616 resultados para Mirandola, paesaggio, architettura, parco, agricoltura, commercio


Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Il progetto di tesi vede come oggetto l’insediamento minerario zolfifero di Formignano. Il lotto si trova in un parco naturalistico di grande bellezza, all’interno di un fitto sistema di itinerari cicloturistici che attirano appassionati da tutta Italia. La storia di questo luogo è stata ricostruita grazie ai rilievi effettuati nel 1985 da Giordano Conti e grazie alle fonti dell’Archivio Storico di Cesena, che hanno permesso uno studio approfondito del complesso di edifici, dei suoi momenti di accrescimento e del rapporto con il parco circostante. L’analisi è proseguita con una fase di ricerca puntuale sulla consistenza materica dei fabbricati e di indagine dello stato di conservazione. Il complesso sistema di edifici si trova in uno stato di conservazione precario dove le strutture sono fortemente compromesse. Questo ha portato all’elaborazione di un programma di rifunzionalizzazione dell’insediamento e alla definizione di molteplici interventi che si adattassero ad ogni caso specifico. L’idea di base prevede una valorizzazione del lotto e del parco naturalistico che lo circonda, realizzando un centro polifunzionale. Da queste ricerche e questi studi sull’insediamento sono emerse le principali criticità che hanno portato alla definizione di un progetto che vede l’utilizzo di due macrocategorie di interventi, applicati a due edifici, e applicabili a tutto il lotto: da una parte, per gli edifici in buono stato di conservazione, si prevedono operazioni dedicate alla manutenzione e al restauro vero e proprio delle strutture; dall’altra parte, per gli edifici di cui rimangono solo pochi resti, si prevedono opere legate alla riprogettazione. Secondo questa logica si è realizzato un progetto che miri alla valorizzazione, al recupero e alla riprogettazione dell’insediamento, e che possa avere sempre un atteggiamento di rispetto per l’identità dei manufatti e del parco in cui è inserito.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Negli ultimi cinquant’anni, in particolare dal 1956 al 2010, grazie a miglioramenti di tipo economico e sociale, il territorio urbanizzato italiano è aumentato di circa 600 mila ettari, cioè una superficie artificializzata pari quasi a quella dell’intera regione Friuli Venezia Giulia, con un aumento del 500% rispetto agli anni precedenti. Quando si parla di superfici “artificializzate” ci si riferisce a tutte quelle parti di suolo che perdono la propria caratteristica pedologica per essere asportate e divenire urbanizzate, cioè sostituite da edifici, spazi di pertinenza, parcheggi, aree di stoccaggio, strade e spazi accessori. La costruzione di intere periferie e nuclei industriali dagli anni ’50 in poi, è stata facilitata da un basso costo di mano d’opera e da una supposta presenza massiccia di risorse disponibili. Nonché tramite adeguati piani urbanistico-territoriali che hanno accompagnato ed assecondato questo orientamento. All’oggi, è evidente come questa crescita tumultuosa del tessuto urbanizzato non sia più sostenibile. Il consumo del suolo provoca infatti vari problemi, in particolare di natura ecologica e ambientale, ma anche sanitaria, economica e urbana. Nel dettaglio, secondo il dossier Terra Rubata1, lanciato all’inizio del 2012 dal FAI e WWF gli aspetti che vengono coinvolti direttamente ed indirettamente dalla conversione urbana dei suoli sono complessivamente i seguenti. Appartenenti alla sfera economico-energetica ritroviamo diseconomie dei trasporti, sperperi energetici, riduzione delle produzioni agricole. Per quanto riguarda la sfera idro-geo-pedologica vi è la possibilità di destabilizzazione geologica, irreversibilità d’uso dei suoli, alterazione degli assetti idraulici ipo ed epigei. Anche la sfera fisico-climatica non è immune a questi cambiamenti, ma può invece essere soggetta ad accentuazione della riflessione termica e dei cambiamenti 1 Dossier TERRA RUBATA Viaggio nell’Italia che scompare. Le analisi e le proposte di FAI e WWF sul consumo del suolo, 31 gennaio 2012 2 climatici, ad una riduzione della capacità di assorbimento delle emissioni, ad effetti sul sequestro del carbonio e sulla propagazione spaziale dei disturbi fisico-chimici. In ultimo, ma non per importanza, riguardo la sfera eco-biologica, ritroviamo problemi inerenti l’erosione fisica e la distruzione degli habitat, la frammentazione eco sistemica, la distrofia dei processi eco-biologici, la penalizzazione dei servizi ecosistemici dell’ambiente e la riduzione della «resilienza» ecologica complessiva. Nonostante ci sia ancora la speranza che questo orientamento possa “invertire la rotta”, non è però possibile attendere ancora. È necessario agire nell’immediato, anche adottando adeguati provvedimenti normativi e strumenti pianificatori ed operativi nell’azione delle pubbliche amministrazioni analogamente a quanto, come evidenziato nel dossier sopracitato2, hanno fatto altri paesi europei. In un recente documento della Commissione Europea3 viene posto l’anno 2050 come termine entro il quale “non edificare più su nuove aree”. Per fare ciò la Commissione indica che nel periodo 2000-2020 occorre che l’occupazione di nuove terre sia ridotta in media di 800 km2 totali. È indispensabile sottolineare però, che nonostante la stabilità demografica della situazione attuale, se non la sua leggera decrescenza, e la società attuale ha necessità di spazi di azione maggiori che non nel passato e possiede una capacità di spostamento a velocità infinitamente superiori. Ciò comporta una variazione enorme nel rapporto tra le superfici edificate (quelle cioè effettivamente coperte dal sedime degli edifici) e le superfici urbanizzate (le pertinenze pubbliche e private e la viabilità). Nell’insediamento storico, dove uno degli obiettivi progettuali era quello di minimizzare i tempi di accesso tra abitazioni e servizi urbani, questo rapporto varia tra il 70 e il 90%, mentre nell’insediamento urbano moderno è quasi sempre inferiore al 40-50% fino a valori anche inferiori al 20% in taluni agglomerati commerciali, 2 Dossier TERRA RUBATA Viaggio nell’Italia che scompare. Le analisi e le proposte di FAI e WWF sul consumo del suolo, 31 gennaio 2012 3 Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse, settembre 2011 3 industriali o direzionali nei quali il movimento dei mezzi o le sistemazioni paesaggistiche di rappresentanza richiedono maggiori disponibilità di spazi. Come conciliare quindi la necessità di nuovi spazi e la necessità di non edificare più su nuove aree? Dai dati Istat il 3% del territorio Italiano risulta occupato da aree dismesse. Aree che presentano attualmente problemi di inquinamento e mancata manutenzione ma che potrebbero essere la giusta risorsa per rispondere alle necessità sopracitate. Enormi spazi, costruiti nella precedente epoca industriale, che possono essere restituiti al pubblico sotto forma di luoghi destinati alla fruizione collettiva come musei, biblioteche, centri per i giovani, i bambini, gli artisti. Allo stesso tempo questi spazi possono essere, completamente o in parte, rinaturalizzati e trasformati in parchi e giardini. La tematica, cosiddetta dell’archeologia industriale non si presenta come una novità, ma come una disciplina, definita per la sua prima volta in Inghilterra nel 1955, che vanta di esempi recuperati in tutta Europa. Dagli anni ’60 l’opinione pubblica cominciò ad opporsi alla demolizione di alcune strutture industriali, come ad esempio la Stazione Euston a Londra, riconoscendone l’importanza storica, culturale ed artistica. Questo paesaggio industriale, diviene oggi testimonianza storica di un’epoca e quindi per questo necessita rispetto e attenzione. Ciò non deve essere estremizzato fino alla esaltazione di questi immensi edifici come rovine intoccabili, ma deve invitare l’opinione pubblica e i progettisti a prendersene cura, a reintegrarli nel tessuto urbano donando loro nuove funzioni compatibili con la struttura esistente che andrà quindi lasciata il più possibile inalterata per mantenere una leggibilità storica del manufatto. L’Europa presenta vari casi di recupero industriale, alcuni dei quali presentano veri e propri esempi da seguire e che meritano quindi una citazione ed un approfondimento all’interno di questo saggio. Tra questi l’ex stabilimento FIAT del Lingotto a Torino, 4 la celebre Tate Modern di Londra, il Leipzig Baumwollspinnerei, il Matadero Madrid e la Cable Factory a Elsinky. Questi edifici abbandonati risultano all’oggi sparsi in maniera disomogenea anche in tutta Italia, con una maggiore concentrazione lungo le linee ferroviarie e nei pressi delle città storicamente industrializzate. Essi, prima di un eventuale recupero, risultano come rifiuti abbandonati. Ma come sopradetto questi rifiuti urbani possono essere recuperati, reinventati, riabilitati, ridotati di dignità, funzione, utilità. Se questi rifiuti urbani possono essere una nuova risorsa per le città italiane come per quelle Europee, perché non provare a trasformare in risorse anche i rifiuti di altra natura? Il problema dei rifiuti, più comunemente chiamati come tali, ha toccato direttamente l’opinione pubblica italiana nel 2008 con il caso drammatico della regione Campania e in particolare dalla condizione inumana della città di Napoli. Il rifiuto è un problema dovuto alla società cosiddetta dell’usa e getta, a quella popolazione che contrariamente al mondo rurale non recupera gli scarti impiegandoli in successive lavorazioni e produzioni, ma li getta, spesso in maniera indifferenziata senza preoccuparsi di ciò che ne sarà. Nel passato, fino agli anni ’60, il problema dello smaltimento dei rifiuti era molto limitato in quanto in genere gli scatti del processo industriale, lavorativo, costruttivo venivano reimpiegati come base per una nuova produzione; il materiale da riciclare veniva di solito recuperato. Il problema degli scarti è quindi un problema moderno e proprio della città, la quale deve quindi farsene carico e trasformarlo in un valore, in una risorsa. Se nell’equilibrio ecologico la stabilità è rappresentata dalla presenza di cicli chiusi è necessario trovare una chiusura anche al cerchio del consumo; esso non può terminare in un oggetto, il rifiuto, ma deve riuscire a reinterpretarlo, a trovare per 5 esso una nuova funzione che vada ad attivare un secondo ciclo di vita, che possa a sua volta generare un terzo ciclo, poi un quarto e cosi via. Una delle vie possibili, è quella di riciclare il più possibile i nostri scarti e quindi di disassemblarli per riportare alla luce le materie prime che stavano alla base della loro formazione. Uno degli ultimi nati, su cui è possibile agire percorrendo questa strada è il rifiuto RAEE4. Esso ha subito un incremento del 30,7% negli ultimi 5 anni arrivando ad un consumo di circa 19 kilogrammi di rifiuti all’anno per abitante di cui solo 4 kilogrammi sono attualmente smaltiti nelle aziende specializzate sul territorio. Dismeco s.r.l. è una delle aziende sopracitate specializzata nello smaltimento e trattamento di materiale elettrico ed elettronico, nata a Bologna nel 1977 come attività a gestione familiare e che si è poi sviluppata divenendo la prima in Italia nella gestione specifica dei RAEE, con un importante incremento dei rifiuti dismessi in seguito all'apertura del nuovo stabilimento ubicato nel Comune di Marzabotto, in particolare nel lotto ospitante l’ex-cartiera Rizzoli-Burgo. L’azienda si trova quindi ad operare in un contesto storicamente industriale, in particolare negli edifici in cui veniva stoccato il caolino e in cui veniva riciclata la carta stampata. Se la vocazione al riciclo è storica dell’area, grazie all’iniziativa dell’imprenditore Claudio Tedeschi, sembra ora possibile la creazione di un vero e proprio polo destinato alla cultura del riciclo, all’insegnamento e all’arte riguardanti tale tematica. L’intenzione che verrà ampliamente sviluppata in questo saggio e negli elaborati grafici ad esso allegati è quella di recuperare alcuni degli edifici della vecchia cartiera e donane loro nuove funzioni pubbliche al fine di rigenerare l’area. 4 RAEE: Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, in lingua inglese: Waste of electric and electronic equipment (WEEE) o e-waste). Essi sono rifiuti di tipo particolare che consistono in qualunque apparecchiatura elettrica o elettronica di cui il possessore intenda disfarsi in quanto guasta, inutilizzata, o obsoleta e dunque destinata all'abbandono. 6 Il progetto, nello specifico, si occuperà di riqualificare energeticamente il vecchio laboratorio in cui veniva riciclata la carta stampata e di dotarlo di aree per esposizioni temporanee e permanenti, sale conferenze, aule didattiche, zone di ristoro e di ricerca. Per quanto riguarda invece l’area del lotto attualmente artificializzata, ma non edificata, vi è l’intenzione di riportarla a zona verde attraverso la creazione di un “Parco del Riciclo”. Questa zona verde restituirà al lotto un collegamento visivo con le immediate colline retrostanti, accoglierà i visitatori e li ospiterà nelle stagioni più calde per momenti di relax ma al tempo stesso di apprendimento. Questo perché come già detto i rifiuti sono risorse e quando non possono essere reimpiegati come tali vi è l’arte che se ne occupa. Artisti del calibro di Picasso, Marinetti, Rotella, Nevelson e molti altri, hanno sempre operato con i rifiuti e da essi sono scaturite opere d’arte. A scopo di denuncia di una società consumistica, semplicemente come oggetti del quotidiano, o come metafora della vita dell’uomo, questi oggetti, questi scarti sono divenuti materia sotto le mani esperte dell’artista. Se nel 1998 Lea Vergine dedicò proprio alla Trash Art una mostra a Rovereto5 significa che il rifiuto non è scarto invisibile, ma oggetto facente parte della nostra epoca, di una generazione di consumatori frugali, veloci, e indifferenti. La generazione dell’”usa e getta” che diviene invece ora, per necessita o per scelta generazione del recupero, del riciclo, della rigenerazione. L’ipotesi di progetto nella ex-cartiera Burgo a Lama di Reno è proprio questo, un esempio di come oggi il progettista possa guardare con occhi diversi queste strutture dismesse, questi rifiuti, gli scarti della passata società e non nasconderli, ma reinventarli, riutilizzarli, rigenerarli per soddisfare le necessità della nuova generazione. Della generazione riciclo.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Lo studio si propone di perfezionare un protocollo operativo, per monitorare nel tempo la vulnerabilità sismica dei centri storici italiani, attraverso la semplice determinazione di semplici indici.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Questo studio ha come obiettivo la definizione di un protocollo operativo per la valutazione e il monitoraggio nel tempo della vulnerabilità sismica dei centri storici a scala dell'aggregato. Attraverso la ricostruzione delle fasi di trasformazione e delle caratteristiche tecniche locali si individuano e analizzano e carenze peculiari e, con la determinazione degli indici, si fornisce un giudizio globale sull'aggregato.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Il progetto per l’area “Parco-Pineta” si confronta con tre differenti aspetti che è apparso indispensabile prendere in considerazione: il Masterplan di Jesolo di Kenzo Tange che ne ha contrassegnato la funzione a parco tematico, la storia del luogo che ha visto fronteggiarsi su queste terre italiani e austriaci negli atroci avvenimenti della Grande Guerra, e infine i limiti naturali dell’area, quali il fiume Piave, gli argini e i canali di bonifica che hanno ostacolato ma anche arricchito l’intero sistema. Obiettivo del progetto è la proposta di un Parco della memoria che attragga i visitatori durante tutto l’anno e che permetta di riportare alla luce le tracce abbandonate degli avvenimenti bellici. Una struttura che, tenendo conto dei segni presenti nell’area, sappia oltrepassare i limiti geografici e temporali, dilettando e facendo riflettere al contempo. Il Parco, costituito da un lungo percorso rievocante la trincea militare, condurrà il visitatore alla visione dei bunker ancora presenti nell’area e alla conoscenza della storia del luogo, attraverso tagli, passerelle, risalite e snodi labirintici.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

L’area di progetto si trova nella parte orientale della città di Jesolo, vicino al confine comunale con Eraclea. A nord è delimitata dal canale Cavetta, al di là del quale si trova il borgo di Cortellazzo, ad est si trova l’ultimo tratto del corso del Piave, a sud si trovano la pineta e l’area del nuovo quartiere residenziale progettato dall’architetto Gonçalo Byrne, ad ovest vi è il progetto di una strada che attraverserà il Cavetta, compresa nella nuova viabilità comunale. Le qualità paesaggistiche dell’area rendono evidente il continuo ed inevitabile rapporto del territorio con l’acqua. Da una parte ci sono le difficoltà che gli abitanti di queste terre hanno sempre avuto, cercando attraverso le bonifiche di difendere le proprie terre, provando a strappare la maggiore quantità possibile di terreno coltivabile alle acque stagnanti. Dall’altra ci sono i benefici che una zona così ricca di acqua ha portato alle coltivazioni. La lettura dell’area, ma anche del territorio circostante, suggerisce un approccio progettuale che porti alla definizione di una nuova identità del luogo: una identità diversa da quella esistente, ma che sia integrata con gli elementi strettamente legati alla natura del territorio.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Parco Agricolo Guimarães, piano per la riqualificazione paesaggistica e la fruizione pubblica dell'area rurale di Veiga de Creixomil. La tesi in oggetto consiste in una proposta per una riqualificazione paesaggistica ed uno studio di inserimento di attrattività pubbliche in un contesto rurale periurbano. L'area oggetto di studio presenta caratteristiche ambientali e agricole che divengono uno spunto progettuale, trasponendo le criticità sino a diventare motori della rigenerazione urbana per micro interventi. La proposta progettuale consiste nella espansione degli orti urbani e nella creazione di una piazza scambio per i prodotti locali mentre altre attività di aggregazione e coesione sociale sono poste in altre zone del parco agricolo.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Attualmente Usme, caratterizzata come visto da un territorio principalmente a bassa densità, è ancora fortemente relazionata con la campagna perché costituita dall’insieme di aree agricole, o di quelli che una volta erano spazi coltivati più prossimi alla città compatta. Questo tipo di paesaggio rurale che caratterizza Usme è caratterizzato come già visto da un tessuto sfrangiato e discretizzato e rappresenta la porzione di territorio dove la città esercita l’impatto ambientale più intenso dovuto sia alla sua immediata vicinanza al contesto urbano che al carattere di scarsa identità che sembra esprimere. Qualunque intervento architettonico in un territorio di margine come quello di Usme dovrebbe confrontarsi con un sistema di relazioni a grande scala, che si rapporti con la geografia stessa del luoghi e con un orientamento e una misurazione visiva e fisica del territorio stesso. Allo stesso modo è necessario che il progetto comprenda anche il suolo stesso delle grande aree attualmente lasciate libere, ovvero che il progetto architettonico si integri con il progetto paesaggistico creando in questo modo nuove relazioni e nuove geometrie nell’assetto territoriale. In questo senso il progetto può dialogare con il territorio e mettere in relazione differenti situazioni morfologiche, sfruttandone le potenzialità. L’obiettivo è quindi quello di non costruire semplici volumi appoggiati sulla terra ma quello di modificare la terra stessa, entrando in relazione con essa in modo profondo. Il progetto così inteso è concepito, e prima ancora letto, secondo strati, i quali possono contaminarsi o possono semplicemente sovrapporsi. L’area di progetto, come già detto, è essenzialmente all’interno di un vuoto presente tra le due parti di città. Il nuovo edificio si conforma come un segno netto nel territorio, un viadotto, un tronco d’albero caduto che protegge il parco dalla città, un elemento primordiale che da una parte si incunea nel terreno e dall’altra si affaccia sulla valle. Vuole essere il segno di un naturale artificio, proponendosi al tempo stesso come simbolo e funzione. Il museo emerge dalla terra, ma sembra anche immergersi in essa. L’architettura del museo crea un nuovo paesaggio morfologicamente radicato al suolo, attraverso uno spazio parzialmente ipogeo che integra il museo all’interno della montagna attraverso la copertura continua con la topografia esistente, sottolineando il profilo della collina.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Progetto per creare un sistema degli spazi pubblici e del commercio in grado di ricucire il centro storico e il nuovo polo dei servizi creato dopo il sisma del 2012 a Concordia sulla Secchia

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

La tesi si inserisce nell'odierno dibattito sulla vegetazione all'interno delle aree archeologiche. L'anfiteatro dell'antica Urbisaglia nelle Marche costituisce un eclatante esempio di quanto sia rilevante considerare anche la vegetazione all'interno di un progetto di conservazione. Cercando di affrontare in maniera sistematica il problema dell'interazione tra le strutture vegetali ed il manufatto, il progetto è stato concepito sulla base di un piano di manutenzione programmata per la salvaguardia della struttura archeologica ma anche della particolare vegetazione presente nel parco. Il tutto inserito in un ampio progetto di valorizzazione dell'intera area archeologica.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Selvabella è un’area agricola appartenente a Finale Emilia, nella bassa modenese. Anticamente era un bosco, poi trasformato in terreno per coltivare la canapa tessile, attualmente una distesa di campi agricoli senza alcuna vegetazione, caratterizzata da architetture parzialmente e totalmente crollate a seguito del terremoto del 2012. L'obiettivo è quello di riportare l'antico bosco a Selvabella, e rifunzionalizzare l'intera area anche attraverso nuove architetture come un museo della canapa e un agriturismo, con un progetto che possa dare una identità a questo luogo, sempre dialogando con la natura e con il contesto.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

La presente tesi si pone come obiettivo quello di risolvere una delle criticità riscontrabili nel centro storico della città di Mirandola, cioè la ridefinizione dell’isola del castello dei Pico. Grazie all’analisi storica sull’evoluzione planimetrica dell’isola ho potuto concepire le linee guida per la ricomposizione della cittadella del castello. Vengono riproposti l’asse principale trasversale che attraversava l’isola da Est a Ovest e le due piazze che si accorpano ad esso. Viene inoltre prevista una espansione del complesso del castello, facendo attenzione a richiamarne la forma e la volumetria, mantenendo l’idea di un impianto a corti. Un altro aspetto fondamentale è l’attenzione al dialogo tra le preesistenze e i nuovi edifici di progetto, che presentano in facciata una seriale ritmicità. Viene colta l’occasione di riconfigurazione dell’isola anche per soddisfare quelle che sono le richieste della popolazione, quindi all’interno vengono inserite funzioni quali un nuovo museo d’arte contemporanea, la nuova sede della scuola di musica “Andreoli”, la nuova sede dell’associazione “Terre dei Pico”, dei padiglioni per piccole esposizioni temporanee e un complesso di residenze temporanee collettive. Questo progetto vuole fornire al centro storico di Mirandola un nuovo polo in cui i giovani, ma anche la restante popolazione di Mirandola, si possano ritrovare e rispecchiare dopo la distruzione portata dall’evento del terremoto.