325 resultados para sintesi asimmetrica dialchil-azodicarbossilati crotilborazione
Resumo:
Una delle metodologie che negli ultimi tempi viene utilizzata più frequentemente per la valutazione ambientale di prodotti, processi e servizi è detta LCA, Life Cycle Assessment: essa valuta l’impatto ambientale associato ad un processo o ad un prodotto considerando tutto il suo ciclo di vita. Nel presente elaborato di tesi la metodologia è applicata ad un processo chimico industriale in fase di studio su scala di laboratorio presso il Dipartimento di Chimica Industriale dell’Università di Bologna, che prevede la sintesi di syngas a partire da biogas tramite le reazioni di dry reformng (DR) e steam refroming (SR). Tale processo è stato studiato poiché a livello teorico presenta i seguenti vantaggi: l’utilizzo di biogas come materia prima (derivante dalla digestione anaerobica dei rifiuti), lo sfruttamento dell’anidride carbonica presente nel biogas e l’utilizzo di un solo reattore anziché due. Il processo viene analizzato attraverso due diversi confronti: in primo luogo è comparato con processi con tecnologie differenti che producono il medesimo prodotto (syngas); in secondo luogo è paragonato a processi che impiegano la stessa materia prima (biogas), ottenendo prodotti differenti. Nel primo confronto i processi confrontati sono uno scenario di Autothermal reforming (ATR) e uno scenario che prevede DR e SR in due reattori separati; nel secondo confronto i prodotti che si ottengono sono: energia termica ed elettrica attraverso un sistema CHP, biometano con un sistema di upgrading del biogas, energia e biometano (CHP + upgrading) ed infine metanolo prodotto da syngas (generato dal processo studiato). Per il primo confronto è risultato che lo scenario che porta ad un minore impatto ambientale è il processo studiato dall'università di Bologna, seguito dallo Scenario con DR e SR in reattori separati ed infine dal processo di ATR. Per quanto concerne il secondo confronto lo scenario migliore è quello che produce biometano, mentre quello che produce metanolo è al terzo posto.
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Il presente lavoro di tesi è stato realizzato all’interno del programma Overseas, per cui è stata realizzata una collaborazione tra il Dipartimento di Chimica Industriale “Toso Montanari” (Chimind) dell’Università di Bologna e l’Instituto de Investigaciones en Catálisis y Petroquímica (Incape) dell’Università del Litoral di Santa Fe. Nel lavoro viene riportato lo studio di catalizzatori strutturati a base di Rh-CeO2, Rh/ZnAl2O4 e Rh/Al2O3, supportati su schiume NiCrAl, dei quali verrà valutata l’attività catalitica rispetto alla reazione di dry reforming del metano. La preparazione dei catalizzatori strutturati è stata eseguita utilizzando due diverse tecniche, dip-coating e elettrodeposizione. L’obbiettivo del lavoro è stato valutare il metodo di sintesi più adatto al supporto utilizzato. Le prove catalitiche sono state eseguite a 750°C, P atmosferica, rapporto CH4:CO2 1:1 con tempo di reazione di 2h. Dai risultati ottenuti dalle prove effettuate i catalizzatori sono risultati attivi, in particolare il supporto di CeO2 risulta già attivo per la reazione, soprattutto per quanto riguarda la conversione del metano. Tuttavia, la presenza di Rh migliora la conversione dei reagenti ed il rapporto H2/CO. La presenza di Zn, sul catalizzatore Rh/ZnAl2O4 va a peggiorare le prestazioni catalitiche, abbassando in particolare la conversione della CO2. In generale i catalizzatori ricoperti mediante elettrodeposizione mostrano attività catalitica più elevata. Dallo studio sulla superficie del catalizzatore Rh-CeO2 ridotto tramite XPS è emersa la presenza di Rh(0). Tuttavia, indifferentemente dalla tecnica di sintesi utilizzata, dall’ossido del supporto e dalla quantità di fase attiva, tutti i catalizzatori hanno sviluppato massicce quantità di carbonio filamentoso di dimensioni nanometriche, che hanno portato alla disgregazione e alla perdita di parte del coating.
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In questo lavoro di tesi è stato sintetizzato un copolimero a blocchi con proprietà anfifiliche per un loro utilizzo nel campo del drug delivery. Si è partiti dalla sintesi di poli (glicidil metacrilato) mediante tecnica RAFT (Reversible Addition-Fragmentation chain Transfer), con il fine di ottenere un polimero con una distribuzione del peso molecolare ben definita. Il trattamento del polimero con un opportuno nucleofilo fornisce un materiale con caratteristiche differenti da quelle di partenza, con l’ottenimento di un polimero solubile in acqua in grado di autoassemblarsi, con formazione di micelle. Quest’ultime sono state sottoposte a trattamenti per aumentarne la stabilità fisica mediante reticolazione di polidopamina sulla superficie esterna della micella. Inoltre, nell'ottica di migliorare l’inglobamento delle micelle all'interno di cellule target, si è deciso di effettuare una funzionalizzazione del guscio esterno con acido folico. Infine, le micelle sono state marcate con un cromoforo fluorescente che ha permesso di poter verificare e comparare l’inglobamento delle micelle all'interno delle cellule attraverso microscopia confocale.
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Il presente lavoro si pone come conclusione del Laboratorio di Sintesi “Riqualificare la città del dopoguerra”, nel corso del quale si sono condotte analisi sulla città di Ravenna con una attenzione particolare al suo asse stradale ‘Via di Roma’ e ai possibili scenari di riqualificazione dei suoi spazi pubblici. L’intento di questo lavoro è, dunque, rigenerare gli spazi pubblici dei quartieri risalenti al periodo del ‘dopoguerra’– i quali si trovano lungo l’asse di Via di Roma – intervenendo direttamente su di essa con un progetto che si ponga in continuità con la città esistente e che abbia l’obiettivo di migliorarne qualitativamente alcuni suoi aspetti, senza di fatto voler modificare le preesistenze architettoniche.La strategia di riqualificazione dell’area si sostanzia in una focalizzazione del progetto sugli spazi pubblici. È proprio la fruizione di questi luoghi, unitamente all’attaccamento ad essi da parte della collettività, ad aver guidato e motivato l’intervento. Esso è, dunque, concepito come un sistema unitario, in quanto elemento che uniforma Via di Roma, che tuttavia non ignora la tripartizione di questa area. È infatti possibile indentificare nell’intervento due diverse tipologie di azioni, dettate dal contesto cittadino circostante. A nord e a sud viene preso in considerazione il tessuto periferico progettato e costruito nel ‘dopoguerra’, mentre nella parte di città compresa tra le porte l’intervento mira a valorizzare la posizione centrale rispetto al nucleo Romano originale. Ne risulta una suddivisione del paesaggio urbano simmetrica rispetto al centro storico ed in armonia con la pre-esistente tripartizione sopra menzionata.
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Fra le alternative proposte per la riduzione delle emissioni di CO2, le tecniche di Carbon Capture si presentano come un’efficace soluzione per il breve e medio termine. Fra queste, l’adsorbimento su fase solida per la rimozione di CO2 da correnti gassose si prospetta come una valida alternativa rispetto al convenzionale assorbimento ad umido. Questo lavoro di tesi si è occupato della sintesi di un composito a base geopolimerica presso l’ISTEC/CNR di Faenza, da impiegare per l’adsorbimento di CO2 a bassa temperatura, e dell’analisi del suo comportamento in regime di adsorbimento dinamico. Tale materiale è stato sintetizzato tramite attivazione con soluzione alcalina di metacaolino 1200S addizionato con polveri di zeolite Na13X. Esso costituisce una opzione interessante per la cattura di CO2, mostrando capacità di adsorbimento superiori a 1 mmol/g per concentrazioni di CO2 del 14% (a pressione atmosferica), simili a quelle presenti in molti processi industriali. Le prestazioni in regime dinamico risultano inoltre simili a quelle registrate nel regime statico. Le prove sperimentali hanno evidenziato la criticità della rigenerazione del materiale, in particolare riguardo all’eliminazione dell’acqua. Una temperatura di 130°C si mostra adatta per ottenere un’elevata rigenerazione del materiale, con rimozione sia di CO2 che dell’umidità adsorbita. Dalle prove svolte è risultato evidente come non sia conveniente operare con desorbimenti a temperatura ambiente e pressione atmosferica, ma sia necessario operare combinando swing di pressione e temperatura. È stato inoltre valutato l’effetto di una più bassa temperatura di adsorbimento (2°C), che porta ad un aumento della capacità del materiale. Sviluppi futuri in questo campo potrebbero essere la produzione di monoliti geopolimerici a porosità strutturate tramite tecniche innovative quali il freeze-casting e l’utilizzo di compositi integrati con additivi che ne migliorino le performance in termini di conducibilità termica.
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Questo progetto di tesi sperimentale è incentrato sulla sintesi di un copolimero multiblocco alifatico/aromatico a partire da reagenti aventi origine da fonti rinnovabili. L’applicazione proposta per il prodotto è nell’ambito del packaging sostenibile. E’ stato prima sintetizzato il poli(pentametilene furanoato) idrossil-terminato (PPeF-OH) a partire dall’acido 2,5-furandicarbossilico; esso è stato poi sottoposto ad una reazione di estensione di catena con acido poli-L-lattico (PLLA) parzialmente depolimerizzato. L’innovativa strategia di sintesi utilizzata è in linea con i principi della green chemistry, partendo da building block bio-based ed evitando l’uso di solventi. Il copolimero finale, definito P(LLA50PeF50)-CE, è stato caratterizzato dal punto di vista molecolare, strutturale e termico attraverso, rispettivamente, analisi NMR e GPC, WAXS, TGA e DSC. Sono state anche effettuate prove a trazione, test delle proprietà barriera e valutazione della compostabilità. I risultati dimostrano che la stabilità termica del PLLA è stata migliorata, determinando anche un allargamento della finestra di processabilità del materiale; la rigidità e la fragilità del PLLA sono state ridotte, rendendo il nuovo materiale idoneo alla realizzazione di film per imballaggi flessibili. La permeabilità all’ossigeno del PLLA è stata migliorata del 40% circa e un analogo miglioramento è stato riscontrato anche rispetto all’anidride carbonica. Infine, la compostabilità del PLLA non è stata compromessa.
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Scopo del presente lavoro di tesi è la sintesi di un complesso di manganese contenente un legante bis N-eterociclico e la sua applicazione come catalizzatore nelle reazioni di idrosililazione e idroborazione di doppi e tripli legami. I composti organici sililati e borilati sono importanti prodotti intermedi in diversi settori della chimica fine grazie alla loro stabilità e alla loro capacità di essere ampiamente funzionalizzati. Idroborazione e idrosililazione, grazie allo sviluppo di catalizzatori appositi, permettono di ottenere questi composti riducendo coprodotti, sottoprodotti e condizioni operative estreme. Generalmente i catalizzatori impiegati industrialmente contengono metalli di transizione costosi, rari e non biocompatibili. Per questo motivo negli ultimi anni la ricerca si è concentrata sullo sviluppo di nuovi catalizzatori a base di metalli della prima serie di transizione tra cui il manganese, noto per essere abbondante sulla crosta terrestre, economico e biocompatibile. I composti N-eterociclici (NHC) sono una classe di leganti tra le più utilizzate poiché oltre a una grossa variabilità di caratteristiche steriche ed elettroniche, consentono di stabilizzare la specie metallica. I complessi N-eterociclici di manganese sono stati scarsamente applicati nelle reazioni di idroborazione e idrosililazione. Per questo motivo, il gruppo dove ho svolto il mio tirocinio si è dedicato a questo tipo di ricerca, sintetizzando e testando un complesso bis-NHC di manganese nell’idrosililazione di carbonili e solfossidi. Il mio lavoro si inserisce all’interno di questo ampio progetto, applicando nuovamente lo stesso complesso su una serie di substrati e reazioni differenti. In particolare, l’idrosililazione è stata applicata su alchini, alcheni e su carbonili (in questo caso attivando il complesso con la luce visibile). Inoltre, si è testata l’attività catalitica del complesso nell’idroborazione di alchini.
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La ricerca verso lo sviluppo di materiali nuovi con proprietà ad hoc per determinati scopi è da sempre al centro della comunità scientifica, la cui attenzione attualmente è particolarmente viva per i polimeri. La messa a punto di nuovi polimeri con proprietà differenti e sempre migliori è però molto costosa e dispendiosa in termini di tempistiche, spesso quindi si cerca di ottimizzare quelli già noti grazie anche alla caratteristica dei polimeri di poter formare delle leghe, o blend. Se due polimeri riescono a mescolarsi rendendo indistinguibili le fasi relative ai costituenti allora si ottiene un nuovo materiale con proprietà differenti da quelle delle sue componenti, chiamato blend omogeneo. Molto interessanti sono le leghe polimeriche di acido poli-lattico (PLA) e poli-ε-caprolattone (PCL). Il PLA è un polimero biodegradabile molto versatile dalle buone proprietà meccaniche. Il maggiore limite del PLA è dato, però, proprio dalla sua rigidità strutturale che lo rende anche fragile e poco duttile. Il PCL è un polimero biodegradabile molto flessibile e duttile, per questo è studiato come possibile tenacizzante per il PLA. Il blend PLA/PCL risulta essere eterogeneo e le fasi costituenti si separano. È stata quindi volta l’attenzione agli agenti compatibilizzanti, molecole che aggiunte ad un blend eterogeneo riescono ad aumentare la reciproca miscibilità dei materiali costituenti, formando un materiale omogeneo detto compatibilizzato. I migliori agenti compatibilizzanti sono dei copolimeri a blocchi, in cui un blocco sia miscibile con uno dei componenti polimerici del blend ed il secondo blocco con la restante componente. Lo scopo di questo lavoro di tesi è quello di sintetizzare possibili agenti compatibilizzanti che siano dei copolimeri costituiti da un blocco di unità ripetenti di metilmetacrilato e da uno di unità di p-vinilfenolo o di un suo derivato e verificarne l’efficacia nel compatibilizzare blend di PLA e PCL.
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Il seguente lavoro analizza l’influenza che il biochar ha nel ciclo dell’azoto nei suoli, in particolare in riferimento alla possibilità di diminuire il fenomeno di lisciviazione dei nitrati dato il continuo aumento in agricoltura dell’uso di fertilizzanti azotati. La scelta di questo tipo di ammendante è dovuta alle sue ampie potenzialità d’impiego e si pone in un percorso di economia circolare con la valorizzazione delle biomasse di scarto. Il lavoro si divide in un’approfondita ricerca bibliografica con elaborazione critica delle informazioni e una parte sperimentale. Si sono analizzate le interazioni che il biochar ha sui vari processi che compongono il ciclo dell’azoto. Sono stati riportati e discussi i principali metodi di determinazione delle capacità adsorbenti del biochar oltre ad un’analisi e una descrizione dei più comuni modelli di isoterme di adsorbimento. Si è testata la capacità adsorbente, tramite test di screening in batch, di sette tipi di biochar che presentavano origine e sintesi differenti. I biochar hanno presentato adsorbimenti molto modesti nei confronti dei nitrati evidenziando solo una diminuzione della quantità di nitrati rilasciati dal biochar stesso. Per quanto concerne l’ammonio, invece, i biochar hanno presentato percentuali di adsorbimento tra il 60-70% con un massimo del 80%.
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La tesi riguarda lo studio di resine polimeriche derivanti da oli vegetali, impiegabili come leganti nei prodotti vernicianti per l’edilizia ed altri settori. I prodotti vernicianti plant-based sono stati confrontati con altri prodotti attualmente commercializzati, provenienti da fonti fossili. Considerata la produzione ingente dei prodotti vernicianti su base mondiale (8,31 kg/persona) sarebbe determinante impiegare delle fonti rinnovabili per garantirne una produzione sostenibile, diminuendo l’inquinamento, ritardando l’esaurimento del petrolio e riducendo le emissioni di CO2 e di conseguenza l’effetto serra ed il cambiamento climatico. Sono state trattate, quindi, alcune vie di sintesi “green” di leganti poliuretanici ed epossidici per prodotti vernicianti ad elevate prestazioni. Gli oli vegetali sono stati scelti come materie prime in quanto relativamente economici e disponibili in grandi quantità, risultando adatti per produzioni su scala industriale. Sono inoltre riportati i metodi di formulazione di uno smalto opaco bio-based per esterni (ad es. infissi e staccionate) e una vernice opaca per parquet (interni). Le formulazioni sperimentali sono state poi caratterizzate e confrontate con altri prodotti fossil-based presenti in commercio. I prodotti vernicianti sono stati sottoposti a test di brillantezza (gloss), adesione, presa di sporco, durezza, resistenza all’abrasione e resistenza chimica.
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Il presente lavoro di tesi si inserisce in un progetto di ricerca volto alla sintesi di nuovi complessi di metalli di transizione per lo sviluppo di catalizzatori da impiegare in reazioni di catalisi omogenea. In particolare il mio progetto si è concentrato sulla sintesi di complessi organometallici di manganese con leganti carbenici N-eterociclici (NHC). La scelta dei leganti è stata effettuata in modo tale da poter avere leganti chelanti NHC di tipo MIC (mesoionic carbene) sintetizzati tramite cicloaddizione tra un alchino ed un azide catalizzata da rame (CuAAC) e N-alchilazione. Lo studio di questi complessi a base di manganese è ancora tutt’oggi agli albori, leganti NHC vengono molto utilizzati grazie alla possibilità di variarne le proprietà steriche ed elettroniche e alla possibilità di formare legami forti con quasi tutti i metalli. Il manganese è stato scelto poiché un elemento abbondante, poco tossico e poco costoso. The present thesis work is part of a research project aimed at the synthesis of new transition metal complexes to be used in homogeneous catalysis reactions. In particular my project focused on the synthesis of manganese organometallic complexes with N-heterocyclic carbene ligands (NHC). The choice of ligands was carried out to have NHC chelating ligands of the class of MIC (mesoionic carbene). These ligands are synthesized by cycloaddition between alkyl and azide with a copper-catalyzed reaction (CuAAC) and N-alkylation in order to obtain MIC after deprotonation. The study of these manganese-based complexes is still in its infancy today, NHC ligands are widely used thanks to the possibility of varying their steric and electronic properties and the possibility of forming strong bonds with almost all metals. The choice of manganese was made because is an abundant, low-toxic and inexpensive element.
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Il presente progetto di Tesi ha come obiettivo il design di nuovi copolimeri statistici bio-based, caratterizzati da idonee proprietà meccaniche e barriera per impieghi come film sottili nell’imballaggio alimentare. I materiali sintetizzati appartengono alla classe dei poliesteri alifatici, caratterizzati dalla facilità di sintesi in assenza di solventi, relativamente economici, caratterizzati da proprietà modulabili in funzione della struttura chimica. Come omopolimero di partenza è stato scelto il poli(butilene trans-1,4-cicloesanoato) (PBCE), un poliestere potenzialmente bio-based con elevata resistenza ad alte temperature, umidità, radiazioni UV e buone proprietà meccaniche e barriera, e, benchè non ancora disponibile in commercio, molto interessante. Esso risulta troppo rigido per la realizzazione di film flessibili. Il PBCE è stato quindi copolimerizzato introducendo l’(1R,3S)-(+)-Acido Canforico, un monomero bio-based ottenibile dalla canfora. L’obiettivo del lavoro è modulare la cristallinità, le proprietà termiche, meccaniche e barriera dell’omopolimero di partenza. Dopo la sintesi, effettuata mediante policondensazione in massa a due stadi, tali copolimeri sono stati sottoposti a caratterizzazioni molecolari, termiche e meccaniche per valutare l’effetto dell’introduzione di comonomero nella catena macromolecolare del PBCE.
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L’utilizzo di biomasse come fonte di chemicals nell’industria chimica mira a rendere più sostenibili i processi industriali e i materiali prodotti. In particolare, l’acido crotonico (AC), impiegato come building block nella produzione di vernici e rivestimenti, è prodotto tradizionalmente da fonti fossili. La domanda globale ammonta a circa 1000 tonnellate ed è in continuo aumento, rendendo prioritaria l’individuazione di una sintesi alternativa e sostenibile. In questo studio, l’analisi del ciclo di vita (life cycle assessment, LCA) è stata applicata per stimare la carbon footprint e la domanda cumulativa di energia relative ad una sintesi innovativa dell’AC, basata sulla conversione termica di un precursore derivato da biomasse di scarto. In particolare, il processo prevede l’applicazione di un trattamento termochimico a poli-idrossi-butirrati (PHB) prodotti da colture batteriche miste a valle del processo B-PLAS. Sono stati modellati due scenari comparativi con l’obiettivo di (i) valutare la sostenibilità ambientale della sintesi alternativa nella tecnologia B-PLAS, considerando una condizione “base” di processo (con un contenuto di PHB pari al 30% nello slurry in ingresso al processo) e una “ottimale” (con un contenuto di PHB pari al 60%); (ii) confrontare gli impatti ambientali del processo di sintesi alternativo per entrambi gli scenari con quelli di sintesi dell’AC da fonti fossili. I risultati dell’LCA mostrano che nel processo B-PLAS, giunti alla produzione dello slurry (fango) arricchito in PHB, si possono avere due strade equivalenti estraendo i PHB o convertendoli in AC con una lieve preferenza per il processo estrattivo (0.71MJ/kgslurry vs 1.11MJ/kgslurry) nella condizione di base e (0.69MJ/kgslurry vs 1.17MJ/kgslurry) in quella ottimale. Estendendo la comparazione alla produzione dell’AC da fonti fossili, quello bioderivato comporta un impatto ambientale ampiamente inferiore, stimato in 159.6 MJ/kgAC e 204.6 MJ/kgAC per gli scenari “base” e “ottimale”.
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Negli ultimi anni ha riscosso particolare interesse l’utilizzo di nanoparticelle metalliche nella catalisi per via delle loro eccellenti proprietà. Le limitazioni al loro utilizzo sono connesse alla complessità della loro sintesi a causa dei molteplici parametri che possono influenzare le proprietà e la morfologia del sistema finale. Recenti studi hanno permesso di individuare la possibilità che polimeri con opportune caratteristiche possano influenzare sia la morfologia che l’attività catalitica dei catalizzatori nanostruturati. Queste ricerche hanno aperto alla possibilità di controllare le proprietà delle nanoparticelle attraverso la sintesi di macromolecole con specifiche caratteristiche. Nel corso dell’attività di tirocinio si è studiato come il peso molecolare e la natura dello stabilizzante polimerico influenzino le dimensioni e l’attività delle nanoparticelle d’oro in termini di conversione ed accessibilità dei siti attivi del catalizzatore attraverso la reazione di riduzione del 4-nitrofenolo. Si sono confrontati risultati ottenuti da nanoparticelle sintetizzate utilizzando come stabilizzante campioni a differente peso molecolare di poli-etilenglilcole, poli-vinilammina e poli-vinilalcol.
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L'elaborato di tesi si è posto l'obiettivo di studiare la sintesi e l'attività catalitica di diversi materiali compositi a base di Aquivion, resina pefluorosolfonica dalle caratteristiche superacide, e vari ossidi su una reazione di valorizzazione catalitica del furfuril alcol. I test catalitici sono stati inizialmente svolti allo scopo di determinare l'influenza delle caratteristiche del catalizzatore e delle condizioni operative. La comparazione dei risultati ottenuti ha successivamente permesso di trarre ulteriori informazioni interessanti sul meccanismo di reazione. In particolare, le proprietà superficiali degli ossidi indagati hanno giocato un ruolo determinante per la generazione di acqua a partire dal solvente alcolico, acqua che è risultata fondamentale per alcuni step della reazione.