650 resultados para base di Bernstein spazi di Chebyshev Bézier spazi generalizzati a tratti


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La tesi qui presentata è stata svolta all’interno del Laboratorio di Sintesi Finale “Architettura sostenibile" e propone la riqualificazione di un edificio ACER, sito a Bologna in via Gandusio, un’area strategicamente centrale a ridosso del centro storico e al contempo inserita all’interno delle dinamiche urbane della prima periferia. Si tratta di un complesso di edilizia residenziale sociale e, perciò, è stato necessario elaborare preliminarmente una sorta di quadro conoscitivo per individuare le problematiche e le tendenze comuni sia a casistiche italiane che europee. Dopo un inquadramento generale sulla situazione dei modelli famigliari e dell’abitare; è stata effettuata una panoramica su alcuni interventi europei, dai quali si è cercato di attingere e elaborare soluzioni e metodologie di intervento innovative, prendendo in considerazione sia elementi di rigenerazione del tessuto urbano, sia soluzioni tecnologiche e costruttive applicate a casi specifici. La situazione dell’edilizia residenziale sociale, attualmente, vede una forte scarsità di alloggi, tale da non riuscire a soddisfare tutte le richieste della popolazione. Negli ultimi trenta anni, la quota di produzione di alloggi di edilizia sociale è progressivamente calata, contrariamente agli altri paesi europei, caratterizzati da un andamento costante. Al contempo, si è registrato l’aumento di persone in condizioni di disagio abitativo e sociale. Il progetto risponde alle eterogenee esigenze dei rinnovati modelli famigliari contemporanei, prevedendo opere di completamento funzionale e una diversificazione dell’offerta tipologica degli alloggi, unita all’integrazione di nuovi servizi per gli abitanti e alla rivalorizzazione dell’identità dell’edificio in quanto manufatto polarizzante. Il progetto adotta il metodo della riqualificazione sostenibile e delle tematiche ad essa inerenti, approfondite durante il percorso di lavoro svolto all’interno del Laboratorio di Sintesi Finale “Architettura Sostenibile”. Tutti gli interventi eseguiti sul manufatto sono stati incentrati sul tema della sostenibilità, per ridurre l’uso dei materiali e l’uso del territorio. Sono stati ridotti i deficit tecnologici e soprattutto energetici dell’involucro edilizio, combinando all’applicazione di soluzioni tecnologiche la riqualificazione dello spazio urbano e della funzionalità degli spazi dell’abitare. Questo lavoro si propone di confrontarsi con la condizione attuale dell’housing sociale, cercando di rispondere alle esigenze abitative contemporanee, riqualificando e ripensando gli spazi e migliorandone il comportamento strutturale in caso di evento sismico. Per evitare di trattarlo come un episodio sporadico, un’anomalia, l’intervento ha cercato di collocarsi all’interno del contesto urbano e del tessuto insediativo, dialogando con essi per fornire risposte a problematiche concrete e reali. Per questo si è deciso di intervenire anche sulle aree adiacenti, provando a fornire soluzioni alle dinamiche incompiute e alle esigenze sociali del quartiere.

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Il progetto di valorizzazione dell’area del parco archeologico dell’anfiteatro romano di Ancona affronta il problema del recupero delle zone lacerate del centro antico della città, di quelle aree che in seguito ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e del terremoto del 1972 hanno perso la loro identità. Dopo aver analizzato le fasi evolutive della struttura urbana della città e il sistema di relazioni sociali che la caratterizza, il progetto ha individuato nella zona dell’ex convento di Santa Palazia, sul versante ovest del colle Guasco e attigua al parco archeologico dell’anfiteatro romano, il sito idoneo per la localizzazione di un nuovo complesso architettonico. È prevista la realizzazione di residenze, spazi per la didattica e per la cultura, attività di servizio e commerciale e la realizzazione della sede del nuovo Museo d’Arte Contemporanea della Regione Marche. Il progetto definisce un macrosistema in grado di mettere ordine e porre in relazione, attraverso spazi condivisi, edifici primari (come l’anfiteatro, la chiesa dei SS Pellegrino e Teresa e il Museo Archeologico), siti archeologici, edifici pubblici legati alla archeologia, ed edifici privati, prevalentemente ad uso residenziale. Ridisegna la città facendo della misura dell’eccellenza del passato di Ancona, la misura del nuovo progetto per recuperare l’identità perduta.

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Il successo di un’impresa dipende dall’ottima gestione di ogni singolo settore della stessa. La gestione del magazzino è un settore tra i tanti ma riveste un ruolo fondamentale all’interno dell’azienda. La buona gestione di un magazzino, infatti, permette non solo di evitare un’immobilizzazione di capitale eccessiva, un’ottimizzazione degli spazi e un taglio dei costi per la sua gestione, ma anche la soddisfazione del cliente finale dell’azienda. Tuttavia per quanta attenzione richieda la gestione di un magazzino, non essendo il fulcro strategico del business, molte aziende che ovviamente non si occupano di stoccaggio, preferiscono non perdere troppo tempo e risorse nella sua gestione. Questa scelta se sul breve tempo permette una gestione più esile dell’azienda e una maggiore concentrazione sulla creazione di business, a lungo andare essa può creare alcune forti perdite di margine e consistenti costi per risolvere disordini e per ri-ottimizzare un importante processo trascurato. Il presente documento, mostra lo studio di un’applicazione reale dove si ha un primo inquadramento generale che descrive la situazione iniziale di partenza ottenendo una “fotografia” del magazzino, successivamente si individuano le criticità dovute in questo caso alle modalità di stoccaggio errate; infine il documento si sviluppa attraverso due analisi differenti che generano risultati diversi, si deciderà di realizzare l’alternativa che origina i risultati migliori in termini di costi, metri percorsi e tempi che devono essere più ridotti possibile.

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Lo studio si propone di perfezionare un protocollo operativo, per monitorare nel tempo la vulnerabilità sismica dei centri storici italiani, attraverso la semplice determinazione di semplici indici.

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Questo studio ha come obiettivo la definizione di un protocollo operativo per la valutazione e il monitoraggio nel tempo della vulnerabilità sismica dei centri storici a scala dell'aggregato. Attraverso la ricostruzione delle fasi di trasformazione e delle caratteristiche tecniche locali si individuano e analizzano e carenze peculiari e, con la determinazione degli indici, si fornisce un giudizio globale sull'aggregato.

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La mia sperimentazione si inserisce in un progetto di respiro nazionale- “AGER-STAY FRESH”- volto a trovare soluzioni di lavaggio alternative al cloro per il prolungamento della shelf-life delle produzioni di IV gamma. Questi prodotti rappresentano, attualmente, uno dei più promettenti ed innovativi comparti del settore ortofrutticolo e sono definiti, secondo le norme della Comunità Europea, prodotti minimamente trasformati, cioè soggetti a interventi tecnologici ridotti, ed utilizzabili per il consumo diretto senza ulteriori manipolazioni, o con manipolazioni minime. La loro espansione sul mercato deriva dal fatto che sono in grado di offrire alta convenienza, alto valore nutrizionale ed organolettico e sono concepiti dai consumatori come prodotti “genuini” in quanto a base vegetale e, generalmente, non contengono sostanze antimicrobiche. Tuttavia, le materie prime vegetali utilizzate per le produzioni di IV gamma sono spesso caratterizzate da elevate contaminazioni microbiche (4-6 log UFC/g) poiché, durante la crescita o il post-raccolta, frutti o vegetali vengono a contatto con il suolo, insetti o contaminazioni di origine umana.Al momento la shelf-life e la sicurezza d’uso di questa categoria di prodotti sono basate principalmente sul mantenimento della catena del freddo unitamente alla fase di lavaggio delle materie prime con sostanze clorate. Recentemente, però, alcuni autori hanno evidenziato alcuni svantaggi derivanti da questa fase di processo come la formazione di composti clorati cancerogeni. In questa prospettiva, il principale obiettivo di questo lavoro di tesi è stato quello di valutare gli effetti di olio essenziale di cedro e alcuni composti bioattivi degli oli essenziali (citrale, esanale, trans-2-esenale e carvacrolo), utilizzati singolarmente o in combinazione, sulla shelf-life di mele affettate di IV gamma. Su tutti i prodotti sono state eseguite analisi microbiologiche, di texture e colore. Un ulteriore obiettivo di questo lavoro sperimentale è stato quello di ottimizzare alcuni parametri di processo come la riduzione del rapporto acqua di lavaggio/prodotto ed incrementare la temperatura dell’acqua utilizzata al fine di meglio solubilizzare gli antimicrobici in fase di dipping.

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Tutte le attività che utilizzano acqua nel ciclo produttivo, inevitabilmente la sporcano, l'acqua che si prende pulita deve essere restituire "pulita". Basta pensare agli scarichi fognari: ognuno di noi prende a casa propria acqua pulita dall'acquedotto e la restituisce alla rete fognaria sporca. Pensiamo allo scarico della lavastoviglie, della lavatrice, della doccia e via di seguito. Gli impianti di depurazione sono quegli impianti che hanno il compito di depurare l'acqua, sia per il rispetto dei corpi ricettori allo scarico, sia per il possibile riutilizzo. Naturalmente le normative regolano la qualità dell'acqua e gli enti di controllo vigilano sul rispetto delle leggi. Ovviamente ogni carico inquinante insieme ai volumi giornalieri e agli spazi a disposizione, impone una scelta tecnica diversa per la depurazione. In un impianto di trattamento inerti, materiale di cava a basso valore di mercato, è importante riutilizzare ogni prodotto ricavato dal processo. Di seguito viene considerato il caso specifico dei limi di lavaggio inerti: “patata bollente” per tutte le aziende e soggetto di numerose discussioni in quanto è un argomento complesso da più punti di vista. Il materiale in esame, denominato “limo da lavaggio inerti”, rappresenta lo scarto della lavorazione degli inerti stessi provenienti dalle cave di ghiaia e sabbia in un impianto di produzione di inerti. Questi impianti eseguono sui materiali di cava le operazioni di macinazione, vagliatura, classificazione, slimatura e recupero dei fini. Dunque l’acqua, che proviene dai processi di macinazione, vagliatura e lavaggio del materiale, trascina con sé impurità di origine organica e argillosa, ma soprattutto finissimi in sospensione: i limi. Essi generano un inquinamento dell’acqua il cui aspetto visibile (la colorazione dell’acqua) è il meno pericoloso, infatti suddette sospensioni, dopo lo scarico delle torbide in fiumi, laghi o mare, generano depositi sulle rive che possono causare deviazioni del corso stesso nel caso dei corsi d’acqua; o ancor più grave la impermeabilizzazione dei terreni attraversati con le relative conseguenze in campo agricolo, e ancora il mancato approvvigionamento delle falde acquifere per l’impossibilità da parte dell’acqua superficiale di penetrare nel terreno. Essa dunque, necessita di trattamenti specifici per separare questi solidi in sospensione e consentirne il suo reimpiego nell’impianto stesso almeno in buona percentuale e di conseguenza la diminuzione di nuova acqua fresca necessaria. Per fortuna l’inquinamento è solo “fisico” e molto si può fare per ridurlo, esistono infatti macchinari specifici per eliminare dall’acqua gli elementi inquinanti e restituirla (quasi) limpida.

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Da quando Chuck Hoberman, all'inizio degli anni '90, ideò la prima cosiddetta "Hoberman sphere", le strutture che da lui prendono il nome hanno suscitato grande interesse, a partire dal successo avuto nell'ambito della scultura e architettura, e hanno determinato la nascita di numerose ricerche ed analisi sul loro funzionamento, che potessero portare allo sviluppo di applicazioni ingegneristiche basate su di esse. La particolarità dei meccanismi inventati da Hoberman consiste nella possibilità di variare la configurazione delle strutture a cui essi sono applicati, dando luogo a costruzioni che sono in grado di trasformarsi ed assumere forme e dimensioni diverse a seconda delle necessità. In particolare, è possibile ottenere strutture capaci di espandersi e ripiegarsi su se stesse, riducendosi ad un volume notevolmente inferiore a quello occupato dalla configurazione aperta. Questa peculiarità ne ha suggerito l'utilizzo in tutti quegli ambiti nei quali la possibilità di occupare spazi ridotti si rivela un vantaggio, oppure quando ciò è una necessità, come per esempio quello spaziale, date le limitazioni imposte dalle dimensioni dei lanciatori. L'obiettivo del presente studio è pertanto quello di individuare possibili applicazioni nel campo aeronautico e spaziale delle strutture di Hoberman. Si è dunque svolta una ricerca sul funzionamento dei meccanismi su cui questo genere di strutture si basa, e sulle loro attuali applicazioni, per individuarne le caratteristiche che potrebbero renderle idonee e vantaggiose per l'utilizzo in campo aerospaziale. Successivamente, sono state individuate alcune possibili applicazioni che sono state studiate da un punto di vista concettuale.

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Il presente lavoro di tesi inizia da un’indagine svolta durante il Laboratorio di Sintesi Finale sulla città di Bogotá. Nello specifico ci si è occupati dello studio di una parte ristretta della città: la CUB, la città universitaria di Bogotá. Sì è in primo luogo analizzato gli aspetti salienti di quella parte di città, mettendone in evidenza sia gli elementi caratteristici che le criticità. Questo studio ha condotto alla definizione di alcune problematiche che, per importanza, sono state il centro del progetto successivamente proposto. La sintesi preliminare ha così prodotto una prima ipotesi progettuale che è stata il punto di partenza dello studio successivo. Nella fase successiva invece si è operato per un ulteriore approfondimento, passando sul piano reale e affrontando i temi scelti per l’area della Ciudad Universitaria de Bogotá. La CUB rappresenta il fulcro dell’offerta universitaria statale di Bogotá e i piani di sviluppo per il futuro la vedranno assoggettata ad un processo di forte saturazione delle aree ancora libere. Visto la dimensione di questo luogo, si è optato per la definizione di una possibile metodologia di intervento, più soddisfare il desiderio (a volte irrinunciabile) di ridefinizione della sua struttura interna, oggi particolarmente degradata. L’idea trova il suo senso anche nel desiderio di potere generare una maggiore integrazione tra l’uso degli spazi della CUB e i cittadini, che attualmente sono esclusi, primariamente per ragioni di sicurezza, dalla possibilità di godere di questo luogo. Il testo mette in evidenza, mediante un processo per tappe, il percorso intellettuale che ha portato alla definizione delle scelte progettuali rappresentate nelle tavole finali.

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Attualmente Usme, caratterizzata come visto da un territorio principalmente a bassa densità, è ancora fortemente relazionata con la campagna perché costituita dall’insieme di aree agricole, o di quelli che una volta erano spazi coltivati più prossimi alla città compatta. Questo tipo di paesaggio rurale che caratterizza Usme è caratterizzato come già visto da un tessuto sfrangiato e discretizzato e rappresenta la porzione di territorio dove la città esercita l’impatto ambientale più intenso dovuto sia alla sua immediata vicinanza al contesto urbano che al carattere di scarsa identità che sembra esprimere. Qualunque intervento architettonico in un territorio di margine come quello di Usme dovrebbe confrontarsi con un sistema di relazioni a grande scala, che si rapporti con la geografia stessa del luoghi e con un orientamento e una misurazione visiva e fisica del territorio stesso. Allo stesso modo è necessario che il progetto comprenda anche il suolo stesso delle grande aree attualmente lasciate libere, ovvero che il progetto architettonico si integri con il progetto paesaggistico creando in questo modo nuove relazioni e nuove geometrie nell’assetto territoriale. In questo senso il progetto può dialogare con il territorio e mettere in relazione differenti situazioni morfologiche, sfruttandone le potenzialità. L’obiettivo è quindi quello di non costruire semplici volumi appoggiati sulla terra ma quello di modificare la terra stessa, entrando in relazione con essa in modo profondo. Il progetto così inteso è concepito, e prima ancora letto, secondo strati, i quali possono contaminarsi o possono semplicemente sovrapporsi. L’area di progetto, come già detto, è essenzialmente all’interno di un vuoto presente tra le due parti di città. Il nuovo edificio si conforma come un segno netto nel territorio, un viadotto, un tronco d’albero caduto che protegge il parco dalla città, un elemento primordiale che da una parte si incunea nel terreno e dall’altra si affaccia sulla valle. Vuole essere il segno di un naturale artificio, proponendosi al tempo stesso come simbolo e funzione. Il museo emerge dalla terra, ma sembra anche immergersi in essa. L’architettura del museo crea un nuovo paesaggio morfologicamente radicato al suolo, attraverso uno spazio parzialmente ipogeo che integra il museo all’interno della montagna attraverso la copertura continua con la topografia esistente, sottolineando il profilo della collina.