807 resultados para Progettazione esecutiva sostenibilità edilizia


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Questo lavoro di tesi si propone di verificare la validità della nuova specifica tecnica UNI/TS 11300-Parte 3, riguardante i consumi energetici degli edifici nella stagione estiva. Pertanto tale specifica tecnica, ancora in fase d’inchiesta pubblica, è stata applicata ad un caso reale, quale un complesso di edifici ad uso terziario, con il duplice obiettivo di analizzarne lo specifico metodo di calcolo e di comprovarne l’efficacia. Nel corso dello studio, prendendo in esame nella parte introduttiva argomenti quali i consumi in edilizia, gli aspetti normativi e le modalità di produzione del freddo, si è giunti infine a calcolare il fabbisogno di energia primaria per il raffrescamento del complesso di riferimento, e nella parte conclusiva sono state fornite indicazioni su eventuali modifiche da apportare alla normativa per ridurre i consumi.

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La presente tesi tratta delle analisi di sicurezza delle intersezioni sia esistenti, sia di nuova progettazione. Nel primo capitolo vengono definite le intersezioni secondo il D.M. 19-04-06 “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle intersezioni stradali”. Sono descritte le manovre possibili, le problematiche ed i punti di conflitto che si vengono a creare durante l’attraversamento, definendo le varie tipologie. Successivamente si affronta una classificazione tipologica delle intersezioni rappresentando per mezzo di una matrice simbolica tutti i possibili nodi. Questi vengono suddivisi in base alla possibilità di connessione. Ampio spazio è dato alla descrizione dell’intersezione a raso dove vengono esaminate le caratteristiche geometriche tra cui le configurazioni delle corsie e le tipologie di isole divisionali. Vengono esaminate le particolarità dell’intersezione semaforizzata definendo il ciclo semaforico e gli elementi che lo compongono, la fasatura, il livello di servizio (LOS), il ritardo, definendo gli elementi che lo compongono per mezzo di formule empiriche. Nella seconda parte del capitolo viene descritta l’intersezione a rotatoria in base al D.M. 19-04-06. Inizialmente si introduce l’argomento con nozioni storiche a carattere informativo, quindi si da una classificazione generale degli elementi che la caratterizzano. Viene descritta l’isola divisionale spiegandone la tipologia costruttiva e rappresentando i parametri di classificazione geometrica. A titolo di esempio sono state inserite varie rappresentazioni di rotatorie suddivise per tipologie costruttive. Nell’ultima parte viene affrontato l’elemento rotatoria definendo la distanza di visibilità e i criteri per il calcolo della capacità. Il secondo capitolo parla delle analisi di sicurezza delle intersezioni. Inizialmente viene descritta la circolare 3699 “Linee guida per le analisi di sicurezza delle strade” definendo il concetto di analisi di sicurezza ed esaminando le differenze tra le due tipologie di analisi: Road safety review e Road safety audit. In seguito si descrivono gli obbiettivi dell’analisi di sicurezza, vantaggi e svantaggi e la valutazione dell’approccio concettuale. Viene descritta più approfonditamente la tipologia del Road safety review evidenziando l’utilità, gli elementi che la caratterizzano, le figure professionali che prendono parte a queste analisi con le azioni che devono seguire. Dopo si analizzano i criteri per affrontare gli studi sulla sicurezza e le fasi per le procedure di analisi. Si procede con la descrizione di una tipologia di ispezione, analizzando le problematiche e la stesura del rapporto di analisi con la descrizione dei tempi di attuazione. Nella parte centrale del capitolo viene descritta la direttiva del parlamento europeo e del consiglio sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali con i relativi obbiettivi che si prefigge. Vengono riportati i 13 articoli che si compone con i relativi 4 allegati inerenti a: - Valutazione di impatto sulla sicurezza; - Audit della sicurezza stradale; - Gestione dei tratti stradali ad alto rischio, gestione della sicurezza della rete e ispezione di sicurezza; - Dati che devono figurare nelle relazioni di incidenti. L’ultimo argomento preso in esame riguarda le norme per gli interventi di adeguamento delle strade esistenti. Vengono descritte le categorie di intervento e gli obbiettivi da raggiungere distinguendoli in obbiettivi prestazionali, di funzionalità operativa e sicurezza della circolazione. Vengono affrontate le caratteristiche e le differenze tra interventi strutturali e non strutturali con i relativi obbiettivi valutando gli effetti che si ottengono dall’adeguamento delle strade. Successivamente vengono descritte le campagne di monitoraggio con le relative procedure e tempistiche. Infine si valutano le responsabilità degli interventi. Nel capitolo 3 viene descritta l’analisi dello stato di fatto. Si è proceduto con la classificazione della infrastruttura descrivendo i tratti di strada interessati dall’intervento ed utilizzando delle foto per individuare alcune problematiche emerse nell’intersezione. Utilizzando l’elaborato “azzonamento del territorio comunale di Carpi” è stata descritta la zona oggetto di studio. Poi con la macroclassificazione del territorio con scala 1:10000 viene mostrato graficamente il territorio urbanizzato, in corso di urbanizzazione e a destinazione urbana. L’ultimo elaborato preso in esame riguarda la classificazione acustica del territorio. Infine si è proceduto con l’analisi del traffico e di incidentalità. Utilizzando i dati rilevati dalla polizia municipale del comune di Carpi sono stati costruiti i grafici e studiati gli andamenti nel periodo di tempo di riferimento dal 2000 al 2008. Utilizzando poi i dati dei flussi di traffico si sono analizzati le tipologie e i volumi di traffico nell’intersezione. Nell’ultimo capitolo viene studiato il Road safety review dell’intersezione. Si procede con una descrizione generale dell’intersezione, e si prosegue poi con l’individuazione delle problematiche lungo il tracciato. Inizialmente sono state scattate numerose foto nella zona interessata poi sono state divise per tipologia di problema. Per ogni problema si è cercato una soluzione descrivendo e motivando la scelta. Nelle conclusioni si sono descritti i risultati ottenuti nell’analisi di sicurezza elencando le principali raccomandazioni emerse dall’analisi.

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ABSTRACT Il presente lavoro vuole introdurre la problematica del rigonfiamento del terreno a seguito di grandi scavi in argilla. Il sollevamento del terreno dopo lo scavo può passare inosservato ma sono numerosi i casi in cui il rigonfiamento dura per molti anni e addirittura decenni, Shell Centre, London, Lion Yard, Cambridge, Bell Common, London, ecc. Questo rigonfiamento il più delle volte è impedito dalla presenza di fondazioni, si genera quindi una pressione distribuita che se non considerata in fase di progetto può portare alla fessurazione della fondazione stessa. L’anima del progetto è la modellazione e l’analisi del rigonfiamento di grandi scavi in argilla, confrontando poi i risultati con i dati reali disponibili in letteratura. L’idea del progetto nasce dalla difficoltà di ottenere stime e previsioni attendibili del rigonfiamento a seguito di grandi scavi in argilla sovraconsolidata. Inizialmente ho esaminato la teoria e i fattori che influenzano il grado e la velocità del rigonfiamento, quali la rigidezza, permeabilità, fessurazione, struttura del suolo, etc. In seguito ho affrontato lo studio del comportamento rigonfiante di argille sovraconsolidate a seguito di scarico tensionale (scavi), si è evidenziata l’importanza di differenziare il rigonfiamento primario e il rigonfiamento secondario dovuto al fenomeno del creep. Il tema centrale del progetto è l’analisi numerica tramite Flac di due grandi scavi in argilla, Lion Yard, Cambridge, e, Bell Common, London. Attraverso una dettagliata analisi parametrica sono riuscito a trovare i migliori parametri che modellano il comportamento reale nei due casi in esame, in questo modo è possibile arrivare a stime e previsioni attendibili del fenomeno rigonfiante del terreno a seguito di grandi scavi. Gli scavi modellati Lion Yard e Bell Common sono rispettivamente in Gault Clay e London Clay, grazie a famosi recenti articoli scientifici sono riuscito a evidenziare la principali propietà che diversificano i due terreni in esame, tali propietà sono estremamente differenti dalle normali caratteristiche considerate per la progettazione in presenza di terreno argilloso; sono così riuscito a implementare i migliori parametri per descrivere il comportamento dei due terreni nei diversi modelli. Ho inoltre studiato l’interazione terreno-struttura, la pressione esercitata dal rigonfiamento del terreno è strettamente funzione delle caratteristiche di connesione tra fondazione superficiale e muro di sostegno, tale pressione non deve essere ignorata in fase progettuale poichè può raggiungere importanti valori. Nello scavo di Lion Yard, considerando la presenza delle fondazioni profonde ho evidenziato il fatto che il rigonfiamento crea una forza distribuita di taglio tra i pali di fondazione ed il terreno, anche tale sollecitazione dovrebbe essere considerata ai fini della progettazione. La problematica non si ferma solo sull’interazione terreno-fondazioni, infatti durante gli scavi di importanti fondazioni londinesi lo scarico tensionale ha creato uno spostamento significativo positivo verso la superfice di tratti di tunnel della metropolita, questo fenomeno può creare seri problemi di sicurezza nella rete dei trasporti pubblici. Infine sono stati messi a confronto i risultati del programma Flac con quelli di metodi semplificati, ho trovato che utilizzando il metodo iterativo di O’Brien i risultati sono simili alla realtà e il tempo di calcolo è molto inferiore di quello richiesto utilizzando Flac, 2-3 giorni. In conclusione posso affermare che grazie ad una dettagliata analisi parametrica è stato possibile stimare il rigonfiamento del terreno, argilla sovraconsolidata, nei due casi analizzati.

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Il lavoro svolto da Fabrizio Amici ha suscitato immediatamente il mio interesse in primo luogo perché quando si parla di virtualizzazione con vari fornitori e commerciali, questi la indicano come una soluzione che possa coprire a 360 gradi le esigenze di un Datacenter. Questo è vero nella misura in cui il progetto di virtualizzazione e consolidamento dei Server sia svolto sotto certi criteri progettuali. Per esperienza personale non ho trovato in letteratura lavori che potessero fornire indicazioni approfondite sui parametri da considerare per una corretta progettazione di sistemi di virtualizzazione, spesso ci si avvale di vari fornitori che accennano ad eventuali criticità. Un lavoro come quello proposto da Fabrizio va esattamente nella direzione di rispondere a quelle domande che nascono quando si affronta la tematica della virtualizzazione e soprattutto cerca di capire quali siano i limiti intrinseci della virtualizzazione. In particolare nei vari confronti che, con piacere, ho avuto con Fabrizio, il mio suggerimento è stato quello di esasperare il sistema che aveva assemblato, caricando i test sino ad osservarne i limiti. Dai vari test sono emerse sia conferme, sia inaspettati comportamenti del sistema che rendono ancora più chiaro che solo una prova sperimentale può essere il banco di prova di un sistema complesso. L'elemento che colpisce maggiormente analizzando i risultati è il diverso comportamento in funzione delle CPU utilizzate. I risultati indicano chiaramente che le prestazioni sono fortemente influenzate da come si distribuiscono i core nelle macchine virtuali. Dalla lettura dei risultati viene confermato che i sistemi virtualizzati devono essere progettati per non raggiungere il 70-80% della componente più critica (RAM, CPU) ma anche che sono fortemente sensibili alle disponibilità prestazionali dei sistemi al contorno (Rete, SAN/Dischi). L'approccio metodico sperimentale ed i risultati forniscono una serie di elementi che permettono di affrontare la tematica della virtualizzazione in un quadro generale più solido, offrendo fra l'altro spunti di ricerca ulteriori anche in previsione di nuove soluzioni che vari costruttori, sviluppatori e system integrator proporranno nei prossimi anni. Ing. Massimiliano Casali Esperto di Gestione ICT, Pubblica Amministrazione,Repubblica di San Marino

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Nello sviluppo di sistemi informatici si sono affermate numerose tecnologie, che vanno utilizzate in modo combinato e, possibilmente sinergico. Da una parte, i sistemi di gestione di basi di dati relazionali consentono una gestione efficiente ed efficace di dati persistenti, condivisi e transazionali. Dall'altra, gli strumenti e i metodi orientati agli oggetti (linguaggi di programmazione, ma anche metodologie di analisi e progettazione) consentono uno sviluppo efficace della logica applicativa delle applicazioni. E’ utile in questo contesto spiegare che cosa s'intende per sistema informativo e sistema informatico. Sistema informativo: L'insieme di persone, risorse tecnologiche, procedure aziendali il cui compito è quello di produrre e conservare le informazioni che servono per operare nell'impresa e gestirla. Sistema informatico: L'insieme degli strumenti informatici utilizzati per il trattamento automatico delle informazioni, al fine di agevolare le funzioni del sistema informativo. Ovvero, il sistema informatico raccoglie, elabora, archivia, scambia informazione mediante l'uso delle tecnologie proprie dell'Informazione e della Comunicazione (ICT): calcolatori, periferiche, mezzi di comunicazione, programmi. Il sistema informatico è quindi un componente del sistema informativo. Le informazioni ottenute dall'elaborazione dei dati devono essere salvate da qualche parte, in modo tale da durare nel tempo dopo l'elaborazione. Per realizzare questo scopo viene in aiuto l'informatica. I dati sono materiale informativo grezzo, non (ancora) elaborato da chi lo riceve, e possono essere scoperti, ricercati, raccolti e prodotti. Sono la materia prima che abbiamo a disposizione o produciamo per costruire i nostri processi comunicativi. L'insieme dei dati è il tesoro di un'azienda e ne rappresenta la storia evolutiva. All'inizio di questa introduzione è stato accennato che nello sviluppo dei sistemi informatici si sono affermate diverse tecnologie e che, in particolare, l'uso di sistemi di gestione di basi di dati relazionali comporta una gestione efficace ed efficiente di dati persistenti. Per persistenza di dati in informatica si intende la caratteristica dei dati di sopravvivere all'esecuzione del programma che li ha creati. Se non fosse cosi, i dati verrebbero salvati solo in memoria RAM e sarebbero persi allo spegnimento del computer. Nella programmazione informatica, per persistenza si intende la possibilità di far sopravvivere strutture dati all'esecuzione di un programma singolo. Occorre il salvataggio in un dispositivo di memorizzazione non volatile, come per esempio su un file system o su un database. In questa tesi si è sviluppato un sistema che è in grado di gestire una base di dati gerarchica o relazionale consentendo l'importazione di dati descritti da una grammatica DTD. Nel capitolo 1 si vedranno più in dettaglio cosa di intende per Sistema Informativo, modello client-server e sicurezza dei dati. Nel capitolo 2 parleremo del linguaggio di programmazione Java, dei database e dei file XML. Nel capitolo 3 descriveremo un linguaggio di analisi e modellazione UML con esplicito riferimento al progetto sviluppato. Nel capitolo 4 descriveremo il progetto che è stato implementato e le tecnologie e tools utilizzati.

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Il progetto di percorso urbano ‘S’intende per restauro qualsiasi intervento volto a conservare e a trasmettere al futuro, facilitandone la lettura e senza cancellarne le tracce del passaggio nel tempo, le opere d’interesse storico, artistico e ambientale; esso si fonda sul rispetto della sostanza antica e delle documentazioni autentiche costituite da tali opere, proponendosi, inoltre, come atto d’interpretazione critica non verbale ma espressa nel concreto operare’ (G.Carbonara) Celate all’interno di edifici privati, ritrovate quasi sempre fortuitamente, ai più sconosciute, le pitture murali del Trecento riminese necessitano un processo di valorizzazione. Si tratta di portarle alla luce una seconda volta creando un percorso di riscoperta di queste opere nascoste, di cui raramente si è più sentito parlare dopo il clamore sollevato dalla mostra del 1935 organizzata da Brandi. Si parla quindi di un percorso conoscitivo. Un percorso urbano che tocchi i luoghi dove queste sono ancora conservate: l’antica chiesa di San Michelino in foro (oggi divisa tra più proprietari privati), la chiesa di Sant’Agostino, la cappella del campanile della chiesa di Santa Maria in Corte, la cappella del Crocifisso in San Nicolò al porto. Le chiese costituiranno le tappe di un percorso che si articolerà attraverso le strade medievali della città. Si verrà a creare quindi un percorso non solo alla scoperta delle pitture murali del XIII e XIV secolo, ma alla scoperta della Rimini del Trecento, delle sue vie, del suo sviluppo urbano. Si affronterà il problema del restauro delle pitture murali, ma sempre preoccupandosi della buona conservazione e del mantenimento del monumento nel suo insieme. Pittura murale e architettura sono, come sostiene Philippot, inscindibili: trattando una pittura murale, il restauratore tratta sempre e solo una parte di un insieme più vasto, che costituisce il tutto al quale egli si dovrà riferire, tanto dal punto di vista estetico e storico, quanto dal punto di vista tecnico . Per ogni chiesa si prevederà quindi, oltre al progetto di restauro della pittura, anche un progetto di fruizione dello spazio architettonico e di riconfigurazione dello stesso, quando necessario, ragionando caso per caso. Si è deciso di porre come origine del percorso l’antica chiesa di San Michelino. La motivazione di questa scelta risiede nel fatto che in questo edificio si è individuato il luogo adatto ad ospitare uno spazio espositivo dove raccontare la Rimini del Trecento. Uno spazio espositivo al servizio della città, con la progettazione del quale si cercherà di restituire unità agli ambienti dell’antica chiesa, oggi così frazionati tra troppi proprietari. Da San Michelino si continuerà verso la chiesa di Sant’Agostino, dove si trovano affreschi del Trecento riminese già molto noti e studiati. Ciò che si rende necessario in questo caso è la riconfigurazione architettonica e spaziale degli affreschi della parte bassa della cappella del campanile, staccati e trasferiti su pannelli negli anni ’70, oltre alla previsione di un sistema di monitoraggio degli affreschi stessi. La terza tappa del percorso sarà la chiesa di Santa Maria in Corte. Il ciclo di affreschi si trova all’interno della cappella del campanile, oggi chiusa al pubblico ed esclusa dallo spazio della chiesa dopo gli interventi barocchi. Abbiamo quindi pensato di proporre una soluzione che permetta una più agevole fruizione della cappella, progettando un’illuminazione e un percorso d’accesso adeguati. Più complesso è il caso di San Nicolò al porto, individuata come ultima tappa del percorso. Si tratta in questo caso della riconfigurazione di un intero isolato, che nel tempo ha perso totalmente il suo significato urbano riducendosi ad una sorta di spartitraffico. Qui si rendeva necessaria inoltre la progettazione di una nuova chiesa, presentando quella attuale seri problemi statici.

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“Il museo sta cambiando. In passato, era un luogo di certezze assolute, fonte di definizioni, di valori e di dottrina in materia d'arte, a tutto campo; era il luogo in cui non ci si ponevano interrogativi ma si davano autorevoli risposte.[...]“ 1 Il collezionismo d'arte comincia con il Rinascimento italiano, che sviluppa un particolare senso della storia, un entusiasmo per i prodotti dell'Antichità classica e per tutti i generi dell'arte contemporanea, pensati per la residenza privata, e in realtà, per esse fabbricati: dipinti di soggetto mitologico, quadri di artisti fiamminghi, piccoli bronzi e, al nord arte grafica. Il collezionismo in senso stretto fu agli inizi del secolo connesso solo con le antichità. Verso la fine del Cinquecento, vanno manifestandosi parecchie innovazioni. Per la prima volta compare la parola museo, che era già stata adottata in Alessandria durante il periodo Ellenistico per designare tutto l'ambito degli edifici per la cultura in cui era compresa la biblioteca. Inizialmente tutte le collezioni erano private, ma potevano essere visitate dalle élite sociali. L‟istituzione del museo che noi oggi conosciamo, nasce dall‟ Europa illuminista del XVIII secolo: infatti in questo periodo fu deliberatamente progettato uno spazio architettonico appropriato che desse forma universalmente riconoscibile all‟idea di museo. Poniamo gli esempi del Museo di Villa Albani nel 1746 e il Museo Pio Clementino in Vaticano nel 1775, che per primi si pongono il problema della progettazione architettonica, dell‟allestimento e ordinamento adeguati a un museo aperto al pubblico. Mentre per Villa Albani si trattava pur sempre di una raccolta privata visitabile, il museo voluto dai papi Clemente XIV e Pio VI per le collezioni archeologiche era già pensato come un‟istituzione di interesse pubblico. Gli ultimi tre secoli del secondo millennio hanno visto la crescita dell‟istituzione del museo, diventata esponenziale negli ultimi decenni del XX secolo. I tempi hanno coinciso con la nascita, l‟affermazione rivoluzionaria, il trionfo e il consolidamento della cultura nell‟età della borghesia. 2 “Mentre prima il museo non era che un luogo pieno di oggetti, oggi è diventato un luogo pieno di idee, che vengono suggerite dalle indicazioni e dalle descrizioni accompagnanti gli oggetti esposti, dato che il museo è come un libro aperto che si offre allo studioso e a chi desidera formarsi una coltura.[...]3 1 Karsten Schubert, Museo. Storia di un'idea - dalla Rivoluzione francese ad oggi, il Saggiatore, Milano 2004, p.17. 2 Alessandra Mottola Molfino, Il libro dei musei, Umberto Alemandi & C., Torino 1991, pp. 11-22 3 Daniele Donghi, Manuale dell'architetto Volume II, Unione Tipografico Editrice Torinese, Torino 1935, p. 11. 8 Un museo non è definito solo in base all'importanza e alla qualità delle sue raccolte, ma soprattutto da come vengono recepite da chi le esamina, sia per motivi di studio che per interesse personale. Per questo motivo si deve mettere in grado le diverse categorie di fruitori, di accedere al museo con il minor spreco di tempo possibile e con il maggior profitto. L'effetto che si vuole ottenere deriva sia dal metodo di esposizione degli oggetti, sia da una buona soluzione tecnica relativa alle dimensioni, alla forma, alla distribuzione, riscaldamento e ventilazione dei locali, all'illuminazione degli oggetti e ai mezzi di loro conservazione e sicurezza. Il museo moderno dovrà coniugare al suo interno museografia e museologia. Dove“[...]per museografia si intende l'insieme delle azioni progettuali, scientifiche e tecniche, tendenti alla sistemazione organizzativa del museo (distributiva, impiantistica, tecnica, architettonica, allestitiva, informatica); appartiene in genere all'opera dell'architetto, con la collaborazione di strutturisti, impiantisti e informatici. Al contrario per museologia si intende l'insieme delle azioni di ricerca storica, filologica, di comparazione critica che presiede all'ordinamento dell'esposizione delle opere; generalmente appartiene allo storico dell'arte, allo storico della scienza, all'archeologo, all'antropologo [...].”4 Confrontando progetti museografici e museali dei primi musei con esempi moderni e contemporanei, si intendono ricavare i caratteri fondamentali che permettano di presentare un progetto per museo coerente all'area di studio, e che riesca a rivelare la vera natura degli oggetti che andrà a ospitare attraverso uno studio specifico dei percorsi e degli allestimenti.

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Il progetto di percorso urbano ‘S’intende per restauro qualsiasi intervento volto a conservare e a trasmettere al futuro, facilitandone la lettura e senza cancellarne le tracce del passaggio nel tempo, le opere d’interesse storico, artistico e ambientale; esso si fonda sul rispetto della sostanza antica e delle documentazioni autentiche costituite da tali opere, proponendosi, inoltre, come atto d’interpretazione critica non verbale ma espressa nel concreto operare’ (G.Carbonara) Celate all’interno di edifici privati, ritrovate quasi sempre fortuitamente, ai più sconosciute, le pitture murali del Trecento riminese necessitano un processo di valorizzazione. Si tratta di portarle alla luce una seconda volta creando un percorso di riscoperta di queste opere nascoste, di cui raramente si è più sentito parlare dopo il clamore sollevato dalla mostra del 1935 organizzata da Brandi. Si parla quindi di un percorso conoscitivo. Un percorso urbano che tocchi i luoghi dove queste sono ancora conservate: l’antica chiesa di San Michelino in foro (oggi divisa tra più proprietari privati), la chiesa di Sant’Agostino, la cappella del campanile della chiesa di Santa Maria in Corte, la cappella del Crocifisso in San Nicolò al porto. Le chiese costituiranno le tappe di un percorso che si articolerà attraverso le strade medievali della città. Si verrà a creare quindi un percorso non solo alla scoperta delle pitture murali del XIII e XIV secolo, ma alla scoperta della Rimini del Trecento, delle sue vie, del suo sviluppo urbano. Si affronterà il problema del restauro delle pitture murali, ma sempre preoccupandosi della buona conservazione e del mantenimento del monumento nel suo insieme. Pittura murale e architettura sono, come sostiene Philippot, inscindibili: trattando una pittura murale, il restauratore tratta sempre e solo una parte di un insieme più vasto, che costituisce il tutto al quale egli si dovrà riferire, tanto dal punto di vista estetico e storico, quanto dal punto di vista tecnico . Per ogni chiesa si prevederà quindi, oltre al progetto di restauro della pittura, anche un progetto di fruizione dello spazio architettonico e di riconfigurazione dello stesso, quando necessario, ragionando caso per caso. Si è deciso di porre come origine del percorso l’antica chiesa di San Michelino. La motivazione di questa scelta risiede nel fatto che in questo edificio si è individuato il luogo adatto ad ospitare uno spazio espositivo dove raccontare la Rimini del Trecento. Uno spazio espositivo al servizio della città, con la progettazione del quale si cercherà di restituire unità agli ambienti dell’antica chiesa, oggi così frazionati tra troppi proprietari. Da San Michelino si continuerà verso la chiesa di Sant’Agostino, dove si trovano affreschi del Trecento riminese già molto noti e studiati. Ciò che si rende necessario in questo caso è la riconfigurazione architettonica e spaziale degli affreschi della parte bassa della cappella del campanile, staccati e trasferiti su pannelli negli anni ’70, oltre alla previsione di un sistema di monitoraggio degli affreschi stessi. La terza tappa del percorso sarà la chiesa di Santa Maria in Corte. Il ciclo di affreschi si trova all’interno della cappella del campanile, oggi chiusa al pubblico ed esclusa dallo spazio della chiesa dopo gli interventi barocchi. Abbiamo quindi pensato di proporre una soluzione che permetta una più agevole fruizione della cappella, progettando un’illuminazione e un percorso d’accesso adeguati. Più complesso è il caso di San Nicolò al porto, individuata come ultima tappa del percorso. Si tratta in questo caso della riconfigurazione di un intero isolato, che nel tempo ha perso totalmente il suo significato urbano riducendosi ad una sorta di spartitraffico. Qui si rendeva necessaria inoltre la progettazione di una nuova chiesa, presentando quella attuale seri problemi statici.

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Il lavoro svolto nella presente tesi di laurea si sviluppa all’interno del progetto di ricerca europeo SmooHs (Smart Monitoring of Historic Structures-Monitoraggio intelligente di edifici e strutture storiche) nell’ambito del 7 Programma Quadro della Commissione Europea. Gli edifici storici sono caratterizzati da elementi architettonici, materiali e soluzioni progettuali uniche e pertanto da valorizzare. Al fine si salvaguardare tali beni storici si richiede una conoscenza approfondita dei processi di deterioramento, legati spesso a fattori ambientali, e una loro rilevazione immediata. Il monitoraggio continuo dei possibili parametri che influenzano i suddetti processi può contribuire significativamente, ma un’applicazione estesa di questa tecnica è finora fallita a causa dei costi elevati di sistemi completi di monitoraggio; per questo sono stati osservati solitamente pochi parametri. L’obiettivo del progetto prevede lo sviluppo di strumenti di monitoraggio e diagnostica competitivi per gli specialisti nel settore che vada al di là del mero accumulo di dati. La normativa, in particolare le Linee Guida per l’applicazione al patrimonio culturale della normativa tecnica di cui all’Ordinanza PCM-3274 del 2005, evidenziano l’importanza di raggiungere un elevato livello di informazione dell’oggetto e del suo comportamento strutturale attraverso un percorso conoscitivo pluriramificato. “Si ha pertanto la necessità di affinare tecniche di analisi ed interpretazione dei manufatti storici mediante fasi conoscitive dal diverso grado di attendibilità, anche in relazione al loro impatto. La conoscenza può infatti essere conseguita con diversi livelli di approfondimento, in funzione dell’accuratezza delle operazioni di rilievo, delle ricerche storiche e delle indagini sperimentali” (Linee guida per l’applicazione all patrimonio culturale della normativa tecnica di cui all’ordinanza PCM-3274, 2005). Per quanto riguarda la caratterizzazione meccanica dei materiali, la normativa cita “Tecniche diagnostiche non distruttive di tipo indiretto, quali prove soniche ed ultrasoniche, consentono di valutare l’omogeneità dei parametri meccanici nelle diverse parti della costruzione, ma non forniscono stime quantitative attendibili dei loro valori, in quanto essi vengono desunti dalla misura di altre grandezze”. Non viene identificata una procedura univoca di prove non distruttive per ciascuna tipologia edilizia, pertanto ci domandiamo quale sia la procedura più idonea da utilizzare, considerando il tipo di risultato che si vuole ottenere. Si richiedono quindi degli studi di fattibilità di diverse tecniche non distruttive, soprattutto tecniche per immagini che diano un risultato più immediato da comprendere. Per questo scopo è stato impostato un programma di ricerca per valutare l’efficacia di una tecnica non distruttiva, la tomografia sonica, su provini in muratura costruiti nei laboratori del LaRM (Laboratorio di Resistenza dei Materiali del DISTART dell’Università di Bologna), reputando questa la strada da percorrere verso una diagnostica strutturale sempre più dettagliata. I provini in muratura di laterizio PNDE e PNDF, presentano al loro interno dei difetti (in polistirolo espanso) di geometria e posizione nota e diverse tessiture murarie (muratura di laterizio tradizionale e muratura a sacco). Nel capitolo 2 vengono descritte le caratteristiche e le basi teoriche delle prove soniche e di altre tecniche non distruttive, al fine di poterne fare un confronto. La tomografia sonica è definita e sono illustrate le sue peculiarità; vengono inoltre riportati alcuni esempi di applicazioni della stessa su strutture storiche lignee e murarie. Nel capitolo 3 sono presentati i provini oggetto di studio ed introdotto qualche accenno sulla natura delle murature di laterizio. Sono specificati i corsi e le sezioni verticali sui quali viene sperimentata la tomografia; essi hanno precise caratteristiche che permettono di eseguire una sperimentazione mirata all’individuazione di anomalie in una sezione e al riconoscimento di diverse tessiture murarie. Nel capitolo 4 è illustrata la procedura di acquisizione dei dati in laboratorio e di rielaborazione degli stessi nella fase di post-processing. Dopo aver scelto, in base alla risoluzione, la distanza che intercorre tra le stazioni di misura, sono stati progettati i vari percorsi uscenti da ogni stazione trasmittente, andando a definire i ray-paths delle sezioni sia orizzontali che verticali. I software per il calcolo dei tempi di volo (in ambiente LabView) e per l’inversione degli stessi (Geotom) sono presentati e vengono definite le istruzioni per l’utilizzo. Il capitolo 5 assieme al capitolo 6, mostra i risultati ottenuti dall’inversione dei tempi di volo. Per i diversi corsi orizzontali e sezioni verticali sono riportate le mappe di velocità ottenute al variare di diversi parametri di settaggio impostati nel software tomografico. Le immagini tomografiche evidenziano le caratteristiche interne delle sezioni studiate, in base alla risoluzione geometrica della tecnica. Nel capitolo 7 e 8 sono mostrati i risultati delle prove soniche dirette applicate sia sui corsi verticali sia sulle sezioni verticali. Le stazioni di misura considerate sono le stesse utilizzate per la tomografia. Il capitolo 9 riporta il confronto tra le mappe di velocità prodotte dalla tomografia sonica e gli istogrammi delle velocità registrate nelle prove soniche dirette. Si evidenziano le differenze nell’individuazione di difetti tra due metodologie differenti. Infine sono riportate le conclusioni sul lavoro svolto. I limiti e i vantaggi della tecnica tomografica vengono desunti dai risultati ottenuti per varie tipologie di sezioni, a confronto anche con risultati di prove soniche dirette. Ciò ci porta a definire la fattibilità di utilizzo della tomografia sonica nella diagnosi delle strutture in muratura.

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Con il presente progetto di tesi si intende proporre la riqualificazione di una porzione della cittadina di Toscanella di Dozza, attraverso la realizzazione di diversi edifici quali: una nuova chiesa parrocchiale corredata di aule e sale per le attività di catechesi ed altri spazi comuni, un centro culturale polivalente, che comprende anche diverse ricettività, un centro sportivo di modeste dimensioni con campo da calcetto all’aperto. Tutto il nuovo complesso si inserisce all’interno di un’area verde che costeggia il rio Sabbioso, e che collega attraverso un sistema di spazi aperti, i vari edifici oggetto di progettazione.

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Questa tesi si pone come obiettivo la riqualificazione architettonica del plesso scolastico del Comune di Galeata, cittadina della media valle del Bidente conosciuta sia per gli estesi ritrovamenti archeologici dell’antica città romana di Mevaniola e del cosiddetto “Palazzo di Teodorico”, sia per essere la città con la percentuale più alta di immigrati regolari a livello nazionale. Sono proprio queste peculiarità a guidare il progetto verso un intervento mirato non solo alla rigenerazione urbana dell’area ma anche civica e sociale attraverso la dotazione di nuovi servizi e spazi pubblici. Il progetto nasce dall’idea di dare un carattere unitario e riconoscibile ad un’area attualmente caratterizzata da singoli edifici che semplicemente si susseguono l’uno dopo l’altro in modo paratattico. La volontà è invece quella di dar vita ad un vero e proprio “palazzo” dell’istruzione, caratterizzato da spazi privati e spazi pubblici, spazi aperti e spazi chiusi in grado di dare una molteplicità di risposte e soluzioni alla complessità della società odierna galeatese. Proprio lo spazio pubblico è infatti il vero motore dell’intervento; quello spazio pubblico attualmente negato a Galeata, che si è vista mutilata nella parte centrale del suo centro storico sventrato alla fine dell’Ottocento per la costruzione della strada statale bidentina, diventa ora generatore di nuove relazioni con gli edifici dell’area e di nuove dinamiche tra il plesso scolastico e la città grazie alla realizzazione di corti aperte e terrazzate, piazze e strade pedonali che fungono sia da giardini sia da spazi espositivi o comunque spazi polifunzionali che possono accogliere eventi nei vari mesi dell’anno, entrando così a far parte di quella serie di attrezzature a servizio delle manifestazioni culturali in cui è sempre attiva la valle del Bidente e la comunità di Galeata. La scuola d’infanzia e di istruzione primaria viene così a configurarsi non solo come il primo luogo della crescita culturale del bambino, ma anche come primo luogo di integrazione sociale, perché il nuovo progetto genera all’interno e all’esterno degli edifici occasioni di incontro e confronto tra gli scolari grazie all’attenzione riservata agli spazi per le attività di interciclo e per le attività libere. Inoltre l’area viene dotata di un centro maternità/consultorio dove sono collocati servizi di assistenza per le donne in gravidanza e dove le stesse possono confrontare e condividere la propria esperienza con le altre future mamme. L’intero intervento è guidato a livello progettuale anche da criteri di ecoefficienza come educazione alla responsabilità ambientale.

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Obiettivo del progetto di tesi è ritrovare un percorso urbano, riguardante un tratto della città di Cesena, che oggi non è più leggibile nella sua originaria identità. La cinta muraria di Cesena è da sempre motivo di vanto della città. Esso è dovuto anche al fatto che gran parte di tale cinta è stato oggetto di restauri puntuali. Vi è un tratto di esse però dove non risulta più immediata la sua l’appartenenza ad un tutto più ampio e finito che è quello dell’intero perimetro fortificato. Il nostro progetto vuole suggerire nuovamente quale fosse il suo andamento, e il suo rapporto con il resto della città quindi proponiamo il restauro e la valorizzazione degli elementi significativi che s’incontrano percorrendo il suddetto tratto di città. Precisamente si tratta dei manufatti della porta d’accesso del torrente Cesuola detta Portaccia e di porta Fiume, due delle antiche porte delle mura cesenati. Si propone per questi un riuso degli ambienti che saranno adibiti a punto informativo, piuttosto che aree espositive, museali. Saranno aperte al pubblico e rese visibili per portare un esempio le antiche cannoniere. Si è progettata anche la sistemazione dell’area esterna direttamente prospiciente gli edifici in questione, al fine di renderli maggiormente visibili e riconoscibili all’interno del panorama cittadino. Questi due edifici vogliono essere importanti poli per i turisti o per chiunque voglia immergersi nella storia della città di Cesena. S’incontra poi in questa passeggiata, un’area archeologica. La si raggiunge partendo per esempio dalla Portaccia e seguendo quello che era il tracciato delle antiche mura. Tale area testimonia l’esistenza di tratti di antiche fortificazioni e ci racconta i caratteri costruttivi delle abitazioni del tempo e dell’impianto urbano, oltre ad aver riportato alla luce antichi manufatti e reperti archeologici importanti. Questo spazio verrà opportunamente valorizzato e reso noto ai visitatori. Si sceglie di non portare alla luce gli elementi trovati nel sottosuolo per non variare le loro condizioni termo-igrometriche, e di suggerire la dimensione degli stessi attraverso la progettazione fedele fuori terra di elementi in alzato cavi contenenti vegetazione. Il visitatore potrà girovagare fra questi nel “giardino archeologico”. Un altro elemento di fondamentale importanza proseguendo nel percorso è la presenza dei suggestivi ruderi della rocca Vecchia, che hanno resistito allo scorrere inesorabile del tempo e che sono ancora in grado di testimoniare di un passato ormai distante e sfocato. Sarà la vegetazione a fare da protagonista in quest’area poiché attraverso la scelta di alcune piante che, con le loro radici sono in grado di aiutare i ruderi a sopravvivere, verrà dato nuova veste a ciò che resta della rocca Vecchia. Contestualmente a ciò, si è deciso di riproporre nella zona retrostante i ruderi, il sistema degli antichi terrazzamenti di cui il colle è stato dotato in passato. Essi sono importanti a livello strutturale per ovviare alle problematiche conseguenti al dilavamento del terreno verso valle, ma non solo. Si vuole sì riproporre questi terrazzamenti come citazione storica, ma essa vuole essere un’emulazione non un’imitazione, pertanto, verranno trattati come una sorta di “giardino botanico”. La discesa del colle verso porta Fiume sarà certamente più piacevole se si potranno ammirare le specie autoctone presenti in questo luogo ben organizzate lungo la passeggiata. L’obiettivo del progetto è rendere palesi le importanti caratteristiche architettoniche che contraddistinguono l’eccezionale valore dei beni oggetto di analisi, migliorando le condizioni di conservazione ed assicurando una fruizione degli ambienti, ove sia possibile, e donando una nuova destinazione d’uso agli stessi.

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Il sisma del 6 aprile ha palesato delle criticità già presenti nel territorio aquilano. Dopo l'emergenza ci si chiede quindi quale debba essere il futuro della città. Quello che risulta più evidente è sicuramente la scomparsa di un'interdipendenza tra città e territorio circostante che era invece alla base della nascita stessa del nucleo storico. Questo era infatti concepito inizialmente come una serie di entità eterogenee separate, 99 rioni che avrebbero ospitato la popolazione di altrettanti villaggi e castelli, ed arriva nel corso dei secoli ad inglobare un territorio molto più ampio di centri minori che si riconoscono nel capoluogo. Anche con la successiva crescita non si è mai sentita la necessità di provvedere ad uno sviluppo organizzato attraverso la realizzazione di servizi, ma si è sempre cercato di mantenere il centro storico come unico contenitore, non solo per la città ma per l'intero territorio. Così lo sviluppo fuori le mura è avvenuto soprattutto per mano privata generando una periferia caotica e disorganizzata come risposta alla domanda di alloggi, a cui non è mai stato dato l'onere, se non in fase progettuale, di sopperire alle necessità urbane di servizi e infrastrutture e soprattutto ad una totale mancanza di pianificazione di sviluppo futuro. Con la completa distruzione del centro storico è scomparso il cuore pulsante del territorio aquilano, a cui è subito seguito anche lo spegnimento della periferia, che gravitava e si appoggiava su di esso per la sua sopravvivenza. A questo punto la scelta di agire sulla prima periferia, in una zona di cerniera con il centro storico, diventa una scelta fondamentale, poiché questa diventa una possibilità per dare luogo ad una rinascita non solo della città dentro le mura ma dell'Aquila moderna. Poiché questo sia possibile è chiaro come l'attenzione maggiore debba rivolgersi non solo alla risposta della domanda abitativa, ma anche alla progettazione di spazi per la collettività, servizi a diversa scala e sedi per il piccolo e medio commercio per rendere possibili nuove opportunità sociali ed economiche. In quest'ottica risulta indispensabile mantenere un collegamento, fisico e visivo, con il centro storico, attraverso la riqualificazione della fascia verde a ridosso delle mura e la sua naturale prosecuzione al di là della strada nell'area di progetto. Una delle problematiche principali è stata inoltre la definizione o meno di un confine. La scelta è stata quella di una struttura aperta: una maglia senza un limite preciso ma con una chiara direzionalità che si rifà a quella del centro storico e che risulta la più adatta ad accogliere gli sviluppi futuri della città. Il progetto cerca quindi di interfacciarsi sempre con quelle che sono le preesistenze (come nel caso della Chiesa di S. Maria Mediatrice), per cui si perde una lettura chiusa del quartiere, a favore di un intervento che vuole essere una ricucitura piuttosto che un'imposizione al luogo. Diretta conseguenza è stata quindi la scelta di lavorare sugli spazi aperti, diversificandoli e caratterizzandoli a seconda delle situazioni, intesi come elementi di relazione, generatori di una fluida sequenza di luoghi, in cui l'edificio che vi trova sede non può essere scisso dal contesto circostante, ma ne diventa elemento complementare. Lo spazio assume così diverse declinazioni nel passaggio dal pubblico al privato, privo di cesure nette, alla ricerca di un abitare collettivo senza rinunce alla propria individualità. Alla varietà dei luoghi, si affianca anche la progettazione diversificata degli alloggi, per rispondere alle contemporanee esigenze dell'abitare.