123 resultados para emodialisi, eco-dialisi, rigenerazione fluido di dialisi
Resumo:
Negli ultimi anni, parallelamente allo sviluppo di calcolatori elettronici sempre più performanti, la fluidodinamica computazionale è diventata uno strumento di notevole utilità nell’analisi dei flussi e nello sviluppo di dispositivi medici. Quando impiegate nello studio di flussi di fluidi fisiologici, come il sangue, il vantaggio principale delle analisi CFD è che permettono di caratterizzare il comportamento fluidodinamico senza dover eseguire test in-vivo/in-vitro, consentendo quindi notevoli vantaggi in termini di tempo, denaro e rischio derivante da applicazioni mediche. Inoltre, simulazioni CFD offrono una precisa e dettagliata descrizione di ogni parametro di interesse permettendo, già in fase di progettazione, di prevedere quali modifiche al layout garantiranno maggiori vantaggi in termini di funzionalità. Il presente lavoro di tesi si è posto l’obiettivo di valutare, tramite simulazioni CFD, le performances fluidodinamiche del comparto sangue “camera venosa” di un dispositivo medico monouso Bellco impiegato nella realizzazione di trattamenti di emodialisi. Dopo una panoramica del contesto, è presentata una breve descrizione della disfunzione renale e dei trattamenti sostitutivi. Notevole impegno è stato in seguito rivolto allo studio della letteratura scientifica in modo da definire un modello reologico per il fluido non-Newtoniano preso in considerazione e determinarne i parametri caratteristici. Il terzo capitolo presenta lo stato dell’arte delle apparecchiature Bellco, rivolgendosi con particolare attenzione al componente “cassette” del dispositivo monouso. L’analisi fluidodinamica del compartimento “camera venosa” della cassette, che sarà presa in considerazione nei capitoli quinto e sesto, si inserisce nell’ambito della riprogettazione del dispositivo attualmente in commercio: il quarto capitolo si incentra sul suo nuovo design, ponendo specifico interesse sul layout della camera venosa di nuova generazione. Per lo studio dei flussi che si sviluppano internamente ad essa ci si è avvalsi del modulo CFD del software COMSOL multiphysics® (versione 5.0); la definizione del modello implementato e della tipologia di studio effettuato sono presi in considerazione nel quinto capitolo. Le problematiche di maggior impatto nella realizzazione di un trattamento di emodialisi sono l’emolisi e la coagulazione del sangue. Nell'evenienza che si verifichino massivamente occorre infatti interrompere il trattamento con notevoli disagi per il paziente, per questo devono essere evitate. Nel sesto capitolo i risultati ottenuti sono stati esaminati rivolgendo particolare attenzione alla verifica dell’assenza di fenomeni che possano portare alle problematiche suddette.
Resumo:
L’insufficienza renale cronica è una malattia di grande impatto sulla sanità pubblica. Il punto di approdo per la maggior parte dei pazienti, alternativo al trapianto renale, è il trattamento dialitico che rappresenta una cura ad alto costo sia sociale che economico. Il rene artificiale è il dispositivo attraverso il quale si effettua la terapia, ed è frutto di un costante sviluppo che mira a sostituire la funzione renale in quanto sottosistema dell’organismo umano. Per questo è sempre più importante dotarlo di un adeguato set di sensori che permettano di monitorare l’efficacia del trattamento. L’emodialisi prevede la rimozione dei liquidi in eccesso accumulati nel periodo che intercorre tra due trattamenti successivi, per questo un parametro molto importante da monitorare è la variazione relativa del volume ematico (RBV, Relative Blood Volume Variation). A questo scopo gli attuali dispositivi per dialisi in commercio utilizzano tecnologie ad ultrasuoni o ottiche: è stata però recentemente evidenziata la sensibilità indesiderata di questa seconda tecnica ai cambiamenti di osmolarità del sangue sotto analisi. Lo studio presentato in questa tesi è volto a migliorare l’accuratezza con la quale effettuare la stima del RBV nel corso del trattamento dialitico, attraverso un sistema di misura ottico sperimentale. Il prototipo realizzato prevede di aumentare le informazioni raccolte sia aumentando la distribuzione spaziale dei sensori ottici che allargando la banda di lunghezze d’onda alla quale i dati vengono acquisiti. La stima del RBV è gestita attraverso algoritmi basati sulle combinazioni lineari, sulle reti neurali e su modelli autoregressivi.
Resumo:
Lo studio riportato in questa tesi ha come scopo l’osservazione e la comprensione dei processi molecolari associati alla deposizione di CaCO3 nei polimorfi di calcite e aragonite nel mollusco gasteropode Haliotis rufescens. In particolare l’attenzione si è focalizzata sullo strato glicoproteico (green layer) che si trova inserito all’interno dell’ipostraco o strato madreperlaceo. Studi precedenti suggeriscono l’ipotesi che il green layer sia una struttura polifunzionale che svolge un ruolo attivo nell’induzione di crescita dei cristalli di carbonato di calcio nella conchiglia. All’analisi microscopica il green layer si presenta come un foglietto trilaminato. Sugli strati esterni è depositata aragonite nella forma prismatica da una parte e sferulitica dall’altra. All’interno è racchiuso un core proteico, formato da glicoproteine e ricco di chitina. Questa struttura tripartita conferisce al guscio calcareo nuove proprietà meccaniche, come la resistenza alle fratture molto maggiore rispetto al minerale naturale. Il green layer è stato trattato in ambiente alcalino, l’unico in grado di solubilizzarlo. È stato ottenuto del materiale proteico che è stato caratterizzato utilizzando SDS-PAGE, colorato con Blu Comassie e all’argento per visualizzarne la componente peptidica. Il green layer è fluorescente, sono state quindi eseguite analisi spettroscopiche sull’estratto peptidico per determinarne le proprietà chimo fisiche (dipendenza dal pH dell’intensità di fluorescenza). Sono stati eseguiti esperimenti di crescita dei cristalli di CaCO3 in ambiente saturo di CaCl2 in assenza e presenza del peptide e in assenza e presenza di Mg++. I cristalli sono stati osservati al microscopio elettronico a scansione (SEM) e al microscopio confocale. Da un punto di vista spettroscopico si osserva che, eccitando l’estratto alcalino del green layer a 280 nm e 295 nm, lunghezze d’onda caratteristiche degli aminoacidi aromatici, si ottiene uno spettro di emissione che presenta una forte banda centrata a 440 nm e una spalla a circa 350 nm, quest’ultima da ascrivere all’emissione tipica di aminoacidi aromatici. L’emissione di fluorescenza dell’estratto dal green layer dipende dal pH per tutte le bande di emissione; tale effetto è particolarmente visibile per lo spettro di emissione a 440 nm, la cui lunghezza d’onda di emissione e l’intensità dipendono dalla ionizzazione di aminoacidi acidi (pKa = 4) e dell’istidina (pKa = 6.5 L’emissione a 440 nm proviene invece da un’eccitazione il cui massimo di eccitazione è centrato a 350 nm, tipica di una struttura policiclica aromatica. Poiché nessun colorante estrinseco viene isolato dalla matrice del green layer a seguito dei vari trattamenti, tale emissione potrebbe derivare da una modificazione posttraduzionale di aminoacidi le cui proprietà spettrali suggeriscono la formazione di un prodotto di dimerizzazione della tirosina: la ditirosina. Questa struttura potrebbe essere la causa del cross-link che rende resistente il green layer alla degradazione da parte di agenti chimici ed enzimatici. La formazione di ditirosina come fenomeno post-traduzionale è stato recentemente acquisito come un fenomeno di origine perossidativa attraverso la formazione di un radicale Tyr ed è stato osservato anche in altri organismi caratterizzati da esoscheletro di tipo chitinoso, come gli insetti del genere Manduca sexta. Gli esperimenti di cristallizzazione in presenza di estratto di green layer ne hanno provato l’influenza sulla nucleazione dei cristalli. In presenza di CaCl2 avviene la precipitazione di CaCO3 nella fase calcitica, ma la conformazione romboedrica tipica della calcite viene modificata dalla presenza del peptide. Inoltre aumenta la densità dei cristalli che si aggregano a formare strutture sferiche di cristalli incastrati tra loro. Aumentando la concentrazione di peptide, le sfere a loro volta si uniscono tra loro a formare strutture geometriche sovrapposte. In presenza di Mg++, la deposizione di CaCO3 avviene in forma aragonitica. Anche in questo caso la morfologia e la densità dei cristalli dipendono dalla concentrazione dello ione e dalla presenza del peptide. È interessante osservare che, in tutti i casi nei quali si sono ottenute strutture cristalline in presenza dell’estratto alcalino del green layer, i cristalli sono fluorescenti, a significare che il peptide è incluso nella struttura cristallina e ne induce la modificazione strutturale come discusso in precedenza. Si osserva inoltre che le proprietà spettroscopiche del peptide in cristallo ed in soluzione sono molto diverse. In cristallo non si ha assorbimento alla più corta delle lunghezze d’onda disponibili in microscopia confocale (405 nm) bensì a 488 nm, con emissione estesa addirittura sino al rosso. Questa è un’indicazione, anche se preliminare, del fatto che la sua struttura in soluzione e in cristallo è diversa da quella in soluzione. In soluzione, per un peptide il cui peso molecolare è stimato tra 3500D (cut-off della membrana da dialisi) e 6500 D, la struttura è, presumibilmente, totalmente random-coil. In cristallo, attraverso l’interazione con gli ioni Ca++, Mg++ e CO3 -- la sua conformazione può cambiare portando, per esempio, ad una sovrapposizione delle strutture aromatiche, in modo da formare sistemi coniugati non covalenti (ring stacking) in grado di assorbire ed emettere luce ad energia più bassa (red shift).
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Questa tesi si pone come obiettivo la riqualificazione architettonica del plesso scolastico del Comune di Galeata, cittadina della media valle del Bidente conosciuta sia per gli estesi ritrovamenti archeologici dell’antica città romana di Mevaniola e del cosiddetto “Palazzo di Teodorico”, sia per essere la città con la percentuale più alta di immigrati regolari a livello nazionale. Sono proprio queste peculiarità a guidare il progetto verso un intervento mirato non solo alla rigenerazione urbana dell’area ma anche civica e sociale attraverso la dotazione di nuovi servizi e spazi pubblici. Il progetto nasce dall’idea di dare un carattere unitario e riconoscibile ad un’area attualmente caratterizzata da singoli edifici che semplicemente si susseguono l’uno dopo l’altro in modo paratattico. La volontà è invece quella di dar vita ad un vero e proprio “palazzo” dell’istruzione, caratterizzato da spazi privati e spazi pubblici, spazi aperti e spazi chiusi in grado di dare una molteplicità di risposte e soluzioni alla complessità della società odierna galeatese. Proprio lo spazio pubblico è infatti il vero motore dell’intervento; quello spazio pubblico attualmente negato a Galeata, che si è vista mutilata nella parte centrale del suo centro storico sventrato alla fine dell’Ottocento per la costruzione della strada statale bidentina, diventa ora generatore di nuove relazioni con gli edifici dell’area e di nuove dinamiche tra il plesso scolastico e la città grazie alla realizzazione di corti aperte e terrazzate, piazze e strade pedonali che fungono sia da giardini sia da spazi espositivi o comunque spazi polifunzionali che possono accogliere eventi nei vari mesi dell’anno, entrando così a far parte di quella serie di attrezzature a servizio delle manifestazioni culturali in cui è sempre attiva la valle del Bidente e la comunità di Galeata. La scuola d’infanzia e di istruzione primaria viene così a configurarsi non solo come il primo luogo della crescita culturale del bambino, ma anche come primo luogo di integrazione sociale, perché il nuovo progetto genera all’interno e all’esterno degli edifici occasioni di incontro e confronto tra gli scolari grazie all’attenzione riservata agli spazi per le attività di interciclo e per le attività libere. Inoltre l’area viene dotata di un centro maternità/consultorio dove sono collocati servizi di assistenza per le donne in gravidanza e dove le stesse possono confrontare e condividere la propria esperienza con le altre future mamme. L’intero intervento è guidato a livello progettuale anche da criteri di ecoefficienza come educazione alla responsabilità ambientale.
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La tesi individua alcune strategie di rigenerazione urbana e di riqualificazione edilizia, al fine di ottenere una serie di linee guida per l’intervento sul patrimonio di edilizia abitativa situata nelle periferie urbane. Tali principi sono stati poi applicati ad un edificio ACER collocato nella prima periferia di Forlì, per sperimentare l’efficacia delle strategie individuate. Dalla ricerca svolta sulle strategie di intervento volte alla riqualificazione sociale delle periferie, in particolare la teoria del “Defencible space” di Jacobs, si evidenzia l’importanza di accentuare nei residenti il sentimento di territorialità, ovvero la consapevolezza di far parte di una comunità specifica insediata in un particolare spazio, alimentata attraverso la frequentazione e l’appropriazione percettivo-funzionale degli spazi pubblici. Si è deciso quindi di allargare il campo di intervento alla rigenerazione dell’interno comparto, attraverso la riorganizzazione degli spazi verdi e la dotazione di attrezzature sportive e ricreative, in modo da offrire spazi specifici per le diverse utenze (anziani, giovani, bambini) e la definizione di un programma funzionale di servizi ricreativi e spazi destinati a piccolo commercio per integrare le dotazioni carenti dell’area. Dall’analisi approfondita dell’edificio sono emerse le criticità maggiori su cui intervenire: - l’intersezione dei percorsi di accesso all’edificio - la struttura portante rigida, non modificabile - la scarsa varietà tipologica degli alloggi - l’elevato fabbisogno energetico. La riqualificazione dell’edificio ha toccato quindi differenti campi: tecnologico, funzionale, energetico e sociale; il progetto è stato strutturato come una serie di fasi successive di intervento, eventualmente realizzabili in tempi diversi, in modo da consentire il raggiungimento di diversi obiettivi di qualità, in funzione della priorità data alle diverse esigenze. Secondo quest’ottica, il primo grado di intervento, la fase 1 - riqualificazione energetica, si limita all’adeguamento dello stato attuale alle prestazioni energetiche richieste dalla normativa vigente, in assenza di adeguamenti tipologici e spaziali. La fase 2 propone la sostituzione degli impianti di riscaldamento a caldaie autonome presenti attualmente con un impianto centralizzato con pompa di calore, un intervento invasivo che rende necessaria la realizzazione di un “involucro polifunzionale” che avvolge completamente l’edificio. Questo intervento nasce da tre necessità fondamentali : - architettonica: poter ampliare verso l’esterno le superfici degli alloggi, così da intervenire sulle unità abitative rendendole più rispondenti alle necessità odierne; - statica: non dover gravare in ciò sull’edificio esistente apportando ulteriori carichi, difficilmente sopportabili dalla struttura esistente, assicurando il rispetto della normativa antisismica in vigore; - impiantistica/tecnologica: alloggiare i condotti del nuovo impianto centralizzato per il riscaldamento, raffrescamento e acs; La fase 3 è invece incentrata sull’ampliamento dell’offerta abitativa, in modo da rispondere anche a necessità legate ad utenze speciali, come utenti disabili o anziani. L’addizione di nuovi volumi si sviluppa in tre direzioni: - un volume parassita, che aderisce all’edificio nel fronte sud/est, indipendente dal punto di vista strutturale, ruotato per sfruttare al meglio l’orientamento ottimale. - un volume satellite, indipendente, connesso all’edificio esistente tramite un elemento di raccordo, e nel quale sono collocati alcuni alloggi speciali. - un’addizione in copertura, che non appoggia direttamente sul solaio di copertura esistente, ma grava sull’elemento di chiusura del’involucro realizzato nella fase 2 Completano il progetto le addizioni volumetriche a piano terra, destinate a servizi quali un centro diurno, un micronido e un bar, i quali costituiscono la traduzione alla scala dell’edificio delle strategie applicate nel progetto di comparto. Questi interventi hanno consentito di trasformare un edificio costruito negli anni ’80 in un complesso residenziale moderno, dotato spazi accessori di grande qualità, tecnologie moderne che ne garantiscono il comfort abitativo, servizi alla persona disponibili in prossimità dell’edificio.
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Questo lavoro si pone in continuità rispetto al Laboratorio di Sintesi “La città e le case”, nel corso del quale si sono condotti un’analisi del territorio di Ravenna, in particolar modo della Darsena di Città, e uno studio dei possibili scenari di rigenerazione urbana dell’area industriale dismessa del canale Candiano. L’area della Darsena è stata “dimenticata” dagli strumenti di pianificazione per molto tempo, soltanto a partire dagli anni ’90 l’Amministrazione Comunale si è interessata al suo recupero, senza però particolare successo. L’intento di questo lavoro è quello di ripensare l’intero comparto della Darsena di Città attraverso un progetto di rigenerazione urbana che miri a collegare quest’area con la città storica e a ricreare il rapporto tra questa e l’acqua attraverso più fasi distribuite nell’arco dei prossimi 30 anni. Il progetto si pone in continuità con la città esistente ma allo stesso tempo punta a migliorarne alcuni aspetti critici: la mancanza dell’affaccio della città sull’acqua, la cesura nel tessuto urbano dovuta alla presenza dell’infrastruttura ferroviaria e della darsena. Le modalità di sviluppo del progetto per Ravenna riprendono l’esperienza tedesca di HafenCity ad Amburgo dove, dopo un masterplan generale per tutta l’area portuale da recuperare, si è proceduto con concorsi per ciascun edificio così da ottenere una grande varietà architettonica. Maggiore attenzione viene data al progetto degli spazi pubblici poiché la fruizione di essi da parte della collettività e l’attaccamento a questi luoghi possono essere gli elementi trainanti per la riqualificazione dell’intera area. Il progetto degli spazi pubblici è pensato come un sistema unitario poiché deve essere l’elemento che guida, “coordina” e uniforma il progetto del costruito.
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Lo studio condotto ha lo scopo di aumentare la vita in esercizio di motori idraulici a pistoni radiali a colonna di fluido, studiandone e migliorandone il comportamento tribologico. Questa tipologia di motori è adatta per generare alte coppie a basse velocità e si impiega in sistemi di movimentazione lenta per carichi pesanti. Il contatto in condizioni di strisciamento fra cilindri telescopici ed albero eccentrico rotante, può portare all’usura dei componenti coinvolti e quindi al trafilamento dell’olio che circola nel motore, causando cali di efficienza. Lo studio ha previsto un’indagine del tipo Failure Analysis su componenti del motore sottoposti a prove a banco. Successivamente, è stato condotto uno studio tribologico, al fine di valutare il comportamento del sistema e definire possibili modifiche ai componenti per il miglioramento del motore. Dalla Failure Analysis, è emerso che il meccanismo di usura prevalente risulta essere l’abrasione a due corpi. Le prove tribologiche di laboratorio, condotte in condizioni che hanno permesso di riprodurre i meccanismi di usura dominanti nelle prove a banco, hanno dato luogo a transizioni sia nell’attrito che nell’usura, il cui verificarsi dipende da: carico applicato, distanza di strisciamento, durezza dei materiali a contatto.
Osmosis Theme Park: piano per la rigenerazione urbana della ex discarica di Küçükçekmece ad Istanbul
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Questa tesi di laurea nasce dall’approfondimento del progetto che abbiamo sviluppato nel laboratorio di progettazione architettonica frequentato presso la Middle East Technical University, METU, di Ankara, Turchia, durante l’anno accademico 2011-12. La prima parte del corso, tenuto dai professori S. Özkan e Z. Mennan, consisteva nello studio e analisi critica dei progetti in concorso per il bando “Istanbul Theme Park” e nella riproposizione, da presentare a gruppi, di uno dei masterplan studiati, con le modifiche ritenute necessarie a fronte delle considerazioni fatte e di nuove idee progettuali. Lo step successivo è stato quello di approfondire individualmente la progettazione architettonica di un area di almeno 100.000 mq in scala 1:500 e di un edificio in dettaglio 1:200. Date le tempistiche molto ridotte del corso, che si completava in tredici settimane, abbiamo scelto di continuare il lavoro e approfondire, con l’aiuto della prof.ssa V. Orioli e dell’arch. E. Brighi, l’elaborazione del masterplan arrivando ad una definizione maggiore di tutta l’area e non solamente delle aree di interesse approfondite durante la permanenza in Turchia. Il progetto presentato è quindi il frutto di un anno di lavoro sulla riqualificazione di un area di 150 ettari precedentemente adibita a discarica, situata nella parte occidentale di Istanbul. L’obiettivo che abbiamo perseguito è stato quello di ricreare nella periferia della metropoli turca uno stralcio di città con caratteri più “europei”, comprendendo in un solo grande ambito di progetto tutte le funzioni necessarie alla vita di un quartiere cittadino ma anche le grandi strutture attrattive richieste dal concorso. Durante il nostro percorso abbiamo cercato anche di non perdere di vista il contesto in cui lavoravamo e le abitudini della società turca con cui ci andavamo a confrontare. Nonostante la forte occidentalizzazione delle zone ricche delle grandi città come Istanbul, Ankara e Izmir, gli stili di vita europeo e turco sono fondamentalmente differenti e progettare una città, o uno stralcio di essa, per un popolo diverso necessita la conoscenza dei suoi valori fondamentali e delle abitudini che ne scandiscono le giornate.
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Questo lavoro si è occupato della ricerca e progettazione di un'antenna UWB per la realizzazione di un tag RFID e si colloca all'interno del progetto GRETA (GREen TAgs), finanziato dal MIUR. Le principali caratteristiche richieste al green tag sono: dimensioni complessive di massimo 4-5 cm, assenza di batterie e compatibilità con l'ambiente. L'eco-compatibilità viene garantita tramite la realizzazione dell'antenna al di sopra di un substrato di carta; i limiti derivanti dall'assenza di batterie vengono invece sopperiti tramite realizzazione di energy harvesting, al fine di raggiungere una completa autonomia energetica. Viene sfruttata la tecnica UWB per la comunicazione nella banda (3.1-4.8 GHz); l'energy harvesting si effettua invece a 868 MHz. Sono infine stati ricavati alcuni primi risultati relativi alla potenza rettificabile con la soluzione proposta, tramite realizzazione di un opportuno circuito rettificatore.
Resumo:
La Lean Production è un tema di estrema attualità per tutte le aziende che abbiano compreso l’importanza di produrre di più, con le risorse che si hanno a disposizione, eliminando sistematicamente tutte le attività che non creano valore aggiunto. La Produzione Snella è diventato un metodo per incrementare la competitività, riducendo l’incertezza e aumentando il servizio fornito al cliente. Nella realtà attuale vi è ancora una scarsa diffusione dei concetti Lean. Le cause di questo problema sono imputabili soprattutto alla cultura del management aziendale, alla mancanza di efficaci strumenti tecnologici a supporto, e in alcuni casi, la scarsa disponibilità delle imprese ad abbracciare la filosofica “snella”. La presente tesi, dopo una panoramica introduttiva su l’origine e l’evoluzione del Pensiero Snello e l’analisi di tutti i tools disponibili per combattere lo spreco; si propone di analizzare l’applicazione degli stessi in Gambro Dasco, multinazionale biomedicale leader nella vendita delle sue apparecchiature per dialisi.
Resumo:
Utilizzando membrane dense si è voluto analizzare la possibilità di permeare soluzioni contenenti vanillina ed acido ferulico attraverso il processo di dialisi, con entrambe le soluzioni a valle e monte della membrana in fase liquida ed a contatto diretto con essa. Studiando i risultati ottenuti si vogliono valutare i vantaggi e gli svantaggi rispetto ai risultati di un processo di pervaporazione.