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Resumo:
Questa tesi ha l’obbiettivo di studiare e seguire la creazione un modello matematico che possa risolvere un problema logistico di Hub Facility Location reale, per l’individuazione del posizionamento ottimale di uno o più depositi all’interno di una rete distributiva europea e per l’assegnazione dei rispettivi clienti. Si fa riferimento alla progettazione della rete logistica per rispondere alle necessità del cliente, relativamente ad una domanda multiprodotto. Questo problema è stato studiato a partire da un caso reale aziendale per la valutazione della convenienza nella sostituzione di quattro magazzini locali con uno/due hub logistici che possano servire tutte le aree. Il modello distributivo può anche essere adoperato per valutare l’effetto della variazione, dal punto di vista economico, del servizio di trasporto e di tariffario. La determinazione della posizione ottimale e del numero dei magazzini avviene tramite un modello matematico che considera al proprio interno sia costi fissi relativi alla gestione dei magazzini (quindi costo di stabilimento, personale e giacenza) e sia i costi relativi al trasporto e alla spedizione dei prodotti sulle diverse aree geografiche. In particolare, la formulazione matematica si fonda su un modello Programmazione Lineare Intera, risolto in tempi molto brevi attraverso un software di ottimizzazione, nonostante la grande mole di dati in input del problema. In particolare, si ha lo studio per l’integrazione di tariffari di trasporto diversi e delle economie di scala per dare consistenza ad un modello teorico. Inoltre, per ricercare la migliore soluzione di quelle ottenute sono poi emersi altri fattori oltre a quello economico, ad esempio il tempo di trasporto (transit-time) che è un fattore chiave per ottenere la soddisfazione e la fedeltà del cliente e attitudine dell’area geografica ad accogliere una piattaforma logistica, con un occhio sugli sviluppi futuri.
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La seguente tesi ha lo scopo di dare una caratterizzazione del moto naturale di un sistema materiale di punti, in particolare tramite le equazioni di Eulero-Lagrange, deducendole secondo i due metodi classici: il principio di d'Alembert e il principio variazionale di Hamilton. Infine si approfondisce l'analogia tra la meccanica e l'ottica, in particolar modo confrontando il principio di Fermat e quello di Maupertuis, analogie che portarono alla successiva nascita della meccanica ondulatoria.
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La complessità dei satelliti e la difficoltà nell’analizzare e risolvere eventuali malfunzionamenti che occorrono dopo la messa in funzione, comportano la necessità di completare estensive campagne di verifica sperimentale prima del lancio in orbita. Nel caso del sistema di determinazione e controllo di assetto (ADCS) è necessario riprodurre a terra le condizioni di microgravità e quasi totale assenza di attrito che si riscontrano in orbita. Per simulare l’ambiente spaziale a terra si usano quindi dei banchi prova progettati e costruiti appositamente per questo scopo: vengono solitamente impiegati dei cuscinetti ad aria sferici, piani oppure di entrambi i tipi per dare al sistema da verificare gradi di libertà rotazionali. Il Laboratorio Microsatelliti Microsistemi Spaziali dell’Università di Bologna ha sviluppato un banco prova in cui possono essere utilizzati alternativamente due cuscinetti sferici, uno realizzato in PVC e l’altro in alluminio. Al fine di certificare l’affidabilità dei risultati ottenuti dalle prove sperimentali, è necessario caratterizzare tutte le fonti di disturbo e in particolare verificare che i disturbi introdotti dai cuscinetti siano sufficientemente bassi da assicurare una fedele simulazione dell’ambiente spaziale. Nel presente elaborato è descritta la progettazione e la realizzazione di una piattaforma sperimentale necessaria per quantificare le coppie di disturbo dei due cuscinetti utilizzati presso il laboratorio. I risultati sperimentali ottenuti sono stati comparati con un modello analitico ricavato da precedenti conclusioni pubblicate nella letteratura scientifica. In seguito, la tesi esamina l’approccio utilizzato per stimare le coppie di disturbo e compara i risultati per entrambi i cuscinetti disponibili. Il lavoro svolto mette a servizio del laboratorio gli strumenti necessari a dimensionare i cuscinetti che verranno sviluppati e utilizzati in futuro.
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I valori di identità e appartenenza degli ecosistemi territoriali ben si combinano con la sperimentazione e l’innovazione indotta dal design. Il punto di partenza è stata l’analisi della relazione tra design e territorio. Il rapporto tra design e territorio è stato inoltre analizzato in relazione alle modalità in cui le aziende multinazionali interpretano questa dicotomia. È stata scelta, quindi, Ikea come azienda. Una multinazionale che produce e commercializza elementi di arredo. Sono stati analizzati diversi casi studio inerenti a progetti legati al territorio; nei quali sono state raccontate storie e tradizioni di luoghi e quindi di persone. L’output dell’indagine è un Framework metodologico, che indirizza il progettista all’interno di linee progettuali atte a connettere con i territori locali. Al fine di verificare il modello è stato necessario passare in rassegna da nord a sud, alcune delle principali e tradizionali tecniche di lavorazione del nostro Paese, facendo un focus sulla Sicilia. Tra le varie tecniche di lavorazione tipiche della cultura siciliana, è stata scelto il pizzo o merletto. In seguito allo studio della tecnica è stato selezionato e riprogettato un prodotto della produzione di Ikea. Il prodotto in questione è il tavolo vassoio GLADOM della collezione Ikea, a cui sarà aggiunto un elemento quadrato in ricamo che avrà una duplice funzione: porta riviste e sacca per trasportare il vassoio. Ma il forte riferimento al territorio non si limita al semplice utilizzo della tecnica, bensì si sviluppa attraverso l’impiego di un innovativo materiale: l’Orange Fiber. Questo è un innovativo tessuto, ricavato dalla lavorazione dei sottoprodotti degli agrumi siciliani. Mentre, la personalizzazione di tali prodotti avverrebbe all’interno di spazi collocati negli Store Ikea, denominati Territorial Hub; ovvero dei laboratori della tradizione territoriale, nei quali diverse maestranze si sperimenteranno nel dare una nuova identità a prodotti già consolidati.
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Oggigiorno, quando una persona “ha un’idea” e vuole concretizzarla si rivolge agli incubatori: la diffusa metodologia Lean Startup è determinante nel far comprendere agli aspiranti founders la portata della propria “idea” abbattendo i rischi. Tuttavia, ci sono due problemi: accedere ai percorsi di incubazione non è scontato e, una volta concluso il percorso, si hanno diverse conoscenze per passare dalla validazione alla fase Seed, ma non sufficienti per un’efficace Execution. Partendo dalla personale esperienza del progetto Climby, si cercherà di dare un’overview sugli aspetti più importanti da considerare, evidenziando ciò che si potrebbe sottovalutare. Il fine è dunque supportare chi “ha un’idea” nell’intraprendere il percorso di incubazione in modo più consapevole e illustrare i limiti dei percorsi stessi, suggerendo approfondimenti di immediata applicazione ed utilità nelle diverse fasi citate, come integrazioni tratte dal Service Design. Pertanto, sarà posta particolare attenzione a ciò che è stato appreso in prima persona, considerando errori e aspetti positivi del percorso di un’“idea” nata nel 2019 e trasformatasi drasticamente durante l’incubazione, fino a ciò che accade dopo il Pitch Day. In tal modo, si intende anche esplicitare alcuni aspetti importanti, talvolta trascurati, ma rilevanti per le scelte da compiere prima ancora di iniziare un percorso. Il fine, quindi, è quello di produrre un contenuto complementare agli autorevoli scritti che trattano di Lean Startup, invece di proporne trattazione alternativa. Infine, conducendo queste riflessioni, si proporrà anche un confronto più specifico tra le metodologie e gli strumenti di Lean Startup e Service Design e - anticipando le conclusioni - suggerendo che sarebbe interessante approfondire l’integrazione di questi due ambiti, di cui emerge ancora una forte mancanza di reciproca conoscenza e che, invece, potrebbero rappresentare reciprocamente una risorsa se considerati senza visioni di parte.
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La reazione tra due acidi carbossilici o esteri a dare un chetone, H2O e CO2 (chetonizzazione) è molto studiata per l’upgrading del bio-olio grezzo, perché permette di ridurne l’acidità ed il tenore di ossigeno aumentandone il potere calorifico. Tuttavia, con opportuni accorgimenti questa reazione potrebbe essere impiegata anche per la sintesi selettiva di chetoni asimmetrici ad alto valore aggiunto; un esempio è l’acetil-furano (AF), che trova applicazione come aroma nell’industria alimentare e come intermedio per la sintesi dell’antibiotico Cefuroxima. In questo lavoro di tesi la sintesi di AF mediante la chetonizzazione incrociata tra 2-metil furoato (MF) ed etil acetato (EA) oppure acido acetico (AA), è stata investigata in fase gassosa con catalizzatori eterogenei (ZrO2, CeO2 e un ossido misto Ce/Zr/O), come alternativa più sostenibile al processo di sintesi industriale di AF basato sull’acilazione di Friedel-Crafts del furano con anidride acetica in fase liquida in reattori batch. Uno screening iniziale dei tre catalizzatori (350 °C, τ = 1 s, stechiometrica MF/AA = 1 in alimentazione) ha dimostrato che ZrO2 è di gran lunga più attivo e selettivo degli altri materiali, e che la chetonizzazione incrociata tra MF e AA è di gran lunga più selettiva di quella tra MF ed EA. Tuttavia, in queste condizioni la omochetonizzazione di AA (reagente limitante) compete con la chetonizzazione incrociata riducendo la massima conversione di MF ottenibile; pertanto, il rapporto AA/MF è stato aumentato fino a 4 ed in queste condizioni è stato possibile ottenere una conversione di MF quantitativa e una resa in AF pari al 70 %. Infine, la versatilità di questa via sintetica è stata ampliata sintetizzando chetoni furanici con catene alifatiche più lunghe propanoil furano (PF, resa = 82 %) e butanoil furano (BF, resa = 69 %) mediante la chetonizzazione incrociata di MF con acido propionico (AP) ed acido butirrico (AB).
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Per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica del 2050 stabiliti dal Green Deal europeo, l’approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche è considerato essenziale e l’attuale crisi energetica ne ha rimarcato l’importanza. Tra queste materie prime, il neodimio risulta essere fondamentale per un ampio numero di applicazioni tecnologiche di interesse crescente come la mobilità elettrica e la generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili. La produzione mondiale di neodimio è dominata dalla Cina e l’Italia dipende completamente dalle importazioni per soddisfare la propria domanda. Il riciclo dei prodotti a fine vita potrebbe coprire parte della domanda nazionale di neodimio e ridurre la dipendenza dalle importazioni cinesi. Ma, attualmente, la percentuale di riciclo del metallo è inferiore all’1% globalmente con attività di riciclo spesso inesistenti su scala industriale a livello nazionale. Per dare chiarezza sulla catena del valore di neodimio in Italia e dimostrare le potenzialità del suo riciclo, in questa tesi sono state applicate le metodologie di MFA e di LCA. Un modello dinamico retrospettivo di MFA è stato sviluppato col fine di investigare il ciclo antropogenico del neodimio, identificando e valutando i flussi e le riserve nazionali dal 1995 al 2020. Attraverso un modello di distribuzione dei tempi di vita è stata quantificata la riserva in uso del metallo, che ammonta a 3,3 kt Nd o 56 g Nd pro capite. Un riciclo della riserva in uso potrebbe soddisfare l’attuale domanda di neodimio oltre al 2030. I risultati dell’MFA sono stati integrati con i fattori LCA di caratterizzazione di impatto ambientale, dimostrando che il riciclo potrebbe ridurre più dell’80% delle emissioni di gas serra e della energia richiesta associate alla produzione di neodimio primario. Si prevede che lo studio possa contribuire all’implementazione di politiche e strategie di rafforzamento della catena di approvvigionamento del neodimio.
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Il progetto di questa tesi si propone di realizzare una protesi sostitutiva del muscolo temporale la cui funzione principale è colmare il vuoto lasciato dal muscolo dopo la sua rimozione. A seguito di un’analisi sulla forma, sul materiale e le funzionalità della protesi attualmente utilizzata, vengono evidenziati i benefici che devono essere inclusi nel progetto e le debolezze a cui porre maggior attenzione e valutare possibili soluzioni. La protesi deve presentare una superficie esterna priva di discontinuità che potrebbero essere percepite al tatto in post operazione e una dimensione conforme al muscolo rimosso. Il progetto si propone di fissare alcuni punti chiave a cui dare risposta, una su tutte la tipologia di materiale utilizzato per garantire una buona integrazione dell’impianto con l’organismo umano. Il materiale utilizzato deve essere innanzitutto biocompatibile e viene valutato per la sua integrazione con l’organismo, la capacità di proteggere la parete laterale del cranio e per la sua consistenza il più possibile paragonabile al muscolo rimosso. È prioritario in questa tipologia di protesi evitare il ristagno di sangue tra l’intercapedine della protesi e la parete laterale del cranio, a tal fine è bene analizzare lo spessore del muscolo segmentato per delineare la soluzione migliore che possa rispondere a tale necessità. È importante verificare il bordo della protesi, è necessario che sia ben raccordato con la superficie esterna del cranio così da evitare uno scalino a seguito dell’operazione e ottenere un alto grado di soddisfazione del paziente. In questo contesto di protesi il grado di soddisfazione del paziente è importante. Il lato su cui viene impiantata la protesi deve risultare simmetrico al lato opposto. La protesi progettata è di tipo paziente-specifico, l’obbiettivo principale è riempire la cavità temporale ed evitare possibili complicazioni nel tempo in quanto la durata della protesi è correlata alla durata di vita del paziente.
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L’industria tessile è la seconda fonte di inquinamento del Pianeta: risorse idriche, energetiche e umane vengono sfruttate per la produzione massiva di capi d’abbigliamento che, dopo solo un utilizzo, vengono gettati e smaltiti scorrettamente senza possibilità di una seconda vita. È da queste considerazioni, abbinate agli obiettivi dell’Agenda 2030 – e, ancora più in là, dell’Agenda 2050 – che si sviluppa il progetto “inverso”. Questo, nel tentativo di far fronte a tecnologie di riciclo ancora arretrate e con possibilità di sviluppo nei successivi due anni, vuole dare una seconda vita a tutti gli scarti di tessuto derivanti dall’industria di tappezzeria forlivese. Un territorio che acquista principalmente dalla Toscana, dal Veneto e dalla Lombardia, regioni italiane che durante la loro attività conciaria producono 1,46 Kg di scarti per ogni metro quadrato di pelli prodotte. "inverso" è un progetto alla cui base poggiamo virtuosi principi legati all’economia circolare, sviluppati tramite una progettazione attenta e un colloquio consapevole con la maggior parte degli attori coinvolti nel ciclo di vita del prodotto. Il mio progetto vuole inserirsi nell’ambito “slow fashion” nel tentativo di supportare una futura economia tessile circolare senza, però, porre in secondo piano l’esigenza prima della moda per ognuno di noi: esprimere se stessi.
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La pandemia COVID-19 ha causato una crisi della supply chain globale, con ritardi e rallentamenti nella produzione, nella distribuzione di beni essenziali e componistica elettronica dovuti alla chiusura delle fabbriche. In un momento in cui le catene di approvvigionamento globali avevano appena iniziato a “riprendersi” dopo due anni di pandemia, un altro evento geopolitico mondiale dalle grandi conseguenze ha fatto la sua comparsa, la Guerra in Ucraina. L’invasione ha causato un ulteriore aumento dei prezzi delle materie prime in quanto l'Ucraina è un importante produttore di cereali e un fornitore di materie prime come il gas naturale. In questo contesto, nasce questo elaborato che si pone l’obiettivo di dare al Gruppo Montenegro tutti gli strumenti necessari per compiere una scelta di “make or buy” in risposta ad una previsione della domanda crescente. Per raggiungere questo scopo si sono analizzate parallelamente sia la scelta “buy” sia la scelta “make”. In conclusione, alla tesi è stata proposta una soluzione che prevede tre diversi scenari, che in base all’evoluzione del mercato e dei trend globali potrà essere strategicamente d’aiuto all’azienda sulle decisioni da implementare nei prossimi anni.
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La presente tesi intende dare un panorama e ricostruire il contesto nel quale si istaurò il Festival cinematografico Visione Italiane, realizzato nella città di Bologna dal 1994. La tesi fornisce una retrospettiva per capire le forme in cui il Festival è concepito e una decostruzione storica della sua struttura attraverso la revisione delle singole edizioni durante tutto il suo periodo di attività fino al presente. La finalità del lavoro consiste in dare un riconoscimento e una valorizzazione alle manifestazioni cinematografiche dedicate al cortometraggio, in particolare a Visioni Italiane, il quale ha un lungo percorso e costituisce di per sé un archivio di opere di esordio di autori che sono di vitale importanza per i suoi apporti alla cinematografia nazionale. Inoltre, l’elaborato cerca di fare una riflessione delle condizioni generali esistenti nell’ambito degli eventi cinematografici, schematizzando le nuove opportunità legate alle tecnologie e alle trasformazioni del pubblico e dei modi di fruizioni attuali, così come esponendo alcuni elementi che sono in crisi. Attraverso l’analisi del contesto in cui si è cimentato il Festival e la sua situazione odierna si sono evidenziati i punti di forza dell’evento, individuandolo come manifestazione chiave del cortometraggio in città, e allo stesso tempo sono emerse nel trascorso dello svolgimento della tesi degli elementi che attualmente nuocciono l’industria del cinema in Italia, e ancora più fortemente un settore come quello del corto e mediometraggio. Infine, si sono anche verificati alcuni meccanismi messi in moto dagli operatori culturali del settore e degli autori in pro del recupero della crisi, peggiorata dalla pandemia COVID-19.