608 resultados para Dispositivo prove di trazione
Resumo:
In questo progetto di tesi saranno applicate tecniche appartenenti al campo della bioingegneria, indirizzate al riconoscimento delle attività motorie e all’analisi del movimento umano. E' stato definito un protocollo di ricerca necessario per il raggiungimento degli obiettivi finali. Si è quindi implementata un’App Android per l’acquisizione e il salvataggio dei dati provenienti dai principali sensori di Smartwatch e Smartphone, utilizzati secondo le modalità indicate nel protocollo. Successivamente i dati immagazzinati nei dispositivi vengono trasferiti al Pc per effettuarne l’elaborazione off-line, in ambiente Matlab. Per facilitare la seguente procedura di sincronizzazione dei dati intra e inter-device, tutti i sensori sono stati salvati, dall’App Android, secondo uno schema logico definito. Si è perciò verificata la possibilità del riconoscimento del contesto e dell’attività nell’uso quotidiano dei dispositivi. Inoltre si è sviluppato un algoritmo per la corretta identificazione del numero dei passi, indipendentemente dall’orientamento del singolo dispositivo. Infatti è importante saper rilevare in maniera corretta il numero di passi effettuati, soprattutto nei pazienti che, a causa di diverse patologie, non riescono ad effettuare una camminata fluida, regolare. Si è visto come il contapassi integrato nei sistemi commerciali per il fitness più diffusi (Smartwatch), pecca soprattutto in questa valutazione, mentre l’algoritmo, appositamente sviluppato, è in grado di garantire un’analisi accettabile a prescindere dal tipo di attività svolta, soprattutto per i dispositivi posizionati in L5. Infine è stato implementato un algoritmo, che sfrutta il filtro di Kalman e un modello biomeccanico appositamente sviluppato, per estrapolare l’evoluzione dell’angolo Tronco-Coscia. Avere a disposizione tale informazione e perciò conoscere la biomeccanica e la cinematica del corpo umano, rende possibile l’applicazione di questa procedura in svariati campi in ambito clinico e non.
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L’insufficienza renale cronica è una malattia di grande impatto sulla sanità pubblica. Il punto di approdo per la maggior parte dei pazienti, alternativo al trapianto renale, è il trattamento dialitico che rappresenta una cura ad alto costo sia sociale che economico. Il rene artificiale è il dispositivo attraverso il quale si effettua la terapia, ed è frutto di un costante sviluppo che mira a sostituire la funzione renale in quanto sottosistema dell’organismo umano. Per questo è sempre più importante dotarlo di un adeguato set di sensori che permettano di monitorare l’efficacia del trattamento. L’emodialisi prevede la rimozione dei liquidi in eccesso accumulati nel periodo che intercorre tra due trattamenti successivi, per questo un parametro molto importante da monitorare è la variazione relativa del volume ematico (RBV, Relative Blood Volume Variation). A questo scopo gli attuali dispositivi per dialisi in commercio utilizzano tecnologie ad ultrasuoni o ottiche: è stata però recentemente evidenziata la sensibilità indesiderata di questa seconda tecnica ai cambiamenti di osmolarità del sangue sotto analisi. Lo studio presentato in questa tesi è volto a migliorare l’accuratezza con la quale effettuare la stima del RBV nel corso del trattamento dialitico, attraverso un sistema di misura ottico sperimentale. Il prototipo realizzato prevede di aumentare le informazioni raccolte sia aumentando la distribuzione spaziale dei sensori ottici che allargando la banda di lunghezze d’onda alla quale i dati vengono acquisiti. La stima del RBV è gestita attraverso algoritmi basati sulle combinazioni lineari, sulle reti neurali e su modelli autoregressivi.
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Gli eventi sismici che hanno colpito l’Emilia Romagna nel corso del 2012, hanno mostrato come le strutture in muratura qui presenti siano particolarmente sensibili alle azioni di forze dinamiche. Questa vulnerabilità deriva principalmente dal fatto che gran parte del patrimonio edilizio italiano è stato realizzato prima dell’introduzione di apposite normative antisismiche e, in secondo luogo, dalla qualità dei materiali utilizzati e dalle tecniche “artigianali” di realizzazione. La valutazione della vulnerabilità degli edifici è pertanto un punto fondamentale per poterne stimare il livello di sicurezza in caso di terremoto. In particolare, i parametri fondamentali da studiare sono: Resistenza caratteristica a compressione (f_k): parametro importante per la stima della resistenza alla rottura in corrispondenza di variazioni delle forze verticali, per effetto di un’azione sismica; Resistenza a taglio in assenza di sforzo normale (f_vk0): valore che stima la capacità resistente della muratura quando essa è soggetta a sole azioni taglianti. Gli obbiettivi principali di questa tesi sono: Determinare i parametri medi di resistenza sopra descritti per le murature site in Emilia Romagna; Confrontare valori ottenuti mediante prove semi-distruttive e distruttive al fine di verificare la loro affidabilità.
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Con l’aumento dell’acidità e degli inquinanti nelle deposizioni umide, la corrosione atmosferica dei bronzi esposti all’aperto è stata accelerata e la stabilità della patina di prodotti di alterazione, che solitamente protegge parzialmente il substrato metallico, risulta compromessa. La patina costituisce il supporto reale nelle condizioni d’impiego dell’inibitore o del protettivo, il quale viene applicato in seguito ad una pulitura del manufatto corroso che non espone il metallo nudo. L’inibitore attualmente più utilizzato, benzotriazolo (BTA), risulta non totalmente adeguato nei confronti del bronzo, tossico per l’ambiente e sospetto cancerogeno per l’uomo. Occorre quindi sviluppare soluzioni alternative per la conservazione dei bronzi all’aperto: a questo scopo, il presente lavoro di tesi si è sviluppato in tre fasi: (i) patinazione via invecchiamento artificiale accelerato, simulando la pioggia battente (dropping test) e la pioggia stagnante (wet&dry) su campioni di bronzo quaternario Cu-Sn-Zn-Pb, al fine di produrre un substrato rappresentativo, diversificando le patine prodotte dalle due geometrie di esposizione, sul quale possa essere applicato un inibitore o protettivo. La patinazione artificiale ha permesso di riprodurre efficacemente le due tipologie di patine naturali: le superfici patinate in pioggia battente hanno mostrato il tipico arricchimento in Stagno dovuto alla decuprificazione, mentre le superfici patinate in pioggia stagnante hanno presentato la comparsa dei tipici prodotti precursori dei solfati basici. (ii) pulitura di una patina naturale su bronzo quaternario (fontana del XVII sec.) mediante sabbiatura criogenica (dry-ice blasting), al fine di verificare l’efficienza di questa tecnica per preparare le superfici patinate all’applicazione di un inibitore o protettivo e il suo eventuale utilizzo in sostituzione alle tecniche tradizionali. La sabbiatura criogenica si è tuttavia dimostrata non selettiva nei confronti dei depositi calcarei, dimostrandosi non utilmente applicabile. (iii) protezione di superfici di bronzo quaternario, patinate artificialmente simulando la pioggia battente, mediante un trattamento innovativo di biopatinazione ottenuto applicando il ceppo fungino Beauveria Bassiana, potenzialmente in grado di convertire in ossalati i prodotti di corrosione della patina naturale. Lo scopo è quello di valutare l’efficienza protettiva della biopatina in seguito ad un invecchiamento accelerato simulante la pioggia battente. La biopatinazione è risultata applicabile anche a superfici arricchite in Stagno artificialmente (dropping test), ma la biopatina ottenuta non si è mostrata in grado di limitare i fenomeni corrosivi. Si ritengono necessarie ulteriori prove per valutarne l’efficienza a più lungo termine.
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Uno tra i principali problemi dei compositi è il fenomeno della delaminazione. In questo lavoro di tesi sono state prodotte membrane nanofibrose ottenute mediante elettrofilatura di poliarammidi, da impiegare come rinforzo per contrastare tale fenomeno. Sono state quindi preparate soluzioni di Nomex con differenti combinazioni di concentrazione e solvente da sottoporre ad elettrofilatura, e sono stati ricercati i parametri di processo ottimali. La qualità delle nanofibre è stata valutata attraverso analisi SEM e successivamente sono state determinate le proprietà termo-meccaniche delle membrane migliori. Le stesse sono state impiegate per la produzione di compositi in fibra di carbonio a matrice epossidica e l’effetto sulla delaminazione è stato valutato tramite test preliminari ILSS e DCB. Inoltre, è stato valutato al cono-calorimetro il comportamento alla fiamma del composito nano-rinforzato. Sono state anche tentate prove preliminari di elettrofilatura di soluzioni di Kevlar.
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Questo elaborato tratta la realizzazione di una scheda a circuito stampato. Essa è stata pensata con il compito di testare un circuito integrato per l'Energy Harvesting, progettato dall'Univesità di Bologna. La scheda implementerà numerose sorgenti alternative eterogenee Low-Power, cosicché il circuito integrato riuscirà ad estrapolarne una carica elettrica fino ad un massimo di alcuni milliwatt. Questa potenza sarà sufficiente ad alimentare qualsiasi dispositivo Low-Power.
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Il documento analizza i vantaggi introdotti nel mondo delle telecomunicazioni dai paradigmi di Software Defined Networking e Network Functions Virtualization: questi nuovi approcci permettono di creare reti programmabili e dinamiche, mantenendo alte le prestazioni. L’obiettivo finale è quello di capire se tramite la generalizzazione del codice del controller SDN , il dispositivo programmabile che permette di gestire gli switch OpenFlow, e la virtualizzazione delle reti, si possa risolvere il problema dell’ossificazione della rete Internet.
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A partire dal concept ideato dall’ing. Emanuele Gruppioni, ricercatore presso il Centro Protesi stesso, l’obiettivo del lavoro è rappresentato dallo studio di fattibilità, dalla realizzazione e dalla messa in opera della suddetta mano, che presenta come caratteristica peculiare e innovativa un azionamento bilaterale che le consente di essere ambidestra. Questo azionamento è attuato da due cavi posti in ogni dito, che grazie all’azione dei motori inseriti nel palmo vengono riavvolti su delle pulegge consentendo la flessione delle dita in una direzione o nell’altra, in una struttura di mano nella quale non sono quindi individuabili a priori le tipiche ragioni palmare e dorsale. Questo tipo di azionamento in futuro potrebbe essere rielaborato nell’ottica di avere un’unica protesi di mano che possa essere utilizzata sia da pazienti destrimani sia mancini, o, in alternativa, di avere un dispositivo protesico che ampli le funzionalità di presa rispetto alla mano umana.
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Le colate detritiche sono manifestazioni parossistiche con trasporto impulsivo di sedimenti lungo la rete idrografica minore che presentano un elevato potere distruttivo. In questo lavoro di tesi si è cercato di descrivere inizialmente le caratteristiche tipiche delle colate di detrito, e le condizioni climatiche e geomorfologiche che tendono a favorirne l’innesco. Verranno poi analizzati, i casi relativi all’Appennino bolognese, prendendo come riferimento le colate rapide di detrito avvenute in località Serraglio (Baragazza) nei pressi del comune di Castiglione dei Pepoli. Nello specifico verrà indagato il fenomeno avvenuto il 31/01/2014, per il quale sono stati effettuati numerosi rilievi morfometrici che hanno portato ad individuare una geometria di dettaglio del canale di flusso e della nicchia di frana, per poter ricostruire i volumi di materiale mobilizzato. In contemporanea alle misure morfometriche si sono effettuate delle indagini sismiche volte a stimare lo spessore della coltre di alterazione presente all’interno del canale prima dell’evento, e a monte della nicchia di frana. Successivamente si è cercato di correlare le misure H/V con le prove MASW effettuate ,senza successo, ciò è probabilmente dovuto dalla difficoltà di indagare spessori così sottili con le MASW. Perciò utilizzando le indagini H/V si è tentato di ricostruire il modello geologico – tecnico alla scala del versante. Infine si è cercato di modellizzare il fenomeno utilizzando il software Dan-W con il quale si sono testati vari modelli reologici fra i quali si sono dimostrati più realistici, in riferimento al caso in esame, il modello frizionale ed il modello di Voellmy. Per questi due modelli è stata quindi effettuata la calibrazione dei parametri, in riferimento dei quali si è visto che, con il modello di Voellmy si è ottenuto un buon valore della distanza percorsa dalla colata, ma una stima delle velocità abbastanza elevate. Il modello frizionale invece ha portato ad una buona stima degli spessori dei depositi, ma sottostimando la distanza che avrebbe potuto percorrere la colata se non avesse incontrato ostacoli.
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Eseguire l'analisi della catena di misura di un sistema di produzione e stoccaggio idrogeno risulta fondamentale per la buona riuscita delle prove in quanto evidenzia e mette in risalto eventuali errori dovuti a strumenti presenti in impianto. Ogni strumento di misura facente parte dell’impianto ha i suoi andamenti e le sue tolleranze. Pertanto si è verificata l'affidabilità delle misurazioni eseguite proponendo delle misurazioni aggiuntive necessarie.
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In questo progetto di tesi sarà innanzitutto presentato il Kinect One e sarà fatta una panoramica sull’uso della realtà virtuale in ambito riabilitativo. In seguito sarà analizzato l’algoritmo di Body tracking, valutandone il comportamento in diverse situazioni pratiche e poi stimandone la precisione in statica. Sarà presentato un filtraggio per limitare il rumore in tempo reale e valutarne i pro ed i contro in funzione delle caratteristiche impostabili. Saranno presentate inoltre le metodologie con cui gli algoritmi integrati del Kinect permettono di ricavare una stima dell’orientamento delle parti anatomiche nello spazio ed alcune considerazioni circa le implicazioni pratiche di tali metodologie, anche in base alle osservazioni sul campo ottenute durante i mesi di realizzazione di questo progetto. Lo scopo è determinare se e come sia possibile utilizzare il Microsoft Kinect One come unico sistema di motion tracking del paziente in applicazioni cliniche di riabilitazione, quali limiti ci sono nel suo utilizzo e quali categorie di scenari e prove potrebbe supportare.
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Questo lavoro di tesi è stato finalizzato allo studio dell’applicabilità e dell’efficacia di una modalità di confezionamento dell’olio extra vergine di oliva (EVO) in grado di raggiungere due obiettivi: - il prolungamento della shelf-life dell’olio d’oliva grazie ad un’azione protettiva del packaging dalla radiazione luminosa; - l’ottenimento di un’estetica accattivante che consenta al consumatore di apprezzare colore e livello del prodotto contenuto. È stata, quindi, testata l’efficacia di un film protettivo trasparente, termoretraibile, stampabile e con effetto barriera contro le radiazioni UV applicato su bottiglie in vetro trasparente, confrontando i risultati ottenuti con quelli raccolti per campioni conservati in bottiglie in vetro scuro e trasparente. Per la realizzazione di questo studio sono stati utilizzati due EVO monovarietali e per ognuno di questi sono state confrontate tre tipologie di confezionamento: vetro scuro, vetro trasparente rivestito con pellicola, vetro trasparente. Per simulare un processo di “invecchiamento accelerato” le bottiglie sono state poste in un termostato (20 °C) all’interno del quale sono state istallate delle lampade in grado di illuminare le bottiglie in continuo e i campioni erano monitorati ad intervalli regolari (5, 10 e 15 settimane). Le determinazioni analitiche svolte (titrimetriche, spettrofotometriche, cromatografiche e sensoriali) hanno riguardato i principali parametri quali-quantitativi correlati allo stato idrolitico (acidità libera, digliceridi) ed ossidativo (numero di perossidi) degli oli d’oliva, nonché relativi alle molecole antiossidanti (contenuto in fenoli totali e tocoferoli) ed agli attributi sensoriali. I risultati ottenuti da queste prove esplorative hanno evidenziato come l’applicazione di sleeve additivate con anti-UV su bottiglie in vetro trasparente possa costituire una valida modalità di confezionamento dell’olio EVO, anche se saranno necessarie ulteriori conferme ed approfondimenti.
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Il caranto è un celebre paleosuolo della laguna di Venezia. Esso si presenta come uno strato argilloso di alcuni metri di spessore, a profondità variabile tra 1 e 25 m, fortemente consolidato, al punto che, secondo la tradizione locale, sarebbe il livello sul quale si impostano i pali di fondazione della città di Venezia. Misure di microtremore sismico ambientale nell’area lagunare acquisite in precedenza hanno mostrato amplificazioni delle onde sismiche per risonanza stratigrafica a frequenze medio-alte (sopra 3 Hz), ricollegabili a riflettori sismici superficiali. Tali amplificazioni riguardano frequenze di interesse ingegneristico per le strutture della città lagunare e delle altre isole, in quanto a frequenze superiori a 3 Hz risuona la maggior parte degli edifici in muratura più bassi di 5 piani, come quelli della città. Questo li renderebbe particolarmente vulnerabili per fenomeni di doppia-risonanza in caso di terremoto. Attraverso misure di risonanza del sottosuolo eseguite ad hoc e reperite in letteratura, abbiamo cercato se esista una correlazione tra le frequenze misurate e le profondità stimate del caranto da dati di sondaggio. Abbiamo trovato che tale correlazione esiste ed è netta a patto di assumere che la velocità di propagazione delle onde di taglio nel sottosuolo sia diversa tra centro storico e zona dei litorali della laguna. Tale differenza di valori, oltre ad essere perfettamente in linea con la geologia locale, che prevede argille nella zona insulare e sabbie nelle zone litoranee, è confermata dalle risultanze di prove sismiche multicanale a onde di superficie effettuate in anni passati per la microzonazione sismica della provincia. Si propone infine una relazione tra unità geologiche e valori di velocità delle onde di taglio nelle stesse, che permette di stimare la profondità del caranto a partire da misure di risonanza, del tutto non invasive. I risultati ottenuti sono utili sia in senso geologico che in senso ingegneristico sismico, poiché identificano le frequenze di massima amplificazione sismica del terreno
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I dispositivi impiantabili stanno acquisendo grande importanza nell’ambito delle applicazioni biomedicali, ciò è dovuto principalmente alla loro attitudine nell’adempiere funzioni di stimolazione, monitoraggio su organi interni e di comunicazione di segnali vitali al mondo esterno. La comunità scientifica, in particolare, concentra la sua attenzione sulle tecniche di alimentazione di tali dispositivi. Le batterie al litio hanno rappresentato, fino a qualche tempo fa, la sorgente di alimentazione primaria. Il bisogno crescente di minimizzare le dimensioni di questi dispositivi e migliorare la qualità di vita del paziente (evitare successive operazioni chirurgiche, rischi e infezioni a causa dei cavi percutanei), ha spinto nella ricerca di nuove soluzioni. Una di queste è rappresentata dalla Wireless Power Transfer (WPT). In questo lavoro di tesi, è stato proposto un sistema di alimentazione wireless transcutaneo. Il sistema sfrutta il principio dell’accoppiamento induttivo risonante, che consiste nella trasmissione di energia in campo vicino tra due risuonatori magneticamente accoppiati. Al fine di acquisire la massima efficienza, sono state effettuate operazioni di ottimizzazione geometrica sul trasmettitore e di adattamento sul modello circuitale. I software CST e LTspice hanno reso possibile le simulazioni sul sistema dal punto di vista elettromagnetico e circuitale. Gli sviluppi futuri prevedono di convalidare i risultati ottenuti realizzando prove “in vitro”.
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Petroltecnica S.P.A, azienda leader in attività di bonifica di terreni e siti industriali, ha svolto, per conto di Enipower Ferrara, uno studio di fattibilità per la dismissione di un serbatoio di olio combustibile e linea di tubazioni annesse. La richiesta della committente prevedeva la movimentazione del serbatoio di olio combustibile senza operare sezionamenti, in modo da poterlo bonificare al di fuori del sito in apposita area attrezzata. Per questo motivo è stato progettato un sistema di sollevamento che permettesse di movimentare il serbatoio di olio combustibile senza rischiare di deformarlo o romperlo. La struttura del bilancino è caratterizzata da una trave principale su cui è stata saldata una staffa per il collegamento del gancio della gru con la trave principale, e a cui sono collegate due travi traverse, disposte perpendicolarmente, e due staffe laterali. Alle estremità di ciascuna trave (principale e secondarie) sono presenti delle staffe a cui è collegata la componentistica di attacco del carico (grilli, funi e golfari). La progettazione del sistema di sollevamento è stata fatta in modo da ripartire uniformemente il carico sulla struttura e contemporaneamente non sollecitare eccessivamente i punti di presa del serbatoio. Una volta scelta la struttura del bilancino, è stato necessario dimensionare e verificare tutte le sue parti sulla base del metodo delle tensioni ammissibili previsto dall'UNI 10011. In riferimento alle normative UNI 10011 e UNI 13155, il dimensionamento del bilancino di sollevamento è stato effettuato in modo da ottenere, su ciascun elemento della struttura, un coefficiente di sicurezza minimo pari a due.