210 resultados para di(2-etyyliheksyyli)fosforihappo


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In questo lavoro di tesi è presentata la misura con il rivelatore ALICE del flusso triangolare, v3, di pioni, kaoni e protoni prodotti in collisioni PbPb a LHC. Il confronto di v3 con le previsioni di modelli idrodinamici permette di vincolare maggiormente le assunzioni sulle condizioni iniziali del sistema presenti nei diversi modelli ed estrarre una stima maggiormente precisa delle proprietà del mezzo come la viscosità. La misura è effettuata nella regione di pseudorapidità centrale sui dati raccolti da ALICE nel 2010 e 2011 e utilizza una tecnica di identificazione basata sia sulla misura della perdita di energia specifica, con la camera a proiezione temporale (TPC), sia la misura della velocità con il sistema a tempo di volo (TOF). La combinazione di entrambe le tecniche permette di separare le diverse specie in un intervallo esteso di impulsi con elevata efficienza e purezza. Per la misura del piano di reazione è stato utilizzato il rivelatore VZERO che misura la molteplicità delle particelle cariche in una regione di pseudorapidità disgiunta da quella in cui è misurato v3. La misura ottenuta è confrontata con le previsioni di modelli idrodinamici attualmente più utilizzati.

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Il presente lavoro ha riguardato lo studio della trasformazione one-pot in fase gas di 1,2-propandiolo ad acido propionico, impiegando il pirofosfato di vanadile (VPP), (VO)2P2O7, e due differenti sistemi a base di bronzi di tungsteno con struttura esagonale (HTB), gli ossidi misti W1V0,3 e W1Mo0,5V0,1. Il processo richiede un catalizzatore con due differenti funzionalità: una acida, principalmente di tipo Brønsted, fornita nel VPP dai gruppi P-OH presenti sulla sua superficie, e negli HTB dai gruppi W-OH sulla loro superficie e dagli ioni H+ nei canali esagonali dell’ossido; e una ossidante, fornita nel VPP dal V, e negli HTB da V e Mo incorporati nella struttura esagonale. I risultati delle prove di reattività hanno consentito di dedurre gli aspetti principali dello schema della reazione one-pot di disidratazione-ossidazione dell’1,2-propandiolo ad acido propionico. I catalizzatori provati non possiedono la combinazione ottimale di proprietà acide e redox necessarie per ottenere elevate rese in acido propionico. Le scarse proprietà ossidanti portano a un accumulo di propionaldeide, che reagisce con l’1,2-propandiolo a dare diossolani, e inoltre dà luogo alla formazione di altri sottoprodotti. È perciò necessario incrementare le proprietà ossidanti del catalizzatore, in modo da accelerare la trasformazione della propionaldeide ad acido propionico, ed evitare quindi che le proprietà acide del catalizzatore, necessarie per compiere il primo stadio di disidratazione di 1,2-propandiolo, siano causa di reazioni parassite di trasformazione dell’aldeide stessa.

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Lo scopo di questa tesi di laurea è di presentare e documentare i risultati della tesi svolta in contesto aziendale presso la start-up "Marketcloud". L’obiettivo è stato quello di progettare, sviluppare e documentare una SDK REST in linguaggio Swift 2.1 per interfacciare eventuali future applicazioni iOS con le API Marketcloud. Viene fornita una panoramica sulla start-up in questione, sul linguaggio Swift, sulle motivazioni dietro lo sviluppo dell’SDK e sulle varie fasi di progettazione e sviluppo di quest’ultima. Tutto il lavoro in questione è documentato e reperibile sul repository Github di riferimento all'indirizzo https://github.com/Marketcloud/marketcloud-swift-sdk.

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La presente attività di tesi è stata svolta presso la Divisione di Sicurezza Nucleare dell’ENEA di Bologna ed è stata finalizzata ad analizzare, mediante il codice MELCOR 2.1, le conseguenze di tre incidenti severi non mitigati di tipo LBLOCA in un generico reattore nucleare ad acqua leggera pressurizzata (PWR) da 900 MWe. In particolare sono stati confrontati gli scenari incidentali relativi a tre distinti eventi iniziatori nel circuito di refrigerazione primario: la rottura a ghigliottina della gamba fredda (CL) del loop 1, della gamba calda (HL) del loop 1 e della surge line di connessione con il pressurizzatore. Le analisi MELCOR hanno indagato la progressione incidentale in-vessel, con particolare riferimento alle fenomenologie termoidrauliche e di degradazione del core. MELCOR infatti è un codice integrato che simula le principali fenomenologie riguardanti sequenze incidentali di tipo severo in reattori ad acqua leggera. Durante la prima fase dei tre transitori incidentali risultano predominanti fenomenologie di carattere termoidraulico. In particolare MELCOR predice la rapida depressurizzazione e il conseguente svuotamento del sistema di refrigerazione primario. I tre transitori sono poi caratterizzati dallo scoprimento completo del core a causa dell’indisponibilità del sistema di refrigerazione di emergenza. Il conseguente riscaldamento del core per il calore di decadimento e per ossidazione delle strutture metalliche conduce inevitabilmente alla sua degradazione e quindi al fallimento della lower head del recipiente in pressione del reattore nei tre scenari incidentali in tempi diversi. Durante la prima fase incidentale, di carattere prevalentemente termoidraulico, sono state rilevate le principali differenze fenomenologiche causate dalle differenti posizioni e dimensioni delle rotture. Il transitorio causato dalla rottura della CL si è confermato come il più gravoso, con fallimento anticipato della lower head rispetto agli altri due transitori considerati.

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Questo lavoro di tesi studia e analizza le prestazioni di applicazioni basate sui protocolli HTTP/2 e WebSocket, affrontando, anche in maniera sperimentale, due differenti tecniche: polling e push.

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La società civile pone oggi particolare attenzione al tema della sostenibilità ambientale, di qui la crescente necessità di progettare e sviluppare imballaggi ecosostenibili e/o biodegradabili con elevate prestazioni. I materiali polimerici, in particolare i poliesteri, presentano sicuramente una valida soluzione. Un monomero proveniente da fonti rinnovabili che consente la realizzazione di polimeri dalle eccellenti proprietà meccaniche e barriera è l'acido 2,5-furandicarbossilico. Tuttavia, i poliesteri furan-based non possiedono le caratteristiche di biodegradabilità desiderate, inoltre sono materiali duri e fragili e quindi non idonei per l’imballaggio flessibile. In tale contesto si inserisce il presente lavoro di tesi che ha come scopo la realizzazione di un nuovo poli(estere uretano) multiblocco a base di acido 2,5-furandicarbossilico, caratterizzato da proprietà migliorate rispetto all’omopolimero di partenza (poli(esametilene 2,5-furanoato)), il quale presenti una maggiore velocità di degradazione, combinata con un comportamento meccanico elastomerico, e eccellenti proprietà barriera. Per questo sono state prese in considerazione due diverse unità copolimeriche: una cosiddetta “hard” il poli(esametilene 2,5-furanoato) e l’altra “soft” il poli(trietilene 2,5-furanoato). L’alternanza di queste due porzioni ha permesso di realizzare un copolimero tenace, con un’elevata temperatura di fusione (dovuta all’elevato grado di cristallinità del segmento hard), e con un basso modulo elastico ed un elevato allungamento a rottura (tipici invece del segmento soft). I risultati ottenuti hanno evidenziato come la copolimerizzazione abbia aumentato la flessibilità del materiale, la velocità di degradazione, entrambi grazie al ridotto grado di cristallinità. Infine il copolimero presenta eccellenti proprietà barriera, grazie alla presenza di una fase bidimensionale ordinata (mesofase).

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Lo scopo della tesi è lo studio di fotoreazioni di cicloaddizione [2 + 2] in stato solido mediante l’utilizzo di tecniche di spettroscopia vibrazionale Raman e IR. La nostra attenzione si è focalizzata su processi di sistemi organici del tipo “crystal to crystal” (CC) o “single crystal to single crystal” (SCSC), che avvengono con la trasformazione del cristallo del reagente in quello del prodotto. Argomento principale del lavoro di tesi sono i cristalli dei sali di bromuro e cloruro dell’acido 4-ammino-trans-cinnamico, che dimerizzano sotto irraggiamento UV. Il lavoro fa parte di un progetto di ampio respiro svolto in collaborazione con ricercatori del Dipartimento di Chimica “G. Ciamician”, che coinvolge anche cristalli misti dei due sali. Lo studio condotto da loro mediante misure di diffrazione ai raggi X ha stabilito che il processo in esame è del tipo SCSC. L’indagine in microscopia Raman su cristallo singolo si è prefissa di analizzare, in funzione del tempo di irraggiamento, l’evoluzione dello spettro delle vibrazioni sia intramolecolari che reticolari, ottenendo in una stessa misura informazioni sulla trasformazione chimica e su quella di reticolo. A differenza di quanto avviene in processi di dimerizzazione CC con ricostruzione di fase, si è constatato che reazione chimica e cambio di reticolo avvengono in modo parallelo e simultaneo. Inoltre si è osservato che lo spettro delle vibrazioni reticolari evolve senza soluzione di continuità da quello della fase reagente a quello della fase prodotto. Questo è un risultato interessante, di un fenomeno mai osservato prima nello studio Raman di reazioni in stato solido. L’analoga indagine IR su polveri, che si limita alla vibrazione intermolecolare, ha permesso di ricavare la legge cinetica della reazione. Lo stesso metodo di indagine spettroscopica è stato applicato anche alla fotodimerizzazone con meccanismo [2 + 2] dell’acido trans-3-(2-furil)acrilico, processo interessante dal punto di vista industriale.

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Questo progetto di tesi sperimentale è incentrato sulla sintesi di un copolimero multiblocco alifatico/aromatico a partire da reagenti aventi origine da fonti rinnovabili. L’applicazione proposta per il prodotto è nell’ambito del packaging sostenibile. E’ stato prima sintetizzato il poli(pentametilene furanoato) idrossil-terminato (PPeF-OH) a partire dall’acido 2,5-furandicarbossilico; esso è stato poi sottoposto ad una reazione di estensione di catena con acido poli-L-lattico (PLLA) parzialmente depolimerizzato. L’innovativa strategia di sintesi utilizzata è in linea con i principi della green chemistry, partendo da building block bio-based ed evitando l’uso di solventi. Il copolimero finale, definito P(LLA50PeF50)-CE, è stato caratterizzato dal punto di vista molecolare, strutturale e termico attraverso, rispettivamente, analisi NMR e GPC, WAXS, TGA e DSC. Sono state anche effettuate prove a trazione, test delle proprietà barriera e valutazione della compostabilità. I risultati dimostrano che la stabilità termica del PLLA è stata migliorata, determinando anche un allargamento della finestra di processabilità del materiale; la rigidità e la fragilità del PLLA sono state ridotte, rendendo il nuovo materiale idoneo alla realizzazione di film per imballaggi flessibili. La permeabilità all’ossigeno del PLLA è stata migliorata del 40% circa e un analogo miglioramento è stato riscontrato anche rispetto all’anidride carbonica. Infine, la compostabilità del PLLA non è stata compromessa.

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Il 5-idrossimetilfurfurale (HMF) è una delle principali molecole piattaforma ricavabili da biomassa e può essere trasformato, con diversi processi, in altre molecole utili, tra cui il 2,5-bis(idrossimetil)furano (BHMF), utilizzato nel campo dei polimeri come precursore, e ottenibile tramite reazione di idrogenazione. L’idrogenazione elettrocatalitica dell’HMF è una via sostenibile per ottenere BHMF che opera a temperatura e pressione ambiente, utilizzando acqua come solvente e sorgente di idrogeno, evitando l’utilizzo di H2 gassoso. Per catalizzare la reazione vengono utilizzate schiume di rame con alta area superficiale che possono essere ricoperte con fase attiva a base di argento per aumentarne l’attività. In questo lavoro, viene realizzato e studiato un nuovo tipo di elettrocatalizzatore a base di ceria elettrodepositata su schiuma di rame, con l’obiettivo di replicare o migliorare i risultati ottenuti con i catalizzatori Ag/Cu. Le prestazioni dei catalizzatori dei catalizzatori Ce/Cu sono state studiate in soluzioni di HMF 0,05 M, 0,10 M e 0,50 M e confrontate con schiume Ag/Cu e Cu bare. I catalizzatori a base di Ce dimostrano la capacità di convertire selettivamente HMF in BHMF. A 0,05 M i catalizzatori Ag/Cu si sono dimostrati i migliori per conversione, selettività, efficienza faradica e produttività, invece, i catalizzatori Ce/Cu forniscono risultati migliori rispetto alla schiuma di rame in termini di selettività e produttività, che risulta comparabile con quello dei catalizzatori Ag/Cu. A 0,10 M i catalizzatori Ce/Cu riescono a migliorarsi in termini di conversione e a superare i catalizzatori Ag/Cu in produttività, grazie al minore tempo di reazione impiegato. All’aumentare della concentrazione di HMF, comunque, i risultati di selettività dei catalizzatori Ce/Cu diminuiscono ma rimangono in linea con quelli ottenuti con i catalizzatori Ag/Cu.

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Oggigiorno l'individuazione diagnostica precoce della SARS-CoV-2 attraverso tamponi molecolari è fondamentale per interrompere la trasmissione del virus. Tuttavia, il monitoraggio della diffusione virale attraverso il test standard di RT-qPCR individuale comporta un elevato costo per ciascun tampone nasofaringeo analizzato e i reagenti chimici per l’estrazione dell’RNA virale sono sempre meno disponibili. Per ovviare a tali ostacoli, è stata ripresa la tecnica di group testing, sviluppata per la prima volta da Dorfman nel 1943 per individuare i soggetti affetti da sifilide prima del loro arruolamento. Questa strategia minimizza il numero di test condotti su un insieme di campioni: se un gruppo di n campioni risulta negativo, allora la condizione di ciascuno di essi è stata determinata mediante un solo test invece che con n test individuali. Negli ultimi due anni sono state sviluppate strategie in grado di migliorare le prestazioni del test di gruppo: per scenari a bassa prevalenza l’algoritmo dell’ipercubo rileva un singolo campione positivo in pool con dimensioni fino a 100 campioni attraverso due o più turni di test; invece, il P-BEST utilizza un solo turno di analisi, ma le dimensioni massime dei pool sono più ridotte. Per scenari ad alta prevalenza (10%) il team italiano dell’Università di Bologna ha progettato un metodo che identifica e rileva i membri infetti con un solo turno di test. Tuttavia, affinché il group testing sia efficace come l’analisi individuale dei tamponi molecolari, è necessario minimizzare l’effetto di diluizione, correlato alla dimensione del pool e causa di insorgenza di falsi negativi, nonché di un calo nella sensibilità nei test. I dati ottenuti da questi studi hanno dimostrato che questa strategia offre grandi potenzialità. Essa è essenziale per le indagini di routine della popolazione e concede vantaggi amplificati soprattutto se vengono testati soggetti quotidianamente in contatto tra loro, come famiglie o colleghi di lavoro.

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Il Worldwide LHC Computing Grid (WLCG) è una collaborazione internazionale costituita da decine di centri di calcolo distribuiti globalmente, la cui missione consiste nell'elaborazione delle grandi quantità di dati prodotti dai maggiori esperimenti di Fisica delle Alte Energie, in particolare quelli al CERN di Ginevra. Uno di questi centri di calcolo è ospitato presso il CNAF dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare a Bologna, che contribuisce anche allo sviluppo di middleware per la gestione dell'infrastruttura. Molti componenti di tale middleware, che hanno funzionalità e scopi diversi, richiedono un servizio di autorizzazione versatile e compatibile con i meccanismi di autenticazione attualmente in uso, basati su token OAuth 2.0 e su certificati VOMS Proxy. In questa tesi si analizzerà l'architettura e l'implementazione di un proof-of-concept di un sistema di autorizzazione che soddisfi queste necessità, enfatizzando l'integrazione delle tecniche di autenticazione citate. Per dimostrare la sua versatilità, verrà illustrato il processo di interfacciamento con un componente middleware attualmente in sviluppo al CNAF. Il risultato finale ottenuto è un sistema che rispetta i vincoli richiesti e si integra facilmente con servizi eterogenei.

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Nel seguente lavoro di tesi sperimentale è stato svolto uno studio su film di poli(esametilen furanoato) additivato con filler antiossidanti estratti da una materia prima lignocellulosica, la corteccia di betulla. Tale studio ha lo scopo di incrementare le proprietà meccaniche e soprattutto conservative dei film di PHF per applicazioni nel campo del packaging alimentare. Il poli(esametilen furanoato) è un poliestere i cui monomeri di sintesi possono essere ottenuti da fonti rinnovabili, tale caratteristica lo rende completamente bio-based e di elevato interesse per l’ottenimento di materiali sostenibili. Nella fase iniziale dello studio è stato sintetizzato il polimero in esame tramite una sintesi di tipo solvent-free, in accordo con le attuali strategie sintetiche che mirano a ridurre l’impatto del solvente. Tale polimero è stato quindi caratterizzato tramite NMR e GPC. Sono state poi preparate quattro miscele di polimero additivato, due differenti composizioni per ciascuno dei due filler disponibili. Le miscele sono state preparate tramite solvent casting e in seguito stampate tramite pressofusione per ottenere dei film. È stata svolta una caratterizzazione dei film ottenuti, di tipo morfologica (SEM), termica (TGA e DSC), meccanica, comportamento barriera e con analisi antiossidanti. I filler hanno mostrato una buona miscibilità con l’omopolimero e non hanno causato interferenze nel comportamento termico. È stato osservato un miglioramento nella flessibilità dei film in tutte le miscele studiate e un aumento dell’allungamento a rottura nelle composizioni con quantità di filler pari al 5%. Le proprietà barriera si sono mantenute in linea con quelle dell’omopolimero e ancora migliori dei poliesteri attualmente in commercio. Infine, l’aggiunta del filler ha reso il film attivo per lo scavenging di radicali, valutato attraverso il test con DPPH, confermando il trasferimento delle proprietà antiossidanti dei filler alle miscele polimeriche.

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L’elaborato di tesi discute del progetto di integrazione tra ROS 2, framework open-source per lo sviluppo di applicazioni robotiche, e VxWorks, sistema operativo in tempo reale (RTOS), attraverso l’utilizzo di container OCI compliant su VxWorks. L’integrazione è stata svolta all’interno dello stack software di IMA (Industria Macchine Automatiche). Il progetto ha dunque integrato ROS 2 Humble e VxWorks 7 permettendo l’utilizzo di costrutti software di ROS 2 su dei container in esecuzione a livello User su VxWorks. Successivamente è stata creata una applicazione di pick and place con un robot antropomorfo (Universal Robots Ur5e) avvalendosi di ROS 2 Control, framework per l’introduzione e gestione di hardware e controllori, e MoveIt 2, framework per incorporare algoritmi di motion-planning, cinematica, controllo e navigazione. Una volta progettata l’applicazione, il sistema è stato integrato all’interno dell’architettura di controllo di IMA. L’architettura a container VxWorks di IMA è stata estesa per il caso ROS 2, la comunicazione tra campo e applicazione ROS 2 è passata tramite il master EtherCAT e il modulo WebServer presenti nell’architettura IMA. Una volta eseguito il container ROS 2 posizione e velocità dei servo motori sono stati inviati tramite al WebServer di IMA sfruttando la comunicazione VLAN interna. Una volta ricevuto il messaggio, il WebServer si è occupato di trasferirlo al master EtherCAT che in aggiunta si è occupato anche di ottenere le informazioni sullo stato attuale del robot. L’intero progetto è stato sviluppato in prima battuta in ambiente di simulazione per validarne l’architettura. Successivamente si è passati all’installazione in ambiente embedded grazie all’ausilio di IPC sui quali è stato testato l’effettivo funzionamento dell’integrazione all’interno dell’architettura IMA.

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Per garantire la sicurezza di tutte le operazioni in volo (avvicinamento, decollo, holding, ecc..) il decreto legge del 15 marzo del 2006 n. 151 ha imposto la redazione di opportune cartografie basate sul Regolamento ENAC per la Costruzione e l’Esercizio degli Aeroporti e sulla normativa internazionale ICAO così da poterle annettere agli Strumenti Urbanistici del territorio e governare lo sviluppo delle costruzioni. La sicurezza delle operazioni in volo è garantita attraverso delle Superfici di Delimitazione Ostacoli che impongono dei vincoli plano-altimetrici nelle aree limitrofe agli Aeroporti, quindi costruzioni, alberi e lo stesso terreno non devono forare queste superfici altrimenti diventerebbero “Ostacoli” alla navigazione aerea. Per gli ostacoli già presenti sono definiti dei provvedimenti da adottarsi in funzione della superficie che questi forano: potranno essere abbattuti se ricadenti in aree critiche come in prossimità delle piste oppure essere segnalati in mappe in uso ai piloti e anche con segnali visivi posizionati sugli stessi. Per quanto riguarda le future costruzioni, queste non potranno mai diventare Ostacolo in quanto sarà obbligatorio rispettare i vincoli plano-altimetrici. La tesi di laurea in questione vuole illustrare come si è arrivati alla redazione delle sopraccitate mappe nel caso specifico dell'Aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna; sono analizzate nel primo capitolo le caratteristiche fisiche degli Aeroporti per acquisire una certa padronanza su termini tecnici che compaiono nei capitoli successivi (è inoltre presente un glossario). Nel secondo capitolo è individuato il percorso normativo che ha portato alla redazione dell’ultima revisione al Codice della Navigazione. Il capitolo 3 introduce le superfici di delimitazione ostacoli secondo quanto esposto nel Regolamento per la Costruzione e l’Esercizio degli Aeroporti di ENAC; il capitolo 4 è dedicato al lay-out dell’Aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna. Infine la tesi si conclude con il capitoli 5 nel quale sono esposte le fasi e le metodologie usate per la realizzazione delle planimetrie e con il capitolo 6 in cui si discute delle problematiche sorte a causa dell’orografia del territorio che deve tenersi nella giusta considerazione per la definizione dei suddetti vincoli aeronautici.

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Tra i temi di attualità, quello del risparmio energetico è tra i più dibattuti negli ultimi anni; tale tema è strettamente correlato al problema del riscaldamento globale, infatti, mentre sul prossimo esaurimento delle risorse energetiche tradizionali non vi sono ancora certezze assolute, per quanto riguarda l’azione nociva dei gas serra, la Comunità Scientifica Internazionale si ritrova d’accordo su una netta presa di posizione contro l’emissione di tali sostanze, provocata in larga parte dall’utilizzo dei combustibili fossili. In questo contesto, l’Unione Europea sta promuovendo la diffusione di tecnologie che non prevedano l’utilizzo di gas, petrolio o carbone, soprattutto per il settore dell’edilizia, ove una corretta progettazione e l’utilizzo di tecnologie non convenzionali può portare alla riduzione anche dell’80% dei consumi, con conseguente abbattimento delle emissioni. Tra questi interventi innovativi, il più comune e conosciuto è sicuramente quello del solare termico e fotovoltaico; ma ne esistono anche di altri, ancora non molto pubblicizzati in Italia, ma ampiamente conosciuti e utilizzati in altri paesi dell’Unione. Tra questi, vi è il sistema di riscaldamento analizzato in questa tesi: la pompa di calore geotermica. Tale sistema, come verrà spiegato nell’elaborato di laurea, ha indubbi vantaggi economici, energetici ed ambientali, a fronte di una non trascurabile spesa iniziale. Attualmente, nel Nord Italia, si incominciano a vedere impianti di questo tipo, sulla scia del successo riscontrato nei paesi confinanti (in particolare Austria e Svizzera). La progettazione si basa attualmente su modelli statici, sviluppati dall’Università Svizzera del Canton Ticino, per l’utilizzo della pompa di calore nel territorio alpino. Obiettivo della tesi, è la verifica di tali modelli, di cui si è venuto a conoscenza grazie alla collaborazione con l’Università SUPSI, sulle condizioni idrogeologiche della Pianura Padana, soffermandosi su alcuni parametri fondamentali della progettazione di una pompa di calore geotermica, quali la conduttività e la capacità termica volumetrica dei terreni incontrati, la presenza di falde, ed i parametri geometrici del pozzo, al fine di dare una valutazione tecnica ed economica dell’impianto. Tali analisi è stata infatti fino ad ora affrontata in maniera sommaria dai perforatori, che eseguono generalmente sempre lo stesso modello di pozzo geotermico, sulla base degli esempi consolidati di Svizzera e Germania. Alcune misure di temperatura in situ sono state rilevate in collaborazione con la società Geotermia SRL di Mantova, ditta specializzata nella perforazione di pozzi geotermici (tale esperienza è parte centrale dell’estratto “Laboratorio di Tesi Ls”), mentre la parte modellistica della tesi è stata sviluppata in collaborazione con lo studio di progettazione Studio Seta SRL di Faenza, il cui stabile è climatizzato in parte con una pompa di calore geotermica.