424 resultados para Basilica di San Pietro in Vaticano-Grabado


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Lo scopo di questa tesi è dare la nozione di topologia debole in spazi di Banach e fornire una caratterizzazione della compattezza debole in spazi riflessivi e separabili. Infatti in spazi di Banach riflessivi e separabili la compattezza è equivalente alla compattezza sequenziale, mentre in mancanza delle ipotesi di riflessività e di separabilità dello spazio ciò non è vero.

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Lo scopo dell'elaborato di tesi è l'analisi, progettazione e sviluppo di un prototipo di una infrastruttura cloud in grado di gestire un grande flusso di eventi generati da dispositivi mobili. Questi utilizzano informazioni come la posizione assunta e il valore dei sensori locali di cui possono essere equipaggiati al fine di realizzare il proprio funzionamento. Le informazioni così ottenute vengono trasmesse in modo da ottenere una rete di device in grado di acquisire autonomamente informazioni sull'ambiente ed auto-organizzarsi. La costruzione di tale struttura si colloca in un più ampio ambito di ricerca che punta a integrare metodi per la comunicazione ravvicinata con il cloud al fine di permettere la comunicazione tra dispositivi vicini in qualsiasi situazione che si potrebbe presentare in una situazione reale. A definire le specifiche della infrastruttura e quindi a impersonare il ruolo di committente è stato il relatore, Prof. Mirko Viroli, mentre lo sviluppo è stato portato avanti da me e dal correlatore, Ing. Pietro Brunetti. Visti gli studi precedenti riguardanti il cloud computing nell'area dei sistemi complessi distribuiti, Brunetti ha dato il maggiore contributo nella fase di analisi del problema e di progettazione mentre la parte riguardante la effettiva gestione degli eventi, le computazioni in cloud e lo storage dei dati è stata maggiormente affrontata da me. In particolare mi sono occupato dello studio e della implementazione del backend computazionale, basato sulla tecnologia Apache Storm, della componente di storage dei dati, basata su Neo4j, e della costruzione di un pannello di visualizzazione basato su AJAX e Linkurious. A questo va aggiunto lo studio su Apache Kafka, utilizzato come tecnologia per realizzare la comunicazione asincrona ad alte performance tra le componenti. Si è reso necessario costruire un simulatore al fine di condurre i test per verificare il funzionamento della infrastruttura prototipale e per saggiarne l'effettiva scalabilità, considerato il potenziale numero di dispositivi da sostenere che può andare dalle decine alle migliaia. La sfida più importante riguarda la gestione della vicinanza tra dispositivi e la possibilità di scalare la computazione su più macchine. Per questo motivo è stato necessario far uso di tecnologie per l'esecuzione delle operazioni di memorizzazione, calcolo e trasmissione dei dati in grado di essere eseguite su un cluster e garantire una accettabile fault-tolerancy. Da questo punto di vista i lavori che hanno portato alla costruzione della infrastruttura sono risultati essere un'ottima occasione per prendere familiarità con tecnologie prima sconosciute. Quasi tutte le tecnologie utilizzate fanno parte dell'ecosistema Apache e, come esposto all'interno della tesi, stanno ricevendo una grande attenzione da importanti realtà proprio in questo periodo, specialmente Apache Storm e Kafka. Il software prodotto per la costruzione della infrastruttura è completamente sviluppato in Java a cui si aggiunge la componente web di visualizzazione sviluppata in Javascript.

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Il presente lavoro di tesi si inserisce in un progetto di ricerca volto alla sintesi di nuovi complessi di metalli di transizione per lo sviluppo di catalizzatori bifunzionali metallo-legante da impiegare in reazioni di catalisi omogenea, in particolare in reazioni redox quali idrogenazione e deidrogenazione attraverso il trasferimento di idrogeno. Il mio progetto ha riguardato la messa a punto della sintesi di complessi di Ru(0) che combinano leganti ciclopentadienonici e carbeni N-eterociclici e la sintesi dei corrispondenti complessi cationici per protonazione. Inoltre, è stato sintetizzato e caratterizzato un nuovo complesso cationico attraverso la metilazione del corrispettivo complesso neutro. I complessi sintetizzati sono stati utilizzati come precursori di catalizzatori nella riduzione tramite trasferimento di idrogeno del 4-fluoroacetofenone, valutandone l’attività catalitica in relazione a leganti, additivi e controioni. Allo scopo di delineare qualche ipotesi sul meccanismo di reazione sono stati effettuati diversi studi sulla reattività dei complessi impiegati in catalisi, in particolare usando la piridina come agente di “trapping”. Infine, è stato condotto uno studio preliminare dell’attività catalitica dei complessi sintetizzati nell’ossidazione di benzilalcol a benzaldeide. The present work is part of a research project that involves the study of new ruthenium-based transition metal complexes in order to develop new metal-ligand bifunctional catalysts to employ in homogeneous catalytic systems, in particular in redox reactions such as hydrogenation and dehydrogenation through hydrogen transfer. My project is focused on the optimization of the synthesis of Ru(0) complexes that combines different ligands as tetraphenylcyclopentadienone and N-heterocyclic carbenes and the synthesis of the corresponding cationic complexes by protonation. Furthermore, it is reported the synthesis and characterization of a new cationic complex obtained by methylation of the corresponding neutral complex. All the prepared complexes were employed as catalyst precursors in the transfer hydrogenation of 4-fluoroacetophenone and their performances were investigated in relation to the type of ligands, additives and counterions. The reactivity of these ruthenium complexes was also investigated with the aim of delineate some hypothesis on the reaction mechanism, in particular employing pyridine as a trapping agent. Finally, preliminary studies on the oxidation of benzyl alcohol have been carried out.

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Progettazione e implementazione dei moduli di visualizzazione, memorizzazione e analisi di un sistema software di acquisizione dati in real-time da dispositivi prodotti da Elements s.r.l. La tesi mostra tutte le fasi di analisi, progettazione, implementazione e testing dei moduli sviluppati.

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L'elaborato illustra una possibile soluzione al problema della correzione del movimento respiratorio in dati ecografici di perfusione epatica per la valutazione della pressione portale. La tecnica proposta si basa sul segnale monogenico e sull’informazione di fase dell’immagine. Inizialmente sono stati presentati gli strumenti atti alla valutazione della vascolaritá epatica, con una particolare focalizzazione sulle tecniche non invasive per diagnosticare l’ipertensione portale. Tra di esse l’ecografia con mezzo di contrasto si impone come uno dei metodi più efficaci e soprattutto meno invasivi. In seguito è stato presentato un recente studio secondo cui, tramite l’elaborazione delle curve di enhancement ottenute dalla sequenza ecografica, è possibile stimare dei parametri correlati al valore di pressione portale. Tuttavia, durante l’esecuzione dell’esame ecografico, i movimenti respiratori del paziente non sempre consentono una corretta valutazione di tali parametri. In questa tesi è stata indagata la possibilità di compensare questi artefatti mediante l'applicazione di una metodo di tracking basato sul vincolo di conservazione della fase dell'immagine. Il metodo è stato testato qualitativamente su sequenze di immagini ecografiche acquisite all’ospedale di Barcellona e all’ospedale Sant’Orsola di Bologna, con risultati promettenti.

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Il presente lavoro di tesi sperimentale prende in considerazione diverse possibili alternative ai plastificanti (in particolare alla famiglia degli ftalati) e ritardanti di fiamma (triossido di antimonio) ampiamente utilizzati al giorno d’oggi nella produzione di finte pelli in PVC, anticipando in questo modo possibili restrizioni future imposte dalla normativa REACH: quattro ftalati a basso peso molecolare (Benzil-ButilFtalato, Di-ButilFtalato, Di-Iso-ButilFtalato, e Di-2-Etil-EsilFtalato) sono già stati proibiti ed il triossido di antimonio è inserito nella lista delle sostanze candidate a possibili restrizioni. Le limitazioni all’uso di queste sostanze è dovuta agli effetti negativi sulla salute e sull’ambiente causati da queste sostanze: gli ftalati a basso peso molecolare possono interferire nei cicli ormonali; il triossido di antimonio è un sospetto cancerogeno, è pericoloso per inalazione ed è considerato causa di pneumoconiosi e irregolarità cardiache dei lavoratori a contatto con esso. Inoltre, l’antimonio è un inquinante persistente, bioaccumulabile e tossico (PBT). Sono stati presi in esame 21 plastificanti appartenenti a varie categorie (sebacati, adipati, trimellitati, fosfati, benzoati, …), coi quali sono state prodotte foglie di PVC plastificato. Le foglie sono state sottoposte a caratterizzazione tramite spettroscopia FT-IR ed a test sia di natura meccanica (durezza, resistenza meccanica, etc.) che focalizzati a determinare proprietà legate al loro uso finale (migrazione del plastificante, resistenza alla fiamma, stabilità termica, etc.). Tra i migliori plastificanti individuati vi sono i trimellitati ed alcuni plastificanti da fonti rinnovabili (azelati, tetravalerati). Sono state investigate singolarmente le proprietà di 5 tipologie di ritardanti di fiamma in sostituzione del triossido di antimonio (a varie percentuali di additivazione nel materiale) e di 3 miscele di ritardanti allo scopo di valutare eventuali effetti sinergici. Le foglie additivate con questi ritardanti di fiamma sono state caratterizzate tramite analisi termiche specifiche: analisi al cono calorimetro e analisi TGA accoppiata ad FT-IR, utili per la comprensione dei meccanismi di azione dei ritardanti di fiamma e della loro influenza sulla degradazione termica del PVC plastificato. Infine, le foglie sono state sottoposte ai classici test di resistenza meccanica, resistenza alla fiamma, stabilità termica, ecc. I migliori ritardanti di fiamma individuati sono: ipofosfito di calcio, sali carbossilati ed allumina triidrata, da soli o miscelati con zinco idrossistannato.

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Negli ultimi quindici anni il traffico aereo passeggeri in Italia è stato interessato da un cospicuo incremento: si è passati dai 91 milioni di passeggeri nel 2000 ai 150 milioni nel 2014. Le previsioni di crescita per il Paese indicano il possibile raddoppio del traffico entro il 2030, quando si dovrebbe raggiungere la soglia dei 300 milioni di passeggeri, con un aumento soprattutto della quota parte internazionale. Non vi può essere sviluppo economico di uno Stato senza crescita del traffico aereo, la quale si può realizzare solo con un adeguamento e un potenziamento delle capacità delle infrastrutture aeroportuali compatibile con le condizioni ambientali e un’efficace interconnessione degli scali con gli altri modi di trasporto. Infatti la pianificazione e la progettazione degli aeroporti non può prescindere da un’analisi approfondita sugli impatti ambientali prodotti dalle attività svolte all’interno degli scali. Inoltre l’incremento del numero medio di passeggeri per movimento (dal 75 pax/mov nel 2000 a 106 pax/mov nel 2011, dato riferito al traffico nazionale) rappresenta un dato positivo dal punto di vista ambientale: nei cieli vola un minor numero di aeromobili, ma in grado di trasportare un maggior numero di passeggeri, con conseguente diminuzione del numero dei movimenti, quindi del rumore, delle emissioni e dell’inquinamento ambientale provocato dalle operazioni necessarie a garantire l’operatività di ciascun volo. La salvaguardia dell’ambiente per un aeroporto è un compito difficile e oneroso, poiché può creare problemi ambientali come inquinamento acustico, dell’aria, delle acque fondiarie e trattamento dei rifiuti. In particolare, scopo di questo elaborato è studiare l’impatto che le operazioni svolte in air-side provocano sulla qualità delle acque di dilavamento, osservando e analizzando le attività che avvengono presso l’Aeroporto G. Marconi di Bologna. Si intende svolgere un censimento delle operazioni che influenzano la qualità delle acque (sia direttamente sia a seguito del dilavamento delle pavimentazioni aeroportuali), indagando quali siano i soggetti coinvolti, le procedure da eseguire, la frequenza e gli eventuali mezzi impiegati. Poi si vogliono eseguire analisi chimiche e granulometriche con un duplice obiettivo: conoscere la qualità delle acque raccolte dalle caditoie presenti nel piazzale e a bordo pista e verificare l’efficacia delle operazioni eseguite anche per ridurre il build up, cioè il tasso di accumulo in tempo secco e, di conseguenza, l’apporto di inquinanti riversato nelle acque di dilavamento. Infine si propongono interventi volti a incrementare la sostenibilità ambientale dell’infrastruttura aeroportuale, con particolare attenzione alla riduzione dell’inquinamento idrico.

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Estrapolazione dati riguardanti le altezze di precipitazione dagli Annali Idrografici, relativi a 34 stazioni pluviometriche della Romagna. Elaborazione ed analisi di istogrammi che rappresentano le altezze di precipitazione annuale delle stazioni, dal 1924 al 2014, con l’aggiunta di grafici inerenti il totale delle precipitazioni mensili, con relativa linea di media. Utilizzo del test di Mann-kendall attraverso il quale si è tracciata la linea di tendenza, per ogni singola stazione, con calcolo successivo della pendenza di Sen e del p-value. Valutazione stazioni con p-value molto piccoli (Brisighella, Predappio, Strada San Zeno, San Benedetto in Alpe), attraverso i totali stagionali, e successivo istogramma, utile per verificare l'effettiva coerenza tra il trend annuale e quello stagionale. Considerazioni finali sui trend significativi.

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L’obiettivo di questa tesi è presentare una tecnica di monitoraggio applicabile alle dune costiere, utilizzata per questo studio nella provincia di Ravenna e in particolare su di un cordone trasversale di duna costiera presente nell’area naturale adiacente alla foce del torrente Bevano nella zona di Lido di Classe. Tale tecnica si avvale dell’uso di tecnologia laser per fornire una documentazione 3D estremamente dettagliata, il quale ci permetterà di valutare come il sistema dunale si comporta di fronte ad un evento climatico estremo e/o sotto l’azione delle mareggiate, confrontando sia l’aspetto morfologico che morfometrico mediante l’uso di programmi che ci hanno permesso di confrontare i dati ottenuti prima e dopo l’evento climatico

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L’utilizzo del Multibeam Echo sounder (MBES) in ambienti di transizione poco profondi, con condizioni ambientali complesse come la laguna di Venezia, è ancora in fase di studio e i dati biologici e sedimentologici inerenti ai canali della laguna di Venezia sono attualmente scarsi e datati in letteratura. Questo studio ha lo scopo di mappare gli habitat e gli oggetti antropici di un canale della laguna di Venezia in un intervallo di profondità tra 0.3 e 20 m (Canale San Felice) analizzando i dati batimetrici e di riflettività (backscatter) acquisiti da ISMAR-Venezia nell’ambito del progetto RITMARE. A tale scopo il fondale del canale San Felice (Venezia) è stato caratterizzato dal punto di vista geomorfologico, sedimentologico e biologico; descrivendo anche l’eventuale presenza di oggetti antropici. L’ecoscandaglio utilizzato è il Kongsberg EM2040 Dual-Compact Multibeam in grado di emettere 800 beam (400 per trasduttore) ad una frequenza massima di 400kHZ e ci ha consentito di ricavare ottimi risultati, nonostante le particolari caratteristiche degli ambienti lagunari. I dati acquisiti sono stati processati tramite il software CARIS Hydrographic information processing system (Hips) & Sips, attraverso cui è possibile applicare le correzioni di marea e velocità del suono e migliorare la qualità dei dati grezzi ricavati da MBES. I dati sono stati quindi convertiti in ESRI Grid, formato compatibile con il software ArcGIS 10.2.1 (2013) che abbiamo impiegato per le interpretazioni e per la produzione delle mappe. Tecniche di ground-truthing, basate su riprese video e prelievi di sedimento (benna Van Veen 7l), sono state utilizzate per validare il backscatter, dimostrandosi molto efficaci e soddisfacenti per poter descrivere i fondali dal punto di vista biologico e del substrato e quindi degli habitat del canale lagunare. Tutte le informazioni raccolte durante questo studio sono state organizzate all’interno di un geodatabase, realizzato per i dati relativi alla laguna di Venezia.

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Il problema dell'acidificazione degli oceani, conseguente ai cambiamenti climatici, è un processo ancora poco conosciuto. Per comprendere questo fenomeno, possono essere utilizzati degli ambienti naturalmente acidificati, considerati laboratori a cielo aperto. Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di utilizzare le fumarole presenti nell'isola di Ischia, per approfondire le dinamiche dei processi di acidificazione e per analizzare l'eventuale interazione tra pH e condizioni meteorologiche. I dati utilizzati, forniti dalla Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli, erano serie di pH e di vento rilevate in continuo, in due aree, nord e sud rispetto all'isolotto del Castello Aragonese, e in tre stazioni lungo un gradiente di acidificazione. Tutto il lavoro è stato svolto a step, dove il risultato di un'analisi suggeriva il tipo e il metodo analitico da utilizzare nelle analisi successive. Inizialmente i dati delle due serie sono stati analizzati singolarmente per ottenere i parametri più salienti delle due serie. In seguito i dati sono stati correlati fra loro per stimare l'influenza del vento sul pH. Globalmente è stato possibile evidenziare come il fenomeno dell'acidificazione sia correlato con il vento, ma la risposta sembra essere sito-specifica, essendo risultato dipendente da altri fattori interagenti a scala locale, come la geomorfologia del territorio, le correnti marine e la batimetria del fondale. È però emersa anche la difficoltà nel trovare chiare correlazioni fra le due serie indagate, perché molto complesse, a causa sia della numerosa quantità di zeri nella serie del vento, sia da una forte variabilità naturale del pH, nelle varie stazioni esaminate. In generale, con questo lavoro si è dimostrato come utilizzare tecniche di analisi delle serie storiche, e come poter utilizzare metodi di regressione, autocorrelazione, cross-correlation e smoothing che possono integrare i modelli che prendono in considerazione variabili esogene rispetto alla variabile di interesse.

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In questa tesi inizialmente ci si è occupati di definire ed approfondire le caratteristiche della tecnologia Wi-Fi Direct, illustrandone il funzionamento, l’architettura e gli scenari di utilizzo. Successivamente è stata sviluppata un’applicazione basata su tale tecnologia, con lo scopo di fornire un servizio di disseminazione di messaggi d’aiuto in situazioni di emergenza o di catastrofi naturali, nelle quali la rete cellulare viene inevitabilmente meno. In queste occasioni c’è il bisogno di avere uno strumento che permetta di comunicare in maniera facile, veloce e che sia alla portata di tutti. Caratteristiche e qualità proprie di uno smartphone, dispositivo che oggigiorno è presente nelle tasche di ognuno di noi. L’obiettivo finale infatti, sarebbe quello di creare un applicativo che possa idealmente essere preinstallato in ogni nostro dispositivo, un servizio che sia diffuso, compreso ed utilizzabile istantaneamente da tutti, in modo tale da essere una sicurezza e un aiuto di vitale importanza in situazioni di pericolo. Per lo sviluppo di una tale applicazione ci si è basati sul sistema operativo Android, che è il più diffuso tra gli utenti di tutto il mondo. Nel primo capitolo ci si è occupati di di presentare ed approfondire la tecnologia Wi-Fi Direct, definendone gli ambiti generali di utilizzo e le problematiche che vengono affrontate. Nel secondo capitolo si prosegue con la presentazione della tecnologia in ambiente Android, descrivendo le API fornite da Google per l’utilizzo del servizio in questione. Nel terzo capitolo, dopo un’analisi dei progetti che coinvolgono tale tecnologia, viene illustrata l’applicazione creata, le sue funzionalità e caratteristiche ed eventuali casi d’uso. Nel quarto capitolo è stata inserita la parte più tecnica, dove illustro i problemi incontrati e le modalità di risoluzione degli stessi, insieme alle strutture ed agli oggetti messi a disposizione da Java che sono stati utilizzati. Infine nel capitolo conclusivo è stato fatto un riepilogo del lavoro svolto, indicando le difficoltà incontrate ed eventuali possibili miglioramenti e sviluppi futuri del mio progetto.

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Nel presente lavoro sono state analizzate le distribuzioni quantitative dei Foraminiferi planctonici e bentonici presenti in una carota e in un box core prelevati nel Mare di Ross in Antartide durante la campagna KOPRI ANTA03 nel Febbraio 2013 nell’ambito del progetto di ricerca congiunto Corea- Italia finanziato dal Progetto Nazionale di Ricerca in Antartide (PNRA). Scopo del lavoro è stato quello di comprendere l’evoluzione ambientale dell’area in base alla distribuzione quantitativa e qualitativa delle associazioni a Foraminiferi nel tardo Quaternario. In base alla distribuzione quantitativa dei Foraminiferi identificati, la sequenza sedimentaria della carota C2 è stata suddivisa in tre intervalli corrispondenti a tre principali fasi paleoceanografiche/paleoclimatiche. La prima fase, più antica di 18 ka, caratterizzata dall’assenza o rarità di forme documenta un ambiente con presenza di copertura glaciale. La seconda, depositatasi tra 18 ka e ~8 ka è caratterizzata da una maggiore variabilità intraspecifica e riflette un miglioramento delle condizioni climatiche. La terza, corrisponde ad un periodo compreso tra ~8 ka e ~2 ka. La presenza di forme agglutinanti e l’assenza di Foraminiferi a guscio calcareo suggeriscono la presenza di condizioni di dissoluzione carbonatica sul fondale in un ambiente marino libero da copertura glaciale. La documentazione di numerosi individui allo stadio giovanile di Neogloboquadrina pachyderma durante l’intervallo B ha reso possibile avanzare ipotesi riguardo la strategia di sopravvivenza di questa specie in ambiente estremo quale il ghiaccio antartico. La somiglianza morfologica tra individui giovanili di Neogloboquadrina pachyderma riscontrata durante il nostro studio nei sedimenti a livello fossile nella carota con individui giovanili della stessa specie provenienti da campioni di ghiaccio marino antartico documentati in bibliografia, ha permesso di supportare la tesi dello sviluppo di tali forme nei pori del “microghiaccio”.

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Questa tesi, nata all'interno del progetto "LANGUAGE TOOLKIT: Le lingue straniere al servizio dell'internazionalizzazione d'impresa", ha come oggetto la traduzione funzionale dall'italiano all'inglese dei tre testi proposti e redatti dall'azienda cesenate Bloomfield Srl: la lettera di presentazione aziendale, il sito web e il company profile. I testi si rivolgono ad un pubblico non esperto in materia che desidera ampliare le proprie conoscenze in merito alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie rinnovabili per il risparmio energetico, con particolare riguardo a quelle fotovoltaiche. Questo lavoro parte dal presupposto che l'analisi testuale dei testi di partenza sia una fase propedeutica imprescindibile per la traduzione degli stessi: dopo aver presentato una panoramica generale sulle fonti rinnovabili e l'energia solare, sono stati esaminati infatti i tre testi italiani e i fattori linguistici ed extralinguistici di maggior rilievo. Successivamente, la tesi si focalizza sul commento alla traduzione: dopo aver illustrato l'approccio familiarizzante, ovvero la macrostrategia traduttiva adottata, sono stati analizzati i livelli testuale, morfosintattico e lessicale. E' stata effettuata, inoltre, un'analisi approfondita degli aspetti terminologici relativi alle fonti di energia rinnovabili: in particolare, sono state esaminate le modalità d'impiego dei termini specialistici nei testi divulgativi e la loro frequenza. Infine, la tesi approfondisce il tema della traduzione come atto comunicativo interculturale, presentando e analizzando gli aspetti culturospecifici che in fase traduttiva sono spesso causa di dubbi e difficoltà.

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Questa tesi di laurea è uno studio magmatologico, sedimentologico e morfostrutturale dei depositi dell’eruzione del Vesuvio del 1944, con particolare riferimento ai depositi di valanghe ardenti associati ad essa. Lo studio è stato affrontato utilizzando metodologie petrografiche, di chimica dei minerali e geotermo-barometriche al fine di ricavare informazioni sul sistema magmatico e sulla dinamica eruttiva nel corso dell’eruzione. I dati petrochimici e l’utilizzo di modelli geotermo-barometrici, unitamente alle informazioni dalla letteratura, indicano che il fattore di trigger che ha determinato il passaggio dalla iniziale effusione di colate laviche alle successive intense fasi di attività esplosiva ultrastromboliana è rappresentato dalla risalita di magma meno evoluto e più ricco in volatili dalla camera magmatica profonda (11-22 km) verso quella più superficiale (circa 3 km) dove ha interagito con il magma lì presente. Durante queste fasi a maggiore esplosività si è avuto sulla parte sommitale del cono un rapido accumulo di materiale ad elevata temperatura e l’instaurarsi di condizioni di overloading dei fianchi con aumento dell’angolo di pendio e conseguente instabilità. Ciò ha verosimilmente determinato la generazione di flussi di valanghe ardenti per rimobilizzazione sin-deposizionale del materiale piroclastico da caduta, probabilmente in seguito ad eventi sismici come elementi di innesco. I flussi di valanghe ardenti del 1944 sono stati interpretati come flussi granulari secchi, in base ai dati sedimentologici e vulcanologici raccolti nel corso dell’attività di terreno, rendendo possibile l’applicazione dei modelli elaborati da Castioni (2015) per la stima della velocità massima del flusso e degli assi maggiore e minore del deposito corrispondente. Sono state ricavate velocità che variano da un minimo di circa 4 m/s ad un massimo di circa 16 m/s in un range che è tipico di flussi granulari in ambiente vulcanico. Le variazioni della velocità sono state messe in relazione con la morfologia del pendio, il tipo di materiale coinvolto nel processo di rimobilizzazione e l’organizzazione interna del flusso, evidenziando in particolare come le maggiori lunghezze siano raggiunte dai flussi che hanno la possibilità di scorrere su pendii più omogenei e con più ridotte variazioni dell'angolo di pendio. La definizione di valori di velocità per i flussi di valanghe ardenti dell'eruzione del 1994 fornisce un ulteriore elemento utile per la valutazione della pericolosità vulcanica del Vesuvio.