635 resultados para Controllo attivo, sovralimentazione, motori aeronautici
Resumo:
La risalita capillare di umidità nelle murature storiche è la principale responsabile del degrado dei materiali. La metodologia ad oggi più utilizzata in tale campo è quella basata sull’iniezione di prodotti chimici in grado di formare barriere artificiali che blocchino il flusso ascendente dell’acqua, ma è ancora in fase di perfezionamento. Per potere svolgere tale perfezionamento, è utile disporre di una metodologia attendibile per la valutazione dell’esito dei trattamenti, ossia un metodo standardizzato che possa garantire una corretta misurazione del contenuto di umidità nelle murature pre e post iniezioni. Nella presente tesi, che ha lo scopo di valutare l’efficacia di alcuni prodotti per barriere chimiche nelle murature, si è utilizzato un metodo di laboratorio standardizzato proposto dai ricercatori del LASTM (DICAM), che permette di riprodurre in laboratorio il processo di risalita dell’umidità e, allo stesso tempo, permette di potere svolgere le misurazioni del contenuto d’acqua interno ai materiali con il metodo diretto. I trattamenti, svolti in collaborazione con la Azienda inglese “Safeguard”, produttrice di resine impermeabilizzanti, sono stati effettuati su vari modelli, costituiti di laterizi e malta, preventivamente sottoposti a differenti condizioni ambientali. Successivamente si è svolto un monitoraggio periodico per potere determinare sia l’efficacia dell’intervento che l’attendibilità del modello. Dopo avere studiato un sistema di controllo delle condizioni di laboratorio, si è ritenuto opportuno svolgere anche alcune prove di caratterizzazione dei materiali utilizzati nella costruzione dei vari modelli, per conoscerne appieno le caratteristiche e potere valutare con maggiore attendibilità i risultati dei trattamenti. Infine, per approfondire le dinamiche di diffusione dei formulati chimici all’interno dei materiali, si sono svolte prove su travetti di malta.
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Movimentazione, da parte di un braccio robotico, di un recipiente riempito con un liquido nello spazio tridimensionale. Sistema di trasferimento liquidi basato sul KUKA youBot, piattaforma open source per la ricerca scientifica. Braccio robotico a 5 gradi di libertà con struttura ortho-parallel e cinematica risolvibile in forma chiusa tramite l’applicazione di Pieper. Studio dei modi di vibrare dei liquidi e modellizzazione dei fenomeni ondosi tramite modello equivalente di tipo pendolo. Analisi delle metodologie di controllo di tipo feed-forward volte a sopprimere la risposta oscillatoria di un tipico sistema vibratorio. Filtraggio delle traiettorie di riferimento da imporre allo youBot, in modo tale da sopprimere le vibrazioni in uscita della massa d’acqua movimentata. Analisi e comparazione delle metodologie di input shaping e filtro esponenziale. Validazione sperimentale delle metodologie proposte implementandole sul manipolatore youBot. Misura dell’entità del moto ondoso basata su dati acquisiti tramite camera RGBD ASUS Xtion PRO LIVE. Algoritmo di visione per l’elaborazione offline dei dati acquisiti, con output l’andamento dell’angolo di oscillazione del piano interpolante la superficie del liquido movimentato.
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Nel trattamento e nella cura di pazienti con lesione spinale è fondamentale una corretta valutazione della lesione e delle disfunzionalità che questa produce. Il cammino è senza dubbio una delle funzionalità maggiormente ridotta a seguito di una lesione, che può portare sia ad una diminuzione di questa capacità sia ad una completa inabilità. Nella valutazione del cammino il clinico si avvale di diverse strumentazioni come sistemi stereofotogrammetrici, pedane di forza ed elettromiografi che gli permettono di svolgere un’analisi strumentale del passo ed indagare le cause muscolari e neurologiche che portano a delle anormalità nella deambulazione. Questo lavoro si propone di presentare questi sistemi e compiere una panoramica dei principali parametri cinematici (velocità del cammino, lunghezza del passo, fase di stance, angoli articolari, ciclogrammi intra-articolari) che influenzano il passo e le metodologie con più successo nel migliorarli. Inoltre verranno evidenziati i risultati ottenuti dall’analisi elettromiografica riguardo alla presenza di pattern muscolari comuni alla base del cammino riscontrabili anche in persone sane e come gli impulsi EMG siano modulabili in ampiezza e durata a seguito di training motori.
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L’elaborato propone una descrizione generale dei dispositivi protesici transtibiali, dalla storia, al processo di protesizzazione dei pazienti amputati alla struttura costitutiva modulare. Particolare importanza viene, inoltre, conferita all’analisi biomeccanica del movimento, della quale è data descrizione delle tecniche, della strumentazione, e dei risultati che vengono ottenuti nelle indagini di soggetti amputati rispetto alle persone normodotate. Considerazioni sulla biomeccanica di pazienti protesizzati transtibialmente offrono interessanti spunti di riflessione sulle componenti meccaniche, idrauliche ed elettroniche dei dispositivi modulari, delle quali si descrive in modo completo la struttura e il funzionamento, facendo riferimento ai brevetti tecnici più noti. Verranno, infine, riportati risultati di recenti studi e ricerche che evidenziano come l’utilizzo nei moduli prostesici transtibiali di caviglie idrauliche a controllo elettronico dello smorzamento sia la soluzione ottimale per ottenere risultati biomeccanicamente migliori, sia dal punto di vista dell’efficienza del movimento che per quanto riguarda l’equilibrio.
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I serpenti robot sono una classe di meccanismi iper-ridondanti che appartiene alla robotica modulare. Grazie alla loro forma snella ed allungata e all'alto grado di ridondanza possono muoversi in ambienti complessi con elevata agilità. L'abilità di spostarsi, manipolare e adattarsi efficientemente ad una grande varietà di terreni li rende ideali per diverse applicazioni, come ad esempio attività di ricerca e soccorso, ispezione o ricognizione. I robot serpenti si muovono nello spazio modificando la propria forma, senza necessità di ulteriori dispositivi quali ruote od arti. Tali deformazioni, che consistono in movimenti ondulatori ciclici che generano uno spostamento dell'intero meccanismo, vengono definiti andature. La maggior parte di esse sono ispirate al mondo naturale, come lo strisciamento, il movimento laterale o il movimento a concertina, mentre altre sono create per applicazioni specifiche, come il rotolamento o l'arrampicamento. Un serpente robot con molti gradi di libertà deve essere capace di coordinare i propri giunti e reagire ad ostacoli in tempo reale per riuscire a muoversi efficacemente in ambienti complessi o non strutturati. Inoltre, aumentare la semplicità e ridurre il numero di controllori necessari alla locomozione alleggerise una struttura di controllo che potrebbe richiedere complessità per ulteriori attività specifiche. L'obiettivo di questa tesi è ottenere un comportamento autonomo cedevole che si adatti alla conformazione dell'ambiente in cui il robot si sta spostando, accrescendo le capacità di locomozione del serpente robot. Sfruttando la cedevolezza intrinseca del serpente robot utilizzato in questo lavoro, il SEA Snake, e utilizzando un controllo che combina cedevolezza attiva ad una struttura di coordinazione che ammette una decentralizzazione variabile del robot, si dimostra come tre andature possano essere modificate per ottenere una locomozione efficiente in ambienti complessi non noti a priori o non modellabili.
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In questo elaborato di tesi ci si è occupati di riprogettare la testata del motore bicilindrico Twin Air del gruppo Fiat. La testata viene ridisegnata al fine di poter destinare questo motore, particolarmente leggero flessibile e dai bassi consumi, ad un uso aeronautico. In questa tesi si è appunto realizzata una nuova testata inserendovi 3 valvole, due di aspirazione e una di scarico, e 2 iniettori per cilinrdo. Una volta completato il disegno sono stati realizzati diversi test attraverso un software di simulazione. In particolare ci si è accertati che la camera di combustione realizzata possa resistere alle alte pressioni e temperature in gioco e che i fluidi scorrano al meglio all'interno dei condotti. Si sono utilizzati i risultati ottenuti per riprogettare iterattivamente la testa ed arrivare a un risultato finale soddisfacente.
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I materiali bioceramici, in base alla loro capacità d’interazione con l’osso e i tessuti del corpo umano, possono essere classificati in bioinerti e bioattivi. I materiali bioinerti, una volta impiantati, formano uno strato fibroso, non aderente, all’interfaccia con l’osso. Tale strato è una forma naturale di protezione che l’organismo adotta per isolare il materiale che viene, inizialmente, percepito come estraneo. Al contrario, i materiali bioattivi, una volta impiantati, mostrano una risposta biologica immediata, creando un legame attivo con l’osso e i tessuti nel quale vengono impiantati, favorendo e velocizzando la guarigione. La zirconia è un materiale ceramico altamente biocompatibile, definito come bioinerte per la sua scarsa capacità d’integrazione con l’osso ed i tessuti dell’organismo umano. Questa sua particolarità può, nel lungo termine, comprometterne la funzione fino ad arrivare, in alcuni casi, al totale malfunzionamento dell’impianto. Negli ultimi anni, diversi studi sono stati condotti con lo scopo di aumentare la capacità di biointegrazione della zirconia ed alcuni brevetti sono stati depositati. L’obiettivo del presente lavoro è quello di condurre un’analisi bibliografica ed una ricerca brevettuale sul tema dei coating bioattivi su zirconia per impianti dentali ed ortopedici. La necessità di condurre questo studio deriva dalla crescente richiesta di utilizzo della zirconia, in particolare, nel settore dentale. La zirconia rappresenta, infatti, ad oggi, il migliore candidato per la sostituzione dei metalli negli impianti dentali. Le buone proprietà meccaniche, l’eccellente biocompatibilità e l’aspetto estetico molto simile a quello dei denti naturali, rendono questo materiale particolarmente adatto a questo genere di applicazioni. La possibilità di rendere la sua superficie bioattiva rappresenta un importante miglioramento delle prestazioni in termini di biointegrazione, durabilità, sicurezza ed affidabilità.
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Durante la vita operativa di un aeromobile, gli elementi costitutivi possono essere soggetti a diverse tipologie di carichi. Questi carichi possono provocare la nascita e la propagazione di eventuali cricche, le quali una volta raggiunta una determinata dimensione possono portare alla rottura del componente stesso causando gravi incidenti. A tale proposito, la fatica costituisce uno dei fattori principali di rottura delle strutture aeronautiche. Lo studio e l’applicazione dei principi di fatica sugli aeroplani sono relativamente recenti, in quanto inizialmente gli aerei erano realizzati in tela e legno, un materiale che non soffre di fatica e assorbe le vibrazioni. I materiali aeronautici si sono evoluti nel tempo fino ad arrivare all’impiego dei materiali compositi per la costruzione degli aeromobili, nel 21. secolo. Il legame tra nascita/propagazione delle cricche e le tensioni residue ha portato allo sviluppo di numerose tecniche per la misurazione di queste ultime, con il fine di contrastare il fenomeno di rottura a fatica. Per la misurazione delle tensioni residue nei componenti metallici esistono diverse normative di riferimento, al contrario, per i materiali compositi, la normativa di riferimento è tuttora oggetto di studio. Lo scopo di questa tesi è quello di realizzare una ricerca e studiare dei metodi di riferimento per la misurazione delle tensioni residue nei laminati compositi, tramite l’approfondimento di una tecnica di misurazione delle tensioni residue, denominata Incremental Hole Drilling.
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La pianificazione e la gestione dei processi è diventata un elemento critico a causa della crescente complessità delle attività all’interno delle organizzazioni. Nell’era dell’impresa digitale, la gestione dei processi di businesss viene coadiuvata mediante l’utilizzo di sistemi software che sono in grado di gestire una grande quantità di informazioni ovvero i sistemi BPM. Il Business Performance Management è una disciplina gestionale che si occupa di descrivere e gestire i processi di business di una organizzazione. L’obiettivo della seguente tesi è verificare se il modello del processo realizzato precedentemente all’implementazione del sistema reale possa permettere una più dettagliata analisi del sistema e anticipare relative problematiche che talvolta si evincono solamente durante il mero sviluppo. Inoltre si vuole verificare se il modello realizzato in fase di discussione di un nuovo progetto cliente possa poi migliorare anche lo scambio di informazioni nel team di sviluppo. A supporto di questa tesi è stato sviluppato un caso di studio reale in una società di gestione del risparmio specializzata in fondi di investimento immobiliare. Inizialmente si è proceduto con una prima fase di raccolta dei requisiti dell’applicativo che si è conclusa con la realizzazione dei modelli creati utilizzando due linguaggi che sono il Business Process Model and Notation (BPMN) e il Decision Model and Notation (DMN); il medesimo applicativo è stato successivamente implementato seguendo i modelli realizzati. I tempi globali di sviluppo del sistema e la migliore comprensione del modello da parte del team di sviluppo hanno fatto evincere l’utilità della modellazione a fronte di maggiori giornate uomo. Inoltre è stata riscontata maggiore manutenibilità complessiva del sistema.
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La salvaguardia e conservazione del Patrimonio Artistico ed Architettonico rappresentano un aspetto imprescindibile di ogni cultura, e trovano le loro fondamenta nella coscienza e conoscenza dei Beni. Il rilievo è l’operazione basilare per acquisire una conoscenza rigorosa di un oggetto nella sua geometria e in altre sue caratteristiche. Le finalità delle operazioni di rilevamento sono molteplici, dall’archiviazione a scopo di documentazione fino all’indagine conservativa volta alla diagnostica e alla progettazione di interventi. I modelli digitali, introdotti dallo sviluppo tecnologico degli ultimi decenni, permettono una perfetta conoscenza del bene, non necessitano di contatto diretto durante la fase di rilevamento e possono essere elaborati secondo le esigenze del caso. Le tecniche adottate nel Reverse Engineering si differenziano per il tipo di sensore utilizzato: quelle fotogrammetriche utilizzano sensori di tipo “passivo” e trovano oggi largo impiego nel settore dei Beni Culturali grazie agli strumenti di Structure from Motion, mentre strumenti basati su sensori di tipo “attivo” utilizzano Laser o proiezione di luce strutturata e sono in grado di rilevare con grande precisione geometrie anche molto complesse. La costruzione del modello della fontana del Nettuno e della torre Garisenda di Bologna costituiscono un valido esempio di applicazione delle tecniche di rilievo digitale, e dimostrano la validità delle stesse su oggetti di diversa dimensione in due diversi ambiti applicativi: il restauro e il monitoraggio. Gli sviluppi futuri del Reverse Engineering in questo ambito sono molteplici, e la Geomatica rappresenta senza dubbio una disciplina fondamentale per poterli realizzare.
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Numerose osservazioni astrofisiche e cosmologiche compiute a partire dagli anni '30 confermano che circa il 26% dell'Universo è costituito da materia oscura. Tale materia ha la particolarità di interagire solo gravitazionalmente e, forse, debolmente: essa si presenta massiva e neutra. Tra le numerose ipotesi avanzate riguardanti la natura della materia oscura una delle più accreditate è quella delle WIMP (Weakly Interacting Massive Particle). Il progetto all'avanguardia nella ricerca diretta delle WIMP è XENON presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS). Tale esperimento è basato sulla diffusione elastica delle particelle ricercate su nuclei di Xeno: il rivelatore utilizzato è una TPC a doppia fase (liquido-gas). La rivelazione diretta di materia oscura prevede l'impiego di un rivelatore molto grande, a causa della piccola probabilità di interazione, e di ambienti a bassa radioattività naturale, per ridurre al minimo il rumore di fondo. Risulta necessario inoltre l'utilizzo di uno schermo attivo che individui particelle di alta energia, in particolare muoni cosmici, che possono produrre falsi segnali. È stato realizzato a tale scopo un sistema di Muon Veto composto da un grande cilindro d'acqua posto attorno alla TPC, equipaggiato con 84 fotorivelatori atti ad osservare i fotoni ottici emessi per effetto Čherenkov dai raggi cosmici. Il presente lavoro di tesi si colloca nell'ambito di un programma di simulazione Monte Carlo, creato per realizzare virtualmente l'esperimento XENON1T e per effettuare studi preliminari. Lo scopo di tale lavoro è stato quello di contribuire alla scrittura e alla verifica del codice di simulazione e allo studio di eventi di muoni cosmici da esso generati. L'analisi dati è stata effettuata scrivendo un programma in C++ in grado di analizzare i risultati forniti dal simulatore e di generare degli Event Display statici e dinamici per una visualizzazione efficace degli eventi.
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Lo scopo del presente lavoro è la realizzazione e l'ottimizzazione di un software che, tramite l'utilizzo di un controllo automatico Proporzionale-Integrativo-Derivativo: PID, gestisca la temperatura di un fornetto in camera a vuoto. È necessario che il sistema sia in grado di eseguire rampe regolari di temperatura di diversa pendenza scelta dall'utente, in modo che possa essere utilizzato in futuro per esperimenti di Desorbimento Termico da parte di vari materiali. La tesi è così suddivisa, nel primo capitolo sono illustrati i concetti teorici di base utilizzati nello sviluppo dei controlli automatici. Nel secondo capitolo è descritta la parte hardware: sono mostrate le diverse sezioni che compongono il fornetto e la camera a vuoto, è inoltre illustrato il cablaggio che permette l'interfaccia del forno alla scheda Arduino ed al software LabVIEW. La terza sezione è dedicata agli studi svolti per la realizzazione del sistema di controllo PID e per la sua ottimizzazione. Il quarto capitolo è invece dedicato alla descrizione del software creato per la gestione del fornetto. Nel quinto capitolo sono infine mostrati i metodi utilizzati per il calcolo delle costanti operative del PID ed i risultati sperimentali ottenuti.
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Quando si fa una ricerca su Internet con i motori di ricerca, tipo Google, lo scopo è quello di trovare tutte le pagine Web contenenti le parole richieste. Ancor di più, si vorrebbe avere la miglior risposta alla nostra richiesta tra le prime pagine lette, senza dover passare in rassegna tutte le migliaia di pagine che il motore di ricerca propone. Quello che riceviamo come risposta dal motore di ricerca, è infatti una lista lunghissima di pagine Web, contenenti le parole chiave e ordinate in base all’importanza. Nelle prime posizioni della lista troveremo le pagine più significative, mentre in fondo ci saranno quelle di meno rilevanza. In questa tesi affronteremo, appunto, il problema di classificazione, il quale non è basato su un giudizio umano, ma sulla struttura dei link del Web. Studieremo, per l’esattezza, il concetto di pagerank usato da Google e di conseguenza l’algoritmo, chiamato proprio PageRank, per classificare le pagine Web. Vedremo che il tutto si basa su un’equazione matematica, ossia sul calcolo dell’autovettore, relativo all’autovalore uguale a 1, di una certa matrice che rappresenta la rete Internet.
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Il mondo della produzione enologica è fortemente interessato all'individuazione di possibili alternative all'anidride solforosa, antiossidante usato in enologia che presenta problematiche di carattere allergenico ed igenico-sanitario. Tuttavia, il problema del controllo dell'ossidazione dei vini privi di anidride solforosa è una sfida tecnologica di grande complessità poichè i meccanismi ossidativi dipendono da numerosi fattori, tra i quali, la disponibilità d'ossigeno, la presenza di molecole polifenoliche, di metalli (Fe e/o Cu) ed altri composti costituvi dei vini. In questo lavoro si è voluto valutare l'effetto della combinazione tra l'approccio iperossidativo dei mosti e l'uso di chitosano, un polisaccaride di origine fungina, sull'evoluzione dei composti fenolici e fissi e dei paramentri ossidatividi vini ottenuti in assenza di SO₂. A tal fine, uve cv Sangiovese sono state ammostate secondo la tecnica della vinificazione in bianco e sottoposte a flottazione con aria in presenza di 80 g/HL di chitosano. Una tesi testimone è stata approntata predisponendo una vinificazione convenzionale, anch'essa flottata, aggiunta di 60 mg/L di SO₂ in cantina. In base ai dati ottenuti il KT ha mostrato un significativo effetto sul colore sia a seguito della flottazione che durante la stabilizzione e conservazione, attraverso due probabili meccanismi principali: 1. azione chelante sui metalli, che permette di proteggere il mosto durante la conservazione 2. effetto adsorbente del chitosano in grado di sequestrare i composti colorati bruni allontanandoli dalla massa. La flottazione tramite ossigeno e KT, ha permesso di influenzare considerevolmente il contenuto degli acidi organici. Attraverso le analisi condotte dei risultati ottenuti il chitosano dimostra di essere un potenziale valido sostituto all'anidride solforosa in enologia.
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Lactobacillus sakei è una specie altamente specializzata nella colonizzazione di prodotti a base di carne. Possiede un genoma relativamente ridotto nel quale, ad esempio, mancano le informazioni per la sintesi di 18 aminoacidi su 20, per i quali risulta dunque auxotrofo. La carne è quindi un substrato ottimale poiché tali aminoacidi sono facilmente disponibili. Una delle caratteristiche più interessanti di Lb. sakei, ed il motivo per cui viene largamente impiegato come coltura starter nell’industria dei salumi, è la sua capacità di permanere attivo e dominante per lungo tempo, anche quando le fonti principali di zuccheri sono esaurite. Inoltre tale microorganismo non è in grado di produrre sostanze dannose, come ad esempio le ammine biogene, ma bensì produce sostanze con attività antimicrobica: le batteriocine (sakacina). Questo elaborato ha costituito il primo tassello di un lavoro più ampio di selezione di ceppi di Lb. sakei da destinare all’utilizzo come colture starter. Sono state valutate alcune caratteristiche tecnologiche di ceppi di Lb. sakei, isolati da prodotti ottenuti tramite fermentazioni spontanee, e le loro performance sono state confrontate con ceppi di collezione e con un ceppo utilizzato a livello commerciale. In particolare si sono studiate le cinetiche di fermentazione a temperature diverse, variabili da 5°C a 40°C, e a differenti concentrazione di NaCl, da 0 a 8%. Per quanto riguarda la temperatura, tutti i ceppi sono stati in grado di sviluppare tra 5°C e 35°C, ma nessuno è riuscito a 40°C. I risultati hanno evidenziato una notevole variabilità delle performance fermentative tra 15 e 20°C. Per quanto riguarda la presenza di sale, tutti i ceppi sono cresciuti a tutte le concentrazioni di NaCl, anche a quella più elevata (8%), seppur con cinetiche diverse. Questi diversi pattern fermentativi, associati con altre caratteristiche che verranno valutate in futuro, determineranno i criteri di scelta per nuovi starter.