom. Massimo Romagnoli della Regione Emilia-Romagna, che hanno fornito una panoramica esauriente dei problemi che hanno portato ad avere in regione dei poli unici estrattivi anziché più cave di modeste dimensioni, e delle possibilità future. Le grandi cave sono, da parte della regione, più facilmente controllabili, essendo poche, e più facilmente ripristinabili data la disponibilità economica di chi la gestisce. Uno dei problemi emersi che contrastano l’apertura di aree estrattive minori, inoltre, è la spietata concorrenza dei materiali esteri, che costano, a parità di qualità, circa la metà del materiale italiano. Un esempio di ciò lo si è potuto esaminare nel comune di Sestola (MO), dove, grazie all’aiuto e alle spiegazioni del Geom. Edo Giacomelli si è documentato come il granito e la pietra di Luserna esteri utilizzati rispondano ai requisiti di resistenza e non gelività che un paese sottoposto ai rigori dell’inverno richiede ai lapidei, al contrario di alcune arenarie già in opera provenienti dal comune di Bagno di Romagna. Alla luce di questo esempio si è proceduto a calcolare brevemente l’ LCA di questo commercio, utilizzando con l’aiuto dell’ Ing. Cristian Chiavetta il software SimaPRO, in cui si è ipotizzato il trasporto di 1000 m3 di arenaria da Shanghai (Cina) a Bologna e da Karachi (Pakistan) a Bologna, comparandolo con le emissioni che possono esserci nel trasporto della stessa quantità di materiale dal comune di Monghidoro (BO) al centro di Bologna. Come previsto, il trasporto da paesi lontani comporta un impatto ambientale quasi non comparabile con quello locale, in termini di consumo di risorse organiche e inorganiche e la conseguente emissione di gas serra. Si è ipotizzato allora una riapertura di cave locali a fini non edilizi ma di restauro; esistono infatti molti edifici e monumenti vincolati in provincia, e quando questi devono essere restaurati, dove si sceglie di cavare il materiale necessario e rispondente a quello già in opera? Al riguardo, si è passati attraverso altre due interviste ai Professori Francesco Eleuteri, architetto presso la Soprintendenza dei Beni Culturali a Bologna e Gian Carlo Grillini, geologo-petrografo e esperto di restauro. Ciò che è emerso è che effettivamente non esiste attualmente una panoramica soddisfacente di quello che è il patrimonio lapideo della provincia, mancando, oltre alla georeferenziazione, una caratterizzazione minero-petrografica e fisico-meccanica adeguata a poter descrivere ciò che veniva anticamente cavato; l’ipotesi di riapertura a fini restaurativi potrebbe esserci, ma non sembra essere la maggiore necessità attualmente, in quanto il restauro viene per lo più fatto senza sostituzioni o integrazioni, tranne rari casi; è pur sempre utile avere una carta alla mano che possa correlare l’edificio storico con la zona di estrazione del materiale, quindi entrambi i professori hanno auspicato una prosecuzione della ricerca. Si può concludere dicendo che la ricerca può proseguire con una migliore e più efficace localizzazione delle cave sul terreno, usando anche come fonte il sapere della popolazione locale, e di procedere con una parte pratica che riguardi la caratterizzazione minero-petrografica e fisico-meccanica. L’utilità di questi dati può esserci nel momento in cui si facciano ricerche storiche sui beni artistici presenti a Bologna, e qualora si ipotizzi una riapertura di una zona estrattiva.

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Oggetto di questa tesi di laurea è la riqualificazione funzionale ed energetica di un'autorimessa per corriere costruita a Forlì nel 1935 dal geom. Alberto Flamigni e di proprietà dell' ATR, Agenzia per la Mobilità della provincia di Forlì-Cesena. Al deposito per corriere sono annessi dei piccoli capanni adibiti a magazzini ed una palazzina per uffici costruita negli anni '50, non facente parte del progetto originale. Oggi l'intero complesso risulta in disuso e la richiesta espressa dall'Amministrazione Comunale di Forlì è quella di adattare il comparto per ospitare funzioni musicali, d'intrattenimento e cultura, pensando anche ad un collegamento col manufatto storico dell'Arena Forlivese; quest'ultima, costruita negli anni '20, è situata ai margini del lotto in esame, risulta di proprietà privata ed oggi versa in condizioni di grave degrado. Uno dei fini del progetto, sul filo conduttore delle richieste dell'Amministrazione, è quello di mantenere l'involucro originale dell'edificio, su cui grava anche un vincolo storico, essendo stato progettato durante il periodo fascista ed avendo forti richiami alle soluzioni architettoniche adottate da Marcello Piacentini. Si è quindi deciso di lavorare al suo interno, al fine di creare dei nuclei indipendenti che ospitano le nuove funzioni di auditorium, mediateca, spazio espositivo, sale prova, camerini, mantenendo invece intatto il perimetro in mattoni facciavista con basamento in travertino. Il fronte esposto a sud, essendo stato originariamente pensato come mero elemento di chiusura, senza basamento e sistema di rivestimento ma semplicemente intonacato, si distacca dal resto dell'involucro ed è stato perciò oggetto di maggiori modifiche, in relazione anche al nuovo orientamento d'ingresso pensato per il comparto: l'Amministrazione Comunale ha infatti espresso il desiderio di modificare il percorso di accesso all'edificio, dal fronte nord su piazza Savonarola al fronte ovest su via Ugo Bassi. Il progetto ha adottato un approccio integrato dal punto di vista formale e costruttivo, ponendo particolare attenzione al rispetto e alla valorizzazione della struttura esistente: uno dei punti forti dell'ex deposito è infatti la sua copertura in travi reticolari in c.a. con shed vetrati orientati a nord. Tale sistema di copertura è stato mantenuto per favorire l'illuminazione degli spazi interni, isolato termicamente ed integrato con dei pannelli diffusori che garantiscono una luce uniforme e ben distribuita. Dal punto di vista funzionale e distributivo il progetto ha risposto a criteri di massima flessibilità e fruibilità degli ambienti interni, assecondando le esigenze dell'utenza. Mantenendo la finalità del minimo intervento sull'involucro esistente, nel piano terra si è adottata una tipologia di ambienti open space che delimitano il doppio volume dello spazio espositivo, pensato come un semplice e neutro contenitore, allestibile in base al tipo di mostra ed alla volontà degli organizzatori. Particolare attenzione è stata rivolta alla scelta della tipologia costruttiva per l'auditorium ed i volumi adibiti a sale prova, camerini e depositi, adottando elementi prefabbricati in legno assemblati a secco. Si sono studiati anche i sistemi impiantistici al fine di garantire un elevato livello di comfort interno e nel contempo un considerevole risparmio dal punto di vista energetico. Durante le varie fasi di avanzamento e messa a punto del progetto è stata posta grande attenzione all'aspetto acustico, dalla scelta della forma della sala al trattamento superficiale per garantire un'ottima resa prestazionale, parametro imprescindibile nella progettazione di un adeguato spazio musicale. Altro elemento preso in considerazione a scala locale e urbana è stato quello della sistemazione del cortile a sud, oggi asfaltato ed utilizzato come semplice parcheggio di autobus, al fine di trasformarlo in parco pubblico fruibile dagli utenti del complesso culturale e nel contempo elemento di connessione con l'Arena, tramite un nuovo sistema di orientamenti e percorsi.

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Oggetto di questa tesi di Laurea è la progettazione di un quartiere residenziale sostenibile a Bertinoro (FC) richiesto dell’Amministrazione Comunale, orientata anche verso la realizzazione di un parcheggio di attestazione multipiano per il borgo e di una risalita meccanizzata al centro. L’area d’intervento costituisce infatti una posizione strategica per l’arrivo e gli accessi alla città alta. Il progetto quindi affronta due scenari: uno a scala urbana e uno a scala architettonica. Fondamentale è stata la definizione delle strategie urbane: consapevoli dell’importanza di una gestione sostenibile del territorio, questa tesi ha cercato di affrontare le problematiche relative alla mobilità del luogo, caratterizzato da forti pendii, ponendosi come obiettivo l’eliminazione di flussi veicolari nel centro storico e nel contempo la completa accessibilità di quest’ultimo attraverso nuovi sistemi meccanizzati di risalita che incentivino la mobilità pedonale. Ciò ha portato ad un studio dei percorsi di Bertinoro e ad una ricerca sulle varie tipologie sia di parcheggio multipiano che di risalita finalizzata alla definizione della soluzione più efficiente e adeguata per il luogo. A scala architettonica la complessità del progetto è stata quella di dare uguale importanza a dati oggettivi e quantificabili, come orientamento, apporti solari, impianti, senza tralasciare i valori storico-paesaggistici, risorsa fondamentale per quest'area. La sfida è stata quindi quella di progettare un quartiere con dei requisiti energetici che vadano ben oltre i confini determinati dalla normativa e di riuscire ad integrare nel contesto, con il minor impatto ambientale e percettivo, l’intero insediamento, compreso il parcheggio multipiano e la risalita. Il titolo “declivi” sintetizza in questo senso la strategia adottata ovvero tutto il progetto nasce da un attento confronto con le caratteristiche topografiche del luogo cercando di ripristinarle dove sono venute a mancare in una logica non di aggiunta del costruito ma di “crescita” dal suolo. La chiave di lettura è stata in particolare l’idea del terrazzamento e degli affacci sul paesaggio. Durante tutto il processo progettuale si è dunque operato verificando contestualmente ogni scelta dal punto di vista architettonico, tecnologico ed energetico puntando ad un progetto che possa essere definito sostenibile a tutte le sue scale: urbanistica e architettonica.

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Oggetto di questa tesi di Laurea è la progettazione di un insediamento sostenibile a Bertinoro (FC), in un’area a sud-ovest del centro urbano, in una posizione strategica per l’arrivo e l’accesso alla città alta. Coerentemente con le indicazioni dell’Amministrazione Comunale, l’intervento comprende la realizzazione di edifici terziari e residenziali, di un parcheggio di attestazione per il borgo di Bertinoro, e la riqualificazione dell’area verde ai piedi delle mura storiche. La progettazione ha adottato un approccio integrato dal punto di vista compositivo e costruttivo, mostrando particolare attenzione ai temi ambientali, assunti come determinanti per ambire ad elevati livelli di benessere per gli abitanti e per i fruitori del nuovo polo urbano. Il progetto affronta due scenari: uno a scala urbana e uno a scala architettonica. Alla scala urbana si è scelto di valorizzare e potenziare il sistema di percorsi pedonali esistenti che consente il collegamento tra le diverse parti della città, valorizzando il paesaggio come risorsa primaria. La definizione delle strategie urbane è stata prioritaria, tenendo in considerazione una gestione sostenibile del territorio. Intervenendo in un luogo caratterizzato da forti pendii – sia naturali sia, in parte, anche artificiali- che rendono difficile la mobilità, la tesi si è posta come obiettivo la riduzione dei flussi veicolari all’interno del centro storico, garantendo nel contempo la completa accessibilità di quest’ultimo attraverso nuovi percorsi di risalita nel verde, che possano incentivare la mobilità pedonale. Questo ha portato ad un studio dei percorsi pedonali di Bertinoro e ad una ricerca sui vari tipi di parcheggio, finalizzata alla definizione della soluzione più adeguata per il luogo. Alla scala architettonica, per assicurare l’integrazione del nuovo intervento con il contesto locale e il territorio, il progetto ha condotto un’approfondita analisi del sito, affrontando lo studio di elementi del contesto sociale, culturale, ambientale e paesaggistico. A questi si è affiancata l'analisi degli aspetti relativi al clima, funzionali alla scelta dell’esposizione e sagoma volumetrica degli edifici. La complessità del progetto è stata quella di dare uguale importanza a dati oggettivi e quantificabili, come orientamento, apporti solari, impianti, senza tralasciare i valori storico-paesaggistici di questi luoghi. La sfida è stata quindi quella di progettare un insediamento urbano con requisiti energetici aventi un impatto ambientale sostenibile. La complessità del progetto è stata quella di dare uguale importanza a dati oggettivi e quantificabili, come orientamento, apporti solari, impianti, senza tralasciare i valori storico-paesaggistici, risorsa fondamentale per questi luoghi. La sfida è stata quindi quella di progettare un insediamento dotato di prestazioni energetiche sensibilmente più elevate rispetto alle soglie stabilite dalla normativa e di riuscire ad integrare nel contesto, con il minor impatto ambientale e percettivo, l’intero insediamento urbano. Per garantire un corretto rapporto tra costruito e contesto urbano si è deciso di utilizzare materiali da rivestimento della tradizione locale, come la pietra e l’intonaco, e di attenuare l’impatto visivo del costruito con l’impiego di coperture verdi che possono restituire, in quota, il suolo occupato dai volumi edificati. Il titolo “la nuova porta urbana” sintetizza l’idea del nostro progetto; un progetto che non si limita all’area d’intervento ma guarda ben oltre cercando un rapporto con la città storica e un legame con essa diventando un nuovo polo funzionale e un nuovo accesso per Bertinoro. Durante tutto il processo progettuale si è operato verificando contestualmente ogni scelta dal punto di vista architettonico, tecnologico ed energetico, puntando ad un progetto che possa essere definito sostenibile a tutte le sue scale: urbana e architettonica. La realizzazione di edifici tecnologicamente efficienti dal punto di vista delle prestazioni energetiche rappresenta la premessa per la formazione di una città più responsabile e rispettosa nei confronti dell’ambiente che la circonda.

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Il fenomeno dell’urbanizzazione ha fatto sì che crescesse il numero delle abitazioni a scapito delle aree verdi ma, in un’ottica di sostenibilità umana, la tutela degli ecosistemi naturali diventa un obiettivo imprescindibile. Le infrastrutture verdi nascono proprio con questo scopo: cercare soluzioni per fare non solo convivere ma collaborare la natura e l’uomo. Con piccoli accorgimenti come le coperture verdi, le pavimentazioni permeabili, i “rain garden” si sfruttano le caratteristiche degli elementi già presenti in natura per avere benefici sia per la qualità dell’aria, sia per la tutela da catastrofi come allagamenti. In questa trattazione vedremo nel dettaglio come queste infrastrutture possano giovare all’uomo economicamente e ecologicamente analizzando i possibili benefici derivanti del tetto verde dell’Università di Bologna.

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Lo scopo di questo studio è descrivere nel dettaglio la procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) relativa ai Piani Energetici Provinciali (PEP) al fine di delinearne un metodo efficace di valutazione, a partire dallo studio del caso della Provincia di Ravenna. In seguito alla mancanza di Linee Guida sulla VAS, si è ritenuta utile un´analisi comparativa tra metodologie e strumenti, e gli obiettivi specifici e generali che andrebbero rispettati in ogni VAS di un PEP. Lo studio si basa su confronti paralleli tra quattro casi di VAS di Piani Energetici Provinciali al fine di elaborare un modello di valutazione delle VAS, semplice e diretto, basato su contenuti teorici e metodologici provenienti da una selezione di studi e documenti nazionali e internazionali, di cui si è tenuto conto e da cui si sono estrapolate le migliori "Buone Pratiche" per la VAS. L´analisi seguente è stata effettuata attraverso matrici qualitative in cui, per ciascuna connessione tra metodologia e "obiettivo VAS" si è espresso un giudizio che cerca di tenere conto, quando possibile, dei criteri e dei principi generali di sostenibilità dettati dalle maggiori autorità e associazioni internazionali e nazionali di valutazione ambientale. Il confronto tra i quattro casi, ha evidenziato dei punti di debolezza nell´applicazione della Direttiva VAS. Questo studio inoltre, ha tra i suoi obiettivi, quello ambizioso di delineare un metodo efficace di valutazione strategica dei piani energetici provinciali, a partire dallo studio del caso della Provincia di Ravenna. Per questi obiettivi, si è deciso di impostare un programma di lavoro basato sui sistemi informativi geografici, che ha permesso di individuare le aree con potenziale di sviluppo energetico della risorsa solare. Nello specifico è stato possibile calcolare quanta “superficie utile”, presente nelle aree industriali e commerciali della Provincia, potrebbe essere sfruttata installandovi pannelli fotovoltaici. Si è riusciti con questa metodologia a fornire una stima più dettagliata delle reali potenzialità della risorsa solare in Provincia di Ravenna, individuando nel dettaglio territoriale le rispettive quote percentuali che potrebbero essere installate, per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità del piano. Il percorso iniziato con questa tesi consente di riflettere sulla necessità di approfondire il tema del rapporto tra valutazione ambientale qualitativa di uno strumento di pianificazione come la VAS, e la stima quantitativa sia della sostenibilità che del danno ambientale legato agli impatti negativi che questo strumento dovrebbe rilevare. Gli sviluppi futuri cui la tesi pone le basi sono l'implementazione di strumenti quantitativi di analisi delle potenzialità energetiche e di valutazione degli scenari. Questi strumenti sono necessari a definire i modelli ambientali per il supporto alle decisioni in campo energetico.

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Questa tesi di laurea si pone in continuità rispetto all’esperienza maturata nel Laboratorio di Sintesi Finale di Urbanistica “Spiagge urbane. Paesaggi, luoghi, architetture nella città balneare adriatica”. Nel corso del Laboratorio è stata condotta una riflessione sulle possibili strategie di “dedensificazione” della località balneare di Viserbella, nella Riviera di Rimini. La tesi è quindi l’occasione per ripensare lo sviluppo e la trasformazione di una parte del litorale riminese, creando una città balneare capace di conferire un’impronta indelebile nel tessuto esistente. L’esigenza di “dedensificare” nasce per dare una concreta risposta ad un incontrollato sviluppo turistico che ha creato contemporaneamente l’affascinante prodotto che è la costa romagnola, e il tessuto completamente saturo e senza alcuna pianificazione urbanistica, sviluppatosi, per lo più, tra la linea di costa e la linea ferroviaria. La storia di Viserbella, posta tra Torre Pedrera e Viserba, inizia nei primi decenni del Novecento, ma il vero sviluppo, legato al boom turistico, avviene negli anni Cinquanta, quando la località si satura di edifici, alcuni dei quali di scarso valore architettonico e collocati sull’arenile, e di infrastrutture inefficienti. Lo studio dell’area di progetto si articola in quattro fasi. La prima riguarda l’analisi territoriale della costa romagnola compresa tra Cesenatico e Cattolica, con un raffronto particolare tra la piccola località e la città di Rimini. La seconda parte è volta a ricostruire, invece, le fasi dello sviluppo urbano dell’agglomerato. La ricerca bibliografica, archivistica, cartografica e le interviste agli abitanti ci hanno permesso la ricostruzione della storia di Viserbella. La terza parte si concentra sull’analisi urbana, territoriale, ambientale e infrastrutturale e sull’individuazione delle criticità e delle potenzialità della località determinate, in particolar modo, dai sopraluoghi e dai rilievi fotografici. Basilari sono state, in questo senso, le indagini svolte tra i residenti che ci hanno mostrato le reali necessità e le esigenze della località e il raffronto con gli strumenti urbanistici vigenti. La fase di ricerca è stata seguita da diversi docenti e professionisti che hanno lavorato con noi per approfondire diversi aspetti come i piani urbanistici, lo studio del paesaggio e dell’area. Con i risultati ottenuti dalle indagini suddette abbiamo redatto il metaprogetto alla scala urbana che identifica le strategie di indirizzo attraverso le quali si delineano le azioni di programmazione, finalizzate al raggiungimento di un risultato. La conoscenza del territorio, le ricerche e le analisi effettuate, permettono infatti di poter operare consapevolmente nella quarta fase: quella progettuale. Il progetto urbanistico di “dedensificazione” per la località di Viserbella ha come presupposto primario la sostituzione dell’attuale linea ferroviaria Rimini-Ravenna con una linea a raso che migliori i collegamenti con le località vicine e la qualità della vita, dando ulteriori possibilità di sviluppo all’insediamento oltre la ferrovia. Da questo emergono gli altri obiettivi progettuali tra cui: riqualificare l’area a monte della ferrovia che attualmente si presenta degradata e abbandonata; rafforzare e creare connessioni tra entroterra e litorale; riqualificare il tessuto esistente con l’inserimento di spazi pubblici e aree verdi per la collettività; “restituire” la spiaggia al suo uso tradizionale, eliminando gli edifici presenti sull’arenile; migliorare i servizi esistenti e realizzarne di nuovi allo scopo di rinnovare la vita della collettività e di creare spazi adeguati alle esigenze di tutti. Restituire un’identità a questo luogo, è l’intento primario raggiungibile integrando gli elementi artificiali con quelli naturali e creando un nuovo skyline della città. La progettazione della nuova Viserbella pone le basi per forgiare degli spazi urbani e naturali vivibili dagli abitanti della località e dai turisti, sia in estate che in inverno.

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Il miglioramento dell’ambiente urbano e, in particolare, della qualità di vita dei cittadini, così come lo scriteriato consumo di territorio in favore della barbara cementificazione delle aree non edificate, sono diventate questioni di particolare rilievo nello scenario globale finalizzato al raggiungimento di un nuovo modello di sviluppo delle città. Gli abitanti dei centri urbani, oggi, sono costretti ad affrontare il sovraffollamento e i problemi ad esso connessi: il traffico, la congestione, l’inquinamento e gli effetti che questi fattori generano alla società. L’area oggetto di questa tesi, luogo a forte vocazione turistica, presenta questo tipo di problematiche soprattutto in corrispondenza della stagione estiva mentre, per il resto dell’anno, si trova ad affrontare il problema opposto di riduzione delle attività e dello spopolamento causate dalla stagionalità. L’espansione edilizia, avvenuta con estrema rapidità e durante un periodo caratterizzato da un forte sviluppo economico , non ha seguito gli indirizzi di un Piano che avrebbe se non altro evitato sprechi di territorio e una struttura così caotica. Tradizionalmente l’idea di densità è sempre stata considerata in maniera negativa rispetto alla questione urbana, in quanto simbolo di un uso intensivo e indiscriminato del territorio e causa della scarsa qualità di vita che caratterizza molte città. In realtà il concetto di densità può assumere un significato diverso: legato all’efficienza, alla qualità e alla sostenibilità. Densificare, infatti, secondo opportune linee guida e in relazione agli standard di qualità, significa sfruttare al meglio le risorse esistenti all’interno delle città, utilizzando il territorio senza sprechi e ricucendo le fratture in grado di generare situazioni di degrado ambientale. Un complesso e minuzioso processo di “densificazione” è in grado di apportare molti benefici al cittadino e alla comunità, come la trasformazione degli spazi inutilizzati o dismessi, la riduzione delle distanze e della mobilità veicolare, la limitazione dell’impatto energetico sull’ambiente e, non ultima, la promozione di una nuova immagine urbana connessa a nuove funzionalità e strutture. Densificare è però condizione necessaria ma non sufficiente per il miglioramento dell’ambiente urbano, infatti il termine “densità” non specifica nulla sul risultato qualitativo e quantitativo che si intende ottenere. “Creazione di un ambiente più propizio alla vita ed intenzionalità estetica sono i caratteri stabili dell’architettura; questi aspetti emergono da ogni ricerca positiva ed illuminano la città come creazione umana” . È in questo senso che deve essere letta la “densificazione” proposta da questa tesi per la riqualificazione di Misano Adriatico. Occorrerà riqualificare soprattutto quelle aree marginali del tutto prive dei requisiti urbani al fine di integrarle maggiormente al resto della città. A essa dovrà essere collegata una nuova visione di quelle che saranno le infrastrutture legate alla mobilità ed i servizi necessari alla vita della comunità. Essi non dovranno più essere visti come elementi di semplice collegamento o episodi isolati distribuiti a caso nel territorio, ma dovranno recuperare quell’importanza strategica che li portavano ad essere l’elemento catalizzatore e la struttura portante dell’espansione urbana. La riqualificazione della città sviluppata in questa tesi segue “la strategia dei luoghi complementari” teorizzata da O.M. Ungers secondo cui: “la città dei -luoghi complementari- è composta dal numero più grande possibile di aree diverse, nelle quali viene sviluppato un aspetto urbano particolare tenendo conto del tutto. In un certo senso è un sistema della -città nella città-. Ogni parte ha le sue proprie caratteristiche, senza però essere perfezionata e conclusa. […] Si cerca la molteplicità, la diversità, non l’unitarietà. La contraddizione, la conflittualità sono parte del sistema e rimangono insolute” . Il fine ultimo di questa tesi è quindi quello di proporre un’idea di città del nostro tempo, un prodotto complesso, non identificabile con un unico luogo ma con un insieme di luoghi che si sovrappongono e si integrano in maniera complementare mantenendo le peculiarità intrinseche del territorio a cui appartengono.

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Questo elaborato si pone l'obiettivo di analizzare e valutare la sostenibilità dell'intera filiera dell'olio di palma, che viene importato da paesi del Sud Est asiatico per essere utilizzato in Europa per scopi sia energetici che alimentari. Nell'introduzione è inquadrata la problematica dei biocombustibili e degli strumenti volontari che possono essere utilizzati per garantire ed incentivare la sostenibilità in generale e dei biocombustibili; è presente inoltre un approfondimento sull'olio di palma, sulle sue caratteristiche e sulla crescita che ha subito negli ultimi anni in termini di produzione e compra/vendita. Per questa valutazione sono stati impiegati tre importanti strumenti di analisi e certificazione della sostenibilità, che sono stati applicati ad uno specifico caso di studio: l'azienda Unigrà SpA. La certificazione RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil) è uno strumento volontario per la garanzia della sostenibilità della filiera dell'olio di palma in termini economici (vitalità nel mercato), ambientali (risparmio delle emissioni di gas ad effetto serra o GHG, conservazione delle risorse naturali e della biodiversità) e sociali (preservazione delle comunità locali e miglioramento nella gestione delle aree di interesse). La Global Reporting Initiative è un'organizzazione che prevede la redazione volontaria di un documento chiamato bilancio di sostenibilità secondo delle linee guida standardizzate che permettono alle organizzazioni di misurare e confrontare le loro performance economiche, sociali e ambientali nel tempo. La Direttiva Comunitaria 2009/28/CE (Renewable Energy Directive o RED) è invece uno strumento cogente nel caso in cui le organizzazioni intendano utilizzare risorse rinnovabili per ottenere incentivi finanziari. A seguito di un calcolo delle emissioni di GHG, le organizzazioni devono dimostrare determinate prestazioni ambientali attraverso il confronto con delle soglie presenti nel testo della Direttiva. Parallelamente alla valutazione delle emissioni è richiesto che le organizzazioni aderiscano a dei criteri obbligatori di sostenibilità economica, ambientale e sociale, verificabili grazie a degli schemi di certificazione che rientrano all'interno di politiche di sostenibilità globale. Questi strumenti sono stati applicati ad Unigrà, un'azienda che opera nel settore della trasformazione e della vendita di oli e grassi alimentari, margarine e semilavorati destinati alla produzione alimentare e che ha recentemente costruito una centrale da 58 MWe per la produzione di energia elettrica, alimentata in parte da olio di palma proveniente dal sud-est asiatico ed in parte dallo scarto della lavorazione nello stabilimento. L'adesione alla RSPO garantisce all'azienda la conformità alle richieste dell'organizzazione per la commercializzazione e la vendita di materie prime certificate RSPO, migliorando l'immagine di Unigrà all'interno del suo mercato di riferimento. Questo tipo di certificazione risulta importante per le organizzazioni perché può essere considerato un mezzo per ridurre l'impatto negativo nei confronti dell'ambiente, limitando deforestazione e cambiamenti di uso del suolo, oltre che consentire una valutazione globale, anche in termini di sostenibilità sociale. Unigrà ha visto nella redazione del bilancio di sostenibilità uno strumento fondamentale per la valutazione della sostenibilità a tutto tondo della propria organizzazione, perché viene data uguale rilevanza alle tre sfere della sostenibilità; la validazione esterna di questo documento ha solo lo scopo di controllare che le informazioni inserite siano veritiere e corrette secondo le linee guida del GRI, tuttavia non da giudizi sulle prestazioni assolute di una organizzazione. Il giudizio che viene dato sulle prestazioni delle organizzazioni e di tipo qualitativo ma non quantitativo. Ogni organizzazione può decidere di inserire o meno parte degli indicatori per una descrizione più accurata e puntuale. Unigrà acquisterà olio di palma certificato sostenibile secondo i principi previsti dalla Direttiva RED per l'alimentazione della centrale energetica, inoltre il 10 gennaio 2012 ha ottenuto la certificazione della sostenibilità della filiera secondo lo schema Bureau Veritas approvato dalla Comunità Europea. Il calcolo delle emissioni di tutte le fasi della filiera dell'olio di palma specifico per Unigrà è stato svolto tramite Biograce, uno strumento di calcolo finanziato dalla Comunità Europea che permette alle organizzazioni di misurare le emissioni della propria filiera in maniera semplificata ed adattabile alle specifiche situazioni. Dei fattori critici possono però influenzare il calcolo delle emissioni della filiera dell'olio di palma, tra questi i più rilevanti sono: cambiamento di uso del suolo diretto ed indiretto, perché possono provocare perdita di biodiversità, aumento delle emissioni di gas serra derivanti dai cambiamenti di riserve di carbonio nel suolo e nella biomassa vegetale, combustione delle foreste, malattie respiratorie, cambiamenti nelle caratteristiche dei terreni e conflitti sociali; presenza di un sistema di cattura di metano all'oleificio, perché gli effluenti della lavorazione non trattati potrebbero provocare problemi ambientali; cambiamento del rendimento del terreno, che può influenzare negativamente la resa delle piantagioni di palma da olio; sicurezza del cibo ed aspetti socio-economici, perché, sebbene non inseriti nel calcolo delle emissioni, potrebbero provocare conseguenze indesiderate per le popolazioni locali. Per una valutazione complessiva della filiera presa in esame, è necessario ottenere delle informazioni puntuali provenienti da paesi terzi dove però non sono di sempre facile reperibilità. Alla fine della valutazione delle emissioni, quello che emerge dal foglio di Biograce e un numero che, sebbene possa essere confrontato con delle soglie specifiche che descrivono dei criteri obbligatori di sostenibilità, non fornisce informazioni aggiuntive sulle caratteristiche della filiera considerata. È per questo motivo che accanto a valutazioni di questo tipo è necessario aderire a specifici criteri di sostenibilità aggiuntivi. Il calcolo delle emissioni dell'azienda Unigrà risulta vantaggioso in quasi tutti i casi, anche considerando i fattori critici; la certificazione della sostenibilità della filiera garantisce l'elevato livello di performance anche nei casi provvisti di maggiore incertezza. L'analisi del caso Unigrà ha reso evidente come l'azienda abbia intrapreso la strada della sostenibilità globale, che si traduce in azioni concrete. Gli strumenti di certificazione risultano quindi dei mezzi che consentono di garantire la sostenibilità della filiera dell'olio di palma e diventano parte integrante di programmi per la strategia europea di promozione della sostenibilità globale. L'utilizzo e l'implementazione di sistemi di certificazione della sostenibilità risulta per questo da favorire.

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Il lavoro valuta le prestazioni di 14 stati membri dell'Unione Europea, la quale attraverso la strategia Europa 2020 propone il raggiungimento di 8 target fondamentali per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva entro il 2020. I target riguardano l'occupazione, il tasso d'istruzione superiore, la percentuale di energia rinnovabile, il consumo energetico, le emissioni di gas serra, la spesa in ricerca e sviluppo, la povertà , il prematuro abbandono scolastico. A tali target corrispondono indicatori che sono annualmente censiti attraverso le autorità statistiche nazionali ed Eurostat. La misura della performance degli Stati è stata effettuata mediante il calcolo della distanza dal target di ciascun paese negli anni compresi tra il 2000 e il 2009. In particolare si è effettuato, adattandolo alle esigenze del lavoro, il calcolo della distanza euclidea e della distanza di Mahalanobis. Con le limitazioni dovute alla qualità dei dati disponibili e ad una difficoltà oggettiva di stabilire una linea di base, il lavoro ha permesso di dare un giudizio alla qualità dello sforzo compiuto da ciascun paese per raggiungere i target, fornendo un quadro analitico e articolato dei rapporti che intercorrono tra i diversi indicatori. In particolare è stato realizzato un modello relazionale basato su quattro indicatori che sono risultati essere correlati e legati da relazioni di tipo causale. I risultati possono essere sintetizzati come segue. La strategia Europa 2020 sembra partire da buone basi in quanto si è potuto osservare che in generale tutti gli stati membri osservati, Europa a 15, mostrano avere un miglioramento verso i loro rispettivi target dal 2005. Durante gli anni osservati si è notato che il range temporale 2005 e 2008 sembra essere stato il periodo dove gli stati hanno rallentato maggiormente la loro crescita di performance, con poi un buon miglioramento nell'anno finale. Questo miglioramento è stato indagato ed è risultato essere coincidente con l'anno di inizio della crisi economica. Inoltre si sono osservate buone relazioni tra il GDP e gli indicatori che hanno contribuito alla diminuzione delle performance, ma il range di riferimento non molto ampio, non ha permesso di definire la reale correlazione tra il GDP e il consumo energetico ed il GDP e l'investimento in ricerca e sviluppo.