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Allosaurus fragilis (Theropoda: Carnosauria) è tra i dinosauri del Giurassico Superiore meglio conosciuti grazie a numerosi scheletri rinvenuti a partire dal secolo scorso. Le collezioni del Museo Universitario Paleontologico del Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche dell'Università di Modena e Reggio Emilia ospitano uno scheletro costituito da reperti originali provenienti dal Cleveland-Lloyd Dinosaur Quarry (Utah) ad oggi non descritto in dettaglio. Il temporaneo disallestimento dello scheletro per la realizzazione di una nuova struttura museale ha permesso di esaminare in dettaglio i singoli elementi scheletrici. La storia di come e quando il materiale sia giunto a Modena rimane incerta, e per questo lavoro si è raccolta tutta la documentazione storica per completare le informazioni relative all'esemplare. In questa tesi vengono inoltre descritti alcuni degli elementi più diagnostici al fine di verificare se lo scheletro rappresenta uno o più individui di Allosaurus fragilis, la specie più abbondante e meglio documentata del Cleveland-Lloyd Dinosaur Quarry. Per questo obiettivo le ossa sono state confrontate con esemplari di riferimento in letteratura e inquadrate all'interno del contesto tafonomico del sito di ritrovamento. Durante le fasi di studio, i reperti esaminati sono stati acquisiti come modelli tridimensionali ad alta risoluzione mediante tecniche fotogrammetriche. Questo per garantire fruibilità ai singoli elementi anche in seguito al riallestimento dello scheletro per fini espositivi. I dati raccolti in questa tesi, ed in particolare 1. l’analisi del contesto tafonomico e tassonomico del Cleveland-Lloyd Dinosaur Quarry; 2. il confronto morfometrico tra le ossa presenti a Modena e quelle descritte in letteratura, e 3. le caratteristiche specifiche dei reperti esaminati, permettono di chiarire numerosi aspetti legati alla storia del reperto e al numero di individui rappresentati dallo scheletro di Allosaurus fragilis del Museo di Modena.

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Il presente lavoro ha come obiettivo la descrizione dello studio del degassamento diffuso di CO2 (acquisizione dei dati e loro trattazione) effettuato nell'area vulcanica dei Campi Flegrei (NA), nello specifico nell'area della Solfatara di Pozzuoli. Questo infatti rappresenta attualmente il punto di massimo rilascio di fluidi ed energia dell'intero Distretto Vulcanico Flegreo attraverso attività quali fumarole e degassamento diffuso dal suolo, nonché deformazioni del terreno (bradisismo). Tramite l'acquisizione dei valori di flusso diffuso e delle temperature dei primi 10 cm di suolo, attraverso una trattazione dei dati statistica e geostatistica, è stato possibile distinguere e caratterizzare le sorgenti di CO2 (biologica o vulcanica), la realizzazione di sviluppo di mappe di probabilità e di flusso medio e la quantificazione dell'output totale giornaliero di CO2. Il lavoro è stato suddiviso in due fasi principali: 1. La prima fase ha riguardato l'acquisizione dei dati sul campo nei giorni 19 e 20 marzo 2015, tramite l'utilizzo di una camera d'accumulo ed un termometro munito di sonda, in 434 punti all'interno del cratere della Solfatara e nelle aree circostanti. 2. Nella seconda fase sono stati elaborati i dati, utilizzando il metodo statistico GSA (Graphical Statistic Approach) ed il metodo geostatistico della simulazione sequenziale Gaussiana (sGs). Tramite il GSA è stato possibile ripartire i dati in popolazioni e definire una media (con relativa varianza) per ognuna di esse. Con la sGs è stato possibile trattare i dati, considerando la loro distribuzione spaziale, per simulare valori per le aree prive di misurazioni; ciò ha permesso di generare delle mappe che mostrassero l'andamento dei flussi e la geometria della struttura del degassamento diffuso (Diffuse Degassing Structure, DDS; Chiodini et al., 2001). Infine i dati ottenuti sono stati confrontati con i risultati di precedenti studi e si è messo in relazione la geometria e l'intensità di degassamento con la geologia strutturale dell'area flegrea indagata.

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E' stata effettuata l'analisi del sistema HIVE su piattaforma Hadoop (installato su un cluster) e sfruttando il benchmark TPC-H ne sono stati valutati i tempi di esecuzione delle query modificando la size del database e il formato di memorizzazione dei file: si è utilizzato il formato standard (AVRO) di tipo sequenziale e il formato PARQUET che memorizza i dati per colonna invece che per riga.

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L’introduzione della tomografia computerizzata nelle applicazioni oncologiche è stata rivoluzionaria per la diagnostica delle immagini di molti organi e apparati, superando i limiti della radiologia convenzionale. Questa tecnica rappresenta, infatti, un efficace strumento nella diagnosi e caratterizzazione di numerosi tumori, in quanto questo tipo di applicazione perfusionale amalgama informazioni di natura morfologica, tipiche della TC tradizionale, con studi funzionali sui tessuti in esame. Tuttavia, diversi problemi, tra cui la mancanza di un protocollo standard sia durante la fase di acquisizione dei dati, sia durante la fase di elaborazione dei dati, costituiscono un ostacolo per la trasposizione in clinica della TCp. In questo lavoro di Tesi si è trattato principalmente della modalità di analisi dei dati: ad oggi, infatti, non è ancora stato formulato un protocollo che stabilisca in modo univoco una tecnica di analisi delle mappe perfusionali risultanti dall’elaborazione delle immagini TCp. In particolare, si è tentato di affiancare ai classici metodi di analisi di immagini noti in letteratura un ulteriore tecnica che si basa sull’analisi voxel-by-voxel della regione d’interesse su più slice e non solo su quella di riferimento. Questo studio è stato fortemente motivato dall’elevato grado di eterogeneità che caratterizza molti tessuti neoplastici. A tal proposito, l’elaborato mira ad analizzare in modo qualitativo le mappe perfusionali di slice adiacenti a quella di riferimento e a verificare se queste possano restituire informazioni aggiuntive che risultino indispensabili ai fini della formulazione di una corretta diagnosi e scelta del piano terapeutico da applicare al paziente.

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Il seguente progetto di tesi si basa sull’ottimizzazione del protocollo impiegato da un impedenziometro per l’analisi spettrale della pelle, con l’obiettivo di individuare la presenza di un tumore. Il lavoro è poi proseguito con la validazione dello strumento per mezzo di un lavoro di misura su resistenze semplici e impedenze complesse.

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La furfurale (FU) rappresenta una delle più importanti molecole piattaforma per la produzione di biocarburanti e prodotti chimici a partire dalle biomasse. L’elevato interesse che si nutre nei confronti di tale molecola è giustificato dall’ampio spettro di reazioni che possono essere condotte su di essa al fine di ottenere prodotti di interesse industriale, quali, ad esempio, il furfuril alcool (FAL) e il metilfurano (MFU). I processi attualmente utilizzati per la produzione di tali molecole usano H2 e costosi catalizzatori a base di metalli nobili. Un’alternativa interessante a questi processi è quella che prevede di utilizzare un alcool come fonte di idrogeno tramite un processo di H-transfer su catalizzatori a base di ossidi misti. Lo scopo di questa tesi è stata quindi la sintesi e lo studio delle proprietà catalitiche del sistema FeVO4, nella reazione di riduzione in fase gas della furfurale, usando metanolo come agente di H-transfer. Il catalizzatore è stato ottenuto mediante coprecipitazione dei precursori di Fe e V e successivamente calcinato. La caratterizzazione Raman e XRD ha confermato la bontà della procedura di sintesi. I risultati dei test catalitici hanno mostrato che nelle condizioni ottimali il sistema è altamente selettivo nella riduzione della FU a MFU, mentre i prodotti secondari sono 2-vinilfurano e 2,5-dimetilfurano. A causa della deposizione di specie carboniose sulla superficie del catalizzatore, la conversione della FU tende a diminuire col passare delle ore di reazione. Tuttavia il sistema risulta rigenerabile grazie ad un trattamento in aria a 450°C. Inoltre l’analisi XRD dei catalizzatori scaricati ha mostrato che l’ossido misto subisce un processo di riduzione a seguito dell’interazioni con il metanolo, in quanto la stechiometria Fe:V:O passa dal valore di 1:1:4 a valori di 1:1:3. Sulla base di questi dati il processo di produzione del MFU è stato ulteriormente ottimizzato effettuando un pretrattamento riduttivo del catalizzatore prima dei test catalitici.

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Descrizione della valutazione del livello di servizio in ambito urbano per infrastrutture pedonali e confronto dei principali modelli di ritardo pedonale alle intersezioni rispetto ai dati raccolti per una intersezione semaforizzata reale

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Estrapolazione dati riguardanti le altezze di precipitazione dagli Annali Idrografici, relativi a 34 stazioni pluviometriche della Romagna. Elaborazione ed analisi di istogrammi che rappresentano le altezze di precipitazione annuale delle stazioni, dal 1924 al 2014, con l’aggiunta di grafici inerenti il totale delle precipitazioni mensili, con relativa linea di media. Utilizzo del test di Mann-kendall attraverso il quale si è tracciata la linea di tendenza, per ogni singola stazione, con calcolo successivo della pendenza di Sen e del p-value. Valutazione stazioni con p-value molto piccoli (Brisighella, Predappio, Strada San Zeno, San Benedetto in Alpe), attraverso i totali stagionali, e successivo istogramma, utile per verificare l'effettiva coerenza tra il trend annuale e quello stagionale. Considerazioni finali sui trend significativi.

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ALMA MASTER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA CAMPUS DI CESENA SCUOLA DI AGRARIA E MEDICINA VETERINARIA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE E TECNOLOGIE ALIMENTARI Impiego di ingredienti funzionali nel rallentamento del raffermamento in prodotti da forno Relazione finale in Tecnologia dei Cereali e Derivati Relatore Dr. Giangaetano Pinnavaia Correlatrice Dr.ssa Federica Balestra Presentato da Caterina Azzarone Sessione II° Anno Accademico 2014/2015 Introduzione La focaccia è un prodotto lievitato da forno molto diffuso e consumato in tutta Italia. Essendo un prodotto fresco è soggetta al raffermamento. Lo scopo della sperimentazione è stato quello di valutare l’influenza di un amido waxy e di un enzima sulle caratteristiche chimico-fisiche e sensoriali di un prodotto da forno tipo focaccia durante lo stoccaggio. Materiali e metodi Le focacce sono state realizzate addizionando alla formulazione degli ingredienti in grado di contrastare il fenomeno del raffermamento: il Panenzyme AM 100 allo 0,005% (E5)e 0,01%(E10); e il Novation TM 2700 (amido di mais waxy) al 2.5%(N2.5) e 5%(N5). I campioni sono stati posti a confronto con un campione di controllo (C) I campioni sono stati stoccati in cella termostatata a 5C° e 50% UR. Le analisi sono state effettuate rispettivamente dopo 1,2,3,7 e 10 giorni dalla preparazione. Sull’impasto è stato valutato lo sviluppo in volume ogni 30 minuti durante la lievitazione (2h) a 36C° e 86% UR. Sulle focacce sono state effettuate le seguenti determinazioni analitiche: • Analisi dei gas nello spazio di testa delle confezioni. • La determinazione dell’umidità • Texture Profile Analysis (TPA) test • Test di rilassamento (Hold until Time test) • L’analisi sensoriale effettuata sia dopo 1 giorno (T1) sia dopo 10 giorni di conservazione (T10). Conclusioni In particolare, il campione addizionato con enzima in percentuale dello 0,005% (E5) mostra le caratteristiche chimico-fisiche migliori al termine del periodo di conservazione, presentando il valore più elevato di umidità, il valore inferiore di durezza e maggiore di elasticità valutati strumentalmente. Anche a livello sensoriale il campione E5 presenta punteggi molto elevati. Sono state trovate, inoltre, interessanti correlazioni tra i dati dell’analisi sensoriale e quelli ottenuti dai test strumentali. Il campione realizzato con il 2.5% di amido di mais waxy (N2.5) nonostante abbia presentato a fine conservazione valori di umidità e di elasticità inferiori e risultasse più duro rispetto al campione di controllo (C), ha ottenuto i punteggi più elevati nel test sensoriale, mentre nei confronti del campione con una percentuale maggiore di amido di mais waxy (N5) è risultato migliore per tutti i parametri valutati. Si deduce che l’utilizzo di NOVATION 2007 al 2.5% e PANEENZYME AM100 allo 0,005% sono stati in grado di migliorare le caratteristiche strutturali e sensoriali del prodotto durante la conservazione, risultando il secondo il migliore in assoluto

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L’obiettivo di questa tesi è la trasposizione del gioco da tavolo “Mahjong” su un’applicazione mobile. Essa è sviluppata in Android, ma l’idea è quella di estenderla anche alle altre piattaforme. Col passare del tempo il Mahjong si è diffuso in molti paesi e per questo ne sono nate molte varianti. In questo caso si adotta il regolamento ravennate 200-400, opportunamente modificato per adattarlo all’applicazione. Il nome dell’applicativo nasce dal fatto che esso dovrà gestire un numero molto elevato di lingue e che nessuno ha ancora sviluppato un gioco multiplayer sul Mahjong, per cui sarà il primo a livello mondiale. Nell’applicazione un utente dovrà creare il tavolo di gioco e solo allora gli altri potranno visualizzarlo. Dopo che tutti si saranno seduti, chiunque potrà chiedere di iniziare una partita, che comincerà non appena tutti avranno accettato la richiesta. È stato progettato un database, in modo da salvare lo stato attuale di tutti i tavoli. Le informazioni sullo stato di ogni partita, invece, sono salvate in un file diverso per ciascuna. L’architettura utilizzata per lo sviluppo dell’applicativo è del tipo client-server. Per la parte server dell’applicazione si è scelto di usare il linguaggio java, utilizzando le socket e instaurando connessioni SSL. Il server utilizza inoltre connessioni non persistenti. Tutte le richieste inviate e ricevute dal server sono create in un formato adatto all'interscambio di dati fra applicazioni client-server, chiamato JSON. Nel server si è creato, inoltre, un servizio di “caching” delle partite, in modo da incrementare le prestazioni e la velocità di elaborazione delle richieste. Per connettere in modo corretto il server al database si utilizza JDBC.

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Il seguente elaborato prende le mosse da un progetto, denominato Nutrid’Uva, promosso e attivamente concretizzato dall’azienda bresciana “Cascina Belmonte” di concerto con il laboratorio del Campus di Scienze Alimentari di Cesena (Università di Bologna). In particolare, si è voluta sperimentare l’applicazione di processi innovativi per la produzione di succo d’uva bio e bevande a base di succo d’uva bio proveniente da uve biologiche coltivate nell’areale della Valténesi (sponda occidentale del Garda), stabilizzati mediante l’uso di alte pressioni idrostatiche e senza trattamento termico. In questi termini, il presente lavoro ha l’obiettivo di: delineare il quadro generale in cui si inserisce il progetto, arricchendolo con spunti tratti dalle pratiche di processo seguite in loco; determinare il contenuto delle classi polifenoliche presenti nei campioni di alcuni succhi sottoposti a differenti tecnologie di macerazione in confronto all’abituale processo di lavorazione aziendale (vitigni ibridi diretti produttori, Barbera, Merlot, Cabernet). Si è proceduto dunque attraverso l’analisi spettrofotometrica delle principali classi di composti fenolici e dell’attività antiossidante.

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Studio dell'influenza del rapporto d'aspetto (lunghezza/diametro) sulla resistenza a taglio di un giunto incollato tramite adesivo epossidico in temperatura. Sono stati utilizzati quattro diversi rapporti d'aspetto e il materiale è un acciaio C40. Sono state eseguite prove di spiantaggio su diversi "pin" e "collar" e poi elaborati i dati con una metodologia statistica. La temperatura in questione è di 60 gradi e lo studio analizza se il rapporto d'aspetto ha influenza o meno sulla resistenza a taglio dell'adesivo epossidico.

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La tesi affronta la tematica dei problemi cardiaci riscontrati in alcuni pazienti, a seguito del trattamento sanitario con procedure chemioterapiche. In particolar modo si concentra sugli effetti collaterali derivanti dalle cure somministrate ad individui affetti da tumori mammari, che, a causa di questa condizione, subiscono terapie mirate a livello del torace. La cardiotossicità che si presenta nei casi precedentemente indicati è di tipo acuto, o cronico. Il lavoro si prefigge lo scopo di analizzare una metodologia che identifichi e riscontri in tempo il manifestarsi della cardiotossicità, basandosi su alcuni sintomi e segnali, per evitare il manifestarsi del tipo cronico. Per raggiungere questo obiettivo si è studiato l'utilizzo di apparecchiature per l’ecocardiografia, che sono poco invasive e presentano una quantità di effetti collaterali estremamente ridotta. L’elaborato è suddiviso in quattro capitoli: 1. Il primo capitolo è dedicato al "Cuore". Nei diversi sottocapitoli ci si concentra sulla parte anatomica e sulla fisiologia dello stesso. Il sottocapitolo più importante è quello sulla "Cardiotossicità", tema centrale del lavoro, in cui sono spiegati i meccanismi con cui si manifesta, quali farmaci la causano e per quali motivi. 2. Il secondo capitolo si occupa dell’apparecchiatura usata durante lo studio del cuore, cioè l'ecografo. Dopo una breve introduzione sulle proprietà fisiche degli ultrasuoni, ci si concentra sulla struttura dell’apparecchiatura. In particolare ci si focalizza sugli strumenti per ecografie cardiache volumetriche. 3. Il terzo capitolo è dedicato al software TOMTEC. Si descrive in quali modalità si utilizza, in che maniera, e quali parametri identifica per l'eventuale riscontro di episodi di cardiotossicità. In uno dei sottocapitoli è descritto nel dettaglio il database creato dall’autrice per la raccolta dei dati relativi ai pazienti trattati. 4. L'ultimo capitolo è dedicato alla conclusioni, in cui si sottolinea l'importanza della ricerca di meccanismi per prevenire l'insorgere di malattie cardiache in pazienti già sottoposti a pesanti cicli di terapia.

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In questo lavoro di tesi verrà presentato un applicativo, sviluppato con l’azienda EBWorld, per dispositivi con sistema operativo Android. L’applicazione ha come destinatari i tecnici e gli operatori sul campo di aziende clienti di EBWorld. Nel dispositivo vengono caricati i dati estratti dal database (porzioni di mappe e informazioni ad esse correlate) che vengono lette e mostrate nello schermo. Le funzionalità fornite sono: utilizzo dello strumento trail, per effettuare misurazioni; creazione di progetti all’interno delle esportazioni; inserimento di sketch, definiti in accordo con l’azienda, all’interno dei progetti; selezione degli sketch e delle informazioni estratte dal database e visualizzazione delle relative informazioni / proprietà; eliminazione di sketch inseriti. È stato effettuato uno studio di progettazione dell’interfaccia per offrire un’ottima usabilità anche in situazioni critiche.

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In questo lavoro di tesi è presentata la misura con il rivelatore ALICE del flusso triangolare, v3, di pioni, kaoni e protoni prodotti in collisioni PbPb a LHC. Il confronto di v3 con le previsioni di modelli idrodinamici permette di vincolare maggiormente le assunzioni sulle condizioni iniziali del sistema presenti nei diversi modelli ed estrarre una stima maggiormente precisa delle proprietà del mezzo come la viscosità. La misura è effettuata nella regione di pseudorapidità centrale sui dati raccolti da ALICE nel 2010 e 2011 e utilizza una tecnica di identificazione basata sia sulla misura della perdita di energia specifica, con la camera a proiezione temporale (TPC), sia la misura della velocità con il sistema a tempo di volo (TOF). La combinazione di entrambe le tecniche permette di separare le diverse specie in un intervallo esteso di impulsi con elevata efficienza e purezza. Per la misura del piano di reazione è stato utilizzato il rivelatore VZERO che misura la molteplicità delle particelle cariche in una regione di pseudorapidità disgiunta da quella in cui è misurato v3. La misura ottenuta è confrontata con le previsioni di modelli idrodinamici attualmente più utilizzati.