531 resultados para Università di Pavia
Resumo:
In questa tesi è stato studiato l’effetto dell’esposizione della diatomea Skeletonema marinoi, una specie molto comune nel Nord Adriatico e importante per il suo annuale contributo alla produzione primaria, agli erbicidi maggiormente utilizzati nella pianura Padana e riscontrati in acque dolci e salmastre di zone limitrofe al mare Adriatico. Gli erbicidi scelti consistono in terbutilazina e metolachlor, i più frequentemente riscontrati sia nelle acque superficiali che in quelle sotterranee dell’area Padana, noti per avere un effetto di inibizione su vie metaboliche dei vegetali; inoltre è stato valutato anche l’effetto di un prodotto di degradazione della terbutilazina, la desetilterbutilazina, presente anch’esso in concentrazioni pari al prodotto di origine e su cui non si avevano informazioni circa la tossicità sul fitoplancton. L’esposizione delle microalghe a questi erbicidi può avere effetti che si ripercuotono su tutto l’ecosistema: le specie fitoplanctoniche, in particolare le diatomee, sono i produttori primari più importanti dell’ecosistema: questi organismi rivestono un ruolo fondamentale nella fissazione del carbonio, rappresentando il primo anello della catena alimentari degli ambienti acquatici e contribuendo al rifornimento di ossigeno nell’atmosfera. L’effetto di diverse concentrazioni di ciascun composto è stato valutato seguendo l’andamento della crescita e dell’efficienza fotosintetica di S. marinoi. Per meglio determinare la sensibilità di questa specie agli erbicidi, l’effetto della terbutilazina è stato valutato anche al variare della temperatura (15, 20 e 25°C). Infine, dal momento che gli organismi acquatici sono solitamente esposti a una miscela di composti, è stato valutato l’effetto sinergico di due erbicidi, entrambi somministrati a bassa concentrazione. Le colture di laboratorio esposte a concentrazioni crescenti di diversi erbicidi e, in un caso, anche a diverse temperature, indicano che l’erbicida al quale la microalga mostra maggiore sensibilità è la Terbutilazina. Infatti a parità di concentrazioni, la sensibilità della microalga alla Terbutilazina è risultata molto più alta rispetto al suo prodotto di degradazione, la Desetilterbutilazina e all’erbicida Metolachlor. Attraverso l’analisi di densità algale, di efficienza fotosintetica, di biovolume e di contenuto intracellulare di Carbonio e Clorofilla, è stato dimostrato l’effetto tossico dell’erbicida Terbutilazina che, agendo come inibitore del trasporto degli elettroni a livello del PS-II, manifesta la sua tossicità nell’inibizione della fotosintesi e di conseguenza sulla crescita e sulle proprietà biometriche delle microalghe. E’ stato visto come la temperatura sia un parametro ambientale fondamentale sulla crescita algale e anche sugli effetti tossici di Terbutilazina; la temperatura ideale per la crescita di S. marinoi è risultata essere 20°C. Crescendo a 15°C la microalga presenta un rallentamento nella crescita, una minore efficienza fotosintetica, variazione nei valori biometrici, mostrando al microscopio forme irregolari e di dimensioni inferiori rispetto alle microalghe cresciute alle temperature maggiori, ed infine incapacità di formare le tipiche congregazioni a catena. A 25° invece si sono rivelate difficoltà nell’acclimatazione: sembra che la microalga si debba abituare a questa alta temperatura ritardando così la divisione cellulare di qualche giorno rispetto agli esperimenti condotti a 15° e a 20°C. Gli effetti della terbutilazina sono stati maggiori per le alghe cresciute a 25°C che hanno mostrato un calo più evidente di efficienza fotosintetica effettiva e una diminuzione di carbonio e clorofilla all’aumentare delle concentrazioni di erbicida. Sono presenti in letteratura studi che attestano gli effetti tossici paragonabili dell’atrazina e del suo principale prodotto di degradazione, la deetilatrazina; nei nostri studi invece non sono stati evidenziati effetti tossici significativi del principale prodotto di degradazione della terbutilazina, la desetilterbutilazina. Si può ipotizzare quindi che la desetilterbutilazina perda la propria capacità di legarsi al sito di legame per il pastochinone (PQ) sulla proteina D1 all’interno del complesso del PSII, permettendo quindi il normale trasporto degli elettroni del PSII e la conseguente sintesi di NADPH e ATP e il ciclo di riduzione del carbonio. Il Metolachlor non evidenzia una tossicità severa come Terbutilazina nei confronti di S. marinoi, probabilmente a causa del suo diverso meccanismo d’azione. Infatti, a differenza degli enzimi triazinici, metolachlor agisce attraverso l’inibizione delle elongasi e del geranilgeranil pirofosfato ciclasi (GGPP). In letteratura sono riportati casi studio degli effetti inibitori di Metolachlor sulla sintesi degli acidi grassi e di conseguenza della divisione cellulare su specie fitoplanctoniche d’acqua dolce. Negli esperimenti da noi condotti sono stati evidenziati lievi effetti inibitori su S. marinoi che non sembrano aumentare all’aumentare della concentrazione dell’erbicida. E’ interessante notare come attraverso la valutazione della sola crescita non sia stato messo in evidenza alcun effetto mentre, tramite l’analisi dell’efficienza fotosintetica, si possa osservare che il metolachlor determina una inibizione della fotosintesi.
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VILLA “CAPELLO - MORA”: PROGETTO DI RESTAURO E RIFUNZIONALIZZAZIONE
Il restauro è da intendere come un intervento diretto sull’opera, e anche come sua eventuale modifica, condotta sempre sotto un rigoroso controllo tecnico-scientifico e storico-critico, se parliamo di conservazione, intendiamo l’operare in un intento di salvaguardia e di prevenzione, da attuare proprio per evitare che si debba poi intervenire con il restauro, che comprende un evento traumatico per il manufatto.
Un seconda parola chiave in questo discorso è la “materia” il restauro interviene sulla materia di un monumento e questa costituisce il tramite dei valori culturali antichi, la sua conservazione e il suo restauro garantisce la trasmissione anche dei significati estetici, storici simbolici del costruito. Ma certamente influisce il tempo sulle cose per cui il progetto di restauro non può astenersi dall’intervenire, in una logica di minimo intervento, di reversibilità, di facile lettura.
Il concetto di nuovo in un opera antica, concetto che a parere personale, pare centrare in pieno il problema. Il nuovo infatti “deve avere carattere di autonomia e di chiara leggibilità: come l’<
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Il 6 aprile 2009 una scossa sismica del sesto grado della scala Richter ha colpito la città dell'Aquila e i centri urbani limitrofi, provocando ingenti danni e la quasi totale distruzione del centro storico aquilano. Il sisma ha provocato più di 300 vittime e 65000 sfollati sistemati in tendopoli, alberghi e moduli abitativi provvisori. Risolta l'emergenza dei primi mesi ci si trova ad affrontare il problema della ricostruzione vera e propria della città, la quale non può prescindere dalle decisioni sul futuro del centro storico. La parte "intra moenia" dell'Aquila è il centro nevralgico della città, qui si trovano i caratteri identitari di essa, i quali si perdono appena oltrepassata la cinta muraria. Il tessuto che parte dalle porte urbiche e prosegue verso la periferia è infatti frammentario e disorganizzato. Scopo principale del progetto è quello di fornire un'idea concreta per la ricostruzione del quartiere di Santa croce, una parte di centro storico ad oggi priva di identità e quasi interamente distrutta dal sisma. Accanto alle necessità di ricostruire alloggi e servizi, si pone l'obiettivo di fondare un nuovo quartiere che riprenda i tracciati storici e completi questa parte della città con una nuova identità legata al passato della stessa.
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Questo progetto consiste nella riqualificazione del Parco di Levante di Cesenatico. Si tratta di un complesso termale, alberghiero, residenziale e commerciale. Vengono studiati più approfonditamente il complesso terme - albergo e la piazza sul mare, simboli del turismo balneare della riviera adriatica.
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Questo progetto consiste nella riqualificazione del Parco di Levante di Cesenatico. Si tratta di un complesso termale, alberghiero, residenziale e commerciale. Vengono studiati più approfonditamente il complesso terme - albergo e la piazza sul mare, simboli del turismo balneare della riviera adriatica.
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Il progetto di percorso urbano ‘S’intende per restauro qualsiasi intervento volto a conservare e a trasmettere al futuro, facilitandone la lettura e senza cancellarne le tracce del passaggio nel tempo, le opere d’interesse storico, artistico e ambientale; esso si fonda sul rispetto della sostanza antica e delle documentazioni autentiche costituite da tali opere, proponendosi, inoltre, come atto d’interpretazione critica non verbale ma espressa nel concreto operare’ (G.Carbonara) Celate all’interno di edifici privati, ritrovate quasi sempre fortuitamente, ai più sconosciute, le pitture murali del Trecento riminese necessitano un processo di valorizzazione. Si tratta di portarle alla luce una seconda volta creando un percorso di riscoperta di queste opere nascoste, di cui raramente si è più sentito parlare dopo il clamore sollevato dalla mostra del 1935 organizzata da Brandi. Si parla quindi di un percorso conoscitivo. Un percorso urbano che tocchi i luoghi dove queste sono ancora conservate: l’antica chiesa di San Michelino in foro (oggi divisa tra più proprietari privati), la chiesa di Sant’Agostino, la cappella del campanile della chiesa di Santa Maria in Corte, la cappella del Crocifisso in San Nicolò al porto. Le chiese costituiranno le tappe di un percorso che si articolerà attraverso le strade medievali della città. Si verrà a creare quindi un percorso non solo alla scoperta delle pitture murali del XIII e XIV secolo, ma alla scoperta della Rimini del Trecento, delle sue vie, del suo sviluppo urbano. Si affronterà il problema del restauro delle pitture murali, ma sempre preoccupandosi della buona conservazione e del mantenimento del monumento nel suo insieme. Pittura murale e architettura sono, come sostiene Philippot, inscindibili: trattando una pittura murale, il restauratore tratta sempre e solo una parte di un insieme più vasto, che costituisce il tutto al quale egli si dovrà riferire, tanto dal punto di vista estetico e storico, quanto dal punto di vista tecnico . Per ogni chiesa si prevederà quindi, oltre al progetto di restauro della pittura, anche un progetto di fruizione dello spazio architettonico e di riconfigurazione dello stesso, quando necessario, ragionando caso per caso. Si è deciso di porre come origine del percorso l’antica chiesa di San Michelino. La motivazione di questa scelta risiede nel fatto che in questo edificio si è individuato il luogo adatto ad ospitare uno spazio espositivo dove raccontare la Rimini del Trecento. Uno spazio espositivo al servizio della città, con la progettazione del quale si cercherà di restituire unità agli ambienti dell’antica chiesa, oggi così frazionati tra troppi proprietari. Da San Michelino si continuerà verso la chiesa di Sant’Agostino, dove si trovano affreschi del Trecento riminese già molto noti e studiati. Ciò che si rende necessario in questo caso è la riconfigurazione architettonica e spaziale degli affreschi della parte bassa della cappella del campanile, staccati e trasferiti su pannelli negli anni ’70, oltre alla previsione di un sistema di monitoraggio degli affreschi stessi. La terza tappa del percorso sarà la chiesa di Santa Maria in Corte. Il ciclo di affreschi si trova all’interno della cappella del campanile, oggi chiusa al pubblico ed esclusa dallo spazio della chiesa dopo gli interventi barocchi. Abbiamo quindi pensato di proporre una soluzione che permetta una più agevole fruizione della cappella, progettando un’illuminazione e un percorso d’accesso adeguati. Più complesso è il caso di San Nicolò al porto, individuata come ultima tappa del percorso. Si tratta in questo caso della riconfigurazione di un intero isolato, che nel tempo ha perso totalmente il suo significato urbano riducendosi ad una sorta di spartitraffico. Qui si rendeva necessaria inoltre la progettazione di una nuova chiesa, presentando quella attuale seri problemi statici.
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“Il museo sta cambiando. In passato, era un luogo di certezze assolute, fonte di definizioni, di valori e di dottrina in materia d'arte, a tutto campo; era il luogo in cui non ci si ponevano interrogativi ma si davano autorevoli risposte.[...]“ 1 Il collezionismo d'arte comincia con il Rinascimento italiano, che sviluppa un particolare senso della storia, un entusiasmo per i prodotti dell'Antichità classica e per tutti i generi dell'arte contemporanea, pensati per la residenza privata, e in realtà, per esse fabbricati: dipinti di soggetto mitologico, quadri di artisti fiamminghi, piccoli bronzi e, al nord arte grafica. Il collezionismo in senso stretto fu agli inizi del secolo connesso solo con le antichità. Verso la fine del Cinquecento, vanno manifestandosi parecchie innovazioni. Per la prima volta compare la parola museo, che era già stata adottata in Alessandria durante il periodo Ellenistico per designare tutto l'ambito degli edifici per la cultura in cui era compresa la biblioteca. Inizialmente tutte le collezioni erano private, ma potevano essere visitate dalle élite sociali. L‟istituzione del museo che noi oggi conosciamo, nasce dall‟ Europa illuminista del XVIII secolo: infatti in questo periodo fu deliberatamente progettato uno spazio architettonico appropriato che desse forma universalmente riconoscibile all‟idea di museo. Poniamo gli esempi del Museo di Villa Albani nel 1746 e il Museo Pio Clementino in Vaticano nel 1775, che per primi si pongono il problema della progettazione architettonica, dell‟allestimento e ordinamento adeguati a un museo aperto al pubblico. Mentre per Villa Albani si trattava pur sempre di una raccolta privata visitabile, il museo voluto dai papi Clemente XIV e Pio VI per le collezioni archeologiche era già pensato come un‟istituzione di interesse pubblico. Gli ultimi tre secoli del secondo millennio hanno visto la crescita dell‟istituzione del museo, diventata esponenziale negli ultimi decenni del XX secolo. I tempi hanno coinciso con la nascita, l‟affermazione rivoluzionaria, il trionfo e il consolidamento della cultura nell‟età della borghesia. 2 “Mentre prima il museo non era che un luogo pieno di oggetti, oggi è diventato un luogo pieno di idee, che vengono suggerite dalle indicazioni e dalle descrizioni accompagnanti gli oggetti esposti, dato che il museo è come un libro aperto che si offre allo studioso e a chi desidera formarsi una coltura.[...]3 1 Karsten Schubert, Museo. Storia di un'idea - dalla Rivoluzione francese ad oggi, il Saggiatore, Milano 2004, p.17. 2 Alessandra Mottola Molfino, Il libro dei musei, Umberto Alemandi & C., Torino 1991, pp. 11-22 3 Daniele Donghi, Manuale dell'architetto Volume II, Unione Tipografico Editrice Torinese, Torino 1935, p. 11. 8 Un museo non è definito solo in base all'importanza e alla qualità delle sue raccolte, ma soprattutto da come vengono recepite da chi le esamina, sia per motivi di studio che per interesse personale. Per questo motivo si deve mettere in grado le diverse categorie di fruitori, di accedere al museo con il minor spreco di tempo possibile e con il maggior profitto. L'effetto che si vuole ottenere deriva sia dal metodo di esposizione degli oggetti, sia da una buona soluzione tecnica relativa alle dimensioni, alla forma, alla distribuzione, riscaldamento e ventilazione dei locali, all'illuminazione degli oggetti e ai mezzi di loro conservazione e sicurezza. Il museo moderno dovrà coniugare al suo interno museografia e museologia. Dove“[...]per museografia si intende l'insieme delle azioni progettuali, scientifiche e tecniche, tendenti alla sistemazione organizzativa del museo (distributiva, impiantistica, tecnica, architettonica, allestitiva, informatica); appartiene in genere all'opera dell'architetto, con la collaborazione di strutturisti, impiantisti e informatici. Al contrario per museologia si intende l'insieme delle azioni di ricerca storica, filologica, di comparazione critica che presiede all'ordinamento dell'esposizione delle opere; generalmente appartiene allo storico dell'arte, allo storico della scienza, all'archeologo, all'antropologo [...].”4 Confrontando progetti museografici e museali dei primi musei con esempi moderni e contemporanei, si intendono ricavare i caratteri fondamentali che permettano di presentare un progetto per museo coerente all'area di studio, e che riesca a rivelare la vera natura degli oggetti che andrà a ospitare attraverso uno studio specifico dei percorsi e degli allestimenti.
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Il progetto di percorso urbano ‘S’intende per restauro qualsiasi intervento volto a conservare e a trasmettere al futuro, facilitandone la lettura e senza cancellarne le tracce del passaggio nel tempo, le opere d’interesse storico, artistico e ambientale; esso si fonda sul rispetto della sostanza antica e delle documentazioni autentiche costituite da tali opere, proponendosi, inoltre, come atto d’interpretazione critica non verbale ma espressa nel concreto operare’ (G.Carbonara) Celate all’interno di edifici privati, ritrovate quasi sempre fortuitamente, ai più sconosciute, le pitture murali del Trecento riminese necessitano un processo di valorizzazione. Si tratta di portarle alla luce una seconda volta creando un percorso di riscoperta di queste opere nascoste, di cui raramente si è più sentito parlare dopo il clamore sollevato dalla mostra del 1935 organizzata da Brandi. Si parla quindi di un percorso conoscitivo. Un percorso urbano che tocchi i luoghi dove queste sono ancora conservate: l’antica chiesa di San Michelino in foro (oggi divisa tra più proprietari privati), la chiesa di Sant’Agostino, la cappella del campanile della chiesa di Santa Maria in Corte, la cappella del Crocifisso in San Nicolò al porto. Le chiese costituiranno le tappe di un percorso che si articolerà attraverso le strade medievali della città. Si verrà a creare quindi un percorso non solo alla scoperta delle pitture murali del XIII e XIV secolo, ma alla scoperta della Rimini del Trecento, delle sue vie, del suo sviluppo urbano. Si affronterà il problema del restauro delle pitture murali, ma sempre preoccupandosi della buona conservazione e del mantenimento del monumento nel suo insieme. Pittura murale e architettura sono, come sostiene Philippot, inscindibili: trattando una pittura murale, il restauratore tratta sempre e solo una parte di un insieme più vasto, che costituisce il tutto al quale egli si dovrà riferire, tanto dal punto di vista estetico e storico, quanto dal punto di vista tecnico . Per ogni chiesa si prevederà quindi, oltre al progetto di restauro della pittura, anche un progetto di fruizione dello spazio architettonico e di riconfigurazione dello stesso, quando necessario, ragionando caso per caso. Si è deciso di porre come origine del percorso l’antica chiesa di San Michelino. La motivazione di questa scelta risiede nel fatto che in questo edificio si è individuato il luogo adatto ad ospitare uno spazio espositivo dove raccontare la Rimini del Trecento. Uno spazio espositivo al servizio della città, con la progettazione del quale si cercherà di restituire unità agli ambienti dell’antica chiesa, oggi così frazionati tra troppi proprietari. Da San Michelino si continuerà verso la chiesa di Sant’Agostino, dove si trovano affreschi del Trecento riminese già molto noti e studiati. Ciò che si rende necessario in questo caso è la riconfigurazione architettonica e spaziale degli affreschi della parte bassa della cappella del campanile, staccati e trasferiti su pannelli negli anni ’70, oltre alla previsione di un sistema di monitoraggio degli affreschi stessi. La terza tappa del percorso sarà la chiesa di Santa Maria in Corte. Il ciclo di affreschi si trova all’interno della cappella del campanile, oggi chiusa al pubblico ed esclusa dallo spazio della chiesa dopo gli interventi barocchi. Abbiamo quindi pensato di proporre una soluzione che permetta una più agevole fruizione della cappella, progettando un’illuminazione e un percorso d’accesso adeguati. Più complesso è il caso di San Nicolò al porto, individuata come ultima tappa del percorso. Si tratta in questo caso della riconfigurazione di un intero isolato, che nel tempo ha perso totalmente il suo significato urbano riducendosi ad una sorta di spartitraffico. Qui si rendeva necessaria inoltre la progettazione di una nuova chiesa, presentando quella attuale seri problemi statici.
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Il progetto di percorso urbano ‘S’intende per restauro qualsiasi intervento volto a conservare e a trasmettere al futuro, facilitandone la lettura e senza cancellarne le tracce del passaggio nel tempo, le opere d’interesse storico, artistico e ambientale; esso si fonda sul rispetto della sostanza antica e delle documentazioni autentiche costituite da tali opere, proponendosi, inoltre, come atto d’interpretazione critica non verbale ma espressa nel concreto operare’ (G.Carbonara) Celate all’interno di edifici privati, ritrovate quasi sempre fortuitamente, ai più sconosciute, le pitture murali del Trecento riminese necessitano un processo di valorizzazione. Si tratta di portarle alla luce una seconda volta creando un percorso di riscoperta di queste opere nascoste, di cui raramente si è più sentito parlare dopo il clamore sollevato dalla mostra del 1935 organizzata da Brandi. Si parla quindi di un percorso conoscitivo. Un percorso urbano che tocchi i luoghi dove queste sono ancora conservate: l’antica chiesa di San Michelino in foro (oggi divisa tra più proprietari privati), la chiesa di Sant’Agostino, la cappella del campanile della chiesa di Santa Maria in Corte, la cappella del Crocifisso in San Nicolò al porto. Le chiese costituiranno le tappe di un percorso che si articolerà attraverso le strade medievali della città. Si verrà a creare quindi un percorso non solo alla scoperta delle pitture murali del XIII e XIV secolo, ma alla scoperta della Rimini del Trecento, delle sue vie, del suo sviluppo urbano. Si affronterà il problema del restauro delle pitture murali, ma sempre preoccupandosi della buona conservazione e del mantenimento del monumento nel suo insieme. Pittura murale e architettura sono, come sostiene Philippot, inscindibili: trattando una pittura murale, il restauratore tratta sempre e solo una parte di un insieme più vasto, che costituisce il tutto al quale egli si dovrà riferire, tanto dal punto di vista estetico e storico, quanto dal punto di vista tecnico . Per ogni chiesa si prevederà quindi, oltre al progetto di restauro della pittura, anche un progetto di fruizione dello spazio architettonico e di riconfigurazione dello stesso, quando necessario, ragionando caso per caso. Si è deciso di porre come origine del percorso l’antica chiesa di San Michelino. La motivazione di questa scelta risiede nel fatto che in questo edificio si è individuato il luogo adatto ad ospitare uno spazio espositivo dove raccontare la Rimini del Trecento. Uno spazio espositivo al servizio della città, con la progettazione del quale si cercherà di restituire unità agli ambienti dell’antica chiesa, oggi così frazionati tra troppi proprietari. Da San Michelino si continuerà verso la chiesa di Sant’Agostino, dove si trovano affreschi del Trecento riminese già molto noti e studiati. Ciò che si rende necessario in questo caso è la riconfigurazione architettonica e spaziale degli affreschi della parte bassa della cappella del campanile, staccati e trasferiti su pannelli negli anni ’70, oltre alla previsione di un sistema di monitoraggio degli affreschi stessi. La terza tappa del percorso sarà la chiesa di Santa Maria in Corte. Il ciclo di affreschi si trova all’interno della cappella del campanile, oggi chiusa al pubblico ed esclusa dallo spazio della chiesa dopo gli interventi barocchi. Abbiamo quindi pensato di proporre una soluzione che permetta una più agevole fruizione della cappella, progettando un’illuminazione e un percorso d’accesso adeguati. Più complesso è il caso di San Nicolò al porto, individuata come ultima tappa del percorso. Si tratta in questo caso della riconfigurazione di un intero isolato, che nel tempo ha perso totalmente il suo significato urbano riducendosi ad una sorta di spartitraffico. Qui si rendeva necessaria inoltre la progettazione di una nuova chiesa, presentando quella attuale seri problemi statici.
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L’intenzione di questo progetto, all’interno di un’area complessa come la Darsena di città, è quella di comporre un nuovo museo per la città, un museo del mare. Perchè il museo del mare? A Ravenna esistono tanti musei che riguardano la cultura, l’arte, la scienza, l’archeologia ecc., ma tra tutti questi musei di funzione varia non c’è nessun’altro legato a quell’elemento fonte su cui si è basata tutta la storia e essenza di Ravenna – l’acqua. Per questo motivo, il nuovo progetto sulla Darsena e prima di tutto sul Canale Candiano vuole costruire un nuovo complesso per la città che comprende tutto quello che insieme all’acqua è diventato un patrimonio da conservare e mostrare.
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Il progetto di riqualificazione della Caserma Sani si ispira allʼinteresse nei confronti delle tematiche del recupero edilizio e urbano. Esso nasce dallʼintenzione di reintegrare unʼarea urbana in via di dismissione nel suo contesto attraverso lʼinserimento di nuove funzioni che rispondano alle esigenze di questa parte di città e nel contempo riqualificare i fabbricati esistenti attraverso un progetto di recupero e completamento che favorisca il dialogo del complesso esistente con il sistema urbano circostante. La volontà di riuso della maggioranza degli edifici facenti parte del vecchio impianto si basa su considerazioni legate alla natura stessa del sito: lʼintenzione è quella di conservarne la memoria, non tanto per il suo valore storico-architettonico, ma perché nel caso specifico della Caserma più che di memoria è opportuno parlare di scoperta, essendo, per propria natura militare, un luogo da sempre estraneo alla comunità e al suo contesto, chiuso e oscurato dal limite fisico del muro di cinta. La caserma inoltre si compone di edifici essenzialmente funzionali, di matrice industriale, la cui versatilità si legge nella semplicità e serialità morfologica, rendendoli “organismi dinamici” in grado di accogliere trasformazioni e cambi di funzione. Il riuso si muove in parallelo ai concetti di risignificazione e riciclaggio, dividendosi in modo egualmente efficace fra presupposti teorici e pratici. Esso costituisce una valida alternativa alla pratica della demolizione, nel caso in cui questa non sia specificatamente necessaria, e alle implicazione economiche e ambientali (smaltimento dei rifiuti, impiego dei trasporti e fondi economici, ecc.) che la accompagnano. Alla pratica del riuso si affianca nel progetto quella di completamento e ampliamento, arricchendo il vecchio sistema di edifici con nuove costruzioni che dialoghino discretamente con la preesistenza stabilendo un rapporto di reciproca complementarietà. Il progetto di riqualificazione si basa su più ampie considerazioni a livello urbano, che prevedono lʼintegrazione dellʼarea ad un sistema di attraversamento pedonale e ciclabile che colleghi da nord a sud le principali risorse verdi del quartiere passando per alcuni dei principali poli attrattori dellʼarea, quali la Stazione Centrale, il Dopolavoro Ferroviario adibito a verde attrezzato, il nuovo Tecno Polo che sorgerà grazie al progetto di riqualificazione previsto per lʼex Manifattura Tabacchi di Pier Luigi Nervi e il nuovo polo terziario che sorgerà dalla dismissione delle ex Officine Cevolani. In particolare sono previsti due sistemi di collegamento, uno ciclo-pedonale permesso dalla nuova pista ciclabile, prevista dal nuovo Piano Strutturale lungo il sedime della vecchia ferrovia che correrà da nord a sud collegando il Parco della Montagnola e in generale il centro storico al Parco Nord, situato oltre il limite viario della tangenziale. Parallelamente alla pista ciclabile, si svilupperà allʼinterno del tessuto un ampio viale pedonale che, dal Dopolavoro Ferroviario (parco attrezzato con impianti sportivi) collegherà la grande area verde che sorgerà dove ora giacciono i resti delle ex Industrie Casaralta, adiacenti alla Caserma Sani, già oggetto di bonifica e in via di dismissione, incontrando lungo il suo percorso differenti realtà e funzioni: complessi residenziali, terziari, il polo culturale e le aree verdi. Allʼinterno dellʼarea della Caserma sarà integrato agli edifici, nuovi e preesistenti, un sistema di piazze pavimentate e percorsi di attraversamento che lo riuniscono al tessuto circostante e favoriscono il collegamento da nord a sud e da est a ovest di zone della città finora poco coinvolte dal traffico pedonale, in particolare è il caso del Fiera District separato dal traffico veloce di Via Stalingrado rispetto alla zona residenziale della Bolognina. Il progetto lascia ampio spazio alle aree verdi, le quali costituiscono più del 50 % della superficie di comparto, garantendo una preziosa risorsa ambientale per il quartiere. Lʼintervento assicura lʼinserimento di una molteplicità di funzioni e servizi: residenze unifamiliari e uno studentato, uffici e commercio, una biblioteca, un auditorium e un polo museale.