259 resultados para Nanofili silicio livelli profondi DLTS


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Questo elaborato ha come obiettivo l'analisi petrografica di rocce ultramafiche facenti parte del basamento metamorfico cristallino affiorante in Alta Val di Non (Provincia autonoma di Trento). Tali rocce appartengono all'Unità di Ultimo (Falda del Tonale, Austroalpino superiore), caratterizzata da corpi ultramafici che affiorano al contatto tra i sottostanti paragneiss a granato e cianite e le soprastanti migmatiti. Il metamorfismo e l'anatessi registrati dalle rocce dell'Unità di Ultimo hanno età Ercinica (Carbonifero Sup.). Lo studio si è concentrato su un corpo ultramafico situato in Alta Val di Bresimo, in località Passo Val Clapa, costituito da una lente di harzburgite a granato attraversato da livelli di olivin-websterite a granato e anfibolo. L'harzburgite è costituita al 65% da olivina, al 20% da serpentino (cresciuto a spese dell'olivina) e al 15% da ortopirosseno; sono presenti spinelli e clinopirosseni accessori. Nel campione analizzato, il granato è sostituito da aggregati policristallini costituiti da kelifite e da anfibolo secondario. La websterite è costituita al 40% da pirosseni (orto e clinopirosseni in uguale quantità), al 25% da anfibolo primario, al 25% da granato, al 5% da olivina e al 5% da minerali opachi. Sono presenti strutture coronitiche attorno ai granati (costituite da kelifite e anfibolo); si nota clorite cresciuta a spese di anfibolo e pirosseni e hyddingsite cresciuta a spese dell'olivina. L'olivin-websterite mostra gli stessi minerali indice riscontrati nell'harzburgite ospitante, segno che entrambi i corpi hanno seguito la medesima evoluzione P-T. In una prima fase la pirossenite si trovava, come la peridotite, in facies a spinello: ciò è confermato dalla presenza di spinelli relitti al nucleo dei granati. Questi ultimi si sono formati a spese dello spinello durante l'aumento di P, una volta superata la soglia di transizione tra le due facies. Le corone kelifitiche, presenti sia nella harzburgite che nella olivin-websterite, rappresentano un'evidenza di metamorfismo retrogrado.

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Nell'elaborato è stato svolto uno studio su più livelli degli elementi essenziali del pacemaker asincrono secondo la realizzazione circuitale proposta da Wilson Greatbatch nel 1960. Un primo livello ha riguardato l’analisi teorica del circuito. Un secondo livello ha riguardato un’analisi svolta con LTSPICE. Con questo stesso programma, si è analizzato il segnale di temporizzazione e la forma d’onda sul carico al variare del valore di alcuni componenti chiave del circuito. Infine, si è proceduto alla sua realizzazione su breadboard.

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Nel presente lavoro espongo i risultati degli esperimenti svolti durante la mia internship all’Institut des NanoSciences de Paris (INSP), presso l’Università Pierre et Marie Curie (Paris VI), nel team "Phisico-Chimie et Dynamique des Surfaces", sotto la supervisione del Dott. Geoffroy Prévot. L’elaborato è stato redatto e in- tegrato sotto la guida del Dott. Pasquini, del dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna. La tesi s’inserisce nel campo di ricerca del silicene, i.e. l’allotropo bidimensionale del silicio. Il cosidetto free-standing silicene è stato predetto teoricamente nel 2009 utilizzando calcoli di Density Functional Theory, e da allora ha stimolato un’intensa ricerca per la sua realizzazione sperimentale. La sua struttura elettronica lo rende particolarmente adatto per eventuali appli- cazioni tecnologiche e sperimentali, mentre lo studio delle sue proprietà è di grande interesse per la scienza di base. Nel capitolo 1 presento innanzitutto la struttura del silicene e le proprietà previste dagli studi pubblicati nella letteratura scientifica. In seguito espongo alcuni dei risultati sperimentali ottenuti negli ultimi anni, in quanto utili per un paragone con i risultati ottenuti durante l’internship. Nel capitolo 2 presento le tecniche sperimentali che ho utilizzato per effettuare le misure. Molto tempo è stato investito per ottenere una certa dimistichezza con gli apparati in modo da svolgere gli esperimenti in maniera autonoma. Il capitolo 3 è dedicato alla discussione e analisi dei risultati delle misure, che sono presentati in relazione ad alcune considerazioni esposte nel primo capitolo. Infine le conclusioni riassumono brevemente quanto ottenuto dall’analisi dati. A partire da queste considerazioni propongo alcuni esperimenti che potrebbero ulteriormente contribuire alla ricerca del silicene. I risultati ottenuti su Ag(111) sono contenuti in un articolo accettato da Physical Review B.

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Il presente lavoro di tesi propone uno studio approfondito di proprietà morfologiche e di trasporto di carica di film sottili di SiOxNy amorfi (a-SiOxNy) e nanocristallini (nc-SiOxNy), che trovano importanti applicazioni in celle fotovoltaiche ad eterogiunzione in silicio, ad alta efficienza. Lo studio è condotto mediante caratterizzazione elettrica e morfologica attraverso tecniche di microscopia a forza atomica (AFM). Sono stati studiati campioni di a-SiOxNy cresciuti con tecnica PECVD (Plasma Enhanced Chemical Vapor Deposition), in cui è stata variata unicamente la distanza tra gli elettrodi durante la deposizione. Sono stati inoltre studiati campioni di nc-SiOxNy, cresciuti con PECVD con una differente percentuale di N2O come gas precursore e un differente tempo di annealing. In entrambi i casi si tratta di un materiale innovativo, le cui proprietà fisiche di base, nonostante le numerose applicazioni, sono ancora poco studiate. L'analisi morfologica, condotta mediante AFM e successiva analisi statistica delle immagini, ha permesso di determinare alcune proprietà morfologiche dei campioni. L’analisi statistica delle immagini è stata validata, dimostrandosi stabile e consistente per lo studio di queste strutture. Lo studio delle proprietà di trasporto è stato condotto mediante acquisizione di mappe di corrente con tecnica conductive-AFM. In questo modo si è ottenuta una mappa di conducibilità locale nanometrica, che permette di comprendere come avviene il trasporto nel materiale. L'analisi di questo materiale mediante tecniche AFM ha permesso di evidenziare che l'annealing produce nei materiali nanocristallini sia un clustering della struttura, sia un significativo aumento della conducibilità locale del materiale. Inoltre la distanza tra gli elettrodi in fase di deposizione ha un leggero effetto sulle dimensioni dei grani. È da notare inoltre che su questi campioni si sono osservate variazioni locali della conducibilità alla nanoscala. L’analisi delle proprietà dei materiali alla nanoscala ha contribuito alla comprensione più approfondita della morfologia e dei meccanismi di trasporto elettronico.

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I pattern di espressione genica permettono di valutare se gli organismi siano soggetti a stress ambientali, spesso associati a stress ossidativo e produzione di specie reattive dell’ossigeno, che possono essere analizzate per studiare gli effetti sub-letali indotti dall’ambiente negli organismi. Scopo di questa ricerca è stato valutare la possibilità di utilizzo dell’ascidia coloniale B. schlosseri come biomarker in ambiente lagunare. Le colonie, esposte a diverse condizioni ambientali nella Laguna di Venezia, sono state confrontate con esemplari allevati in condizioni di controllo. La ricerca si è concentrata in 2 siti con diverso grado di idrodinamicità e impatto antropico. Mentre nel sito 1, più vicino alla bocca di porto, si è rilevata la presenza di Tunicati, il sito 2 ne è privo. Il sito 2 ha registrato valori di pH e temperatura più alti. Inoltre, nel sito 2 è stata rilevata una mortalità maggiore delle colonie e alterazioni della morfologia nelle colonie sopravvissute. Ciò suggerisce che il sito 2 presenti condizioni avverse per B. schlosseri. Sui campioni di B. schlosseri sono state eseguite PCR semiquantitative per analizzare l’espressione di un gruppo di geni coinvolto nella risposta allo stress ossidativo: la glutammato cistein ligasi la glutatione sintetasi, 2 isoforme di glutatione perossidasi e la superossido dismutasi (SOD). Tutti i geni presentano livelli di trascrizione doppi nelle colonie del sito 1 rispetto al controllo. Viceversa, il sito 2 mostra livelli di espressione di poco superiori al controllo. Analisi spettrofotometriche evidenziano che le attività enzimatiche di SOD e catalasi sono più alte nel sito 2 rispetto al sito 1. Si può pertanto ipotizzare che le colonie esposte al sito 2 siano soggette a un maggiore stress. B. schlosseri appare dunque un buon indicatore dello stato ecologico dell’ambiente lagunare, entro parametri di pH e temperatura in cui abitualmente vive.

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Il presente elaborato ha lo scopo di descrivere il dimensionamento e la seguente verifica di una pavimentazione stradale per una strada montana di categoria C2, il cui progetto di massima è stato realizzato nell’ A.S: 2012/2013. La sovrastruttura stradale è costituita da un insieme di strati che, partendo dal piano di viabile, raggiungono la sommità del rilevato o il piano di posa nelle sezioni in trincea. La sua funzione principale consiste nel ripartire i carichi, applicati in superficie dai veicoli, in modo da renderli compatibili con la portanza del sottofondo. Poiché le sollecitazioni si smorzano con la profondità, i materiali degli strati devono avere caratteristiche fisico-meccaniche diverse in funzione dell’intensità e del tipo di sollecitazione prevalente. Una sovrastruttura stradale deve rispondere ad alcuni requisiti fondamentali: - Portanza: rappresenta l’attitudine a sopportare carichi senza subire deformazioni elastiche e plastiche oltre una soglia limite. È affidata principalmente agli strati profondi e condiziona la vita utile della sovrastruttura; - Aderenza: è un fattore fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di sicurezza della circolazione ed è collegata alle caratteristiche compositive e alla tessitura dello strato superficiale; - Regolarità: da essa dipendono il comfort di marcia e la sicurezza del moto; - Drenabilità: anch’essa connessa alle esigenze di sicurezza e dipendente dalla composizione delle miscele utilizzate; - Visibilità: funzione del colore e delle caratteristiche di assorbimento della luce del materiale costituente il tappeto superficiale, anch’essa strettamente collegata ai requisiti di sicurezza. La piattaforma stradale (descritta all’interno del capitolo 2) è costituita da due corsie, una per ogni senso di marcia, della larghezza di 3.50 metri, una banchina laterale di 1.25 metri e un ciglio di 0.75 metri per ogni senso di marcia.

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Nella prima parte dell'elaborato vengono introdotti dei concetti basilari del sistema ferroviario necessari al proseguo della trattazione: i sistemi di circolazione utilizzati in Italia, le sezioni di blocco, i sistemi di sicurezza e di controllo della marcia, il sistema ERTMS a livello europeo. Nella seconda parte, dopo aver introdotto il concetto di capacità, vengono analizzati nel dettaglio e confrontati, in termini di capacità teorica, i sistemi basati sul blocco fisso e sul blocco mobile. Vengono quindi proposti i metodi utilizzati per il calcolo della capacità reale, prestando particolare attenzione al metodo dei coefficienti di ritardo specifico D e di stabilità X. Da quest' ultimo e con l'introduzione dei livelli di servizio, viene analizzato il rapporto che lega la capacità con la qualità della circolazione. Infine viene proposto un confronto tra le linee convenzionali e le linee AV/AC in Italia, evidenziando il rapporto tra le caratteristiche di velocità e di capacità.

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In questo elaborato sono state messe a confronto differenti procedure per la creazione di file in formato STL a partire da dati tomografici. Questo tipo di formato di dati è attualmente molto richiesto in quanto è adottato dalle stampanti 3D. I tre software presi in analisi, nello specifico, sono: DEVIDE, un programma open source, compatibile sia con Windows che con Linux, sviluppato presso la Delft University of Technology, nei Paesi Bassi; Imagej, un programma informatico di elaborazione digitale delle immagini, accessibile a tutti, basato su Sun-Java e sviluppato dal National Institutes of Health negli Stati Uniti; e infine VGStudioMax, un software sviluppato in Germania dalla VolumeGraphics GmbH. Un confronto diretto di questi software ha portato ad evidenziare i pregi ed i difetti d’ognuno di questi programmi, prendendo come criteri svariati fattori, tra cui la possibilità di scelta di uno o più soglie per i livelli di grigio, la velocità di esecuzione, il fatto che sia open-source o meno, ecc. I risultati ottenuti tramite l’utilizzo di slice filtrate riguardanti una Cera Anatomica e un Feticcio Africano, sono stati molto soddisfacenti, in quanto hanno permesso la realizzazione di modelli virtuali 3D di entrambi i reperti nel formato richiesto.

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Negli esperimenti con particelle elementari si rende spesso necessario misurarne l’impulso e discriminare il segno della carica con l’ausilio di campi magnetici. Il lavoro presentato in questa tesi si inserisce nell'attività preliminare per la realizzazione di uno spettrometro per muoni con impulso nell'intervallo 0.5-4 GeV, posto all'interno di un campo magnetico in aria. Il prototipo di tracciatore su cui sono state condotte le misure presentate in questa tesi è costituito da diversi piani di barre di scintillatore plastico accoppiate a fotomoltiplicatori al Silicio. Le misure di laboratorio sono state finalizzate a determinare la risoluzione spaziale del prototipo a partire dai segnali di muoni cosmici nelle barre di scintillatore. Dalla ricostruzione delle tracce dei muoni è stata determinata una risoluzione spaziale migliore di 2 mm, che risulta adeguata per lo spettrometro che si vuole realizzare.

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Lo studio della sfera emozionale è stato da sempre oggetto d’interesse da parte di molti ambiti della Scienza, nonostante la sua perfetta mappatura costituisca ancora oggi un’ambizione non del tutto raggiunta. Comprendere quale sia il meccanismo specifico di genesi ed elaborazione delle emozioni e quali aree encefaliche ne siano responsabili, costituisce per gli scienziati una sfida di grande interesse. L’importanza dell’Amigdala nello studio e nella comprensione delle emozioni è conseguente alla scoperta di come questa struttura sia responsabile della genesi di un'emozione: la paura. Antica e ben radicata nel percorso evolutivo di ogni specie, la reazione di paura davanti ad un pericolo ha una funzione positiva: protegge da stimoli potenzialmente dannosi e, di base, non si apprende: tutti sono in grado di provare paura. L’Amigdala, denominata anche complesso nucleare amigdaloideo, è una struttura eterogenea, costituita da circa 13 nuclei e localizzata nella parte mediale del lobo temporale. I nuclei amigdaloidei vengono divisi in 3 gruppi: nuclei profondi, nuclei superficiali ed altre aree amigdaloidee. Le caratteristiche citoarchitettoniche e neurochimiche del complesso nucleare amigdaloideo sono state largamente studiate nei Mammiferi terrestri quali: ratto, scimmia, gatto ed Uomo. In letteratura non sono presenti particolari riferimenti ai Mammiferi marini. Per questo motivo la presente ricerca si propone di mostrare le caratteristiche citoarchitettoniche e neurochimiche del nucleo centrale dell’amigdala di tursiope (Tursiops truncatus), con particolare riferimento alle caratteristiche morfometriche dei neuroni esprimenti parvalbumina, calbindina-D28k e calretinina.

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Negli ultimi decenni la materia oscura è stata oggetto di crescente interesse scientifico: dati sperimentali indicano che essa costituisce il 26.8% della massa totale dell'Universo ma le sue origini e natura rimangono ancora ignote. Essa interagisce solo gravitazionalmente in quanto priva di carica, caratteristica che ne rende molto difficile la rivelazione. Numerosi esperimenti in tutto il mondo sono alla ricerca di maggiori informazioni riguardo la natura della materia oscura tramite metodi di rivelazione indiretta e diretta; questi ultimi sono accumunati da rivelatori molto massivi per sopperire alla piccola sezione d'urto di interazione e situati in ambienti molto isolati per diminuire il rumore di fondo dovuto alla radioattività terrestre. Tra le varie ipotesi avanzate riguardo la natura della materia oscura spiccano le WIMP, Weakly Interacting Massive Particle. L'esperimento XENON, situato ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso, si occupa della rivelazione diretta di WIMP studiandone l'urto elastico con i nuclei di Xeno, presente allo stato liquido e gassoso all'interno della TPC, il rivelatore fulcro dell'esperimento. I primi risultati dell'ultima fase del progetto sono attesi per l'inizio del 2016; grazie alla massa fiduciale di circa una tonnellata di Xeno, da cui il nome XENON1T, e a migliorie atte a diminuire il rumore di fondo, quali la scelta accurata di materiali a bassa radioattività e a un sistema di veto dei muoni, si ipotizza che il rivelatore raggiungerà una sensibilità due ordini di grandezza superiore a quelle finora raggiunte. Sono in fase di ricerca soluzioni per incrementare la raccolta di luce del rivelatore, nell'ottica di diminuire l'energia di soglia di rivelazione migliorandone la sensibilità. Una delle possibili soluzioni consiste nell'affiancare i PMT già in uso con fotomoltiplicatori al Silicio SiPM. Essi dovranno essere in grado di lavorare a una temperatura di sim ~170 K ed avere una buona efficienza di rivelazione per fotoni di lunghezza d'onda di ~178 nm. Questo lavoro di tesi si colloca nell'ambito di tale progetto di ricerca e sviluppo. Lo scopo del lavoro di tesi presentato è stato la misura della variazione di guadagno e conteggi di buio dei SiPM a disposizione in funzione della temperatura

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La sinergia tra diverse aree scientifiche svolge oggi un ruolo preminente nella risoluzione di problematiche molto complesse: in ambito medico, un massiccio intervento delle scienze fisico-matematiche ha portato, grazie alla ricerca sulle proprietà subatomiche (NMR), sulla funzione elettromeccanica tissutale (pace-makers) e sulla biocompatibilità di materiali innovativi, ad un completo rinnovamento e miglioramento delle terapie tradizionali, delineando nuove strategie terapeutiche. In questo quadro di attiva collaborazione si colloca la ricerca in ambito biomeccanico cardiovascolare che, approfondendo la funzionalità del cuore e dei vasi in condizioni normali e patologiche, propone soluzioni terapeutiche alternative all'approccio farmacologico, impensabili fino a pochi anni fa. Uno di questi ambiti è l'insufficienza cardiaca: al ventricolo incapace di produrre l'energia necessaria alla perfusione ematica viene associato un sistema di pulsazione meccanica che riduce il carico durante l'eiezione ed aumenta la perfusione coronarica in diastole. Tuttavia, benché l'efficacia della contropulsazione intra-aortica sia riconosciuta da decenni, alcune problematiche rimangono irrisolte: l'inapplicabilità su pazienti aritmici, l'eccessiva sollecitazione meccanica in pazienti vasculopatici, la complessità e l'alto costo dell'apparecchiatura. Questo lavoro affronta la validazione e la caratterizzazione di una soluzione terapeutica alternativa, di tipo completamente passivo, il cui effetto non è basato sulla somministrazione di energia meccanica dall'esterno, attraverso la pulsazione, ma sull'adattamento di impedenza biomeccanica tra la sorgente elastica pulsatile (il ventricolo) ed il carico (l'aorta). Per verificare l'ipotesi funzionale è stato realizzato un sistema contrattile che simulasse diversi livelli di insufficienza ventricolare ed un sistema vascolare con resistenza idraulica ed elastanza variabili. Sono stati rilevati i parametri fisiologici (pressioni, flusso, potenza ed efficienza) nelle diverse condizioni di accoppiamento biomeccanico e si sono ripetuti i rilievi inserendo il dispositivo di contropulsazione passiva. La validazione sperimentale ha prodotto risultati coerenti con quanto atteso ed è stata indispensabile per l'ottenimento, da parte del Comitato Etico, dell'autorizzazione per la sperimentazione clinica del sistema in oggetto.

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L'indagine ha riguardato il profilo del vento nei primi 30 metri dello strato limite atmosferico stabile nell'ambito della teoria di similarità locale. Ad oggi, diversi esperimenti hanno confermato la validità della teoria per strati-limite su terreni livellati e superfici omogenee. Tali condizioni ideali sono però infrequenti nella realtà ed è perciò importante capire quali siano i limiti della similarità locale per strati-limite su terreni complessi e superfici disomogenee. Entrambe le condizioni sono presenti a Ny-Alesund (Svalbard, Norvegia) dove il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), nel 2009, ha installato una torre di 30 m, la Amudsen-Nobile Climate Change Tower (CCT), per lo studio dello strato-limite artico. Il lavoro di tesi ha riguardato misure di vento e turbolenza acquisite sulla CCT da maggio 2012 a maggio 2014. Il confronto tra le velocità del vento misurate dagli anemometri installati sulla CCT, ha rivelato criticità nel dato sonico manifestatesi con sovrastime sistematiche e maggiore erraticità rispetto alle misure provenienti dagli anemometri a elica. Un test condotto fra diversi metodi per il calcolo dei gradienti verticali della velocità del vento ha rivelato scarsa sensibilità dei risultati ottenuti al particolare metodo utilizzato. Lo studio ha riguardato i gradienti verticali adimensionali della velocità del vento nei primi 30-m dello strato limite stabile. Deviazioni significative tra i tra le osservazioni e i valori predetti dalla similarità locale sono state osservate in particolare per i livelli più distanti dal suolo e per valori crescenti del parametro di stabilità z/L (L, lunghezza di Obukhov locale). In particolare, si sono osservati gradienti adimensionali inferiori a quelli predetti dalle più usate relazioni di flusso-gradiente. Tali deviazioni, presenti perlopiù per z/L>0.1, sono state associate ad un effetto di accentuazione della turbolenza da parte delle irregolarità del terreno. Per condizioni meno stabili, z/L<0.1, scarti positivi tra i gradienti osservati e quelli attesi sono stati attribuiti alla formazione di strati limite interni in condizioni di vento dal mare verso la costa. Sono stati proposti diversi metodi per la stima dell'effetto della self-correlazione nella derivazione delle relazioni di flusso-gradiente, dovuta alla condivisione della variabile u*. La formula per il coefficiente lineare di self correlazione e le sue distribuzioni di probabilità empiriche sono state derivate e hanno permesso di stimare il livello di self-correlazione presente nel dataset considerato.

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L’utilizzo del Multibeam Echo sounder (MBES) in ambienti di transizione poco profondi, con condizioni ambientali complesse come la laguna di Venezia, è ancora in fase di studio e i dati biologici e sedimentologici inerenti ai canali della laguna di Venezia sono attualmente scarsi e datati in letteratura. Questo studio ha lo scopo di mappare gli habitat e gli oggetti antropici di un canale della laguna di Venezia in un intervallo di profondità tra 0.3 e 20 m (Canale San Felice) analizzando i dati batimetrici e di riflettività (backscatter) acquisiti da ISMAR-Venezia nell’ambito del progetto RITMARE. A tale scopo il fondale del canale San Felice (Venezia) è stato caratterizzato dal punto di vista geomorfologico, sedimentologico e biologico; descrivendo anche l’eventuale presenza di oggetti antropici. L’ecoscandaglio utilizzato è il Kongsberg EM2040 Dual-Compact Multibeam in grado di emettere 800 beam (400 per trasduttore) ad una frequenza massima di 400kHZ e ci ha consentito di ricavare ottimi risultati, nonostante le particolari caratteristiche degli ambienti lagunari. I dati acquisiti sono stati processati tramite il software CARIS Hydrographic information processing system (Hips) & Sips, attraverso cui è possibile applicare le correzioni di marea e velocità del suono e migliorare la qualità dei dati grezzi ricavati da MBES. I dati sono stati quindi convertiti in ESRI Grid, formato compatibile con il software ArcGIS 10.2.1 (2013) che abbiamo impiegato per le interpretazioni e per la produzione delle mappe. Tecniche di ground-truthing, basate su riprese video e prelievi di sedimento (benna Van Veen 7l), sono state utilizzate per validare il backscatter, dimostrandosi molto efficaci e soddisfacenti per poter descrivere i fondali dal punto di vista biologico e del substrato e quindi degli habitat del canale lagunare. Tutte le informazioni raccolte durante questo studio sono state organizzate all’interno di un geodatabase, realizzato per i dati relativi alla laguna di Venezia.

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La presenza di residui dei farmaci ad uso umano e veterinario nelle acque superficiali è in costante aumento a causa del loro elevato consumo. L’impatto ambientale dei prodotti farmaceutici è riconosciuto in tutto il mondo ma attualmente ancora non sono presenti degli Standard di qualità ambientale per queste sostanze in ambiente acquatico. L’agenzia europea per i farmaci (EMEA) ha introdotto delle linee guida per la valutazione del rischio ambientale per tutti i nuovi farmaci prima di provvedere alla registrazione, ma in nessun caso la loro autorizzazione in commercio è vietata. Una volta assunti, i farmaci sono escreti dagli organismi in forma nativa o come metaboliti, e attraverso gli scarichi urbani raggiungono i depuratori che li rimuovono solo in parte. Di conseguenza, i residui dei farmaci vengono ritrovati nei fiumi, nei laghi, fino alle acque marine costiere. Anche se presenti a basse concentrazioni (ng-μg/L) nelle acque superficiali, i farmaci possono provocare effetti avversi negli organismi acquatici. Queste specie rappresentano involontari bersagli. Tuttavia molti di essi possiedono molecole target simili a quelle dell’uomo, con i quali i farmaci interagiscono per indurre gli effetti terapeutici; in questo caso i farmaci ambientali possono causare effetti specifici ma indesiderati sulla fisiologia degli animali acquatici. Le interazioni possono essere anche non specifiche perché dovute agli effetti collaterali dei farmaci, ad esempio effetti ossidativi, con potenziali conseguenze negative su vertebrati ed invertebrati. In questo lavoro sono stati valutati i potenziali effetti indotti nelle larve di orata da quattro classi di farmaci ovvero: carbamazepina (antiepilettico), ibuprofene (antinfiammatorio non steroideo), caffeina (stimolante) e novobiocina (antibiotico). In particolare, in questo lavoro si è valutato inizialmente il tasso di sopravvivenza delle larve di orata esposte ai farmaci, per verificare se l’esposizione determinasse effetti di tossicità acuta; successivamente si è passati alla valutazione di due biomarker : il danno al DNA e la perossidazione lipidica per verificare la presenza di effetti tossici sub-letali. Le larve sono state esposte per 96 ore alle concentrazioni di 0.1, 1 (MEC), 10 e 50 µg/L (>MEC) di carbamazepina e novobiocina, a 0.1, 5 (MEC),10 e 50 µg/L (> MEC) di ibuprofene ed a 0.1, 5 (MEC),15 e 50 µg/L (> MEC) di caffeina, rappresentative delle concentrazioni riscontrate in ambiente acquatico e al di sopra di quest’ultimo. L’analisi dei dati sulla sopravvivenza ha dimostrato che la carbamazepina, l’ibuprofene, la novobiocina e la caffeina non hanno effetti significativi alle concentrazioni testate. La valutazione dei biomarker ha evidenziato un generale decremento significativo dei livelli di danno primario al DNA e per la perossidazione lipidica è stato generalmente osservato un decremento alle dosi dei farmaci più basse, seguito da un aumento a quelle più elevate. Nell’insieme i dati indicano che alle concentrazioni testate, i farmaci carbamazepina, caffeina, ibuprofene e novobiocina non hanno prodotto alterazioni attribuibili alla comparsa di effetti avversi nelle larve di S. aurata dopo 96 ore di esposizione.