807 resultados para metastasi blastiche,proprietà meccaniche,nanoindentazione
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Si danno la definizione formale e alcune proprietà elementari della funzione zeta di Hasse-Weil. Si forniscono poi alcuni esempi di calcolo della stessa, in particolare si esaurisce il caso delle coniche affini.
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La Teoria di Densità Funzionale (DFT) e la sua versione dipendente dal tempo (TDDFT) sono strumenti largamente usati per simulare e calcolare le proprietà statiche e dinamiche di sistemi con elettroni interagenti. La precisione del metodo si basa su una serie di approssimazioni degli effetti di exchange correlation fra gli elettroni, descritti da un funzionale della sola densità di carica. Nella presente tesi viene testata l'affidabilità del funzionale Mixed Localization Potential (MLP), una media pesata fra Single Orbital Approximation (SOA) e un potenziale di riferimento, ad esempio Local Density Approximation (LDA). I risultati mostrano capacità simulative superiori a LDA per i sistemi statici (curando anche un limite di LDA noto in letteratura come fractional dissociation) e dei progressi per sistemi dinamici quando si sviluppano correnti di carica. Il livello di localizzazione del sistema, inteso come la capacità di un elettrone di tenere lontani da sé altri elettroni, è descritto dalla funzione Electron Localization Function (ELF). Viene studiato il suo ruolo come guida nella costruzione e ottimizzazione del funzionale MLP.
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La messa a punto di processi in grado di utilizzare le biomasse lignocellulosiche per la produzione di molecole piattaforma, utilizzabili per la sintesi di intermedi per la chimica fine, l’industria polimerica ed i combustibili, è attualmente un argomento di ricerca di grande interesse. Tra le molecole più studiate vi è la furfurale (FU), che si può ottenere mediante disidratazione dei monosaccaridi pentosi contenuti nei materiali lignocellulosici. Il prodotto di riduzione della furfurale, l’alcol furfurilico (FAL), è commercialmente interessante perché trova applicazione nell’industria polimerica e viene utilizzato come intermedio nella produzione di lisina, vitamina C, lubrificanti e agenti dispersanti. In letteratura sono riportati numerosi processi che permettono di ottenere questo prodotto, utilizzando la riduzione catalitica con H2 in pressione, che però presentano problemi di selettività, costo, sostenibilità e tossicità del catalizzatore utilizzato. La possibilità di effettuare la riduzione selettiva della furfurale senza fare ricorso all’idrogeno molecolare, utilizzando un processo di H-transfer e catalizzatori eterogenei a base di ossidi misti, risulta quindi di estremo interesse perché permette di eliminare i suddetti problemi. Lo scopo di questa tesi è stato quello di ottimizzare il processo, confrontando catalizzatori basici, quali MgO, CaO e SrO ottenuti tramite calcinazione a diverse temperature dei rispettivi precursori. In particolare, è stata valutata l’influenza che la temperatura di calcinazione, il tempo e la temperatura di reazione hanno sulla reattività e la stabilità dei sistemi catalitici sintetizzati. La caratterizzazione dei catalizzatori tramite diffrazione ai raggi X (XRD), analisi termiche (TGA, DTA) e misure di area superficiale con tecnica BET ha permesso di correlare le proprietà chimico-fisiche dei materiali con la loro attività catalitica.
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Lo studio del polimorfismo gioca un ruolo fondamentale in diversi ambiti di ricerca, con applicazioni importanti nel campo dei semi conduttori organici e dei farmaci, dovuto al fatto che i diversi polimorfi di una sostanza presentano proprietà chimico-fisiche distinte. Questo lavoro di tesi si è focalizzato sullo studio del polimorfismo del paracetamolo, principio attivo (API) di diversi farmaci molto utilizzati, attraverso l’utilizzo della microscopia Raman. La microscopia Raman è una tecnica efficace per l’indagine del polimorfismo di materiali organici ed inorganici, in quanto permette di monitorare la presenza di diverse fasi solide e le loro trasformazioni su scala micrometrica. Le differenze di struttura cristallina che caratterizzano i polimorfi vengono analizzate attraverso gli spettri Raman nella regione dei modi reticolari (10-150 cm^{-1}), le cui frequenze sondano le interazioni inter-molecolari, molto sensibili anche a lievi differenze di impaccamento molecolare. Con questa tecnica abbiamo caratterizzato le forme I, II, III (quella elusiva) e diverse miscele di fase di paracetamolo su campioni ottenuti con numerose tecniche di crescita dei cristalli. Per questa tesi è stato svolto anche uno studio computazionale, attraverso metodi Density Functional Theory (DFT) per la molecola isolata e metodi di minimizzazione dell’energia e di dinamica reticolare per i sistemi cristallini. Abbiamo inoltre verificato se il modello di potenziale di letteratura scelto (Dreiding [Mayo1990]) fosse adatto per descrivere la molecola di paracetamolo, le strutture dei suoi polimorfi e i relativi spettri vibrazionali.
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Il processo di localizzazione risponde all'esigenza dell'uomo di avere una percezione sempre più dettagliata e precisa del contesto in cui si trova, con l'intento di migliorare e semplificare l'interazione con oggetti e cose ivi presenti. L'idea attuale è quella di progettare sistemi di posizionamento con particolare riguardo agli ambienti indoor, caratterizzati da proprietà e densità di elementi che limitano fortemente le prestazioni dei consolidati sistemi di tracking, particolarmente efficienti in spazi aperti. Consapevole di questa necessità, il seguente elaborato analizza le prestazioni di un sistema di localizzazione sviluppato dall'Università di Bologna funzionante in tecnologia Ultra-Wide Bandwidth (UWB) e installato nei laboratori DEI dell'Alma Mater Studiorum con sede a Cesena. L'obiettivo è quello di caratterizzare l'accuratezza di localizzazione del sistema, suggerendo nuovi approcci operativi e de�finendo il ruolo dei principali parametri che giocano nel meccanismo di stima della posizione, sia in riferimento a scenari marcatamente statici sia in contesti in cui si ha una interazione dinamica degli oggetti con lo spazio circostante. Una caratteristica della tecnologia UWB è, infatti, quella di limitare l'errore di posizionamento nel caso di localizzazione indoor, grazie alle caratteristiche fisiche ed elettriche dei segnali, aprendo nuovi scenari applicativi favorevoli in termini economici, energetici e di minore complessità dei dispositivi impiegati.
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La TiO2 è uno dei materiali più studiati degli ultimi decenni. I motivi sono da ricercarsi nelle sue numerose applicazioni, possibili in molti campi come dispositivi fotovoltaici, depurazione da agenti inquinanti o filtraggio di raggi UV. Per le celle elettrochimiche in particolare, il biossido di titanio offre molti vantaggi, ma non è privo di ostacoli. Il limite principale è lo scarso assorbimento dello spettro visibile, dovuto all’energy gap elevato (circa 3.2 eV). La ricerca da diversi anni si concentra sul tentativo di aumentare l’assorbimento di luce solare: promettenti sono i risultati raggiunti grazie alla forma nanoparticellare della TiO2, che presenta proprietà diverse dal materiale bulk. Una delle strategie più studiate riguarda il drogaggio tramite impurità, che dovrebbero aumentare le prestazioni di assorbimento del materiale. Gli elementi ritenuti migliori a questo scopo sono il vanadio e l’azoto, che possono essere usati sia singolarmente che in co-doping. In questo lavoro abbiamo realizzato la crescita di nanoparticelle di V-TiO2, tramite Inert Gas Condensation. La morfologia e la struttura atomica sono state analizzate attraverso microscopia a trasmissione, analizzandone la mappe tramite image processing. Successivamente abbiamo studiato le proprietà di assorbimento ottico dei campioni, nello spettro visibile e nel vicino ultravioletto, attraverso il metodo della riflettanza diffusa, determinando poi il bandgap tramite Tauc Plot. L’esperimento centrale di questo lavoro di tesi è stato condotto sulla beamline ID26 dell’European Synchrotron Radiation Facility, a Grenoble. Lì, abbiamo effettuato misure XANES, allo scopo di studiare gli stati fotoeccitati del materiale. L’eccitazione avveniva mediante laser con lunghezza d’onda di 532 nm. Tramite gli spettri, abbiamo analizzato la struttura locale e lo stato di ossidazione del vanadio. Le variazioni indotta dal laser hanno permesso di capire il trasferimento di carica e determinare la vita media.
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Lo scopo di questa attività è approfondire le conoscenze sul processo di riempimento a caldo noto come nitro-hot-fill (NHF) utilizzato per contenitori in PET. Il nostro obiettivo è quello di simulare su scala di laboratorio il processo industriale al fine di ottimizzarne i parametri e aumentare la stabilità dei contenitori anche attraverso l’utilizzo di materie prime con caratteristiche migliorate utilizzando formulazioni adatte ai trattamenti a caldo. Il processo consiste nel riempimento della bottiglia ad una temperatura tra gli 80°/85°C, successivo al quale vi è l’iniezione di azoto al fine di evitare l’implosione durante il raffreddamento fino a temperatura ambiente. Questo settore del mercato è in forte crescita, molte bevande infatti hanno la necessità di un contenitore asettico; il processo di NHF ha il vantaggio di utilizzare il calore del prodotto stesso al fine di rendere la bottiglia sterile. Da qui nascono le criticità legate al processo, occorre prendere diversi accorgimenti al fine di rendere processabile in questo modo una bottiglia, infatti l’aumento di pressione interna dovuto all’iniezione di azoto si accompagna una temperatura vicina alla temperatura di transizione vetrosa. La nostra attività di ricerca ha focalizzato la propria attenzione sul design della bottiglia, sul processo di stiro-soffiaggio, sull’influenza dell’umidità assorbita nel PET, sul materiale utilizzato e su altri parametri di processo al fine di produrre contenitori in grado di resistere al riempimento NHF.
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Durante i trattamenti radioterapici dei pazienti oncologici testa-collo, le ghiandole parotidee (PGs) possono essere indebitamente irradiate a seguito di modificazioni volumetriche-spaziali inter/intra-frazione causate da fattori quali il dimagrimento, l’esposizione a radiazioni ionizzanti ed il morphing anatomico degli organi coinvolti nelle aree d’irraggiamento. Il presente lavoro svolto presso la struttura di Fisica Medica e di Radioterapia Oncologica dell’A.O.U di Modena, quale parte del progetto di ricerca del Ministero della Salute (MoH2010, GR-2010-2318757) “ Dose warping methods for IGRT and Adaptive RT: dose accumulation based on organ motion and anatomical variations of the patients during radiation therapy treatments ”, sviluppa un modello biomeccanico in grado di rappresentare il processo di deformazione delle PGs, considerandone la geometria, le proprietà elastiche e l'evoluzione durante il ciclo terapeutico. Il modello di deformazione d’organo è stato realizzato attraverso l’utilizzo di un software agli elementi finiti (FEM). Molteplici superfici mesh, rappresentanti la geometria e l’evoluzione delle parotidi durante le sedute di trattamento, sono state create a partire dai contorni dell’organo definiti dal medico radioterapista sull’immagine tomografica di pianificazione e generati automaticamente sulle immagini di setup e re-positioning giornaliere mediante algoritmi di registrazione rigida/deformabile. I constraints anatomici e il campo di forze del modello sono stati definiti sulla base di ipotesi semplificative considerando l’alterazione strutturale (perdita di cellule acinari) e le barriere anatomiche dovute a strutture circostanti. L’analisi delle mesh ha consentito di studiare la dinamica della deformazione e di individuare le regioni maggiormente soggette a cambiamento. Le previsioni di morphing prodotte dal modello proposto potrebbero essere integrate in un treatment planning system per metodiche di Adaptive Radiation Therapy.
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La tesi approccia in modo transdisciplinare biologia, architettura e robotica, con la finalità di indagare e applicare principi costruttivi attraverso l’interazione tra sciami di droni che depositano materiale fibroso su strutture gonfiabili di supporto. L’attenzione principale è nello sviluppo (attraverso un workflow computazionale che gestisce sciami di agenti costruttori) di una tettonica che integra struttura, spazio e ornamento all’interno dello stesso processo progettuale, il quale si sviluppa coerentemente dall’ideazione fino alla fabbricazione. Sono stati studiati modelli biologici quali le colonie di ragni sociali, i quali costruiscono artefatti di grandi dimensioni relativamente a quelle del singolo individuo grazie ad un’organizzazione coordinata ed emergente e alle proprietà dei sistemi fibrosi. L’auto-organizzazione e la decentralizzazione, insieme alle caratteristiche del sistema materiale, sono stati elementi indispensabili nell’estrapolazione prima e nella codificazione poi di un insieme di regole adatte allo sviluppo del sistema costruttivo. Parallelamente alla simulazione digitale si è andati a sviluppare anche un processo fisico di fabbricazione che, pur tenendo conto dei vincoli economici e tecnici, potesse dimostrarsi una prova di concetto e fattibilità del sistema costruttivo. Sono state investigate le possibilità che un drone offre nel campo della fabbricazione architettonica mediante il rilascio di fili su elementi gonfiabili in pressione. Il processo può risultare vantaggioso in scenari in cui non è possibile allestire infrastrutture costruttive tradizionali (es. gole alpine, foreste). Tendendo conto dei vincoli e delle caratteristiche del sistema di fabbricazione proposto, sono state esplorate potenzialità e criticità del sistema studiato.
Analisi termiche sull'impiego di materiali a cambiamento di fase (PCM) nelle pavimentazioni stradali
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Il presente lavoro di tesi mira a studiare l’utilizzo di aggregati artificiali (PLA) costituiti da aggregati leggeri (LWA) impregnati di materiali a cambiamento di fase (Phase-Change Materials, PCM) nei conglomerati bituminosi. L’obiettivo della tesi è quello di dimostrare che l’utilizzo di questi materiali nelle sovrastrutture stradali, grazie alla proprietà di cambiare fase (da solida a liquida e viceversa) in funzione della temperatura, induce una liberazione di calore. La conseguenza immediata dell’utilizzo di questi materiali è la ridotta necessità di manutenzione invernale, abbattendo i costi di ripristino della pavimentazione. Inoltre l’utilizzo di PLA non deve pregiudicare l’aspetto prestazionale e la vita utile dell’infrastruttura.
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La formazione del ghiaccio nelle nubi avviene prevalentemente per nucleazione eterogenea, grazie alla presenza di nuclei di ghiacciamento (Ice Nucleating Particles, INP), ovvero particelle di aerosol (prevalentemente polveri minerali) in grado di favorire la solidificazione di una gocciolina o il passaggio diretto dalla fase vapore alla fase ghiaccio. Recentemente, l'interesse si è esteso anche all'aerosol di tipo biologico (funghi, spore, etc.), in grado di agire come INP a temperature più elevate rispetto all'aerosol minerale. Il lavoro sperimentale di questa tesi, svolto presso il laboratorio del gruppo Nubi e Precipitazioni dell’ISAC-CNR di Bologna, ha avuto come obiettivo lo studio della capacità della cellulosa di agire come INP. Esso si inserisce in un’attività di ricerca internazionale dedicata allo studio degli INP (progetto Ice NUclei research unIT, INUIT, Germania). Il lavoro sperimentale ha riguardato la messa a punto di due diversi sistemi di generazione dell'aerosol di cellulosa, la caratterizzazione dimensionale delle particelle, la loro osservazione al microscopio elettronico e la preparazione dei filtri per le misure di INP. I risultati ottenuti hanno evidenziato che le proprietà nucleanti della cellulosa sono inferiori rispetto alle polveri minerali ma paragonabili ad altri materiali, come la cenere vulcania e l'aerosol marino. Quindi, in aree ricche di vegetazione o dove le polveri minerali non sono abbondanti, la cellulosa potrebbe costituire un importante materiale per la formazione del ghiaccio nelle nubi miste. Misure preliminari hanno evidenziato come le particelle di cellulosa con dimensioni inferiori a 0,5μm risultano meno attive nella nucleazione del ghiaccio rispetto a quelle di dimensioni maggiori. I risultati ottenuti sono stati presentati al Congresso PM2016 (Roma, 17-19 maggio 2016) e saranno presentati in un poster alla prossima European Aerosol Conference (Tours, Francia, 4-6 settembre 2016).
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I sistemi BCI EEG-based sono un mezzo di comunicazione diretto tra il cervello e un dispositivo esterno il quale riceve comandi direttamente da segnali derivanti dall'attività elettrica cerebrale. Le features più utilizzate per controllare questi dispositivi sono i ritmi sensorimotori, ossia i ritmi mu e beta (8-30 Hz). Questi ritmi hanno la particolare proprietà di essere modulati durante l'immaginazione di un movimento generando così delle desincronizzazioni e delle sincronizzazioni evento correlate, ERD e ERS rispettavamente. Tuttavia i destinatari di tali sistemi BCI sono pazienti con delle compromissioni corticali e non sono sempre in grado di generare dei pattern ERD/ERS stabili. Per questo motivo, negli ultimi anni, è stato proposto l'uso di tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva, come la tDCS, da abbinare al training BCI. In questo lavoro ci si è focalizzati sugli effetti della tDCS sugli ERD ed ERS neuronali indotti da immaginazione motoria attraverso un'analisi dei contributi presenti in letteratura. In particolare, sono stati analizzati due aspetti, ossia: i) lo studio delle modificazioni di ERD ed ERS durante (online) o in seguito (offline) a tDCS e ii) eventuali cambiamenti in termini di performance/controllo del sistema BCI da parte del soggetto sottoposto alla seduta di training e tDCS. Le ricerche effettuate tramite studi offline o online o con entrambe le modalità, hanno portato a risultati contrastanti e nuovi studi sarebbero necessari per chiarire meglio i meccanismi cerebrali che sottendono alla modulazione di ERD ed ERS indotta dalla tDCS. Si è infine provato ad ipotizzare un protocollo sperimentale per chiarire alcuni di questi aspetti.
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Questo lavoro di tesi mira ad indagare, a livello preliminare, quali siano i vantaggi e gli svantaggi a livello strutturale legati alla possibilità di realizzare componenti per mezzi spaziali con tecnologie di Rapid Prototyping direttamente nello spazio: questa possibilità verrà confrontata con il caso in cui gli stessi componenti siano realizzati a terra e poi inviati nello spazio con un lanciatore. Nonostante si siano riscontrati dei limiti derivanti dalla carenza di dati tecnici sulle caratteristiche meccaniche dei materiali, è stata sviluppata una metodologia che ha fornito l’opportunità, seppur con grandi approssimazioni, di valutare il problema. Il punto di partenza dell’attività è stato quello di visionare figure ed immagini di mezzi spaziali e di scegliere alcuni componenti che possano essere oggetto di manutenzione o sostituzione in volo. Sei componenti sono stati poi modellati al CAD, ed è stata condotta un’analisi ad elementi finiti (FEM) mediante il software MSC Patran/Nastran, con lo scopo di simulare la risposta strutturale nelle diverse condizioni di carico prese in considerazione. Seppur a livello qualitativo e del tutto preliminare, sono stati svolti dei confronti in termini di massa e tensioni per valutare in quali casi sembra sia conveniente realizzare un componente a terra con tecnologie tradizionali, e in quali sembra sia vantaggioso utilizzare nuove tecnologie di prototipazione rapida stampando direttamente il componente nello spazio.
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Lo scopo di questa tesi si articola in tre punti. In primo luogo, ci proponiamo di definire, sia in ambito analitico che in un contesto più algebrico e geometrico, la trasformata di Radon, di discutere la possibilità di un'eventuale generalizzazione a spazi non euclidei, e di presentare le sue proprietà più caratteristiche. In secondo luogo vogliamo dimostrare, sfruttando un collegamento di questa con la trasformata di Fourier, che la trasformata di Radon è un'applicazione iniettiva tra spazi funzionali e che è dunque invertibile, per poi descrivere uno dei possibili metodi formali di inversione. Accenneremo anche alle problematiche che insorgono nell'utilizzare l'antitrasformata di Radon in situazioni reali, e alle relative soluzioni. Infine, concluderemo la trattazione con una breve ma, ottimisticamente, delucidatrice, introduzione ad alcuni esempi di applicazione della trasformata di Radon a vari ambiti fisici e matematici.
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La tesi si prefigge di definire la molteplicità dell’intersezione tra due curve algebriche piane. La trattazione sarà sviluppata in termini algebrici, per mezzo dello studio degli anelli locali. In seguito, saranno discusse alcune proprietà e sarà proposto qualche esempio di calcolo. Nel terzo capitolo, l’interesse volgerà all’intersezione tra una varietà e un’ipersuperficie di uno spazio proiettivo n-dimensionale. Verrà definita un’ulteriore di molteplicità dell’intersezione, che costituirà una generalizzazione di quella menzionata nei primi due capitoli. A partire da questa definizione, sarà possibile enunciare una versione estesa del Teorema di Bezout. L’ultimo capitolo focalizza l’attenzione nuovamente sulle curve piane, con l’intento di studiarne la topologia in un intorno di un punto singolare. Si introduce, in particolare, l’importante nozione di link di un punto singolare.