528 resultados para gruppi di omotopia di ordine superiore cobordismo con framing gruppi di omotopia delle sfere


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Lo Stone Matrix Asphalt (SMA) è un tipo di miscela chiusa costituita da uno scheletro litico di aggregato grosso, assortito in modo tale da ottenere una distribuzione granulometrica indicata con il termine gap-graded, e da un mastice, con funzione riempitiva, ottenuto dalla miscelazione di bitume, filler ed additivi stabilizzanti. In ambito di progettazione delle miscele per conglomerati bituminosi sta assumendo sempre più importanza l’utilizzo di materiali derivanti dalla frantumazione degli Pneumatici Fuori Uso, quali granulato e polverino di gomma. Quest’ultimo può essere impiegato come valida alternativa alla modifica polimerica del bitume garantendo maggiori prestazioni in termini di resistenza all’ormaiamento, a fatica e durabilità, con un conseguente contenimento dei costi di manutenzione della sovrastruttura nel medio e lungo periodo. Il presente studio è stato condotto con lo scopo di valutare le prestazioni meccaniche che una miscela di conglomerato bituminoso può esplicare a seguito della sua mescolazione con il polverino di gomma. In particolare, è stata impiegata una miscela bituminosa di tipo SMA che, data la sua composizione interna, conferisce allo strato di usura della pavimentazione ottime qualità soprattutto in termini di resistenza alle sollecitazioni, durabilità, fonoassorbenza e macrotessitura superficiale. Al fine di rendere più esaustiva la fase sperimentale, sono state messe a confronto due miscele di tipo SMA differenti tra loro per l’aggiunta del polverino di gomma. I dati ottenuti e le considerazioni effettuate al termine della fase sperimentale hanno permesso di affermare che la miscela indagata possiede proprietà meccaniche idonee per essere impiegata nella realizzazione di nuove infrastrutture o nella manutenzione delle pavimentazioni esistenti.

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Il grafene, allotropo del carbonio costituito da un reticolo bidimensionale, è uno dei nanomateriali più promettenti allo stato attuale della ricerca nei campi della Fisica e della Chimica, ma anche dell'Ingegneria e della Biologia. Isolato e caratterizzato per la prima volta nel 2004 dai ricercatori russi Andre Geim e Konstantin Novoselov presso l'Università di Manchester, ha aperto la via sia a studi teorici per comprendere con gli strumenti della Meccanica Quantistica gli effetti di confinamento in due dimensioni (2D), sia ad un vastissimo panorama di ricerca applicativa che ha l'obiettivo di sfruttare al meglio le straordinarie proprietà meccaniche, elettriche, termiche ed ottiche mostrate da questo materiale. Nella preparazione di questa tesi ho personalmente seguito presso l'Istituto per la Microelettronica e i Microsistemi (IMM) del CNR di Bologna la sintesi mediante Deposizione Chimica da Fase Vapore (CVD) di grafene "tridimensionale" (3D) o "poroso" (denominato anche "schiuma di grafene", in inglese "graphene foam"), ossia depositato su una schiuma metallica dalla struttura non planare. In particolare l'obiettivo del lavoro è stato quello di misurare le proprietà di conduttività elettrica dei campioni sintetizzati e di confrontarle con i risultati dei modelli che le descrivono teoricamente per il grafene planare. Dopo un primo capitolo in cui descriverò la struttura cristallina, i livelli energetici e la conduzione dei portatori di carica nel reticolo ideale di grafene 2D (utilizzando la teoria delle bande e l'approssimazione "tight-binding"), illustrerò le differenti tecniche di sintesi, in particolare la CVD per la produzione di grafene poroso che ho seguito in laboratorio (cap.2). Infine, nel capitolo 3, presenterò la teoria di van der Pauw su cui è basato il procedimento per eseguire misure elettriche su film sottili, riporterò i risultati di conduttività delle schiume e farò alcuni confronti con le previsioni della teoria.

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Con l’aumento del consumo mondiale di risorse energetiche del pianeta, è diventato sempre più necessario utilizzare sistemi energetici che sfruttino al meglio la fonte di energia che li alimenta. Una delle soluzioni in questo ambito è quella proposta dagli Organic Rankine Cycle (ORC). Questi sistemi recuperano energia termica altrimenti non utilizzabile per le temperature troppo basse e sfruttano sorgenti termiche con ampi range di temperatura. L’elaborato volge all’analisi sperimentale delle prestazioni di un sistema Micro-ORC di piccola taglia, con rendimento termodinamico massimo dichiarato dal costruttore del 10 %. Inizialmente vengono descritti i fluidi organici e i sistemi che ne fanno uso, descrivendo anche esempi bibliografici di banchi prova per interpretare al meglio i risultati ottenuti con quello disponibile, che viene poi descritto, comprendendo i circuiti di asservimento dell’acqua calda e fredda, i punti di misura e il programma di acquisizione dati. Ci si concentra poi sulla descrizione e l’utilizzo dei codici implementati per l’elaborazione dei dati acquisiti. Questi hanno permesso di osservare gli andamenti temporali delle grandezze fondamentali per il sistema e valutarne la ripetibilità del comportamento nel corso di differenti prove. Vengono proposte infine le mappe di funzionamento per l’intero impianto e per i vari sotto-sistemi, offrendone un’interpretazione e inquadrandone i punti di lavoro ottimali. Attraverso la loro osservazione si sono dedotte le condizioni necessarie per avere un funzionamento ritenuto stabile del sistema ed è stato possibile ottimizzare le procedure svolte durante le fasi di test e di acquisizione dati. Sarà oggetto di studi futuri l’ottimizzazione dell’impianto, prolungando i tempi di esercizio a parità di carico elettrico e frequenza imposta alla pompa, con il fine di ottenere delle curve di prestazioni confrontabili con quelle presenti in bibliografia per altri sistemi ORC.

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Lo scopo di questa tesi è valutare l’attività di uptake delle cellule nei confronti di nanoparticelle di silice fluorescenti e il loro possibile effetto citotossico. Per verificare l’attività di uptake delle cellule abbiamo utilizzato 4 diverse linee cellulari tumorali umane e abbiamo studiato il comportamento delle nanoparticelle all’interno delle cellule grazie all’utilizzo del microscopio a fluorescenza, con cui abbiamo potuto valutare se le particelle sono in grado di penetrare nel nucleo, soprattutto ad alte concentrazioni o a lunghi tempi di incubazione. Per questa valutazione abbiamo effettuato incubazioni a concentrazioni crescenti di nanoparticelle e a tempi di incubazione sempre più lunghi. Inoltre, abbiamo coltivato le cellule sia in condizioni di crescita ottimali, addizionando il terreno con FBS, che in condizioni subottimali, senza l’aggiunta di FBS nel terreno, perché abbiamo ipotizzato che le proteine presenti nell’FBS potessero disporsi come una corona esternamente alle cellule, ostacolando l’uptake delle nanoparticelle. Infine, abbiamo valutato se le diverse linee cellulari avessero dei comportamenti diversi nei confronti dell’internalizzazione delle nanoparticelle. Per quanto riguarda la valutazione di un possibile effetto citotossico delle nanoparticelle, invece, abbiamo effettuato dei saggi di vitalità cellulare, anche in questo caso utilizzando 4 linee cellulari differenti. Come per l’analisi in microscopia, abbiamo effettuato l’incubazione a concentrazioni crescenti di nanoparticelle, a tempi di incubazione sempre più lunghi e in condizioni ottimali, aggiungendo FBS al terreno, o subottimali, senza FBS. Queste variazioni nelle condizioni di incubazione erano necessarie per capire se la vitalità cellulare potesse dipendere da un’alta concentrazione di nanoparticelle, da lunghi tempi di incubazione e dalla presenza o assenza di FBS e se l’effetto fosse diverso a seconda della linea cellulare sottoposta al trattamento.

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La tesi è il risultato di uno studio condotto sulle reti distribuzione dell’energia termica, elettrica e frigorifera; queste reti possono essere sviluppate per aumentare la diffusione della microgenerazione e generazione diffusa con l’obiettivo di renderle autonome elettricamente, termicamente e in alcuni casi indipendenti dal punto di vista del combustibile sfruttando possibilmente cogeneratori integrati e sistemi a fonte rinnovabile. In particolare la tesi si sofferma sull’analisi di criteri di gestione di una rete di teleriscaldamento esistente in modo da ridurne al minimo le dispersioni di energia termica in ambiente e gli scambi di energia elettrica con la rete nazionale. Lo sviluppo della tesi è stato suddiviso sostanzialmente in tre parti: la prima riguarda la caratterizzazione del comportamento di una rete di teleriscaldamento reale nel comprensorio urbano di Corticella a Bologna con determinati sistemi di produzione dell’energia elettrica e termica in centrale; nella seconda parte vengono analizzati nuovi sistemi in centrale di produzione e presso le utenze; infine la terza parte riguarda l’analisi economica ed energetica di tutte le soluzioni di gestione esaminate. Quindi ogni configurazione, data da nuovi sistemi di produzione delle fonti energetiche richieste e di gestione della rete, viene prima analizzata in riferimento a tre tipologie di scambio termico presso le utenze e poi valutata in termini di consumo di combustibile e di scambi di energia elettrica con la rete nazionale attraverso il costo di acquisto del gas naturale, il costo d’acquisto dell’energia elettrica dalla rete e il prezzo di vendita dell’energia elettrica alla rete. Sebbene le utenze vengano considerate sempre in assetto passivo all’interno di alcune configurazioni viene sfruttata la delocalizzazione della produzione di energia termica e la gestione della rete a bassa temperatura per ridurre il più possibile l’impatto ambientale della centrale e della rete di teleriscaldamento.

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In questa tesi descriviamo due teorie, la MOND e la TeVeS, che si pongono come alternativa all’ipotesi dell’esistenza della materia oscura. Seguendo l’ordine storico degli eventi, nel primo capitolo presentiamo i dati sperimentali e le considerazioni teoriche che hanno convinto gli scienziati del ’900 che la massa osservata nell’Universo sia minore della massa dinamica inferita dalla fisica newtoniana e dalla Relatività Generale. Il primo tentativo di risolvere questo problema è consistito nell’ipotizzare l’esistenza di una materia non ancora osservata, divenuta nota come “materia oscura”. Affrontando le questioni sollevate dalle curve di rotazione delle galassie a spirale, dalla relazione di Tully-Fisher, dalla legge di Freeman e dalle fluttuazioni della radiazione cosmica di fondo, vedremo come questa ipotesi si sia evoluta per tenere conto dei risultati sperimentali, a partire dal modello della sfera isoterma fino al modello ΛCDM, e i problemi che essa non risolve. Nel secondo capitolo descriviamo la MOND, una modifica della dinamica newtoniana nata con l’obiettivo di ridurre la quantità di materia oscura necessaria per descrivere l’Universo. Il problema della massa nascosta può, infatti, essere dovuto a un’incompleta comprensione delle leggi della fisica e, confrontando la MOND con i dati sperimentali presentati nel primo capitolo, vedremo come essa riesca a descrivere la dinamica su scale galattiche ed extragalattiche. Concluderemo il capitolo mostrando una densità di lagrangiana capace di riprodurre la formula fenomenologica della MOND. Per affrontare le questioni cosmologiche è necessario disporre di una teoria relativistica che recuperi la MOND nel limite di campo debole. Nel terzo capitolo trattiamo quindi la TeVeS, riportando le azioni che permettono di derivare le equazioni dei campi di tale teoria. Dopo averne studiato i limiti relativistici e non relativistici, accenneremo a come essa permetta di estendere il paradigma MOND in campo cosmologico.

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In questa tesi cercherò di analizzare le funzioni di Sobolev su R}^{n}, seguendo le trattazioni Measure Theory and Fine Properties of Functions di L.C. Evans e R.F.Gariepy e l'elaborato Functional Analysis, Sobolev Spaces and Partial Differential Equations di H. Brezis. Le funzioni di Sobolev si caratterizzano per essere funzioni con le derivate prime deboli appartenenti a qualche spazio L^{p}. I vari spazi di Sobolev hanno buone proprietà di completezza e compattezza e conseguentemente sono spesso i giusti spazi per le applicazioni di analisi funzionale. Ora, come vedremo, per definizione, l'integrazione per parti è valida per le funzioni di Sobolev. È, invece, meno ovvio che altre regole di calcolo siano allo stesso modo valide. Così, ho inteso chiarire questa questione di carattere generale, con particolare attenzione alle proprietà puntuali delle funzioni di Sobolev. Abbiamo suddiviso il lavoro svolto in cinque capitoli. Il capitolo 1 contiene le definizioni di base necessarie per la trattazione svolta; nel secondo capitolo sono stati derivati vari modi di approssimazione delle funzioni di Sobolev con funzioni lisce e sono state fornite alcune regole di calcolo per tali funzioni. Il capitolo 3 darà un' interpretazione dei valori al bordo delle funzioni di Sobolev utilizzando l'operatore Traccia, mentre il capitolo 4 discute l' estensione su tutto R^{n} di tali funzioni. Proveremo infine le principali disuguaglianze di Sobolev nel Capitolo 5.

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La teoria secondo la quale vi sia una forte interconnessione tra cambiamento climatico ed emissioni di gas serra è via via più radicata all’interno della comunità scientifica internazionale. La certezza che la richiesta di energia a livello mondiale non possa che aumentare, unita con le preoccupazioni causate dal cambiamento climatico ha indirizzato parte dei cosiddetti paesi “sviluppati” verso politiche volte all’efficienza energetica e alla produzione di energia attraverso fonti rinnovabili. In seguito a queste decisioni il sistema elettrico nazionale si trova in una fase di rapido cambiamento; in particolare le maggiori problematiche, legate alla rete di distribuzione, sono originate da un fenomeno di diffusione su larga scala della generazione distribuita. In questo contesto, nel presente lavoro di tesi, ci si serve del software openDSS per osservare gli ammodernamenti che la rete ha subito e subirà in futuro. In primo luogo viene trattata una rete, prettamente passiva, in bassa tensione che vuole essere lo specchio di ciò che era la rete prima della diffusione della generazione distribuita. Vengono evidenziati in particolare i profili delle tensioni lungo la rete di distribuzione e le potenze circolanti in rete. Viene successivamente studiata la prima rete con l’aggiunta di generatori, volti a simulare il comportamento di pannelli fotovoltaici, evidenziando alcune le problematiche causate dalla GD su una rete non adatta a sopportarla. Infine viene mostrato come la presenza di alcuni accumulatori (modellizzati per simulare il comportamento di veicoli elettrici) possa migliorare le condizioni della rete. L’obiettivo non è quello di condurre delle simulazioni di reti realmente esistenti e di studiare diversi modelli di sviluppo per esse, bensì quello di creare una rete di prova all’interno del software al fine di analizzare qualitativamente come la rete sia mutata e come possibili scenari potrebbero modificarla in futuro.

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Il Selective Laser Melting è un processo di additive manufacturing che consiste nella realizzazione di componenti metallici tridimensionali, sovrapponendo strati di polvere, che viene via via fusa mediante una sorgente controllata di energia (laser). È una tecnica produttiva che viene utilizzata da più di 20 anni ma solo ora sta assumendo un ruolo rilevante nell’industria. È un processo versatile ma complesso che ad oggi permette di processare solo un numero limitato di leghe. Il presente lavoro di tesi riguarda in particolare lo studio, dal punto di vista microstrutturale, di componenti in acciaio inossidabile austenitico AISI-316L processato mediante Selective Laser Melting, attività svolta in collaborazione con il Gruppo di Tecnologia – Laser del Dipartimento di Ingegneria Industriale. Alla base dell’attività sperimentale è stata svolta anche un’ampia ricerca bibliografica per chiarire lo stato dell’arte sul processo e sulla lega in questione, la microstruttura, i difetti, le proprietà meccaniche e l’effetto dei parametri di processo sul componente finito. Le attività sperimentali hanno previsto una prima fase di caratterizzazione delle polveri di 316L, successivamente la caratterizzazione dei campioni prodotti tramite selective laser melting, in termini di microstruttura e difetti correlati al processo. Le analisi hanno rivelato la presenza di una microstruttura “gerarchica” costituita da melt pool, grani e celle submicrometriche. I difetti rinvenuti sono pori, delaminazione degli strati, particelle di polvere non fuse. Infine è stata eseguita la caratterizzazione frattografica dei campioni sottoposti a prove di trazione e di fatica a flessione rotante (attività condotte dal gruppo Laser) per identificare la morfologia di frattura e i siti di innesco della cricca di fatica.

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In questo mio elaborato vengono analizzate le principali problematiche igienico sanitarie della filiera di produzione delle uova e ovoprodotti, In particolare dopo un’analisi economica del settore di produzione delle uova e ovoprodotti vengono illustrati i principali metodi di allevamento delle galline ovaiole anche alla luce delle recenti tendenze a favorire allevamenti con sistemi alternativi a quelli delle gabbie tradizionali. Sono state inoltre illustrate le diverse fasi lavorazione delle uova in guscio (dalla raccolta alla selezione e confezionamento) e degli ovoprodotti includendo la descrizione delle diverse tipologie di prodotti d’uovo disponibili sul mercato. Accanto alla descrizione dei processi produttivi si sono illustrati anche i riferimenti normativi che disciplinano tali prodotti con particolare riferimento ai regolamenti relativi in materia di igiene, produzione e commercializzazione delle uova di categoria A. In relazione al focus principale della mia tesi sono stati inoltre descritti i principali rischi sanitari per l’uomo derivanti dal consumo di uova e ovoprodotti contaminati, accanto alle principali anomalie fisiche ed alle più comuni frodi alimentari. Più in particolare sono stati illustrati i dati raccolti a livello europeo sui focolai tossinfettivi nei quali sono state coinvolte le uova e ovoprodotti facendo particolare attenzione alle infezioni da S.enteritidis, principale microrganismo contaminante questi prodotti alimentari. Infine sono stati illustrati i principali interventi di gestione del rischio sanitario per le uova e ovoprodotti, partendo dalla fase di produzione fino ad arrivare ad interventi del consumatore, con i quali limitare la diffusione delle malattie a trasmissione alimentare.

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Il presente lavoro di tesi affronta diverse tematiche riguardanti la valutazione della vulnerabilità sismica del centro storico di Sansepolcro, con particolare riferimento all’analisi di fonti storiche perlopiù inedite e a indagini morfologiche sui tessuti edilizi. La zona della Valtiberina toscana è stata interessata da numerosi eventi sismici che spesso hanno raggiunto intensità elevate e che hanno provocato molti danni. Il susseguirsi di tali eventi ha fatto si che si sviluppasse una certa esperienza nell’affrontare le conseguenze dell’evento sismico. Ne sono testimonianza i documenti conservati presso l’Archivio Storico Comunale di Sansepolcro che riguardano gli eventi sismici del 1781 e del1789. Dalla corrispondenza tra le autorità di Firenze e di Sansepolcro è stato possibile ricostruire la cronologia delle azioni principali compiute nella gestione dell’emergenza. Tra le lavorazioni eseguite, molti furono i presidi antisismici utilizzati. Nell’ambito dell’analisi delle fonti di archivio si sono analizzati anche documenti più recenti, in particolare gli elaborati del Genio Civile conservati presso l’Archivio di Stato di Arezzo riguardanti gli eventi sismici del 1917 e 1919. Parallelamente alle ricerche archivistiche si è cercato di stabilire una correlazione tra la morfologia dei tessuti e la vulnerabilità sismica degli aggregati edilizi in relazione al loro processo evolutivo e al loro periodo storico di formazione. Una volta stabilita, per ogni aggregato, la fase di impianto, ci si è avvalsi del metodo di calcolo speditivo dell’indice di vulnerabilità in pianta (TPS). Lo scopo è quello di elaborare delle considerazioni generali per singoli aggregati campione, per poi estenderle agli aggregati omogenei. A conclusione del lavoro si è preso in considerazione il caso del Palazzo Aloigi-Luzzi e se ne sono calcolati gli indici analitici globali di vulnerabilità sismica, per avere un riscontro concreto di un singolo caso.

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Il contesto dinamico in cui operano le aziende richiede, sempre più, sistemi di gestione flessibili e in continua evoluzione, e soprattutto richiede che le varie funzioni aziendali siano integrate tra loro. Così anche la funzione di manutenzione, la quale nei tempi passati, era considerata una funzione di supporto alla produzione, ora è vista come parte integrante della stessa. Pertanto è necessario che la gestione dei flussi logistici ed informativi relativi ai processi di manutenzione, siano il più possibile efficace ed efficienti, al fine di ridurre i costi complessivi sostenuti dall’azienda. L’elaborato tratta del dimensionamento di un magazzino ricambi e della relativa gestione operativa ed informativa, applicati ad un caso aziendale. Geberit Produzione Spa ha la necessità di migliorare i flussi della gestione manutentiva totale, andando a correggere le criticità rilevate nel sistema attuale. Il dimensionamento è sviluppato sulla base delle informazioni raccolte dal campo, le quali permettono di individuare la quantità ottimale di ricambi, che minimizzi da un lato i costi di mantenimento a scorta e dall’altro i costi dovuti alla mancanza dei ricambi nel momento necessario. Secondo le tipologie di materiale tecnico presenti, sono individuate le modalità di immagazzinamento e i mezzi di movimentazione più idonei, ed in base a questi viene definito il layout definitivo. Sono, poi, determinati i criteri di gestione dei flussi logistici e di informatizzazione dei processi, al fine di descrivere delle procedure standard che regolino l’operato del personale. Scelti gli indici di valutazione delle performance della manutenzione, è stata valutata la convenienza economica della realizzazione del progetto. Con questo studio vengono definite le fondamenta per una efficace ed efficiente gestione futura della manutenzione.

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L’obbiettivo che si pone questo lavoro è quello di combinare in un unico impianto due tecnologie utilizzate per scopi differenti (impianto integrato): un impianto di climatizzazione geotermico a bassa entalpia di tipo open-loop ed un impianto di bonifica delle acque di falda di tipo Pump&Treat. Il sito selezionato per lo studio è ubicato in via Lombardia, nell’area industriale di Ozzano dell’Emilia (BO), ed è definito “Ex stabilimento Ot-Gal”: si tratta di una galvanotecnica con trattamento di metalli, dismessa alla fine degli anni ’90. Durante una precedente fase di caratterizzazione del sito condotta dalla ditta Geo-Net Srl, sono stati rilevati in falda dei superamenti delle CSC previste dal D.lgs. 152/2006 di alcuni contaminanti, in particolare Tricloroetilene (TCE) e 1.1-Dicloroetilene (1.1-DCE). Successivamente, nel 2010-2011, Geo-net Srl ha eseguito una parziale bonifica delle acque di falda attraverso l’utilizzo di un impianto Pump and Treat. Grazie a tutti i dati pregressi riguardanti i monitoraggi, le prove e i sondaggi, messi a disposizione per questo studio da Geo-Net Srl, è stato possibile eseguire una sperimentazione teorica, in forma di modellazione numerica di flusso e trasporto, dell’impianto integrato oggetto di studio. La sperimentazione è stata effettuata attraverso l’utilizzo di modelli numerici basati sul codice di calcolo MODFLOW e su codici ad esso comunemente associati, quali MODPATH e MT3DMS. L’analisi dei risultati ottenuti ha permesso di valutare in modo accurato l’integrazione di queste due tecnologie combinate in unico impianto. In particolare, la bonifica all’interno del sito avviene dopo 15 dalla messa in attività. Sono stati anche confrontati i costi da sostenere per la realizzazione e l’esercizio dell’impianto integrato rispetto a quelli di un impianto tradizionale. Tale confronto ha mostrato che l’ammortamento dell’impianto integrato avviene in 13 anni e che i restanti 7 anni di esercizio producono un risparmio economico.

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La risalita capillare di umidità nelle murature storiche è la principale responsabile del degrado dei materiali. La metodologia ad oggi più utilizzata in tale campo è quella basata sull’iniezione di prodotti chimici in grado di formare barriere artificiali che blocchino il flusso ascendente dell’acqua, ma è ancora in fase di perfezionamento. Per potere svolgere tale perfezionamento, è utile disporre di una metodologia attendibile per la valutazione dell’esito dei trattamenti, ossia un metodo standardizzato che possa garantire una corretta misurazione del contenuto di umidità nelle murature pre e post iniezioni. Nella presente tesi, che ha lo scopo di valutare l’efficacia di alcuni prodotti per barriere chimiche nelle murature, si è utilizzato un metodo di laboratorio standardizzato proposto dai ricercatori del LASTM (DICAM), che permette di riprodurre in laboratorio il processo di risalita dell’umidità e, allo stesso tempo, permette di potere svolgere le misurazioni del contenuto d’acqua interno ai materiali con il metodo diretto. I trattamenti, svolti in collaborazione con la Azienda inglese “Safeguard”, produttrice di resine impermeabilizzanti, sono stati effettuati su vari modelli, costituiti di laterizi e malta, preventivamente sottoposti a differenti condizioni ambientali. Successivamente si è svolto un monitoraggio periodico per potere determinare sia l’efficacia dell’intervento che l’attendibilità del modello. Dopo avere studiato un sistema di controllo delle condizioni di laboratorio, si è ritenuto opportuno svolgere anche alcune prove di caratterizzazione dei materiali utilizzati nella costruzione dei vari modelli, per conoscerne appieno le caratteristiche e potere valutare con maggiore attendibilità i risultati dei trattamenti. Infine, per approfondire le dinamiche di diffusione dei formulati chimici all’interno dei materiali, si sono svolte prove su travetti di malta.

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Fino ad oggi la mobilità urbana si è affidata in particolar modo alla motorizzazione privata. Occorre considerare anche altre alternative di trasporto per garantire una mobilità più sostenibile ed efficace all’interno delle nostre aree urbane. Una di queste alternative è costituita dalla bicicletta, che deve essere considerata un’autentica alternativa di trasporto, che può facilmente contribuire, assieme ad altre, a ridurre l’attuale inefficiente dipendenza dall’automobile. La progettazione dei percorsi ciclo-pedonali richiede collegamenti sicuri, diretti, ben segnalati e confortevoli, che assicurino una mobilità indipendente e protetta per tutti. In questo lavoro di tesi stato proposto un questionario che ha lo scopo di dare un ritratto immediato degli utenti ciclabili che percorrono i campi prova analizzati, confrontare i risultati ottenuti e verificare quali parametri sono ritenuti di maggiore importanza per l’utente medio. Nella seconda fase e punto focale di tale lavoro di ricerca è stata svolta un’attenta analisi delle possibili scelte e problematiche di un particolare caso reale. In particolare, sono stati valutati gli elementi che il conducente del velocipede scansiona con lo sguardo durante la guida, cercando informazioni significative per la posizione spaziale e temporale in cui si trova. La ricerca è stata condotta mediante l’utilizzo della strumentazione Mobile Eye-XG che permette il rilievo in continuo dello sguardo dei conducenti durante la guida. Il campo prova riguarda il percorso “Sabotino”, composto da due itinerari situati all’interno dell’area urbana di Bologna, la Tangenziale Ovest delle biciclette e la “ciclabile vecchia” Sabotino. Dalle informazioni ricavate dall’analisi, si è cercato infine di ipotizzare delle possibili ed efficaci migliorie, che possano incentivare l’uso della bicicletta e la sicurezza nei confronti della mobilità lenta, migliorando le prestazioni della pista e aumentando gli standard.