532 resultados para Prodotti vegani
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Tesi riguardante il rebranding che vuole ottenere, tramite l'analisi di due casi studio (due aziende operanti nel mercato B2B), delle linee guida e suggerimenti per superare le problematiche principali di questo processo. L'analisi dei casi studio è stata fatta tramite interviste interne all'azienda, ricerche online e materiale proprio delle aziende. Le linee guida saranno formulate sulla base delle difficoltà affrontate da queste due aziende sia nel fornire servizi sia prodotti fisici.
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Il presente elaborato di tesi è stato realizzato coerentemente con quanto osservato in Cefla s.c., azienda italiana composta attualmente da 4 Business Unit che operano a livello internazionale in settori distinti. I temi trattati riguardano nel dettaglio la Business Unit Medical Equipment, la quale realizza prodotti a supporto del professionista sanitario in tutte le fasi della sua attività, comprendendo riuniti odontoiatrici, apparecchiature per l’imaging e radiologia digitale e sistemi di sterilizzazione. L’obiettivo di questo elaborato è quello di descrivere l’attuale processo di Sales & Operations Planning all’interno di questa divisione dell’azienda e contribuire alla progettazione del piano per la sua strutturazione, reso necessario dalla situazione di forte criticità che Cefla s.c. è stata costretta ad affrontare. Vengono quindi descritte le problematiche che caratterizzano i processi interni all’azienda allo stato attuale, la cui valutazione è stata supportata da consulenti esterni, al fine di evidenziare gli aspetti più critici ed elaborare proposte di miglioramento. Queste ultime sono distinte in funzione delle diverse figure coinvolte che hanno contribuito alla loro realizzazione e ai sottoprocessi interessati e che costituiscono il Sales & Operations Planning: Sales Forecasting, Demand Planning e Supply Planning. In particolare, vengono approfonditi i processi che riguardano la previsione della domanda, in quanto per essi è stato possibile collaborare nell’elaborazione di proposte di miglioramento mirate. Visti i tempi medio lunghi che caratterizzano le soluzioni proposte all’azienda si è cercato di contribuire con la progettazione di proposte quick-win in ambito di Sales Forecasting e Demand Planning. Infine, si è tentato di quantificare i costi sostenuti da Cefla s.c. per far fronte alla situazione di criticità affrontata tramite valutazioni economiche e KPI, potendo così stimare l’impatto dato dall’implementazione di proposte di miglioramento.
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Negli ultimi decenni la necessità di salvaguardare l’ambiente ha portato ad un importante sviluppo dei processi catalitici con particolare attenzione agli aspetti di sostenibilità e impatto ambientale. Le nanoparticelle metalliche, note per le ottime proprietà catalitiche, ricoprono un ruolo fondamentale nel settore della catalisi. Al fine di innescare effetti sinergici e ottenere catalizzatori più performanti, la ricerca si sta orientando verso lo studio di nanoparticelle bimetalliche o multicomponente. Questo lavoro di tesi presenta la sintesi di nanoparticelle di Au, Pt e AuPt applicabili in catalisi e preparate mediante un processo a basso impatto ambientale assistito da microonde. Un’estesa caratterizzazione chimicofisica dei prodotti (DLS/ELS, UV-VIS, ICP-OES, XRD; TEM-EDS) ha consentito di ottimizzare le sintesi rispetto a distribuzione granulometrica, stabilità colloidale, resa di reazione e composizione di fase. Per AuPt NPs si sono sviluppate due preparazioni finalizzate all’ottenimento di diverse nanostrutture, core-shell e leghe. Infine, le prestazioni catalitiche dei campioni preparati sono state valutate mediante idrogenazione di 4-nitrofenolo (4-NP) a 4-amminofenolo (4-AP) in presenza di NaBH4, una reazione modello utilizzata per testare l'attività catalitica di nanometalli. Il campione in lega, Au97.5Pt2.5, e il campione core-shell, Au90@Pt10, hanno evidenziato effetti sinergici positivi con una migliore attività catalitica rispetto ai monometalli.
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Diverse organizzazioni nel mercato si chiedono come fare per permettere uno sviluppo della propria azienda in un mercato caratterizzato da sempre più competitor e un numero sempre maggiore di canali su cui i consumatori possono essere raggiunti. Fare branding è la risposta. Il branding è una pratica di marketing che permette all’azienda di distinguere i propri prodotti o servizi e quindi di identificare ciò che l’azienda stessa vende. Il processo di branding è un processo continuo e perpetuo che nel tempo permette alle aziende di plasmare la percezione di un marchio nella mente del consumatore. Le strategie di branding che possono essere applicate sono diverse e dipendono molto dal budget a disposizione dell’azienda. Per questo, nel caso di piccole-medio imprese con dei budget limitati, lo sviluppo della marca risulta essere un processo strategico per la loro crescita e diventa necessario in un mercato saturo come quello attuale. Risulta quindi importante per le PMI utilizzare e sfruttare il brand come un vero contenitore di significati, in grado di dare coerenza alla comunicazione e alle azioni aziendali e per identificare una direzione precisa da raggiungere. L’obiettivo di questo studio è quello di determinare in che modo ad oggi l’azienda Valentina Giorgi, piccola-media impresa italiana, utilizza il proprio brand sia a livello comunicazionale sia a livello distributivo per crescere come azienda ed espandersi. A questo proposito sono state indagate sia le strategie comunicative e distributive attuate finora dall’azienda, per comprendere il motivo per cui sono state svolte e analizzarne l’efficacia, oltre a ricercare lo scostamento presente tra l’idea che l’azienda ha costruito del brand e quella effettivamente percepita dai consumatori.
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I raggi cosmici sono una fonte naturale di particelle ad alta energia di origine galattica e extragalattica. I prodotti della loro interazione con l’atmosfera terrestre giungono fino alla superficie terrestre, dove vengono rilevati dagli esperimenti di fisica delle particelle. Si vuole quindi identificare e rimuovere questo segnale. Gli apparati sperimentali usati in fisica delle particelle prevedono dei sistemi di selezione dei segnali in ingresso (detti trigger) per rigettare segnali sotto una certa soglia di energia. Il progredire delle prestazioni dei calcolatori permette oggi di sostituire l’elettronica dei sistemi di trigger con implementazioni software (triggerless) in grado di selezionare i dati secondo criteri più complessi. TriDAS (Triggerless Data Acquisition System) è un sistema di acquisizione triggerless sviluppato per l’esperimento KM3NeT e utilizzato recentemente per gestire l’acquisizione di esperimenti di collisione di fascio ai Jefferson Lab (Newport News, VA). Il presente lavoro ha come scopo la definizione di un algoritmo di selezione di eventi generati da raggi cosmici e la sua implementazione come trigger software all’interno di TriDAS. Quindi si mostrano alcuni strumenti software sviluppati per costruire un ambiente di test del suddetto algoritmo e analizzare i dati prodotti da TriDAS.
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La Materia Oscura (Dark Matter, DM) deve il suo nome al fatto che non interagisce elettromagneticamente, ma solo gravitazionalmente e debolmente (proprietà che ne complica particolarmente la rivelazione). Molti sforzi, sia sperimentali che teorici, sono stati dedicati alla sua ricerca a tal punto da essere considerata uno dei più grandi misteri della fisica moderna. I candidati più promettenti a costituire la materia oscura sono da ricercarsi in teorie oltre il Modello Standard e fra essi figurano le WIMPs (Weakly Interacting Massive Particles). Poiché le particelle di DM sono caratterizzate da sezioni d’urto molto piccole, per poterle osservare si necessita di grandi rivelatori, ultrapuri e situati in ambienti a bassa radioattività. XENONnT è attualmente uno degli esperimenti più sensibili al mondo per la ricerca diretta di WIMPs, grazie all’utilizzo di una camera di proiezione temporale (TPC) a doppia fase (liquido-gas) che presenta una massa bersaglio di 5.9 t di xenon liquido (LXe). XENONnT mira a rilevare lo scattering di WIMPs contro i nuclei bersaglio, sfruttando i segnali osservabili di luce e carica prodotti dai rinculi nel LXe. Per raggiungere tale risultato sono fondamentali il sistema di veto di neutroni (Neutron Veto, NV) ed il sistema di veto di muoni (Muon Veto, MV): il NV ha lo scopo di rivelare i neutroni radiogenici provenienti dai materiali dell’esperimento mentre il MV (già impiegato in XENON1T) ha la finalità di eliminare il rumore di fondo dovuto ai raggi cosmici. L'obiettivo di questa tesi è lo studio degli eventi muone osservati dal MV ed il NV di XENONnT; misurarne il rate e verificare la congruenza dei risultati ottenuti con quanto atteso da simulazioni Monte Carlo. Questa prova ha costituito un'ulteriore verifica del corretto funzionamento dei sistemi di veto, ed ha permesso di approfondire la conoscenza sulla risposta del Neutron Veto al passaggio di un muone all’interno del suo volume attivo.
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Il lavoro svolto in questa tesi aveva l’obiettivo di valutare il potenziale tecnologico e bioprotettivo di ceppi di batteri lattici (LAB) isolati da salami tradizionali spagnoli. In particolare due ceppi (Lactiplantibacillus paraplantarum BPF2 e Pediococcus acidilactici ST6) che avevano dimostrato buone performance in vitro sono stati utilizzati, da soli o in miscela, come colture starter per la produzione salami e i prodotti ottenuti sono stati confrontati con un controllo a fermentazione spontanea ed un prodotto addizionato di uno starter commerciale contenente LAB e stafilococchi. Per quanto riguarda gli aspetti tecnologici, il pH ha mostrato cinetiche di acidificazione simili in tutti i prodotti, mentre il calo peso era più lento nel controllo. A livello microbiologico, i campioni addizionati di colture starter hanno mostrato carichi di LAB molto più elevati già al tempo zero, senza differenze significative in relazione al ceppo utilizzato. Enterobatteri e lieviti hanno mostrato andamenti simili in tutti i campioni. L’utilizzo di colture starter ha invece avuto un impatto rilevante sul contenuto di ammine biogene, con valori totali doppi nel campione ottenuto con fermentazione spontanea, e sul profilo in metaboliti volatili (soprattutto a carico di composti derivanti dall’acido piruvico). L’aspetto più rilevante di questa tesi è stato ottenuto nel challenge test, utilizzando come microrganismo target Listeria monocytogenes (inoculo 3 log ufc/g): infatti, nel controllo e nei campioni contenenti starter commerciale, L. monocytogenes era in grado di crescere fino a valori superiori a 5.7 log ufc/g, mentre i ceppi BPF2 e ST6 hanno determinato una riduzione del suo carico cellulare (2.4 log ufc/g). Questo conferma quindi le grandi potenzialità anti-listeria dei due ceppi testati e la loro attitudine ad essere utilizzati, oltre che come starter per i salami, anche come colture bioprotettive con lo specifico compito di contrastare lo sviluppo di L. monocytogenes.
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Il lavoro svolto in questa tesi era finalizzato allo studio di 14 ceppi di Companilactobacillus alimentarius isolati da salami spagnoli con un duplice obiettivo: da una parte aumentare la conoscenza relativa a questa specie, le cui informazioni in letteratura sono ancora scarse, dall’altra valutarne i caratteri di sicurezza e le performance tecnologiche per selezionare ceppi da utilizzare eventualmente come colture starter e/o bioprotettive in salumi fermentati o altri prodotti alimentari. I ceppi sono stati prima testati per la loro capacità di produrre ammine biogene, con circa la metà dei ceppi in grado di produrre tiramina, mentre solo 4 accumulavano istamina e due putrescina. Dai dati relativi all’antibiotico resistenza è emerso che la metà dei ceppi erano sensibili agli 8 antibiotici testati. È stata valutata poi la capacità dei ceppi di crescere a diverse temperature (10, 20 e 30°C) e a diverse concentrazioni di NaCl (0, 2,5, 5%). I risultati hanno mostrato un andamento variabile: un solo ceppo non era in grado di crescere a 10°C, mentre a 30°C i ceppi si dividevano in due gruppi, ed i ceppi caratterizzati da maggiori velocità di sviluppo a questa temperatura erano anche quelli dotati delle migliori performance a 20 e 10°C. Mentre per la capacità di crescere a diverse concentrazioni di sale, la variabilità era più evidente alla più alta concentrazione di NaCl (5%). Infine, è stata valutata la capacità di produrre molecole che potessero avere un impatto sul profilo sensoriale del prodotto, tra cui i composti derivanti dall’acido piruvico (acetoino, diacetile, 2-butanone), acido acetico, etanolo, benzeneacetaldeide e benzaldeide, ed anche in questo caso i ceppi hanno mostrato attitudini diverse all’accumulo di questi metaboliti. Sulla base dei dati ottenuti in questo lavoro sperimentale, 2 ceppi tra i 14 testati sono stati scelti per future sperimentazioni, dapprima in vitro e poi in sistemi reali, per valutare il loro potenziale come nuove colture starter.
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I biscotti rappresentano una fetta importante del mercato alimentare di molti Paesi soprattutto occidentali. Infatti, nonostante il periodo di profonda crisi, legato prima alla pandemia da Covid-19 e ora al conflitto in Ucraina, i prodotti da forno mantengono una posizione di rilievo nel carrello dei consumatori e in particolare, la produzione e il consumo di biscotti sono in aumento. Tuttavia, le esigenze dei consumatori sono in continua evoluzione e nell’ultimo decennio si è osservato una tendenza crescente a rifiutare i prodotti contenenti olio di palma a causa della percezione negativa che si è venuta a creare riguardo agli aspetti nutrizionali, ambientali e sociali correlati al suo impiego. Per venire incontro a questa tendenza, le aziende di trasformazione stanno cercando miscele lipidiche alternative. Sostituire una sostanza grassa con un’altra non è però banale perché le modifiche si riflettono sulla qualità nutrizionale, organolettica e sulla conservabilità del prodotto finito, per questo è necessario un adeguata valutazione della qualità finale del prodotto e uno studio di shelf life preliminare. A questo scopo, in questo progetto di tesi sono state valutate le performance di due biscotti con formulazioni lipidiche differenti rispetto al biscotto ottenuto con solo olio di palma per quanto riguarda lo stato ossidativo, principale causa di scadimento qualitativo per questa tipologia di prodotto. Durante un periodo di conservazione di 355 giorni a 20°C sono stati monitorati indici di ossidazione primaria (numero di perossido) e secondaria (esanale e acidi grassi ossidati), oltre essere stata testata una generale resistenza all’ossidazione accelerata della matrice tramite strumento OXITEST. In questo modo è stato possibile confrontare lo stato ossidativo dei biscotti a diversa formulazione con l’obiettivo di valutare se la qualità di biscotti “senza olio di palma” risulta soddisfacente o meno nell’arco dell’intera shelf life destinata al prodotto.
Prime prove per la mitigazione in ambito aziendale sull'accumulo di acrilammide in diversi frollini.
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L’obiettivo principale di questa tesi è stato lo studio dei fattori che a livello genetico, di formulazione e di processo possono influenzare lo sviluppo di acrilammide nei frollini. L’acrilammide è una sostanza che appartiene alla categoria dei “probabili cancerogeni” per la salute dell’uomo, per cui è necessario cercare di ridurne il contenuto negli alimenti. A livello legislativo, la Commissione Europea ha redatto un regolamento (Reg. UE 2017/2158) nel quale vengono indicate le principali norme e accortezze da seguire a livello aziendale per ridurre la sua presenza negli alimenti. Tramite l’attività di tirocinio svolta presso l’azienda Deco Industrie S. C. R. L. con sede a San Michele (RA) è stato possibile osservare concretamente a livello industriale i problemi legati all’accumulo di acrilammide per alcuni alimenti prodotti. In particolare, l’attenzione dell’azienda durante il periodo di mia permanenza presso la sede è stata rivolta a tre tipi di frollini, considerati i più critici, per i quali è stata monitorata la concentrazione di acrilammide nel tempo, andando a modificare la formulazione della ricetta. Ovviamente questo studio di tesi riporta un primo approccio al problema e rappresenta quindi il punto di partenza per studi futuri più approfonditi con lo scopo di raggiungere una standardizzazione del prodotto con livelli sempre più bassi di acrilammide.
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La presente sperimentazione ha avuto come obiettivo la formulazione di oli aromatizzati, ottenuti mediante la tecnica di co-frangitura delle olive con arancia, sottoprodotti dell’arancia, melagrana e pepe nero. In questo lavoro di tesi viene affrontata la definizione di olio aromatizzato, cioè un olio d’oliva arricchito con uno o più composti aromatici, come oli essenziali, spezie, erbe aromatiche o frutti. Inizialmente vengono esposte le principali tecniche di aromatizzazione. Successivamente vengono trattati i principali parametri di qualità per la classificazione merceologica degli oli, i composti volatili e i composti fenolici che caratterizzano questi prodotti, ed infine viene descritta la valutazione sensoriale degli oli d’oliva. I campioni di olio prodotti sono stati sottoposti ad analisi per la valutazione dello stato idrolitico, mediante determinazione titrimetrica dell’acidità libera e del contenuto di composti ad attività riducente tramite determinazione spettrofotometrica con reattivo di Folin-Ciocalteu. Infine, sono stati studiati i composti volatili degli oli aromatizzati prodotti, identificando e quantificando i principali attributi sensoriali mediante analisi descrittiva effettuata da un gruppo di assaggiatori addestrati. Dalle analisi eseguite sui campioni si è potuto riscontrare come gli oli prodotti non abbiano problemi di degradazione idrolitica, possiedano un contenuto medio/alto di composti fenolici e siano caratterizzati dalla presenza di attributi secondari positivi.
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ABSTRACT Il lavoro svolto in questa tesi è stato quello di produrre dei pani andando a sostituire nella formulazione l’acqua con delle puree vegetali di mirtilli o peperoni, utilizzate fresche o fermentate. La fermentazione è stata condotta tramite due ceppi di batteri lattici (Leuconostoc mesenteroides L223 e Lactiplantibacillus plantarum L88) e due di lieviti (Saccharomyces cerevisiae Y267 e Hanseniaspora uvarum Y309), che erano stati precedentemente isolati dalle puree di mirtilli e peperoni fermentate spontaneamente, e che presentavano le migliori performances. Gli obiettivi di questa tesi erano di arricchire il profilo sensoriale e il contenuto in sostanze funzionali (ad esempio polifenoli e vitamine, di cui le matrici utilizzate sono particolarmente ricche) del pane. I prodotti ottenuti sono stati analizzati per monitorare gli aspetti chimico-fisici (pH, lievitazione dell’impasto) e il profilo aromatico. Sui diversi pani ottenuti è stato infine eseguito un test di assaggio per valutare l’accettabilità del prodotto ed una sua possibile introduzione nel mercato. I risultati delle analisi hanno mostrato un rilevante sviluppo di sostanze volatili nelle puree vegetali fermentate e queste molecole, in parte, sono state trasferite nel pane andando a modificare il suo profilo aromatico. L’aggiunta di puree fermentate ha quindi fortemente caratterizzato gli impasti e i pani ottenuti, che presentavano un profilo aromatico più complesso rispetto ai pani ottenuti con le sole puree vegetali non fermentate. Questo aspetto positivo è stato confermato dal test di assaggio, poiché i pani addizionati di puree fermentate (soprattutto mirtillo) hanno ottenuti punteggi positivi in termini di dolcezza, acidità e fruttato. Questo conferma le grandi potenzialità di questi pani, che oltre a differenziare i prodotti presenti sul mercato, possono andare a valorizzare matrici vegetali sovra-mature, e destinate ad essere scartate, o parti di vegetali non utilizzate nelle produzioni.
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L’innovazione tecnologica nell’ambito alimentare ha portato alla realizzazione di nuovi prodotti al fine di far fronte all’incremento demografico e ai numerosi problemi che ne conseguono, come ad esempio quello della sostenibilità ambientale. Tra questi prodotti troviamo sia alternative che si basano su proteine già esistenti in natura, come ad esempio prodotti a base di insetti, sia nuove fonti di proteine prodotte in laboratorio: questo è il caso della carne coltivata in vitro, tessuto muscolare ricavato a partire da colture cellulari in grado di ridurre drasticamente il numero di animali allevati e macellati. In questo elaborato vengono discusse le principali tecnologie produttive per la realizzazione della carne in vitro e si analizzano gli aspetti critici legati all’accettazione di questo tipo di prodotti da parte dei consumatori. Per valutare l’opinione dei consumatori è stato somministrato un sondaggio che includeva 12 brevi domande a 343 potenziali consumatori di carne coltivata . Dall’analisi dei dati raccolti, emerge una generale “neofobia” nei confronti della carne coltivata, che può essere causata da motivi legati alla scarsa informazione e alla conseguente mancanza di fiducia riguardo alle tecnologie produttive innovative. Un importante aspetto emerso nel corso dello studio è rappresentato dalla differenza delle opinioni di consumatori appartenenti a diverse categorie, come ad esempio i consumatori abituali di prodotti a base di carne e, dall’altra parte, le persone che hanno eliminato dalla loro dieta abituale i prodotti di origine animale. È essenziale comprendere le radici della neofobia che le diverse categorie di consumatori possono manifestare nei confronti di alimenti innovativi come la carne coltivata, per realizzare un’efficace strategia comunicativa che faccia leva sulle maggiori barriere psicologiche delle persone, sostituendole con informazioni riguardo ai benefici che una transizione verso questo tipo di prodotti potrebbe apportare.
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Il presente lavoro di tesi ha avuto lo scopo di valutare l’effetto del trattamento con campi elettrici pulsati sulla funzionalità delle proteine e sul livello di ossidazione lipidica e proteica di filetti di branzino (Dicentrarchus labrax) durante 12 giorni di conservazione refrigerata. A tale scopo, un totale di 50 filetti è stato sottoposto a salagione mediante salamoia contenente il 5% di NaCl per 24 ore e successivamente diviso in 2 gruppi sperimentali (n=25/gruppo): CONT, filetti non sottoposti a trattamento e PEF, filetti trattati con campi elettrici pulsati aventi intensità di 0,6 kV/cm, ampiezza degli impulsi di 10 μs per un tempo totale di trattamento pari a 10 s. I filetti sono stati confezionati in atmosfera protettiva (20% di CO2 e 80% di N2) e conservati a temperatura di refrigerazione per i 12 giorni successivi. Nel complesso, i risultati ottenuti suggeriscono come il trattamento PEF non abbia esercitato un effetto né migliorativo né peggiorativo sulla funzionalità delle proteine, determinata tramite analisi della solubilità, risultato piuttosto inatteso data la potenzialità del PEF di migliorare la funzionalità proteica. Si può ipotizzare che il processo di salatura a cui sono stati sottoposti i campioni possa avere in qualche modo mascherato un possibile effetto positivo del trattamento a causa della solubilizzazione delle proteine avvenuta già in fase di salatura. Inoltre, nonostante il PEF possa innescare fenomeni ossidativi a carico della matrice lipidica e proteica, in questo studio non sono state osservate modificazioni, suggerendo come il trattamento non abbia alterato la stabilità ossidativa dei filetti. In conclusione, i risultati ottenuti nel presente studio sono da considerarsi positivi, in quanto è possibile evincere come il trattamento effettuato abbia consentito di migliorare le rese di processo, senza però influenzare la stabilità ossidativa di lipidi e proteine, lasciando quindi inalterata la funzionalità delle stesse.
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La metabolomica è una delle discipline più innovative tra quelle integrate al settore agroalimentare e, nonostante ciò, è già ampiamente sfruttata ed apprezzata. La risonanza magnetica nucleare (che verrà ampiamente trattata in seguito) è la tecnica d’elezione che permette di svolgere analisi in questo ambito. Nonostante l’utilità indiscussa di questa analisi, molti alimenti non sono stati protagonisti di studi in questo settore. Il latte d'asina è solo uno dei prodotti che per via della loro poca diffusione e centralità nel mercato non sono conosciuti e sfruttati appieno. Lo scopo di questo lavoro è quello di indagare il metaboloma del latte d'asina, come primo tassello per studi più avanzati.