409 resultados para Parapsicologia nel mondo antico


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Il BPA è un composto aromatico precursore di materiali plastici e additivi chimici, ed è entrato a far parte della categoria dei contaminanti che alterano il sistema endocrino con molteplici effetti negativi sulla salute umana (azione di mimesi estrogenica, alterazioni della funzione tiroidea e dei sistemi riproduttivo, nervoso ed immunitario). Nella fase produttiva industriale si hanno emissioni accidentali di BPA durante il trattamento e la lavorazione dei monomeri plastici. Piccole frazioni di BPA possono essere ingerite dall’uomo poiché la sostanza migra nel tempo dal contenitore alimentare al contenuto (es. bevanda in lattina o contenitore per microonde) soprattutto se esposto ad alte temperature. Anche il contatto con composti acidi o basici, la presenza di elevati livelli di cloruro di sodio o di oli vegetali, è in grado di provocare un incremento del rilascio di BPA dai materiali polimerici. Il BPA viene rilasciato dai biberon in policarbonato, che in molti Paesi sono stati ritirati dal commercio nel 2011, e da bottiglie di acqua riutilizzabili. Infine, la carta termica degli scontrini e delle fotocopie rilasciano BPA. Nell’adulto la tossicità del BPA sembra modesta, tuttavia l'esposizione nel feto e nel neonato può risultare deleteria. Al di là della tossicità, l'aspetto che al momento preoccupa maggiormente è l'effetto che il BPA ha anche a basse dosi sul metabolismo: diversi studi in tutto il mondo correlano questa sostanza all'incidenza di diabete, ipertensione, obesità e problemi cardiaci. L’attenzione per il BPA è piuttosto recente a livello umano, mentre è assai ridotta per la salute dell’ecosistema. Tuttavia è noto che il BPA è presente anche come contaminante dei suoli, e pur essendo stato documentato il suo bioaccumulo negli organismi vegetali, non sono disponibili informazioni precedenti relativi agli effetti del BPA sugli organismi animali del suolo, in linea con il fatto che il suolo è stato una matrice ambientale molto trascurata. Il presente lavoro di tesi quindi si pone come uno studio pilota per valutare la possibile tossicità del BPA su organismi modello che vivono in questa matrice. In questo studio è stato scelto come bioindicatore “sentinella” il lombrico Eisenia andrei, il comune verme rosso, come suggeriscono le linee guida internazionali (OECD, OCSE). I possibili effetti biologici del Bisfenolo A nei lombrichi sono stati indagati sia attraverso endpoint del ciclo vitale (accrescimento, riproduzione e mortalità), sia attraverso una batteria di biomarker (generali e specifici). Data la mancanza di osservazioni precedenti si è scelto un approccio integrato tra i parametri del ciclo vitale, in genere meno sensibili ma ecologicamente più rilevanti, e i biomarker, risposte più sensibili che possono rappresentare segnali precoci di allarme inerenti l’esposizione a contaminanti ambientali o l’effetto di questi ultimi sugli organismi indagati, ma non necessariamente predittivi sulla salute della comunità. Al momento non esistono batterie di biomarker specifiche per questa sostanza, quindi un ulteriore scopo della ricerca è stato quello di evidenziare biomarker utili ad indagare eventuali alterazioni biochimiche e funzionali nei lombrichi in risposta all’esposizione a dosi crescenti di bisfenolo A. Le risposte biologiche indagate sono: - la diminuzione della stabilità delle membrane lisosomiali, che indica una riduzione dello stato di salute generale degli organismi; - l’alterazione dell’attività degli enzimi catalasi e glutatione-S-trasferasi, indice di stress ossidativo o induzione di meccanismi di detossificazione; - la diminuzione dell’attività dell’enzima acetilcolinesterasi, la quale indica neurotossicità; - l’accumulo di lipofuscine o lipidi neutri, che è sintomo rispettivamente di stress ossidativo o alterazioni del metabolismo; - la variazione della malondialdeide, composto intermedio della perossidazione lipidica, indica un stress ossidativo in corso. Sulla base dei dati ottenuti possiamo dire che il BPA, alle concentrazioni ambientali, non costituisce un elemento di rischio ecologico per gli organismi sentinella Eisenia andrei. Alle concentrazioni più elevate (che superano quelle ambientali di almeno 10 volte) si osservano delle alterazioni sui livelli di lipidi neutri e lipofuscine che pur non essendo preoccupanti dal punto di vista ecologico sono indice di vulnerabilità, dato che si tratta di alterazioni del metabolismo in conseguenza delle quali gli animali accumulano residui normalmente degradati a livello lisosomiale. Questo accumulo nei lisosomi delle cellule del tessuto cloragogeno dei vermi, che rivestono il tubo digerente, sembrano indicare una esposizione attraverso la dieta a seguito della ingestione del terreno. E’interessante il fatto che l’accumulo di lipidi è in linea con le caratteristiche obesogene del BPA, ben manifestate nei mammiferi, uomo compreso. Tuttavia non ci sono ancora conoscenze sufficienti per stabilire se questo accumulo nei vermi sia dovuto ad una specifica alterazione degli enzimi di sintesi dei lipidi oppure più genericamente ad un aumento dello stress ossidativo. Molti studi stanno valutando la capacità del BPA di alterare la sintesi e il rilascio di lipidi in cellule umane e di ratto, ma non ci sono ancora studi di questo tipo per gli organismi edafici. E’ auspicabile che questo aspetto venga approfondito, ed eventualmente venga identificato un nuovo biomarker specifico dell’azione del BPA sull’accumulo di lipidi. Un altro aspetto che sarà interessante approfondire è il bioaccumulo: la valutazione del rischio ecotossicologico di una sostanza si basa anche sul potenziale di BCF che può essere pericoloso per il biota (incluso l’uomo) per trasferimento nella catena trofica. Considerando che non esistono ancora studi specifici del bioaccumulo del BPA in organismi del suolo, ed avendo messo in luce che l’assunzione della sostanza è avvenuta (probabilmente per via alimentare) ci si pone l’obiettivo futuro di valutare questo parametro nei lombrichi, in modo da avere un quadro più ampio degli effetti associati a questo interferente endocrino nei suoli.

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La carbamazepina fu commercializzata a partire dagli anni Sessanta; è un analgesico anticonvulsivante e specifico per la nevralgia del trigemino ed è uno dei principali farmaci usati nel trattamento dell’epilessia. La sua azione più nota a livello del sistema nervoso è quella di rallentare il recupero dei canali al sodio, sebbene abbia anche effetti metabolici importanti interferendo con il ciclo degli inositoli e con la GSK-3 (glicogeno sintasi-chinasi 3). Tale sostanza è sotto la lente d’ingrandimento sia per le sue caratteristiche chimico-fisiche (vedi la sua alta persistenza in ambiente) sia per la sua alta tossicità per la salute umana. Le sue proprietà terapeutiche spesso sono accompagnate da effetti collaterali sia nei pazienti che assumono direttamente il medicinale, sia negli organismi non-bersaglio che vengono a contatto con i residui ed i metaboliti del farmaco in ambiente. Le principali fonti di contaminazione dell’ambiente sono rappresentate dagli scarichi domestici, urbani, ospedalieri ed industriali e dagli effluenti di impianti di depurazione. Inoltre, l’uso irriguo di acque contenenti residui del farmaco oppure fenomeni di esondazione di corpi idrici contaminati contribuiscono ampiamente alla distribuzione di questo composto nei suoli. La matrice suolo ha avuto relativamente poca attenzione per quanto riguarda gli effetti dell’inquinamento sugli organismi in generale, ed in particolare non vi sono studi sui farmaci. Il presupposto di questo studio dunque è stato quello di mettere a punto una metodologia volta a valutare gli effetti all’esposizione del farmaco carbamazepina su organismi bioindicatori, i lombrichi della specie Eisenia andrei. Il seguente progetto è durato da Maggio 2012 a Febbraio 2013, periodo in cui sono stati effettuati saggi sub cronici per valutare l’effetto di suoli sperimentalmente contaminati con il farmaco sui parametri del ciclo vitale del lombrico (accrescimento, mortalità e riproduzione) e su una serie di biomarker cellulari (neutral red retention assay, accumulo lisosomiale di lipofuscine, accumulo lisosomiale di lipidi neutri insaturi, attività dell’enzima acetilcolinsterasi, attività dell’enzima catalasi, attività dell’ enzima glutatione-S-transferasi e concentrazione di malondialdeide). I risultati ottenuti mostrano che la carbamazepina non ha effetti sui parametri del ciclo vitale. Per quanto riguarda i parametri fisiologici si notano tuttavia dei risultati diversi. L’accumulo lisosomiale di lipofuscine e lipidi neutri indica che il metabolismo dei vermi risulta in qualche modo alterato dall’esposizione alla carbamazepina alle concentrazioni saggiate. Queste alterazioni potrebbero essere spiegate da un effetto di tipo ossidante; infatti i due biomarker oltre a rappresentare un segnale di alterazione metabolica rappresentano anche un indicazione di perossidazione lipidica. Queste osservazioni meritano di essere approfondite studiando il bioaccumulo e la degradazione della carbamazepina nei suoli, che potrebbero essere alla base della diversità di risultati rispetto alla tossicità evidenziata negli organismi acquatici. A fronte della consapevolezza dei rischi potenziali dovuti alla presenza di farmaci nelle acque e nel suolo, molto resta da fare per ampliare le conoscenze su questa tipologia di contaminazione, in particolare nei campi del monitoraggio e del comportamento ambientale, degli studi ecotossicologici e delle procedure e tecnologie idonee a limitare la loro immissione nell’ambiente.

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Il cemento è il materiale da edilizia più comune al mondo e le problematiche ambientali associate all’utilizzo ed al ciclo produttivo sono numerose (rilascio di gas serra, scelta delle materie prime, risparmio energetico) e fortemente impattanti. Tuttavia, nonostante la sua diffusione sia globale e le proprietà siano note da millenni vi sono ancora alcuni processi che non sono stati correttamente spiegati. In particolare non esiste una teoria unica e consolidata che descriva efficacemente la microstruttura delle fasi minerali del cemento che si sviluppano successivamente all'idratazione, e come esso di conseguenza interagisca con principi attivi, organici o inorganici, di cui è noto l’effetto accelerante sulla cinetica di indurimento. Questa tesi si pone l'obiettivo di condurre uno studio dell'idratazione del clinker finemente macinato (CFM - principale componente di molti cementi) focalizzato sull’interazione tra elementi chimici presenti nella matrice cementizia (Calcio, Ferro e Alluminio) ed additivi acceleranti (Trietanolammina, Triisopropanolammina). Il fenomeno è stato studiato tramite osservazione dell'andamento del rilascio dei suddetti ioni su cementi in via di idratazione e tramite utilizzo di tecniche di microscopia elettronica e di diffrazione di raggi X. L'analisi del rilascio di ioni, effettuata mediante spettroscopia ad assorbimento atomico, è stata condotta al fine di approfondire l'azione di trietanolammina e triisopropanolammina sulle dinamiche di idratazione dei CFM nelle fasi precoci di idratazione, al fine di confrontare queste dinamiche con processi che avvengono in fasi successive e che coinvolgono la formazione delle principali fasi amorfe e cristalline responsabili delle proprietà del materiale. Da indagini di diffrattometria e microscopia sono inoltre state estrapolate interessanti considerazioni circa le cinetiche che portano alla formazione delle fasi cristalline tipiche dell'idratazione del cemento (portlandite, ettringite) in presenza e assenza di additivi. Nel corso dello studio sono stati sintetizzati alcuni composti alternativi agli additivi commerciali, sviluppati a partire da building blocks provenienti da fonti rinnovabili, portando quindi l'attenzione sulla sostenibilità del processo di progettazione delle molecole, anche alla luce della degradazione in ambiente delle sostanze sintetizzate. Tali molecole sono attualmente in fase di test presso i laboratori di Italcementi (ITC Group).

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Il presente lavoro è stato avviato per caratterizzare dal punto di vista geochimico i siti di alimentazione e di riproduzione del Fenicottero ed ottenere così un dataset relativo alle concentrazioni di metalli nei sedimenti di alcune zone umide, utilizzate da questa specie per alimentarsi e riprodursi e scarsamente studiate in passato. Il lavoro di tesi qui presentato si è articolato in due differenti studi: • Un’indagine dettagliata sulla presenza e distribuzione di metalli ed elementi potenzialmente tossici nei sedimenti provenenti da alcune delle principali aree di alimentazione del Fenicottero nell’Alto Adriatico; • Un’indagine preliminare relativa ai metalli contenuti nei sedimenti provenienti da alcuni siti riproduttivi del Fenicottero nel Mediterraneo occidentale. Per quanto riguarda i siti di alimentazione sono state campionate tre zone umide dell’area deltizia del fiume Po: le Valli di Rosolina, Valle Bertuzzi e le Valli di Comacchio. Riguardo i siti riproduttivi sono state campionate cinque aree umide nel Mediterraneo occidentale: le Paludi dell’Odiel nel sud-ovest della Spagna, la Camargue in Francia, lo Stagno di Cagliari in Sardegna, le Valli di Comacchio in Emilia-Romagna e Valle Dogà in Laguna di Venezia. I 57 campioni raccolti sono stati analizzati mediante analisi XRF ed analisi termiche, presso il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, dell’Università di Bologna, e mediante analisi ICP-MS, presso l’AcmeLabs di Vancouver (Canada). Il complesso deltizio del fiume Po ha registrato concentrazioni anomale di Cd, Pb, Sb e Sn mostrando un generale arricchimento nei sedimenti delle aree umide investigate rispetto al valore di riferimento. Analizzando le correlazioni di questo elemento con le frazioni dei sedimenti, si è evidenziata una buona correlazione con la componente organica del sedimento. Ciò potrebbe indicare la presenza di fenomeni di adsorbimento di questo elemento ad opera della matrice organica. L’area di studio non è apparentemente interessata da importanti attività industriali, che potrebbero in parte spiegare le elevate concentrazioni di Cd, Pb, Sb e Sn. Due potenziali sorgenti antropogeniche di contaminazione sono rappresentate da un’estensiva attività agricola nelle zone limitrofe alle valli considerate e da un elevata pressione venatoria esercitata proprio all’interno di queste zone umide. In particolare, quest’ultima attività umana, potrebbe rappresentare una spiegazione più che plausibile per l’elevata presenza di Pb, messa in evidenza dallo studio, dato che fino ad pochissimi anni venivano utilizzate munizioni al Pb con conseguente rilascio in ambiente di ingenti quantitativi di questo metallo. Il Cu e lo Zn si distribuiscono invece in modo relativamente omogeneo nelle tre zone umide investigate, con un debole arricchimento di questi due elementi nei sedimenti delle Valli di Rosolina. Per quanto riguarda l’As, la sua distribuzione nell’area di studio, confrontata con i valori di background, non sembra sollevare particolare preoccupazione, cosi come la presenza di Hg in tutti e tre i siti investigati. Le Valli di Comacchio e Valle Bertuzzi sono inoltre caratterizzate da concentrazioni elevate di Cr e Ni, dati che confermano il naturale arricchimento di questi due elementi nell’area di studio evidenziato da un ampia letteratura e riconducibile ad apporti litologici provenienti dai depositi ofiolitici delle Alpi occidentali trasportati dal fiume Po verso l’Adriatico. Tuttavia, in alcuni campioni la concentrazione di Cr è molto superiore a quella caratteristica delle ofioliti di origine alpina, soprattutto per Valle Bertuzzi. Per spiegare queste anomalie sono necessarie indagini più approfondite sulla presenza e distribuzione di Cr nell’area di Comacchio e Bertuzzi. Riguardo ai 5 siti riproduttivi del Fenicottero, la colonia di Odiel (Spagna) si distingue per essere il sito maggiormente contaminato tra quelli investigati. Si sono infatti riscontrate elevate concentrazioni di As, Cu, Hg, Pb, Sb, Sn e Zn, se confrontate con quelle degli altri siti campionati. Questo risultato non sorprende. Il sito è infatti riconosciuto in letteratura come uno dei sistemi estuarini più inquinati dell’Europa occidentale, in quanto interessato dall’attività mineraria della IPB (Iberian Pyrite Belt), uno dei più importanti siti minerari mondiali, e dall’attività del polo industriale di Huelva. La colonia francese della Camargue si distingue invece per essere il sito meno impattato dall’attività antropica, non mostrando concentrazioni anomale per nessuno degli elementi in traccia analizzati. I sito riproduttivo situato nei pressi di Cagliari, in Sardegna, ha riportato elevate concentrazioni di Cd, Hg e Pb. La contaminazione di questo sito a seguito di ingenti scarichi di rifiuti industriali contenenti Hg e Pb a partire dagli anni ’60 è ben documentata in letteratura. Sebbene negli anni ’90 siano stati realizzati progetti di bonifica del sito, le concentrazioni ottenute nel presente studio sono ancora elevate suggerendo la possibilità che il processo di rimozione di Hg e Pb messo in atto in passato possa aver avuto scarsa efficacia. La colonia riproduttiva di Comacchio ha registrato concentrazioni elevate di Cr, Ni e Pb. Come già detto riguardo ai siti di alimentazione l’abbondanza di Cr e Ni nell’area è da ricondurre a fattori naturali, mentre le elevate concentrazioni di Pb non trovano riscontri in precedenti studi. La presenza di alcuni campioni con concentrazioni anomale di Cr e il generale arricchimento di Pb nel sito suggeriscono la necessità di studi più approfonditi e specifici sulla presenza di questi elementi nell’area di Comacchio. Infine, la colonia situata in Laguna di Venezia si caratterizza per avere concentrazioni relativamente elevate di Cd e Hg riconducibili all’attività del polo industriale di Porto Marghera, come già evidenziato da numerosi studi. Tuttavia, i dati del presente studio non confermano le concentrazioni anomale di Zn messe in evidenza da molti studi effettuati nell’intera laguna veneta. Ciò può trovare una spiegazione nel fatto che il sito indagato in questo studio corrisponde ad un piccola porzione dell’intera laguna, molto raramente investigato negli studi passati. Mediante il presente studio è stato quindi possibile implementare le scarse conoscenze geochimiche relative ai sedimenti di alcune zone umide frequentate dai fenicotteri nell’Alto Adriatico e, al contempo, mettere in luce alcune importanti criticità, in particolar modo riguardo Cd, Cr, Pb, Sb e Sn, la cui presenza e distribuzione nell’area dovrebbero essere ulteriormente investigate da studi futuri.

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Il Web nel corso della sua esistenza ha subito un mutamento dovuto in parte dalle richieste del mercato, ma soprattutto dall’evoluzione e la nascita costante delle numerose tecnologie coinvolte in esso. Si è passati da un’iniziale semplice diffusione di contenuti statici, ad una successiva collezione di siti web, dapprima con limitate presenze di dinamicità e interattività (a causa dei limiti tecnologici), ma successivamente poi evoluti alle attuali applicazioni web moderne che hanno colmato il gap con le applicazioni desktop, sia a livello tecnologico, che a livello di diffusione effettiva sul mercato. Tali applicazioni web moderne possono presentare un grado di complessità paragonabile in tutto e per tutto ai sistemi software desktop tradizionali; le tecnologie web hanno subito nel tempo un evoluzione legata ai cambiamenti del web stesso e tra le tecnologie più diffuse troviamo JavaScript, un linguaggio di scripting nato per dare dinamicità ai siti web che si ritrova tutt’ora ad essere utilizzato come linguaggio di programmazione di applicazioni altamente strutturate. Nel corso degli anni la comunità di sviluppo che ruota intorno a JavaScript ha prodotto numerose librerie al supporto del linguaggio dotando così gli sviluppatori di un linguaggio completo in grado di far realizzare applicazioni web avanzate. Le recenti evoluzioni dei motori javascript presenti nei browser hanno inoltre incrementato le prestazioni del linguaggio consacrandone la sua leadership nei confronti dei linguaggi concorrenti. Negli ultimi anni a causa della crescita della complessità delle applicazioni web, javascript è stato messo molto in discussione in quanto come linguaggio non offre le classiche astrazioni consolidate nel tempo per la programmazione altamente strutturata; per questo motivo sono nati linguaggi orientati alla programmazione ad oggetti per il web che si pongono come obiettivo la risoluzione di questo problema: tra questi si trovano linguaggi che hanno l’ambizione di soppiantare JavaScript come ad esempio Dart creato da Google, oppure altri che invece sfruttano JavaScript come linguaggio base al quale aggiungono le caratteristiche mancanti e, mediante il processo di compilazione, producono codice JavaScript puro compatibile con i motori JavaScript presenti nei browser. JavaScript storicamente fu introdotto come linguaggio sia per la programmazione client-side, che per la controparte server-side, ma per vari motivi (la forte concorrenza, basse performance, etc.) ebbe successo solo come linguaggio per la programmazione client; le recenti evoluzioni del linguaggio lo hanno però riportato in auge anche per la programmazione server-side, soprattutto per i miglioramenti delle performance, ma anche per la sua naturale predisposizione per la programmazione event-driven, paradigma alternativo al multi-threading per la programmazione concorrente. Un’applicazione web di elevata complessità al giorno d’oggi può quindi essere interamente sviluppata utilizzando il linguaggio JavaScript, acquisendone sia i suoi vantaggi che gli svantaggi; le nuove tecnologie introdotte ambiscono quindi a diventare la soluzione per i problemi presenti in JavaScript e di conseguenza si propongono come potenziali nuovi linguaggi completi per la programmazione web del futuro, anticipando anche le prossime evoluzioni delle tecnologie già esistenti preannunciate dagli enti standard della programmazione web, il W3C ed ECMAScript. In questa tesi saranno affrontate le tematiche appena introdotte confrontando tra loro le tecnologie in gioco con lo scopo di ottenere un’ampia panoramica delle soluzioni che uno sviluppatore web dovrà prendere in considerazione per realizzare un sistema di importanti dimensioni; in particolare sarà approfondito il linguaggio TypeScript proposto da Microsoft, il quale è nato in successione a Dart apparentemente con lo stesso scopo, ma grazie alla compatibilità con JavaScript e soprattutto con il vasto mondo di librerie legate ad esso nate in questi ultimi anni, si presenta nel mercato come tecnologia facile da apprendere per tutti gli sviluppatori che già da tempo hanno sviluppato abilità nella programmazione JavaScript.

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“ Per anni ho creduto essere cresciuto in una periferia di Buenos Aires, periferia di strade avventurose e di tramonti visibili. In realtà sono cresciuto in un giardino, dietro le lance di un cancellata, e in una biblioteca di infiniti volumi inglesi. Quel Palermo del coltello e la chitarra (mi assicurano) era agli angoli delle strade, ma chi popolava le mie mattine e procurava un gradevole orrore alle mie notti erano il bucaniere cieco di Stevenson, agonizzante sotto gli zoccoli dei cavalli, e il traditore che abbandonò l’amico sulla luna, e il viaggiatore del tempo che riportò dal futuro un fiore appassito, e il genio prigioniero per secoli nell’anfora salomonica, e il profeta velato del Khorasan, che dietro le gemme e la seta nascondeva la lebbra. Cosa succedeva, nel frattempo, oltre le lance della cancellata? Quali destini vernacoli e violenti andavano compiendosi a pochi passi da me, nella sordida bettola o nello spazio turbolento? Com’era quel Palermo o come sarebbe stato bello che fosse? A tali domande vuole rispondere questo libro, più d’immaginazione che documentato.” E’ così che Jorge Luis Borges apre il libro Evaristo Carriego, saggio biografico che passò quasi inosservato all’interno degli ambienti intellettuali della capitale dei quali faceva parte lo scrittore stesso. Il libro era dedicato alla figura, estranea a quegli ambienti, del poeta “bohemien, tisico ed anarchico” Evaristo Carriego, vissuto tra otto e novecento nel quartiere Palermo, in quei tempi periferia malfamata di Buenos Aires. Buenos Aires è la città borgesiana per eccellenza: priva di caratteristiche tipologiche precise, volubile allo sguardo, specchio e metafora di tutte le grandi città del mondo. Ma soprattutto Buenos Aires è una città “inventata” da Borges, che le ha dato un’immagine letteraria che si relaziona in maniera complessa con quella reale. Segnerà nell’immaginario di Borges l’inizio e la fine della sua vita, una sorta di centralità, unico stralcio di stabilità, al quale l’inquieta mente dell’argentino possa far ritorno.

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La tesi di laurea elaborata ha come oggetto Villa Torlonia, chiamata anche “ la Torre” , un complesso edilizio risalente al Settecento. Il lavoro effettuato ha compreso prima di tutto uno studio della storia della Torre, l’evoluzione e il rapporto con il suo contesto. È seguita poi un’analisi del complesso, effettuata dal punto di vista sia della consistenza che dello stato di conservazione, per poi studiare l’insieme di interventi che l’hanno caratterizzata e che le hanno conferito l’attuale aspetto.Si tratta di opere di consolidamento, di recupero e di ripristino che hanno occupato un’epoca che va dagli ultimi vent’anni del Novecento fino ad ora. Solo dopo questa fase di studio e di ricerca si è passati ad elaborare un programma di riutilizzo della Villa, che occupa il quinto capitolo della Tesi. L’idea progettuale sviluppata parte dall'intento di valorizzare questo complesso edilizio che, essendo di proprietà comunale, è spesso oggetto di manifestazioni culturali. La grande corte esterna, il piano terra del corpo centrale ed i vecchi magazzini al piano interrato sono oggigiorno sede di incontri di moda e di momenti espositivi temporanei, molti dei quali legati alla produzione calzaturiera locale. San Mauro Pascoli ospita infatti le sede di alcune delle più note marche dell'alta moda calzaturiera e la sua economia così come la sua storia, è legata a questa attività che da più di un secolo rappresenta una vera e propria attrattiva locale. Il tipo di intervento che si viene a delineare parte quindi dal voler privilegiare questa tradizione del luogo, pertanto il progetto prevede l’inserimento di un Museo della scarpa e lo spostamento della scuola calzaturiera CERCAL, al fine di rendere Villa Torlonia un centro di attrazione turistica.

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Oggetto di questa tesi di Laurea è la riqualificazione della Scuola d’Infanzia Diana a Reggio nell’Emilia (RE), svolta con particolare attenzione al comfort ambientale interno e alla ricerca di una relazione con il contesto urbano e sociale circostante. I soggetti interessati al progetto sono due: l’Istituzione Scuole e Nidi d’Infanzia del comune di Reggio Emilia, che dal 2003 si occupa dei servizi educativi comunali, e la società “Reggio Children”, che opera al fine di “esportare” all’estero gli esempi delle scuole reggiane. L’interesse nei confronti di questo asilo nasce dalla notevole importanza che esso ricopre nel panorama nazionale e mondiale in riferimento al modello educativo applicato. L’edificio presenta inoltre alcuni interessanti caratteri: collocato in una posizione strategica rispetto alla città, si trova nel cuore dei Giardini Pubblici, circondato da alcuni dei principali monumenti. Tuttavia, un’analisi approfondita ha evidenziato alcune criticità, che questo lavoro ha cercato di risolvere. La problematica principale rilevata, che la tesi ha affrontato, riguarda il benessere degli utenti. Dal punto di vista della fruibilità degli spazi, poi, si riscontra il sottodimensionamento del grande-atelier in relazione alle esigenze del modello pedagogico, nonché la necessità di una riorganizzazione degli arredi, al fine di rendere gli ambienti più vivibili. A ciò si affiancano, infine, l’inefficienza energetica dell’involucro, la vulnerabilità sismica dell’edificio e la mancanza di adeguate connessioni tra asilo, verde di pertinenza e parco pubblico. Al centro delle strategie progettuali c’è il bambino, che diventa il “vero committente”, ossia il soggetto di cui soddisfare esigenze e desideri. Si è cercato quindi di realizzare un ambiente confortevole e sicuro, agendo sull’involucro, sul sistema impiantistico, e rinforzando la struttura dell’edificio. A scala architettonica la complessità del progetto è stata quella di dotare l’asilo degli spazi necessari. Si è quindi prevista la realizzazione di un ampliamento, puntando a conseguire prestazioni energetiche più elevate rispetto agli standard fissati dalla dalla normativa, cercando di non alterare i caratteri del luogo e di interagire con il contesto. Durante tutto l’iter progettuale si è dunque operato verificando contestualmente ogni scelta dal punto di vista architettonico, tecnologico ed energetico e puntando ad una soluzione attuabile per fasi.

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Sommario Il polo chimico di Ferrara, situato nella periferia nord occidentale del territorio comunale, rappresenta un’area ad alta concentrazione di stabilimenti, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 334/99 e s.m.i., ovvero un’area in cui sono presenti diversi stabilimenti a rischio di incidente rilevante, così definiti in base alle caratteristiche di pericolosità e dei quantitativi delle sostanze chimiche presenti. Per tali aree la norma di legge prevede la realizzazione di uno Studio di Sicurezza Integrato d’Area o SSIA. Allo SSIA del polo chimico ferrarese è stato dato avvio nel corso del 2012, in seguito ad un accordo tra la Regione Emilia Romagna, l’Agenzia Regionale di Protezione Civile, la Provincia di Ferrara, l’Ufficio Territoriale del Governo, il Comune di Ferrara, la Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco, l’Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente e le stesse aziende presenti nel polo. La realizzazione dello SSIA prevede 6 fasi: 1) la definizione dei criteri metodologici da adottare per l’analisi del rischio; 2) la raccolta e l’analisi critica dei dati necessari all'analisi del rischio; 3) l’individuazione e la caratterizzazione delle sorgenti di rischio; 4) l’analisi delle conseguenze e la stima della frequenza di accadimento degli scenari incidentali che possono scaturire da ogni sorgente di rischio; 5) la ricomposizione, per tutti gli scenari di ogni sorgente e per tutte le sorgenti, delle frequenze e delle conseguenze negli indici di rischio; 6) l’analisi e la valutazione dei risultati ottenuti, al fine di interventi eventuali interventi per la riduzione e la mitigazione del rischio stesso. Il presente lavoro di tesi si inserisce nello Studio di Sicurezza Integrato d’Area del polo chimico di Ferrara ed in particolare nelle fasi 2), 3) e 4) sopra citate. Esso ha preso avvio durante un tirocinio svolto presso l’Agenzia Regionale di Protezione Civile ed ha avuto ad oggetto il trasporto di sostanze pericolose via strada e ferrovia nell'area dello SSIA. Il lavoro di tesi è così strutturato: a valle del capitolo 1 avente carattere introduttivo, si è descritta nel dettaglio l’area oggetto dello SSIA, con particolare riferimento alle vie di trasporto delle sostanze pericolose (capitolo 2). Successivamente (capitolo 3) si è illustrata la metodologia utilizzata per effettuare il censimento dei dati di trasporto delle sostanze pericolose forniti dalle aziende del polo e si sono presentati i risultati ottenuti. Infine (capitolo 4) si è eseguita l’analisi delle conseguenze degli scenari incidentali associati al trasporto di alcune delle sostanze movimentate per strada e ferrovia.

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In questa Tesi di Laurea viene presentata un’interessante esperienza di implementazione numerica: lo sviluppo di un codice agli elementi finiti in grado di calcolare, verificare e ottimizzare edifici industriali in acciaio. Al giorno d’oggi, la tendenza delle imprese nel campo dell’ingegneria strutturale ed in particolare nel campo dell’edilizia industriale, è quella della specializzazione. E’ sempre più frequente, ad esempio nel campo dei capannoni industriali, che le aziende concentrino la loro attività solo su determinate tipologie costruttive, sulle quali ottimizzano il lavoro riducendo al massimo i tempi di progettazione, di costruzione e abbassando il prezzo. Il mondo dei programmi di calcolo, per la maggior parte, sembra aver preso una direzione di sviluppo opposta. Le case di produzione software mettono a disposizione dei progettisti strumenti sempre più raffinati, capaci di modellare dettagliatamente qualsiasi tipo di struttura, materiale, azione statica o dinamica; spesso questi programmi contengono anche un codice integrato CAD per il disegno della struttura e altri tools per lasciare all’utente la più grande libertà di azione possibile. Se da un lato questi strumenti danno al progettista la possibilità di una modellazione sempre più dettagliata, dall’altra parte hanno il limite di essere poco pratici per un tipo di progettazione standardizzato. Spesso quello di cui le imprese hanno bisogno è invece un programma creato ‘ad hoc’ per le loro attività che, grazie all’inserimento di pochi parametri, possa garantire una progettazione rapida e magari gestire non solo la fase di calcolo, ma anche quella di verifica e di ottimizzazione. In quest’ottica si inserisce lo sviluppo del codice eseguito in questa tesi. L’esposizione si articola in quattro parti. La prima, introduttiva, è dedicata alla descrizione delle tipologie di edifici monopiano in acciaio maggiormente diffuse, dei diversi tipi materiale, dei principali aspetti della normativa per queste costruzioni. Viene inoltre descritta la tipologia costruttiva implementata nel codice sviluppato. Il secondo capitolo è dedicato alla descrizione del metodo agli elementi finiti, esponendone i fondamenti teorici e le principali fasi della costruzione di un codice di calcolo numerico per elementi monodimensionali. Nella terza parte è illustrato il codice sviluppato. In particolare vengono dettagliatamente descritti i moduli di generazione del modello, del solutore, del post-processore in grado di eseguire le verifiche secondo le normative vigenti, e quello dedicato all’ottimizzazione strutturale. In fine, nell’ultimo capitolo viene illustrato un esempio progettuale con il quale si è potuta effettuare la validazione del codice confrontando i risultati ottenuti con quelli di riferimento forniti da programmi attualmente in commercio. La presente dissertazione non mira alla “certificazione” di un software che sia in grado di fare calcoli complessi nell’ambito dell’ingegneria strutturale, ma lo scopo è piuttosto quello di affrontare le problematiche e gestire le scelte operative che riguardano la scrittura di un codice di calcolo. Programmatori non si nasce, ma si diventa attraverso anni di esperienza che permettono di acquisire quella sensibilità numerica che è definibile come una vera e propria “arte”. Ed è in questa direzione che si è svolta la Tesi, ovvero comprendere prima di tutto l’atteggiamento da assumere nei confronti di un elaboratore elettronico e, solo successivamente, passare ad un utilizzo consapevole per scopi progettuali.