375 resultados para Google Inc., leggi americane ed europee, gruppi di pressione, lobbying, lobbisti.


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Simulazione di funzionamento di un sottosistema RADAR per Cubesat, destinato all'individuazione ed al tracciamento di detriti spaziali di piccole dimensioni.

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In questo breve elaborato si vuole spiegare l’importanza dello studio di un corpo celeste mediante l’osservazione del suo spettro ovvero un grafico del flusso emesso in funzione della frequenza o della lunghezza d’onda nel quale sono presenti righe spettrali, formate dall’interazione tra materia e radiazione, a causa dell’assorbimento od emissione di fotoni a seguito di transizioni elettroniche, ma anche vibrazionali e rotazionali per le molecole. In particolare, dall’analisi delle righe spettrali si traggono diverse informazioni sull’oggetto, quali, la composizione e l’abbondanza delle specie chimiche che lo compongono in base al tipo di righe presenti e alla loro intensità, si deduce la temperatura e la pressione dell’oggetto studiato dalla larghezza di queste, ancora, informazioni sul moto relativo e la distanza dall’osservatore misurando lo shift delle righe; infine densità e campi magnetici del mezzo interstellare. Per molti oggetti astronomici, troppo distanti, lo studio dello spettro è l’unico modo per trarre conclusioni sulla loro natura. Per questo, nel primo capitolo si ricava l’equazione del trasporto radiativo, soffermandosi sui processi che regolano l’assorbimento e l’emissione di energia. Il secondo capitolo invece, tratta il caso particolare delle atmosfere stellari, nel quale si ricava, con una serie di approssimazioni fatte sull’equazione del trasporto radiativo, quale parte osserviamo di una stella e dove si formano le righe spettrali. Successivamente ci si è concentrati sui meccanismi che portano alla formazione delle righe spettrali, analizzando sia le transizioni radiative con i coefficienti di Einstein, sia quelle collisionali, e distinguendo tra transizioni permesse o proibite con le regole di selezione. Infine si sono esaminate le informazioni che si possono ricavare dalle righe spettrali, approfondendo sui fenomeni di shift e modifica di queste, descrivendo più nel dettaglio la riga a 21 cm dell’atomo di idrogeno, fondamentale in astrofisica.

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Questo lavoro di tesi si pone l’obiettivo di illustrare i principi fisici che stanno alla base del teletrasporto quantistico, una tecnica importante utilizzata nelle tecnologie del l’informatica quantistica. In particolare, verranno introdotti i principali concetti della computazione quantistica, come il qubit e le porte logiche quantistiche, intese come trasformazioni unitarie che operano su qubit, e verrà illustrato il protocollo di teletrasporto dello stato quantico di un qubit da un punto ad un altro dello spazio. In seguito verrà descritto il fenomeno quantistico del l’entanglement e si porrà l’accento su come tale fenomeno possa essere sfruttato nel protocollo di teletrasporto quantistico. Segue, infine, una descrizione delle principali tecniche utilizzate negli esperimenti di verifica dell’entanglement e di teletrasporto quantistico condotti fino ai giorni nostri, con enfasi ai possibili sviluppi futuri.

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Viaggiare da un punto all'altro dell'universo muovendosi in uno spazio-tempo piatto richiede tempi talmente colossali da risultare impossibile per la nostra razza; pertanto, un viaggio interstellare potrebbe essere realizzato solo per mezzo di topologie relativistiche in grado di accorciare la distanza fra i punti dell'universo. Dopo aver dato una serie di motivazioni per cui i buchi neri ed il ponte di Einstein-Rosen non sono adatti ad essere impiegati viene introdotta una particolare classe di soluzioni, presentata per la prima volta da Michael S. Morris e Kip S. Thorne, delle equazioni di Einstein: essa descrive wormholes i quali, almeno in linea di principio, risultano attraversabili dagli esseri umani in quanto non presentano un orizzonte degli eventi sulla gola. Quest'ultima proprietà, insieme alle equazioni di campo di Einstein, pone dei vincoli piuttosto estremi sul tipo di materiale in grado di dar luogo alla curvatura spazio-temporale del wormhole: nella gola del wormhole la materia deve possedere una tensione radiale di enorme intensità, dell'ordine di quella presente nel centro delle stelle di neutroni più massive per gole con un raggio di appena qualche kilometro. Inoltre, questa tensione dev'essere maggiore della densità di energia del materiale: ad oggi non si conosce alcun materiale con quest'ultima proprietà, la quale viola entrambe le "condizioni sull'energia" alla base di teoremi molto importanti e verificati della relatività generale. L'esistenza di questa materia non può essere esclusa a priori, visto che non esiste prova sperimentale o matematica della sua irrealisticità fisica, ma non essendo mai stata osservata è importante assicurarsi di impiegarne il meno possibile nel wormhole: questo ci porterà a mostrare che i wormholes in cui il materiale esotico presenta una densità di energia negativa per gli osservatori statici sono i più adatti al viaggio interstellare.

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La tesi ha come scopo principale quello di studiare la funzione di risoluzione e le distribuzioni della distanza equivalente attraverso i risultati ottenuti dal lavoro del gruppo n_TOF al CERN di Ginevra. n_TOF utilizza un fascio di protoni accelerato dal ProtoSincrotrone (PS) del CERN per crearne due di neutroni (uno verticale e uno orizzontale) tramite spallazione. Dopo aver spiegato la tecnica del tempo di volo (TOF) e descritto il set up sperimentale presente al CERN, si esporranno le simulazioni Monte Carlo utilizzate per simulare la produzione dei fasci di neutroni, analizzando nel dettaglio quello diretto verso la prima sala sperimentale. Nella parte finale del lavoro verranno riportati i risultati ottenuti dalle simulazioni; verrà prestata particolare attenzione al confronto tra le conclusioni ottenute da tre gruppi di lavoro differenti nonchè ad una trattazione statistica delle misure effettuate. Si mostrerà inoltre in che modo lo studio effettuato sia importante nella determinazione delle sezioni d'urto nelle reazioni indotte da neutroni.

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Le alte pressioni di omogeneizzazione sono considerate una tecnologia non termica basata sull’applicazione di pressioni comprese tra 60 e 400 MPa ad alimenti fluidi o fluidificabili, con un tempo di trattamento di pochi millisecondi. Questa tecnologia permette di ottenere una serie di effetti sull’alimento che variano in rapporto all’entità del trattamento applicato e alla matrice fluida considerata. Pertanto, le alte pressioni di omogeneizzazione rappresentano una delle tecnologie maggiormente studiate in ragione delle loro buone opportunità applicative a livello industriale. Tale tecnologia viene comunemente applicata per modificare le proprietà funzionali di alcune macromolecole caratteristiche degli alimenti ed ha permesso l’ottenimento di prodotti di origine lattiero-casearia ed anche succhi di frutta caratterizzati da migliore texture, gusto, flavour e aumentata shelf-life. L’omogeneizzazione ad alta pressione, considerata come trattamento di sanitizzazione a freddo, è in grado di disattivare sia microrganismi patogeni che degradativi presenti in un determinato sistema, contribuendo a ridurre o contenere quindi lo sviluppo microbico nei prodotti alimentari. L’effetto di tale tecnologia, quando applicata a livelli compresi tra 60-200 MPa bar è stato valutato nei confronti di diversi patogeni quali Escherichia coli, Listeria monocytogenes, Yersinia enterocolitica, Staphylococcus aureus, Salmonella typhimurium microrganismi degradativi, come Bacillus subtilis e lieviti, deliberatamente inoculati in prodotti diversi.

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ABSTRACT Il lavoro di tesi si basa sullo studio commissionato dall’azienda Pelliconi S.p.A di Ozzano dell'Emilia, specializzata nella produzione di tappi metallici per bottiglie. Questi tappi sono prodotti a partire da fogli sottili in lega di alluminio EN AW-5052 H39 e si necessita una ottimizzazione tecnico-economica nel settore della fornitura. L’obiettivo di questa tesi è analizzare le condizioni di fornitura della lega di alluminio EN AW-5052 H39 fornita da tre differenti fornitori (tra cui quello di riferimento) per stabilire quale di essi fornisca la lega più adatta al processo aziendale. L'elaborato è diviso in due parti, una compilativa ed una sperimentale. Nella prima, ci si occupa dei riferimenti normativi riguardanti le proprietà meccaniche delle leghe oggetto dello studio. Nella seconda, si introducono i materiali ed i metodi sperimentali utilizzati e si discutono i risultati ottenuti. A conclusione dello studio, si può affermare che, contrariamente a quanto imposto dalle specifiche aziendali e dalle normative sugli stati metallurgici di fornitura, tutti i laminati forniti mutano le loro proprietà a seguito del processo di laccatura subito dalle lamiere nel ciclo produttivo. Fra i tre fornitori, uno in particolare risulta fornire un materiale particolarmente suscettibile di variazione di proprietà a seguito di tale processo. Le ragioni di tale variazione sono legate alla composizione chimica ed alla microstruttura di questo laminato e dunque alle condizioni di fornitura del produttore.

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La tomografia a coerenza ottica (Optical Coherence Tomography, OCT) rappresenta fondamentalmente una nuova modalità di diagnostica per immagini non invasiva e ad alta risoluzione. L’OCT fornisce immagini, sotto forma di sezioni trasversali o tomografiche, delle microstrutture dei tessuti biologici tramite la misura del ritardo dell’eco e dell’intensità della luce retrodiffusa o riflessa dal campione in analisi. L’OCT è una potente tecnica poiché fornisce in tempo reale immagini in situ delle strutture tissutali normali o patologiche, con una risoluzione da 1 a 15 micron, che è da uno a due ordini di grandezza maggiore rispetto alle tecniche per immagini convenzionali come ultrasuoni, risonanza magnetica o tomografia computerizzata. Tutto questo senza la necessità di ottenere e analizzare un campione tramite biopsia e studio istopatologico. Sin dall’inizio della sua utilizzazione nel 1991, l’OCT è stata impiegata in un vasto spettro di applicazioni cliniche, principalmente l'oftalmologia. In strutture non trasparenti, diverse da quelle oculari, la profondità massima esplorabile è limitata a 2-3 mm a causa dei fenomeni di attenuazione secondari e alla dispersione della luce. Inoltre, i numerosi sviluppi fatti dalla tecnologia OCT hanno portato ad alte velocità di acquisizione e, grazie all’utilizzo di sorgenti laser di ultima generazione, risoluzioni assiali dell’ordine di 1 micrometro. Dunque, la tomografia a coerenza ottica può essere sfruttata: - Quando la biopsia escissionale è pericolosa o impossibile. - Quando si rischiano errori di campionamento, come guida alla biopsia in modo da ridurre errori nel prelievo del campione. - Come guida alla procedura d’intervento, in associazione alle procedure di cateterismo, endoscopia e laparoscopia.

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Il presente lavoro di tesi si propone di analizzare l’influenza dei parametri caratteristici di una macchina laser temprante. Il materiale su cui sono state effettuate le prove è un acciaio C48 . Il lavoro è suddiviso nelle seguenti fasi : Studio delle sorgenti laser Prove in laboratorio Preparazione e studio metallografico dei campioni Analisi dei risultati Nei primi tre capitoli verranno esposte, in maniera più o meno dettagliata, le nozioni teoriche riguardanti le sorgenti laser, sul quale verte il lavoro di tesi. Nel dettaglio verranno descritte: la natura fisica delle sorgenti laser, ossia delle onde elettromagnetiche, le loro proprietà, la sorgente più comune dal punto di vista industriale, i sistemi di trasporto e di focalizzazione del fascio in fibra ottica e l’interazione laser-materia, che rappresenta il punto di partenza delle lavorazioni mediante laser. Successivamente, nel capitolo 4, l’esposizione verterà sul particolare impiego del laser nelle operazioni di tempra. nel capitolo 5, verrà descritta l’attività svolta: le specifiche della macchina, i parametri dell’impulso utilizzati, i risultati numerici delle misurazioni e le foto delle zone temprate. Per rendere più chiaro il seguito, passerò ad una piccola parte introduttiva, che verrà poi approfondita nel dettaglio successivamente, sui principali campi d’impiego della tecnologia laser, le applicazioni industriali ed i componenti di una generica stazione di lavorazione mediante laser.

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L’argomento di questo lavoro di tesi è lo studio stratigrafico-vulcanologico dei depositi della successione piroclastica di Lower Pollara, nel settore NW dell’isola di Salina (Isole Eolie). Questa successione corrisponde alla prima attività esplosiva, di tipo subpliniana, del cratere di Pollara, ed è caratterizzata da un’ampia distribuzione areale sia sull'isola di Salina, sia sull'adiacente isola di Lipari, dove è noto un livello di tefra. Questo studio stratigrafico-vulcanologico, attraverso la ricostruzione di una sezione stratigrafica di dettaglio della successione piroclastica, suddividendola in diverse unità deposizionali, ha permesso di ricostruire lo stile eruttivo ed i meccanismi di innesco relativi a questa attività esplosiva del centro eruttivo di Pollara.

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Il buon funzionamento di una qualsiasi tipologia di motore prevede l’utilizzo di un componente che abbia il compito di lubrificare le parti meccaniche in movimento, come, ad esempio, l’olio motore per l’automobile. Un fattore determinante nella scelta dell’olio è la variazione della sua viscosità in relazione alla variazione di temperatura, poiché la temperatura di esercizio di un macchinario è solitamente diversa dalla temperatura di avviamento. Tale valore viene identificato in maniera assoluta dal Viscosity Index (VI). L’olio motore è una formulazione complessa in cui sono presenti l’olio base ed una serie di additivi, tra cui molto importante è il modificatore di viscosità (Viscosity Index Improver, VII), che migliora il VI e permette di utilizzare lo stesso olio a basse ed alte temperature (olio multigrade). Come VII possono essere utilizzate diverse tipologie di polimeri solubili in olio, che variano per caratteristiche e target di mercato. La famiglia presa in esame in questa tesi è quella delle poli-alfa-olefine, utilizzate prevalentemente con oli base minerali, e più precisamente copolimeri etilene/propilene. Sono state analizzate le proprietà che questa famiglia ben nota di OCP (Olefin CoPolymer) ingenera nel sistema base-polimero. In particolare si è cercato di correlare le proprietà molecolari del polimero (composizione, peso molecolare e paracristallinità) con le proprietà “tecnologico-applicative” di ispessimento, stabilità meccanica al taglio, punto di non scorrimento, avviamento a freddo, pompabilità a freddo. L’attività è proseguita con la progettazione di un modello fisico, con l’obiettivo di predire il comportamento tecnologico del sistema olio-polimero in funzione delle proprietà molecolari di polimeri appartenenti alla classe delle poli-alfa-olefine lineari, esaminando anche le proprietà tecnologiche di un omopolimero sperimentale.

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L’obbiettivo che si pone questo lavoro è quello di combinare in un unico impianto due tecnologie utilizzate per scopi differenti (impianto integrato): un impianto di climatizzazione geotermico a bassa entalpia di tipo open-loop ed un impianto di bonifica delle acque di falda di tipo Pump&Treat. Il sito selezionato per lo studio è ubicato in via Lombardia, nell’area industriale di Ozzano dell’Emilia (BO), ed è definito “Ex stabilimento Ot-Gal”: si tratta di una galvanotecnica con trattamento di metalli, dismessa alla fine degli anni ’90. Durante una precedente fase di caratterizzazione del sito condotta dalla ditta Geo-Net Srl, sono stati rilevati in falda dei superamenti delle CSC previste dal D.lgs. 152/2006 di alcuni contaminanti, in particolare Tricloroetilene (TCE) e 1.1-Dicloroetilene (1.1-DCE). Successivamente, nel 2010-2011, Geo-net Srl ha eseguito una parziale bonifica delle acque di falda attraverso l’utilizzo di un impianto Pump and Treat. Grazie a tutti i dati pregressi riguardanti i monitoraggi, le prove e i sondaggi, messi a disposizione per questo studio da Geo-Net Srl, è stato possibile eseguire una sperimentazione teorica, in forma di modellazione numerica di flusso e trasporto, dell’impianto integrato oggetto di studio. La sperimentazione è stata effettuata attraverso l’utilizzo di modelli numerici basati sul codice di calcolo MODFLOW e su codici ad esso comunemente associati, quali MODPATH e MT3DMS. L’analisi dei risultati ottenuti ha permesso di valutare in modo accurato l’integrazione di queste due tecnologie combinate in unico impianto. In particolare, la bonifica all’interno del sito avviene dopo 15 dalla messa in attività. Sono stati anche confrontati i costi da sostenere per la realizzazione e l’esercizio dell’impianto integrato rispetto a quelli di un impianto tradizionale. Tale confronto ha mostrato che l’ammortamento dell’impianto integrato avviene in 13 anni e che i restanti 7 anni di esercizio producono un risparmio economico.

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Con lo sviluppo di sorgenti capaci di sostenere scariche di non equilibrio a pressione atmosferica è nato un notevole interesse per le applicazioni biomediche del plasma, data la generazione nella scarica di una varietà di agenti efficaci in più ambiti. I plasmi di questo tipo, caratterizzati principalmente da una temperatura macroscopica vicina a quella ambiente, sono infatti già utilizzati, ad esempio, per la sterilizzazione, per il trattamento di polimeri per migliorarne la biocompatibilità, e per l’accelerazione del processo di coagulazione del sangue. In questo lavoro verrà presentata un’altra possibilità applicativa, sempre nel settore della plasma medicine, ovvero l’utilizzo dei plasmi per il trattamento di cellule cancerose, che sta avendo un particolare successo a causa dei risultati ottenuti dai vari gruppi di ricerca che sottintendono un suo possibile futuro nel trattamento di neoplasie. Verrà presentata una breve introduzione alla fisica del plasma, mostrando alcuni parametri che caratterizzano questo stato della materia, concentrandosi in particolare sui plasmi non termici o di non equilibrio, per poi passare al processo di ionizzazione del gas. Nel secondo capitolo sono approfondite due sorgenti per la generazione di plasmi non termici, la scarica a barriera dielettrica e il plasma jet. Il terzo capitolo fornisce una preliminare spiegazione degli agenti generati nella scarica e il rapporto che hanno con la materia con cui interagiscono. L’ultimo capitolo è il fulcro della ricerca, e comprende risultati ottenuti negli ultimi anni da vari gruppi di ricerca di molte nazionalità, e una breve parte riguardante la sperimentazione originale svolta anche in mia presenza dal gruppo di ricerca del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione “Guglielmo Marconi”, rappresentato principalmente dal professor Carlo Angelo Borghi e dal professor Gabriele Neretti.

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I semiconduttori organici sono alla base dell'elettronica organica, un campo di ricerca che negli ultimi anni ha coinvolto diversi gruppi di lavoro, sia a livello accademico che industriale. Diversi studi hanno portato all'idea di impiegare materiali di questo tipo come detector di raggi X, sfruttando la loro flessibilità meccanica, la facile fabbricazione di dispositivi su larga area e tramite tecniche a basso costo (es. stampa a getto di inchiostro) e le basse tensioni operative. In questa tesi in particolare si utilizzeranno degli OFET (Organic Field-Effect Transistor) a questo scopo, dimostrando la possibilità amplificare la sensibilità alla radiazione X e di pilotare le prestazioni del detector mediante l'applicazione della tensione all'elettrodo di gate. Presenteremo quindi uno studio sperimentale atto a caratterizzare elettricamente dei transistor realizzati con differenti semiconduttori organici, prima, durante e dopo l'esposizione a raggi X, in maniera da stimarne la sensibilità, le proprietà di conduzione intrinseche e la resistenza all'invecchiamento.

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L’utilizzo degli FRP (Fiber Reinforced Polymer) nel campo dell’ingegneria civile riguarda essenzialmente il settore del restauro delle strutture degradate o danneggiate e quello dell’adeguamento statico delle strutture edificate in zona sismica; in questi settori è evidente la difficoltà operativa alla quale si va in contro se si volessero utilizzare tecniche di intervento che sfruttano materiali tradizionali. I motivi per cui è opportuno intervenire con sistemi compositi fibrosi sono: • l’estrema leggerezza del rinforzo, da cui ne deriva un incremento pressoché nullo delle masse sismiche ed allo stesso tempo un considerevole aumento della duttilità strutturale; • messa in opera senza l’ausilio di particolari attrezzature da un numero limitato di operatori, da cui un minore costo della mano d’opera; • posizionamento in tempi brevi e spesso senza interrompere l’esercizio della struttura. Il parametro principale che definisce le caratteristiche di un rinforzo fibroso non è la resistenza a trazione, che risulta essere ben al di sopra dei tassi di lavoro cui sono soggette le fibre, bensì il modulo elastico, di fatti, più tale valore è elevato maggiore sarà il contributo irrigidente che il rinforzo potrà fornire all’elemento strutturale sul quale è applicato. Generalmente per il rinforzo di strutture in c.a. si preferiscono fibre sia con resistenza a trazione medio-alta (>2000 MPa) che con modulo elastico medio-alto (E=170-250 GPa), mentre per il recupero degli edifici in muratura o con struttura in legno si scelgono fibre con modulo di elasticità più basso (E≤80 GPa) tipo quelle aramidiche che meglio si accordano con la rigidezza propria del supporto rinforzato. In questo contesto, ormai ampliamente ben disposto nei confronti dei compositi, si affacciano ora nuove generazioni di rinforzi. A gli ormai “classici” FRP, realizzati con fibre di carbonio o fibre di vetro accoppiate a matrici organiche (resine epossidiche), si affiancano gli FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix), i TRM (Textile Reinforced Mortars) e gli SRG (Steel Reinforced Grout) che sfruttano sia le eccezionali proprietà di fibre di nuova concezione come quelle in PBO (Poliparafenilenbenzobisoxazolo), sia un materiale come l’acciaio, che, per quanto comune nel campo dell’edilizia, viene caratterizzato da lavorazioni innovative che ne migliorano le prestazioni meccaniche. Tutte queste nuove tipologie di compositi, nonostante siano state annoverate con nomenclature così differenti, sono però accomunate dell’elemento che ne permette il funzionamento e l’adesione al supporto: la matrice cementizia