571 resultados para propoli,attività antimicrobica,acidi grassi,attività antiossidante,oli essenziali
Resumo:
Dal 2008, sono evidenti che i benefici del selenio nell'organismo dipendono dalla forma in cui è ingerito, stabilendo che quella organica è migliore dell'inorganica. L’introduzione di selenio raccomandato a livello internazionale è di 55-70 μg/giorno e la sua specie chimica efficace dal punto di vista biologico è la seleniometionina. Infatti, si può affermare che il selenio in forma inorganica possieda una bassa bioattività rispetto al selenio legato agli aminoacidi (Se-metionina e Se-cisteina) di maggiore bioattività. Nell’ambito dei prodotti lievitati da forno, uno dei fattori che desta maggior interesse è l’effetto esercitato dal processo tecnologico (che include fermentazione e cottura) sull’aumento della biodisponibilità dei composti antiossidanti e nutrizionali. In particolare, attraverso il processo fermentativo, è possibile aumentare sia l’azione degli enzimi digestivi sul substrato alimentare, che la stabilità del selenio inorganico e organico presente modificandone le caratteristiche chimiche e fisiche (es. organicazione). Nello specifico, i processi fermentativi che caratterizzano gli impasti acidi (basati sulle interazioni metaboliche tra batteri lattici e lieviti) sono stati riconosciuti efficaci per modificare la composizione delle micro e macromolecole responsabili del miglioramento non solo delle caratteristiche qualitative ma anche di quelle nutrizionali, come il selenio. Lo scopo della mia tesi era lo sviluppo di un prodotto funzionale a base di cereali arricchito con selenio bioattivo tramite un processo di natura biotecnologica di tipo fermentativo. L’aggiunta di selenio alla farina attraverso un impasto acido arricchito favorisce la sua organicazione da parte dei batteri lattici presenti che trasformano parte del selenio additivato (SeIV) in forme organiche come SeMet e MeSeCys e in parte in altri frammenti organici non rilevati dall’analisi. D’altra parte la quantità di selenio inorganico rilevato nei digeriti di piadina ottenuta con impasto acido è risultata essere drasticamente ridotta. Dalla mia sperimentazione ho ottenuto molteplici indicazioni che riguardano la possibilità di produrre un alimento fermentato a base di cereali ed a elevato contenuto di selenio bioattivo. Dal punto di vista applicativo questo sperimentazione costituisce una base sia per la comprensione del ruolo dei processi fermentativi nella generazione di alimenti o ingredienti funzionali ma anche per l’individuazione di nuovi microrganismi probiotici con potenziali attività antiossidante ricchi di selenio bioattivo.
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Il termine biochar definisce il prodotto solido derivante dalla pirolisi di un qualsiasi materiale organico, con lo specifico scopo di essere applicato nei suoli sia per fini agronomici che di gestione ambientale. Un suo utilizzo in maniera "responsabile" richiede però una piena comprensione delle sue proprietà e dei meccanismi che controllano la sua attività nel terreno, che dipendono dalla biomassa di partenza e dalle condizioni di sintesi tramite pirolisi. Infatti le condizioni di pirolisi, in particolare la temperatura di processo e il tempo di residenza, determinano biochar con caratteristiche differenti. In questo lavoro di tesi sono stati prodotti biochar da due diverse tipologie di biomassa residuale ampiamente disponibili (stocchi di mais e pollina). Per ciascuna biomassa sono state scelte tre condizioni di pirolisi (400°C x 20 minuti, 500°C x 10 minuti e 600°C x 5 minuti). Sui biochar ottenuti sono state effettuate le seguenti determinazioni: analisi elementare, Pirolisi‐GC‐MS, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), acidi grassi volatili (VFA), azoto ammoniacale (N‐NH4 +), pH, conduttività elettrica e ritenzione idrica. Infine i biochar sintetizzati sono stati utilizzati per fare due test di germinazione per valutare l'effetto sulla formazione delle prime strutture di crescita delle plantule, tramite test di tossicità brevi con piastre Petri. Il primo test è stato condotto a concentrazione crescente di miscele acqua/biochar (2, 5, 40 e 100 g/L sulla base delle quantità di biochar utilizzate come ammendante nel suolo), sulla germinazione seguendo la metodologia normata dalla ISO 11269:2012. I semi utilizzati nel primo test sono stati quelli del crescione (Lepidium sativum L.) come specie dicotiledone, e del sorgo (Sorghum saccharatum M.) come monocotiledone. Il secondo saggio di tossicità eseguito è stato quello descritto dalla normativa in materia UNI 11357, valutando l'eventuale effetto di tossicità alla massima concentrazione delle varie tipologie di biochar, utilizzando come specie dicotiledoni il cetriolo (Cucumis sativus L.) ed il crescione (Lepidium sativum L.), come monocotiledone il sorgo (Sorghum saccharatum M.). Per i biochar da stocchi di mais, rappresentativi di biomasse erbacee e con diverso grado di carbonizzazione, non si osservano effetti apprezzabili alle condizioni di uso agricolo. Nel caso dei biochar da pollina si osservano invece inibizioni alla germinazione sin dalle concentrazioni più basse. In particolare, quello pirolizzato a 400°C mostra un potenziale effetto tossico più marcato, probabilmente associato ad un contenuto di IPA e VFA superiore a quello degli altri biochar.
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Da alcuni decenni l’interesse verso i prodotti naturali di origine marina ha portato ad un’intensa ricerca di composti antiossidanti nelle alghe, prodotti per tollerare lo stress ossidativo frequente nelle condizioni ambientali a cui sono soggette. Tra le varie macroalghe le Phaeophyceae, come rivelano numerosi studi, hanno un elevato potenziale antiossidante, spesso associato alla ricchezza in polifenoli. Tuttavia la natura dei composti responsabili di questa attività è ancora oggetto di discussione. Questo lavoro di tesi si è focalizzato sulla determinazione del contenuto polifenolico totale in estratti dell’alga bruna Fucus vesiculosus ottenuti con solvente acetone:acqua in diverse condizioni di tempo e temperatura, tramite il metodo di Folin-Ciocalteau. e sulla valutazione dell’attività antiradicalica degli estratti, con il test del DPPH (2,2-difenil-1-picrilidrazile). Secondariamente è stata effettuata la ricerca di 14 composti fenolici tramite RS-HPLC ed è stata valutata la correlazione tra attività antiossidante e il contenuto di polifenoli totali e individuali. Temperature più alte hanno favorito una maggiore concentrazione di composti fenolici nei campioni, mentre estratti ricavati in tempi brevi a temperature più basse manifestano un’attività antiossidante significativamente più alta. Inoltre il contenuto dei polifenoli totali non è risultato correlato all’attività antiossidante riscontrata. Tra i composti individuali analizzati: miricetina, acido ferulico e catechina, sono stati identificati in tutti gli estratti. La concentrazione di acido ferulico non ha mostrato variazioni significative tra i campioni, mentre la miricetina è risultata più concentrata in estratti ottenuti a temperature maggiori, e la catechina in quelli a temperature minori. Quest’ultima, a differenza dei primi due, mostra una correlazione con l’attività antiossidante, tuttavia molto debole. Sulla base dei risultati ottenuti si può affermare che l’alga Fucus vesiculosus presenta un’importante attività antiossidante ma, in accordo con diversi autori, altri metaboliti devono essere i principali responsabili di questa attività, dal momento che non risulta correlata con il contenuto fenolico.
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Il progetto sperimentale è stato focalizzato alla valutazione qualitativa di oli extra vergini di oliva monovarietali (Nostrana di Brisighella, Ghiacciola, Don Carlo), prodotti da olive coltivate nell’areale Brisighellese analizzandoli sia per alcuni parametri chimici che per alcune caratteristiche sensoriali rilevabili in fase gustativa (attributi di amaro e piccante). Per ogni campione sono stati valutati i parametri di qualità stabiliti dal Reg. CEE n. 2568/91 e successive modifiche: acidità libera, numero di perossidi, estinzioni specifiche nell’ultravioletto, composizione in acidi grassi ed analisi sensoriale secondo il metodo del “Panel test”. Gli oli sono stati anche sottoposti alla caratterizzazione della frazione biofenolica mediante estrazione secondo metodo COI (COI/T.20/Doc. n.29) seguita da separazione cromatografica HPLC ed identificazione guidata sia da rivelatore a fotodiodi (DAD) che da spettrometro di massa (MSD). I dati ottenuti sono stati elaborati con l’ausilio di tecniche di analisi multivariata (PCA) valutando sia le correlazioni esistenti tra le variabili, che la possibilità di discriminare i campioni in gruppi omogenei per caratteristiche chimiche e/o sensoriali. Più specificatamente, si è rivolta l'attenzione alle relazioni esistenti tra la concentrazione in singole molecole a struttura fenolica e l'intensità degli attributi sensoriali positivi, amaro e piccante. In ultima analisi, si è proceduto a determinare il contenuto totale in derivati fenolici dell’idrossitirosolo e tirosolo (semplici e complessi) presenti in 20 g di olio per verificare la conformità al claim salutistico approvato dall'EFSA nel 2011 “i polifenoli dell’olio di oliva contribuiscono alla protezione dei lipidi ematici dallo stress ossidativo”, che è possibile inserire in etichetta qualora il prodotto soddisfi il limite richiesto dal Reg. UE 432/2012.
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Il presente lavoro di tesi ha avuto lo scopo di valutare l’effetto dell’insorgenza delle anomalie “white-striping” e “wooden breast” (sia separatamente che contestualmente nell’ambito dello stesso filetto) su composizione chimica, profilo in acidi grassi e suscettibilità all’ossidazione lipidica e proteica. Le modificazioni riscontrate nella composizione chimica (maggiori livelli di collagene e lipidi a discapito del tenore in proteine) determinano una ridotta qualità nutrizionale con possibili effetti negativi sulla percezione del consumatore, oltre che sulla capacità di ritenzione idrica come riscontrato in precedenti studi. Per quanto riguarda il profilo in acidi grassi, l’effetto delle anomalie è stato più limitato rispetto a quanto ipotizzato. Infatti, nonostante l’aumento dei lipidi totali, le carni di petto anomale non presentano modificazioni nel contenuto di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi totali. Le uniche differenze hanno riguardato il totale degli acidi grassi saturi e il contenuto di acidi grassi essenziali (EPA, DPA, DHA) che sono risultati significativamente inferiori. Le ridotte quantità di EPA e DPA nei petti anomali possono essere correlate alla minore attività degli enzimi Δ5 e Δ6 desaturasi, probabilmente in ragione della complessiva riduzione nell’espressione dei geni che codificano tali enzimi. Da sottolineare infine che le carni anomale hanno presentato livelli inferiori di emepigmenti. Per quanto attiene alle caratteristiche tecnologiche, è stata osservato un maggiore livello di ossidazione delle proteine in relazione alla presenza dell’anomalia wooden breast. Al contrario, l’ossidazione dei lipidi non ha mostrato differenze sostanziali fra i campioni anomali e quelli normali. Nel complesso, pertanto questo lavoro di tesi ha ulteriormente evidenziato i rischi connessi all’utilizzo delle carni anomale, e soprattutto di quelle affette da wooden breast, nella preparazione di prodotti trasformati in relazione al peggioramento delle rese di lavorazione dovuto alla minore concentrazione e qualità delle proteine. La componente lipidica sembra invece essere meno compromessa dalla presenza di tali anomalie.
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La citofluorimetria è una tecnica applicata per misurare le caratteristiche fisiche, morfologiche e fisiologiche di cellule microbiche ed ha il pregio di generare un dato per ogni singola particella (cellula) analizzata. Poiché è noto che l’assenza di sviluppo in piastra non implica necessariamente l’assenza di forme microbiche vitali, questa tecnica ha un grande potenziale nello studio dei trattamenti termici che mirano alla stabilizzazione ed alla sicurezza igienico-sanitaria dei prodotti alimentari. Infatti, nel contesto industriale la tendenza è quella di ridurre l’entità di questi trattamenti (tempi/temperature). Ciò può avvenire anche grazie all’utilizzo di composti d’aroma, la cui attività antimicrobica è ben documentata, poiché il trattamento termico, incrementando la tensione di vapore di queste sostanze, ne potenzia l’attività antimicrobica. Questa tesi è incentrata su due aspetti: da una parte, l’effetto dell’esposizione di L. monocytogenes a diverse concentrazioni di timolo e carvacrolo (terpenoidi prevalenti in oli essenziali di Labiatae tra cui timo e origano), dall’altra la valutazione degli effetti di trattamenti termici subletali (45, 50, 55°C), anche in presenza di composti d’aroma, sulla disattivazione e sul successivo recupero di L. monocytogenes. I risultati hanno confermato la forte sinergia tra trattamento termico e presenza di sostanze terpeniche. È stato inoltre dimostrato che la presenza di tali composti incide drasticamente sulle potenzialità di recupero degli eventuali sopravvissuti dopo il trattamento termico. I risultati a volte discordanti tra l’analisi citofluorimetrica (focalizzata sull’integrità della membrana) e i conteggi in piastra hanno evidenziato come i due approcci debbano essere utilizzanti in modo complementare. L’utilizzo di altri coloranti legati ad altre funzioni biologiche e metaboliche permetterà l’ottenimento di informazioni aggiuntive circa la risposta fisiologica di questo microrganismo.
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Questo elaborato ha come obiettivo valutare l’efficacia di alcuni composti d’aroma, ossia componenti di oli essenziali la cui attività antimicrobica è nota in letteratura, nell’aumentare la sicurezza igienico-sanitaria di germogli di ravanello Daikon. In particolare sono stati utilizzati timolo e carvacrolo, costituenti di oli di piante tra cui timo e origano. Vista la grande espansione nel mercato alimentare di semi germogliati pronti all’uso, matrice veicolante numerosi casi di tossinfezione alimentare, sono state effettuate prove per valutare il rischio di sviluppo di Listeria. Si è lavorato simulando un processo casalingo, facendo germinare i semi in acqua addizionata o meno di diverse concentrazioni dei due terpeni fenolici. I semi utilizzati venivano precedentemente inoculati con Listeria innocua, utilizzata come surrogato del patogeno Listeria monocytogenes. Il ricambio dell’acqua di ammollo avveniva ogni 24 ore, e dopo 6/24/32/48 ore venivano prelevate quantità note di semi e acqua, al fine di valutarne il contenuto in L. innocua, carica microbica totale ed enterobatteri. La prima prova, che ha previsto l’uso di timolo come unico composto antimicrobico, ha mostrato una riduzione di un ciclo logaritmico di L. innocua ed enterobatteri nei semi, mentre nell’acqua essi erano presenti solo dopo 24 e 48 ore. Risultati analoghi sono stati ottenuti utilizzando solo carvacrolo. Infine è stato testato l’eventuale effetto sinergico di timolo e carvacrolo, che però non ha dato differenze particolari rispetto a campioni trattati coi singoli composti. I risultati ottenuti hanno evidenziato l’elevato rischio microbiologico associato ai semi germogliati con produzione domestica, poiché le condizioni adottate favoriscono lo sviluppo di specie patogene. L’utilizzo dei composti di aroma, se pure in grado di ridurre sia le cinetiche di crescita che la quantità di Listeria, non è tuttavia in grado di controllare in maniera significativa il rischio associato a tali prodotti.
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Obiettivo di questa sperimentazione è stata la valutazione in vitro dell’attività prebiotica di un sottoprodotto dell’industria alimentare, il pastazzo di agrumi, ed una pianta officinale largamente diffusa in natura, l’equiseto, nei confronti di alcuni batteri lattici isolati da feci di origine umana. Come riferimento si sono utilizzati due composti a riconosciuta attività prebiotica, l’inulina ed i frutto-oligosaccaridi (FOS), e ceppi di Bifidobacterium isolati da un preparato commerciale (Bifiselle®, Bromatech). I ceppi batterici utilizzati per tale prova sono stati isolati da campioni fecali di individui caratterizzati da differenti regimi alimentari – onnivoro, vegano od ovo-latto vegetariano -nell’ambito delle attività relative al progetto PRIN 2010-2011 “Microrganismi negli alimenti e nell'uomo: studio del microbiota e del relativo metaboloma in funzione della dieta onnivora, vegetariana o vegana (Gut4Diet)”. I risultati ottenuti hanno messo in evidenza come alcuni dei ceppi studiati posseggano una buona capacità di crescita in terreni di coltura con sottoprodotti agrumari ed equiseto come fonti di carbonio. Tramite analisi delle molecole volatili si sono determinate più di 60 molecole appartenenti principalmente alle classi degli acidi organici e loro esteri, alcoli, aldeidi, chetoni e pirazine. Tra queste vi sono alcuni esteri di acidi grassi a corta catena che si sono accumulati soprattutto nei sistemi addizionati di equiseto, FOS ed inulina. E’ noto che gli acidi grassi a corta catena sono prodotti dalla flora batterica intestinale durante la fermentazione di polisaccaridi non digeribili ed esplicano un ruolo protettivo nei confronti di differenti patologie.
Sintesi di monomeri derivati da acidi carbossilici omega insaturi e successiva sintesi di poliesteri
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Il presente lavoro di tesi si inserisce in un progetto basato sulla ricerca di monomeri e polimeri derivati da fonte bio, in un’ottica di transizione verso una chimica green legata alla realizzazione di prodotti ottenuti da risorse rinnovabili e con processi a basso impatto ambientale. I polimeri bio, in particolare, sono prodotti parzialmente o interamente ottenibili da risorse rinnovabili, quali oli vegetali, zuccheri, grassi, resine, proteine, amminoacidi, frazioni lignocellulosiche, etc, e non da petrolio. Tra questi, gli oli vegetali sono interessanti come reagenti di partenza perché permettono di minimizzare l’uso di derivati petrolchimici e sono disponibili in quantità maggiore rispetto al petrolio. Una possibilità di sintesi di polimeri da oli consiste nel trasformare gli acidi grassi, ottenendo composti bifunzionali che possono agire da precursori nella polimerizzazione: in questo modo si possono ottenere molti polimeri lineari, tra cui poliuretani, polieteri, poliesteri, poliammidi, etc. Questo è stato l’approccio seguito per la sintesi dei poliesteri alla base del progetto di tesi. In particolare, il lavoro si è articolato nella sintesi di monomeri e polimeri utilizzando derivati di acidi carbossilici omega insaturi. Inizialmente, trattandosi di prove esplorative sulla fattibilità delle reazioni, è stato utilizzato un precursore commerciale: visti i buoni risultati ottenuti, lo studio è poi proseguito con la sintesi di poliesteri a partire da prodotti di origine naturale. Tutte le polimerizzazioni sono state effettuate in massa. Per ogni reagente, monomero e polimero sono state effettuate analisi NMR (1H-NMR, 13C-NMR, HSQC, HMBC); su alcuni reagenti e monomeri è stata invece effettuata analisi GC-MS. Infine, su tutti i polimeri ottenuti sono state effettuate analisi ATR, GPC, DSC e TGA.
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Il formaggio è un alimento dalle origini antiche e rappresenta una delle prime trasformazioni biotecnologiche adoperate dall'uomo. È il risultato di una serie di processi tecnologici (attività enzimatica, microbica e maturazione) che vanno a definire il processo finale. La maturazione dei formaggi va a caratterizzare aroma, texture e corpo del prodotto finale, questi parametri sono il risultato di una cascata di eventi biochimici e microbiologici, mediati dal metabolismo di starter, co-starter e microrganismi ambientali in sinergia con enzimi del latte e del caglio. È un processo lento, complesso, ed economicamente oneroso, pertanto, risulta importante trovare strategie volte a velocizzare il tempo di maturazione, riducendo anche i costi di produzione, senza impattare sugli attributi sensoriali dei formaggi. In questo elaborato è stata valutata l’aggiunta di co-starter all’esterno del formaggio, favorendo una maturazione superficiale. Le prove effettuate hanno riguardato Yarrowia lipolytica, un lievito non convenzionale, dalle caratteristiche industrialmente molto interessanti. Inizialmente sono state ottimizzate le condizioni di inoculo superficiale (tempo e modalità) della biomassa microbica sui formaggi. Successivamente è stata valutata l’influenza di un covering (E201+E235) sulla crescita di diversi ceppi di Y. lipolytica. Il campionamento microbico ha permesso poi di identificare la migliore modalità di inoculo, ovvero l’immersione rapida del formaggio nel terreno contenente il lievito e, in base ai dati ottenuti, si è effettuata una prima prova preliminare in azienda dove si è andati a valutare carica microbica, profilo volatile e acidi grassi generati. Y. lipolytica ha dimostrato, nei campioni trattati, di inibire la crescita dei lieviti indigeni e di modificare positivamente la composizione della sostanza grassa del formaggio in superficie, favorendo il rilascio di acidi grassi liberi insaturi e composti volatili, capaci di modulare l’aroma del prodotto.
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La presente sperimentazione ha avuto come obiettivo la formulazione di oli aromatizzati, ottenuti mediante la tecnica di co-frangitura delle olive con arancia, sottoprodotti dell’arancia, melagrana e pepe nero. In questo lavoro di tesi viene affrontata la definizione di olio aromatizzato, cioè un olio d’oliva arricchito con uno o più composti aromatici, come oli essenziali, spezie, erbe aromatiche o frutti. Inizialmente vengono esposte le principali tecniche di aromatizzazione. Successivamente vengono trattati i principali parametri di qualità per la classificazione merceologica degli oli, i composti volatili e i composti fenolici che caratterizzano questi prodotti, ed infine viene descritta la valutazione sensoriale degli oli d’oliva. I campioni di olio prodotti sono stati sottoposti ad analisi per la valutazione dello stato idrolitico, mediante determinazione titrimetrica dell’acidità libera e del contenuto di composti ad attività riducente tramite determinazione spettrofotometrica con reattivo di Folin-Ciocalteu. Infine, sono stati studiati i composti volatili degli oli aromatizzati prodotti, identificando e quantificando i principali attributi sensoriali mediante analisi descrittiva effettuata da un gruppo di assaggiatori addestrati. Dalle analisi eseguite sui campioni si è potuto riscontrare come gli oli prodotti non abbiano problemi di degradazione idrolitica, possiedano un contenuto medio/alto di composti fenolici e siano caratterizzati dalla presenza di attributi secondari positivi.
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Negli ultimi decenni, la filiera ittica sta subendo una grande espansione grazie al miglioramento delle tecniche di pesca, allevamento, conservazione, e trasformazione. Di pari passo, però, si assiste ad un accumulo di scarti e sottoprodotti per i quali è necessario trovare soluzioni sostenibili al fine di ridurre al minimo il loro impatto sull’ambiente e sull’economia. Risulta pertanto indispensabile trovare tecnologie che possano valorizzare le componenti ancora presenti in questi scarti, come ad esempio l'utilizzo di processi biotecnologici che sfruttano microrganismi selezionati. Questo progetto di tesi si è focalizzato sull’utilizzo di lieviti e batteri, con attività proteolitica e lipolitica, per l’estrazione di composti funzionali tramite fermentazione da scarti di pesce. Gli idrolizzati sono stati caratterizzati in termini di contenuto in peptidi, attività antiossidante e profilo in composti volatili. I ceppi di Yarrowia lipolytica testati sono stati quelli che hanno prodotto il più alto quantitativo di peptidi, la maggiore attività antiossidante e la produzione di alcoli (isoamilico e feniletilico) o acidi (acetico, butirrico e isovalerico) in base all'assenza o presenza di glucosio nel mezzo di crescita.
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Il contributo all’innalzamento del riscaldamento globale, prodotto dai combustibili fossili è un dei principali problemi ambientali. Le bioenergie potrebbero contribuire enormemente alla riduzione di questo fenomeno, sostituendo in parte i combustibili tradizionali di origine fossile. In questo contesto, può collocarsi il biodiesel prodotto a partire da oli vegetali, rappresentando una valida e strategica alternativa. Il biodiesel è una miscela di metil esteri di acidi grassi, [fatty acids methyl esters (FAME)], normalmente ottenuta tramite reazione di transesterificazione tra oli vegetali e alcol a catena corta in presenza di un catalizzatore acido o basico in catalisi sia omogena che eterogenea. Il biodiesel si colloca tra le materie prime di seconda generazione e può risultare una buona base di partenza per ottenere un biodiesel performante e con un basso costo finale.
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Il primo scopo di questo progetto sperimentale è stato quello di valutare la qualità chimica e sensoriale di oli vergini d’oliva ottenuti da olive conservate per tempi diversi prima della loro lavorazione. Spesso, infatti, quando le olive arrivano in frantoio, la loro trasformazione può essere ritardata a causa della ridotta capacità di lavorazione degli impianti rispetto alla quantità di prodotto da lavorare. Il tempo e le modalità di conservazione delle drupe risultano fattori molto importanti ai fini della qualità organolettica dell’olio prodotto. Per questa finalità sono state acquistate olive di due diverse varietà (Correggiolo e Canino) e divise in due aliquote. La prima aliquota di ogni partita di olive è stata franta al momento della consegna (tempo 0), la seconda invece è stata stoccata in condizioni non ideali di conservazione ed umidità per 7 giorni (varietà Correggiolo) e 15 giorni (varietà Canino), quindi franta. Per tutti i campioni sono stati valutati i parametri di qualità stabiliti dal Reg. CEE n. 2568/91 e successive modifiche: acidità libera e numero di perossidi con valutazioni titrimetriche, estinzioni specifiche nell'ultravioletto mediante spettrofotometria, determinazione gascromatografica degli alchil esteri degli acidi grassi ed analisi sensoriale secondo “Panel test”. Sono stati inoltre valutati parametri compositivi che attualmente non sono contemplati nei regolamenti ufficiali: il profilo qualitativo e quantitativo gascromatografico in digliceridi e quello in componenti volatili (SPME). I risultati ottenuti per i campioni ottenuti da olive “fresche” e da olive conservate per tempi diversi sono stati comparati con i limiti di legge che definiscono l'appartenenza alle categorie merceologiche degli oli di oliva vergini (extravergine, vergine o lampante) e, per i parametri non normati, sono state valutate le principali differenze in relazione alla qualità del prodotto. Il secondo scopo del progetto è stato quello di valutare la possibilità di una rapida discriminazione di oli d’oliva caratterizzati da differenti concentrazioni di alchil esteri degli acidi grassi mediante Riflettometria nel Dominio del Tempo (TDR, Time Domain Reflectometry). Il metodo chimico proposto dal Reg. UE n. 61/2011 risulta, infatti, lungo e dispendioso prevedendo una separazione preparativa seguita da analisi gascromatografica. La TDR si presenta, invece, come un metodo alternativo rapido, economico e non distruttivo per la valutazione e discriminazione degli oli d’oliva sulla base di questo parametro qualitativo.
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In questo lavoro di tesi è stata valutata l’influenza della tostatura a diverse condizioni di tempo e temperatura sulle principali caratteristiche qualitative di nocciole polacche (Coryllus avellana L.) di varietà Kataloński. In particolare, le prove di tostatura sono state condotte a due differenti temperature, 130 e 160 °C, ognuna delle quali applicata rispettivamente per tre diversi tempi: 40, 50, 60 e 20, 25, 30 minuti. Al fine di definire le condizioni ottimali di tostatura, i campioni ottenuti sono stati sottoposti ad analisi colorimetrica (L*,a*,b*), dell’attività dell’acqua e del contenuto in acqua (%). Inoltre, per ottenere un quadro completo della qualità delle diverse nocciole tostate, è stato valutato anche il loro contenuto in composti bioattivi per mezzo della determinazione del contenuto in fenoli totali (metodo del Folin-Ciocalteu), dei singoli composti fenolici (HPLC-MS) e dell’attività antiossidante (metodo dell’ABTS·+). In seguito ad estrazione della frazione lipidica, è stato determinato anche il contenuto in tocoferoli (HPLC-FLD) e lo stato ossidativo delle nocciole tostate per mezzo dell’analisi del numero di perossidi. Infine è stato studiato anche l’effetto della tostatura sullo sviluppo di composti volatili (GC-MS), caratteristici dell’aroma tipico delle nocciole tostate. Questo studio rappresenta un importante screening di valutazione delle nocciole tostate a diversi tempi e temperature e mostra come la temperatura sia un parametro molto importante, con una forte influenza sulle caratteristiche compositive e sensoriali del prodotto finito. Sulla varietà Kataloński non sono presenti lavori in letteratura, questo studio quindi rappresenta una novità per quanto riguarda questa specifica varietà. Le numerose analisi svolte, poi, consentono un ampio quadro dei fenomeni che si verificano durante la tostatura.