478 resultados para adattamento ai cambiamenti climatici, fiume Reno, Bologna


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La tesi è dedicata ai vari sistemi di lettura e scrittuta accessibili ai non vedenti a cominciare dall'uso del braille fino alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie

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I materiali fotocatalitici, se opportunamente irradiati con luce di una opportuna lunghezza d'onda, consentono un maggior abbattimento delle sostanze organiche e inorganiche nocive con le quali vengono a contatto. Essi sono in grado inoltre grazie alla loro spiccata idrofilia di conservare inalterato nel tempo il loro aspetto estetico. Il connubio ingegneria e chimica ha creato dunque materiali fotocatalitici contenenti al loro interno particelle di TiO2, il principale fotocatalizzatore in commercio, che, applicati in ambiti urbani ed edilizi come rivestimenti, pitture, rimescolato in pasta di malte o masselli autobloccanti, pitture o piastrelle antisettiche e vetri autopulenti, possono generare effetti positivi in termini sia di antinquinamento che di antibattericità. La tesi parte dalla descrizione delle reazioni chimiche che stanno alla base della fotocatalisi e prosegue descrivendo il fotocatalizzatore più attivo ed efficace fino ad ora scoperto, il TiO2. Nella seconda parte della tesi si citano le principali aziende italiane e mondiali che si sono impegnate nella produzione di materiali fotocatalitici, riportando le loro opere e i loro prodotti. Nella parte terza si vogliono invece fornire le informazioni generali attualmente conosciute sulla minaccia alla salute che può costituire l'utilizzo di materiali nanometrici come il TiO2. Nella parte quarta invece si risponde alle ancora frequenti domande riguardanti l'efficacia del TiO2 nelle applicazioni reali al variare del materiale di supporto, la sua efficacia nel lungo termine, il reale effetto autopulente nell'ambiente reale e nel suo impatto sull'ambiente. Si riportano i risultati di laboratorio riguardanti l'efficacia fotocatalitica in termini di degradazione di tinte e di angolo di contatto, direttamente applicati alla realtà delle costruzioni: su supporti diversi in termini di permeabilità e idrorepellenza, è stata applicata una sospensione acquosa fotocatalitica applicata sia a pennello che tramite getto spray HVLP. Alcuni campioni sono poi stati dilavati simulando l'azione atmosferica di weathering dell'area bolognese.

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Il presente lavoro, svolto presso il servizio di Fisica Sanitaria dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma, consiste nello sviluppo di un metodo innovativo di radioterapia adattativa. Il metodo è stato applicato a pazienti affetti da varie patologie, trattati con tecnica VMAT, (Volumetric Modulated Arc Therapy), altamente conformata al target. Il metodo sviluppato si compone di due fasi: nella prima fase vengono effettuate due analisi su immagini portali, di ricostruzione della dose all'isocentro e l'analisi gamma 2D. Se almeno una di queste fallisce, si interviene con la seconda fase, che vede l'acquisizione della CBCT del paziente e la taratura in densità elettronica della stessa. Si calcola dunque il piano su CBCT, previa operazione di contouring da parte del medico e, infine, si esegue l'analisi gamma 3D sulle matrici di dose calcolate sulla CT e sulla CBCT del paziente, quantificando gli indici gamma sulle strutture PTV, CTV e OAR di interesse clinico. In base ai risultati, se necessario, si può intervenire sul piano di trattamento. Le analisi gamma 2D e 3D sono state svolte avvalendosi di un software toolkit chiamato GADD-23 (Gamma Analysis on 2D and 3D Dose Distributions) implementato e sviluppato appositamente in ambiente Matlab per questo lavoro di tesi; in particolare, la realizzazione di GADD-23 è stata resa possibile grazie all'interazione con due software di tipo open-source, Elastix e CERR, specifici per l’elaborazione e la registrazione di immagini mediche. I risultati ottenuti mostrano come il metodo sviluppato sia in grado di mettere in luce cambiamenti anatomici che alcuni pazienti hanno subìto, di tipo sistematico, in cui è possibile prendere in considerazione una ripianificazione del trattamento per correggerli, o di tipo casuale, sui quali può essere utile condurre l'attenzione del medico radioterapista, sebbene non sia necessario un replanning.

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Negli ultimi quindici anni il traffico aereo passeggeri in Italia è stato interessato da un cospicuo incremento: si è passati dai 91 milioni di passeggeri nel 2000 ai 150 milioni nel 2014. Le previsioni di crescita per il Paese indicano il possibile raddoppio del traffico entro il 2030, quando si dovrebbe raggiungere la soglia dei 300 milioni di passeggeri, con un aumento soprattutto della quota parte internazionale. Non vi può essere sviluppo economico di uno Stato senza crescita del traffico aereo, la quale si può realizzare solo con un adeguamento e un potenziamento delle capacità delle infrastrutture aeroportuali compatibile con le condizioni ambientali e un’efficace interconnessione degli scali con gli altri modi di trasporto. Infatti la pianificazione e la progettazione degli aeroporti non può prescindere da un’analisi approfondita sugli impatti ambientali prodotti dalle attività svolte all’interno degli scali. Inoltre l’incremento del numero medio di passeggeri per movimento (dal 75 pax/mov nel 2000 a 106 pax/mov nel 2011, dato riferito al traffico nazionale) rappresenta un dato positivo dal punto di vista ambientale: nei cieli vola un minor numero di aeromobili, ma in grado di trasportare un maggior numero di passeggeri, con conseguente diminuzione del numero dei movimenti, quindi del rumore, delle emissioni e dell’inquinamento ambientale provocato dalle operazioni necessarie a garantire l’operatività di ciascun volo. La salvaguardia dell’ambiente per un aeroporto è un compito difficile e oneroso, poiché può creare problemi ambientali come inquinamento acustico, dell’aria, delle acque fondiarie e trattamento dei rifiuti. In particolare, scopo di questo elaborato è studiare l’impatto che le operazioni svolte in air-side provocano sulla qualità delle acque di dilavamento, osservando e analizzando le attività che avvengono presso l’Aeroporto G. Marconi di Bologna. Si intende svolgere un censimento delle operazioni che influenzano la qualità delle acque (sia direttamente sia a seguito del dilavamento delle pavimentazioni aeroportuali), indagando quali siano i soggetti coinvolti, le procedure da eseguire, la frequenza e gli eventuali mezzi impiegati. Poi si vogliono eseguire analisi chimiche e granulometriche con un duplice obiettivo: conoscere la qualità delle acque raccolte dalle caditoie presenti nel piazzale e a bordo pista e verificare l’efficacia delle operazioni eseguite anche per ridurre il build up, cioè il tasso di accumulo in tempo secco e, di conseguenza, l’apporto di inquinanti riversato nelle acque di dilavamento. Infine si propongono interventi volti a incrementare la sostenibilità ambientale dell’infrastruttura aeroportuale, con particolare attenzione alla riduzione dell’inquinamento idrico.

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Ricerca con mezzi geofisici del ramo perduto dell'acquedotto romano a Casalecchio di Reno

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Vista la crescente frequenza e gravità delle catastrofi naturali legate al clima negli ultimi anni, una risposta collettiva si rende più che mai necessaria. In particolare l’analisi delle evidenze storiche, confermate recentemente anche da alcune tempeste e mareggiate che hanno colpito la zona ravennate, mostra abbastanza chiaramente un quadro di ricorrenza che ha interessato l’area. Infatti i rischi costieri, potenzialmente presenti nell’area di studio considerata in questo lavoro, pur non essendo elevati come in altre zone italiane, sono però ad un livello tale che non può essere del tutto ignorato. Lo scopo è quindi quello di preparare al meglio i territori interessati, adattando gli edifici e le infrastrutture al fine di proteggere le opere, di limitarne i rischi di demolizione e di salvare vite umane in caso di un evento oltremodo critico. Ad oggi si sente l´esigenza di un approccio globale che tenga conto del problema della sicurezza in campo urbanistico, a partire dal disegno concettuale di qualsiasi edificio e indipendentemente dalla sua funzione. Gli obiettivi dei potenziali adattamenti infrastrutturali, visti i rischi costieri dell’area compresa tra Marina di Ravenna e Lido Adriano, sono: • di generare efficaci standard costruttivi e metodologie di progettazione per le infrastrutture che si trovano in zone vulnerabili; • di garantire la sicurezza dei cittadini e delle attività in tali zone; • di ridurre l'impatto socio-economico delle catastrofi naturali. In questa tesi, in particolare, si fornirà un quadro generale dell’area studio, si approfondirà il tema del rischio costiero andando ad analizzare quali sono i rischi potenziali dell’area ed, all’interno di essa, le zone maggiormente in pericolo; si proporrà un metodo di valutazione economica degli stabilimenti balneari e della spiaggia ed infine si analizzeranno i principali adattamenti alle infrastrutture realizzabili.

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L'elaborato tratta dell'evoluzione dei sistemi di raccolta dati geografici e mappatura grazie all'utilizzo delle tecnologie informatiche e di come sia cambiato il loro utilizzo nel corso del tempo e l'utenza che ne fa uso. Viene anche trattata in maniera tecnica la struttura che compone uno di questi sistemi per permettere l'interazione via web con una mappa digitale. Si effettuano inoltre ipotesi su possibili sviluppi futuri di tali tecnologie.

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Il Dimetilsolfoniopropionato (DMSP) è un metabolita secondario prodotto da vari organismi marini, tra cui molte microalghe. Ad oggi pochi studi riguardano gli effetti dei fattori ambientali sulla produzione di DMSP nelle microalghe tossiche, tuttavia si ipotizza che la carenza di azoto (N-dep) possa influire sulla produzione di tossine e DMSP. In questo lavoro è stata indagata nella dinoflagellata Ostreopsis cf. ovata: la presenza e l’andamento del DMSP lungo tutte le fasi di crescita; i possibili effetti di differenti condizioni di crescita (i.e. bilanciata e N-dep) sulla produzione del metabolita e delle tossine. La scelta della dinoflagellata è giustificata dalle sue frequenti fioriture dannose nel Mediterraneo e dall’osservazione, in studi pregressi, di una comunità batterica associata ai suoi blooms in grado di utilizzare il DMSP come fonte energetica. Lo studio mostra per la prima volta da parte di O. cf ovata la produzione del DMSP, riportando un trend temporale simile nelle due condizioni. Si evidenzia: un minimo a fine fase esponenziale; un massimo nella prima fase stazionaria; una riduzione al termine della fase stazionaria. Il confronto fra le due condizioni evidenzia un effetto positivo di N-dep nella produzione di DMSP, evidenziato anche dal maggior tasso di produzione, che potrebbe avvenire per: utilizzare il DMSP rispetto ad altri osmoliti azotati; rilasciare nell’ambiente composti carboniosi e sulfurei, prodotti a seguito dello stress cellulare. I risultati indicherebbero come N-dep possa interferire nella sintesi di tossine e DMSP in maniera opposta, non per competizione diretta del nutriente nei processi di sintesi, ma a seguito dei cambiamenti fisiologici della microalga dovuti alla carenza nutrizionale. Infine la produzione di DMSP da parte della microalga conferma l’instaurarsi di una fase d’interazione mutualistica con i batteri ad essa associati facilitata dal DMSP, importante per lo sviluppo della popolazione algale e dei conseguenti rischi sanitari ed ecosistemici.

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Scopo di questo lavoro di tesi è la revisione della legislazione in materia di dispositivi medici nel mercato europeo, facendone un confronto con la normativa extra-europea. In particolare si sono studiate ed analizzate anche le regolamentazioni degli Stati Uniti e del Giappone, che insieme a quella dell’Unione Europea, rappresentano attualmente i tre maggiori mercati mondiali di dispositivi medici. L’obiettivo quindi è stato la ricerca, lo studio e l’analisi critica dei vari sistemi legislativi in vigore, la loro evoluzione e le prospettive future. Considerando il punto di vista del fabbricante di dispositivi medici, si sono illustrati percorsi normativi per poter immettere sul mercato un nuovo dispositivo medico nell’Unione Europea, negli Stati Uniti e in Giappone, evidenziando le procedure da seguire, le modalità di commercializzazione nei tre mercati, le certificazioni richieste, facendone un’analisi comparativa di un mercato rispetto agli altri. Sempre nella stessa ottica, si è inoltre effettuata una sintetica analisi del mercato dei dispositivi medici nei paesi emergenti, in quanto sono già, e lo diventeranno sempre più, una risorsa importante per una azienda con una visione internazionale del mercato. In questo elaborato di tesi sono stati ampiamente descritti ed analizzati i diversi sistemi di regolamentazione dei dispositivi medici e si è effettuata una valutazione comparativa tra i diversi sistemi legislativi e normativi che condizionano il mercato dei dispositivi medici. Un fabbricante con una visione internazionale della propria azienda deve conoscere perfettamente le legislazioni vigenti in materia di dispositivi medici. Per l'impresa, la conoscenza e la pratica della norma è indispensabile ma, ancor più, l'informazione e la consapevolezza dell'evoluzione della norma è determinante per la crescita competitiva. Il business mondiale dei dispositivi medici infatti ha subito profondi cambiamenti, con l'introduzione nei diversi paesi di complesse procedure di certificazione e autorizzazione, che sono in continua evoluzione. Tutto questo richiede una dimestichezza con le norme di settore e un continuo aggiornamento tecnico-normativo: sono indispensabili per le imprese competenze adeguate, in grado di affrontare tematiche tecnico-scientifiche e di adempiere a quanto prevedono le norme nazionali ed internazionali. Comprendere le opportunità, conoscere le regole e le barriere per l'ingresso in un determinato mercato, è sempre più importante per le imprese interessate ai processi di internazionalizzazione. Per meglio comprendere un mercato/paese, occorre la conoscenza dei peculiari aspetti regolatori, ma anche la conoscenza della specifica cultura, tradizione, società. In questo quadro, conoscere e praticare le norme non è sufficiente, sapere come evolvono le norme e le regole è per le imprese un fattore determinante per la competitività.

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La città di Bologna, la storia, i flussi e le connessioni. Questo progetto di gruppo nasce dalla necessità di ripensare il ruolo dell’infrastruttura nella contemporaneità e nell’atteggiamento che l’architettura può assumere di fronte alle rinnovate priorità delle città italiane che, tra espansione demografica, monumenti e centri storici da preservare, nuove reti di comunicazione e scambio delle informazioni, necessitano sempre più di una pianificazione che prenda in analisi il passato, interpreti il presente e si ponga l’obiettivo primario di dialogare con il futuro. Il capoluogo Emiliano è collocato in una posizione strategica per le comunicazioni d i trasporti, tenendo uniti gli estremi dello stivale e svolgendo un ruolo di snodo a cui oggi la penisola Italiana non può in alcun modo rinunciare. Ogni giorno una quantità spropositata di pendolari e viaggiatori è indotta nella città concentrandosi in un primo momento nell’area della stazione ferroviaria e dei piazzali antistanti, per poi distribuirsi all’interno del tessuto urbano, chi utilizzando il sistema di rete tramviaria, chi a piedi o in bicicletta. L’intento principale del masterplan proposto è quindi valutare un range di informazioni supplementari ai tradizionali studi urbani. Si è notato come le aree più degradate della città (spesso limitrofe ad infrastrutture consegnate al comune senza valutarne l’integrazione e l’impatto urbano e ambientale) manchino di una circolazione costante e di attività. Si è identificato nelle migliaia di soggetti che ogni giorno giungono a Bologna usufruendo dei servizi delle Ferrovie dello Stato la linfa vitale di un’importante parte della città. Poiché progettare per un futuro prossimo è pensare a un presente in grado di accettare i propri limiti e assimilare le aberrazioni del passato, rifacendosi ad un immaginario che non può che sconfinare i paradigmi prefissati che hanno portato ad uno status irrisolto ma non irrisolvibile.

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Opera di recente pubblicazione, "The Story of Kullervo" è il racconto che più di tutti mostra l'esistenza di un profondo legame tra J. R. R. Tolkien e la lingua e cultura finlandese. Scopo di questo elaborato è quello di analizzare soprattutto il rapporto tra l'autore e il poema epico finlandese, il Kalevala, proponendo la traduzione della storia. L'elaborato è strutturato nel seguente modo: nel primo paragrafo viene trattato il Kalevala come opera letteraria e come fonte di ispirazione per Tolkien. Nel secondo paragrafo viene analizzato il testo del racconto in quanto testo letterario e nel terzo vengono commentate le scelte traduttive effettuate.

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Il progetto rappresenta una proposta, di natura architettonico-urbana, per la città di Berlino, nel settore orientale. Questa proposta è il risultato di un percorso di studi che si è dapprima confrontato sul tema della città alla grande scala, per poi focalizzarsi sul distretto della Karl-Marx-Allee lo storico brano di città socialista in Berlino Est. L’obiettivo della ricerca si cristallizza in un programma architettonico di nuova costruzione per un isolato urbano del distretto sopracitato, disorganizzato ed informale, apparentemente emarginato dalla città per opera di una serie di ‘barriere urbane’. Queste barriere, il grande attraversamento sulla Holzmarkstraße, il viadotto della S-Bahn, il fiume Sprea, nel tempo intrecciati e sovrascritti, rappresentano i limiti e confini dell’isolato urbano. L’architettura proposta vuole confrontarsi, in questo contesto incerto, con la ricostruzione dell’isolato, in fede ai principi delle ‘ricostruzione critica’. Il disegno d’architettura rivede, per analogia, i contenuti della città storica, esprimendosi attraverso un linguaggio contemporaneo ma in continuità con la storia ed il contesto. Il tema della serialità, del ritmo, scandirà un percorso architettonico geometrico e modulare molto forte e rigoroso che risponderà al carattere ripetitivo e pre-costituito dei plattenbausiedlungen, gli insediamenti prefabbricati, patrimonio materiale dell’ex distretto socialista di Berlino. La forza ritmica del progetto verrà ribadita dal recupero architettonico del viadotto in muratura del trasporto metropolitano leggero della S-Bahn, una teoria di archivolti a botte in affaccio alla Sprea. Il nuovo scenario architettonico si può considerare come un unico grande elemento tematico, organizzato da una maglia rigorosa, argomentato da eccezioni e salienti che rispondono ad un’ampia domanda funzionale, tipologica ed architettonica.

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Nel volume vengono proposte delle strategie di riqualificazione dell’edificio in via W. Goethe con numero civico 2-10 a Corticella zona Navile. L’edificio fa parte del quartiere PEEP realizzato a partire dagli anni ‘70 circa. L’intera area ricopre una superficie pari a 220.000 m2 di cui edificata 38.000 m2. Della superficie edificata ben 30.400 m2 è stata destinata al residenziale. A seguito delle evoluzioni economiche e sociali e alle restrizioni sempre più severe della normativa, il quartiere ha mostrato delle carenze e delle criticità: – Scarse prestazioni energetiche degli edifici con elevati costi di esercizio; – Inadeguata risposta alle azioni sismiche; – Tagli di alloggi non in grado di soddisfare l’odierna domanda; – Mancanza di efficaci spazi pubblici e di relazione; – Inefficace connessione urbana ai maggiori poli attrattivi e di circolazione. Come primo obbiettivo è stato affrontato il problema della mancanza di connessioni ciclopedonali adeguate al territorio di Corticella. Vi sono infatti alcune aree di nodale importanza che sono sprovviste di questi collegamenti rendendo difficoltoso il link tra i punti attrattivi fondamentali di Corticella e il nostro quartiere. Il progetto intende migliorare questo tipo di servizio in linea con il progetto “bike sharing & ride” promosso dalla Regione Emilia Romagna al fine di incentivare e promuovere la mobilità. Seguono poi gli interventi volti a risolvere le problematiche riscontrate nell’edificio. Interventi atti a riportare l’edificio in una condizione tale da renderlo adeguato alle necessità attuali e in grado di svolgere la sua funzione per gli anni a venire. Si tratta di strategie tecniche e parallelamente di strategie energetiche, con l’obbiettivo di definire spazi confortevoli all’interno degli alloggi. A tale fine sono state realizzate anche valutazioni sull’illuminazione naturale degli ambienti interni per valutare l’efficacia o meno del sistema utilizzato.

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ABITARE NUOVI SPAZI tratta della riqualificazione funzionale ed energetica di un edificio residenziale situato all’interno dell’area costruita secondo il Piano per l’Edilizia Economica e Popolare di Bologna durante gli anni ’70 e ’80. Il caso studio si trova nella zona Corticella del quartiere Navile, a nord del centro storico di Bologna. Le principali criticità riscontrate a livello urbano riguardano la frammentazione degli spazi pubblici e la scarsa qualità dei percorsi ciclo-pedonali. Nelle proposte d’intervento è stata quindi prestata particolare attenzione alla qualità degli spazi e ai percorsi esterni, vere e proprie matrici per la riqualificazione del tessuto esistente. È possibile ricondurre tali obiettivi a tre punti fondamentali: liberare, ordinare, e connettere lo spazio. Passando alla scala architettonica, le principali criticità riguardano il taglio degli alloggi, l’illuminazione e le prestazioni energetiche dell’involucro edilizio. Tenendo conto delle preesistenze, l’approccio al progetto è stato quello di conservare ed adeguare, nonché di conferire all’edificio una forte identità attraverso un progetto architettonico che preveda la definizione di nuovi spazi sia all’interno che all’esterno dell’involucro edilizio esistente. Questi si manifestano sia con l’aggiunta di importanti volumetrie che si relazionano con l’edificio come dei veri e propri “parassiti”, sia con demolizioni di alcune parti che permettono all’ambiente esterno di entrare all’interno della struttura.

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"Abitare nuovi spazi" tratta della riqualificazione funzionale ed energetica di un edificio residenziale situato all’interno dell’area costruita secondo il Piano per l’Edilizia Economica e Popolare di Bologna durante gli anni ’70 e ’80. Il caso studio si trova nella zona Corticella del quartiere Navile, a nord del centro storico di Bologna. Le principali criticità riscontrate a livello urbano riguardano la frammentazione degli spazi pubblici e la scarsa qualità dei percorsi ciclo-pedonali. Nelle proposte d’intervento è stata quindi prestata particolare attenzione alla qualità degli spazi e ai percorsi esterni, vere e proprie matrici per la riqualificazione del tessuto esistente. È possibile ricondurre tali obiettivi a tre punti fondamentali: liberare, ordinare, e connettere lo spazio. Passando alla scala architettonica, le principali criticità riguardano il taglio degli alloggi, l’illuminazione e le prestazioni energetiche dell’involucro edilizio. Tenendo conto delle preesistenze, l’approccio al progetto è stato quello di conservare ed adeguare, nonché di conferire all’edificio una forte identità attraverso un progetto architettonico che preveda la definizione di nuovi spazi sia all’interno che all’esterno dell’involucro edilizio esistente. Questi si manifestano sia con l’aggiunta di importanti volumetrie che si relazionano con l’edificio come dei veri e propri “parassiti”, sia con demolizioni di alcune parti che permettono all’ambiente esterno di entrare all’interno della struttura.