631 resultados para Miccoli, Giovanni: I dilemmi e i silenzi di Pio XII
Resumo:
Trent’anni or sono il concetto di ottimalità venne formulato in senso teorico da Lévy, ma solo un decennio dopo Lamping riesce a darne elegante implementazione algoritmica. Realizza un sistema di riduzione su grafi che si scoprirà poi avere interessanti analogie con la logica lineare presentata nello stesso periodo da Girard. Ma l’ottimalità è davvero ottimale? In altre parole, l’implementazione ottimale del λ calcolo realizzata attraverso i grafi di condivisione, è davvero la migliore strategia di riduzione, in termini di complessità? Dopo anni di infondati dubbi e di immeritato oblìo, alla conferenza LICS del 2007, Baillot, Coppola e Dal Lago, danno una prima risposta positiva, seppur parziale. Considerano infatti il caso particolare delle logiche affini elementare e leggera, che possiedono interessanti proprietà a livello di complessità intrinseca e semplificano l’arduo problema. La prima parte di questa tesi presenta, in sintesi, la teoria dell’ottimalità e la sua implementazione condivisa. La seconda parte affronta il tema della sua complessità, a cominciare da una panoramica dei più importanti risultati ad essa legati. La successiva introduzione alle logiche affini, e alle relative caratteristiche, costituisce la necessaria premessa ai due capitoli successivi, che presentano una dimostrazione alternativa ed originale degli ultimi risultati basati appunto su EAL e LAL. Nel primo dei due capitoli viene definito un sistema intermedio fra le reti di prova delle logiche e la riduzione dei grafi, nel secondo sono dimostrate correttezza ed ottimalità dell’implementazione condivisa per mezzo di una simulazione. Lungo la trattazione sono offerti alcuni spunti di riflessione sulla dinamica interna della β riduzione riduzione e sui suoi legami con le reti di prova della logica lineare.
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“Perdita di fase tra il gruppo riempimento polvere/cronoidi con LVDT ed il gruppo piattello durante la fase di arresto a causa della mancanza imprevista di corrente elettrica”. La perdita della fase tra differenti gruppi può avvenire per due ragioni: 1) a causa della cedevolezza di alcuni elementi della catena cinematica 2) per problemi relativi al software che comanda gli assi elettronici e che è responsabile del movimento coordinato dei vari gruppi. La prima ipotesi è molto improbabile in macchine come l’ADAPTA, dove non sono presenti elementi cinematici con elevata cedevolezza (come ad esempio delle cinghie) essendo i movimenti guidati da camme scanalate (che, contrariamente, sono molto rigide) e/o da camme elettriche (motori Brushless). Il secondo caso invece avviene ogni volta che viene a mancare la corrente elettrica in maniera accidentale (ad esempio a causa di un black-out). La mancanza di energia elettrica impedisce al computer a bordo macchina di continuare a monitorare e controllare il funzionamento dei vari assi elettronici della macchina, che sono comandati da motori brushless, che quindi continuano per inerzia il loro moto fino a fermarsi. Siccome ogni gruppo ha un’inerzia e una velocità/accelerazione istantanea diversa e variabile in funzione della posizione assunta all’interno del proprio ciclo nel momento della mancanza di corrente elettrica, i tempi di arresto risultano differenti, e questo causa la perdita di fase. I gruppi riempimento polvere/cronoidi e spingitori fondelli presentano interferenza meccanica col gruppo piattello per una certa durata del suo ciclo; in questa fase gli elementi entrano nelle boccole porta fondelli delle slitte mobili del piattello. È l’unico caso in tutta la macchina in cui parti meccaniche di gruppi diversi, vanno a “intersecare” i propri spostamenti. La progettazione di macchine che presentano interferenze di questo genere è generalmente sconsigliabile poiché si potrebbe presentare il rischio di uno scontro nel caso avvenga una perdita di fase tra i gruppi. Si sono cercate diverse soluzioni mirate a evitare un urto, derivato dall’interferenza meccanica, in caso di black-out oppure di ridurre il più possibile i danni che questa casualità può portare alla macchina. Il gruppo piattello è definito master rispetto a tutti gli altri gruppi; ha un’inerzia molto piccola e questo fa si che, in caso di black-out, il suo arresto avvenga praticamente istantaneamente, al contrario di ciò che avviene per tutti gli altri gruppi slave dotati di inerzia maggiore. Siccome l’arresto del piattello è istantaneo, il pericolo per tastatori e punzoni sollevatori di urto può avvenire solamente per compenetrazione: se gli elementi sono già all’interno della boccola, e restando fermo il piattello, l’inerzia del gruppo che fa proseguire il moto per alcuni istanti non farebbe altro che portarli fuori dalla boccola, non provocando alcun danno. Non vi è perciò il pericolo di “taglio” di questi elementi da parte del piattello. Perciò l’unica possibilità è che il black-out avvenga in un istante del ciclo dove gli elementi si stanno muovendo per entrare nelle boccole mentre anche il piattello è in rotazione.
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La depurazione è un processo finalizzato a ridurre in modo significativo le sostanze inquinanti presenti nelle acque reflue prima del loro rilascio in ambiente. L’uso delle alghe in impianti di depurazione di acque reflue prende il nome di ficorimedio e potrebbe rappresentare un’alternativa o una integrazione alla depurazione tradizionale dei reflui per il fatto che le alghe operano la rimozione di nutrienti e metalli pesanti dalle acque e al tempo stesso possono fornire biomassa utilizzabile come nuova fonte di energia. Lo scopo principale di questo lavoro è stato di saggiare la capacità depurativa di microalghe idonee per la depurazione dei reflui, questo è stato fatto tramite due esperimenti. Il primo esperimento è stato realizzato in modo tale da simulare un sistema continuo di crescita di Scenedesmus sp. andando a ricreare le stesse condizioni di un sistema all’aperto come negli open ponds, in particolare prelevando periodicamente una parte di biomassa e sostituendola con terreno nuovo. Sono state applicate tre diverse condizioni per analizzare quale metodo permetteva di ottenere maggiori valori di produttività di biomassa e per valutare come questa si diversifica nel tempo nella sua componente biochimica, inoltre si è valutata anche la componente fisiologica, attraverso la misura dell’efficienza fotosintetica. Nel successivo esperimento è stata utilizzata una popolazione algale naturale, proveniente dalla vasca di sedimentazione terziaria del depuratore di Ravenna, e fatta crescere nell’effluente primario. L’esperimento era volto a comprendere i processi di successione delle microalghe in un sistema aperto attraverso uno studio della composizione delle specie nel tempo e a confrontare la crescita e l’efficienza di fitodepurazione della popolazione mista con quelle di Scenedesmus sp. Nelle colture di Scenedesmus sp. in semicontinuo si è visto che il tempo di residenza idraulica minore determina una concentrazione di biomassa inferiore a quella che si ottiene nelle colture con tempi di residenza idraulica maggiori. La produttività dei polisaccaridi (g/L/day) risulta più elevata all’aumentare dei tempi di residenza idraulica, mentre per le proteine l’andamento è inverso. I valori di efficienza fotosintetica evidenziano fenomeni di fotoinibizione nella coltura con minor tempo di residenza idraulica senza che vi sia un danno dell’apparato fotosintetico. L’esperimento basato sulla crescita di una popolazione naturale in coltura batch ha mostrato che la velocità di crescita e la densità di biomassa raggiunta sono di poco inferiori a quelle della monocoltura di Scenedesmus sp. La popolazione è in grado di rimuovere i nutrienti presenti nell’effluente primario dopo 7 giorni, in un tempo maggiore rispetto a quello impiegato da Scenedesmus sp. Questo esperimento ha evidenziato che, sebbene Scenedesmus sp. fosse presente in scarsa quantità all’inizio dell’esperimento, la sua concentrazione aumenta nel tempo dimostrando così di essere maggiormente competitiva rispetto alle altre microalghe presenti nella coltura e di resistere a grazers e patogeni. I risultati ottenuti in questo studio sono importanti per la conduzione di esperimenti di ficodepurazione su scala più ampia e ha permesso di comprendere come la biomassa algale si caratterizza nel tempo andando a simulare le condizioni di crescita in un sistema continuo.
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Nell’ambito di questa Tesi sono state affrontate le fasi di progettazione, sviluppo e caratterizzazione di materiali biomimetici innovativi per la realizzazione di membrane e/o costrutti 3D polimerici, come supporti che mimano la matrice extracellulare, finalizzati alla rigenerazione dei tessuti. Partendo dall’esperienza di ISTEC-CNR e da un’approfondita conoscenza chimica su polimeri naturali quali il collagene, è stata affrontata la progettazione di miscele polimeriche (blends) a base di collagene, addizionato con altri biopolimeri al fine di ottimizzarne i parametri meccanici e la stabilità chimica in condizioni fisiologiche. I polimeri naturali chitosano ed alginato, di natura polisaccaridica, già noti per la loro biocompatibilità e selezionati come additivi rinforzanti per il collagene, si sono dimostrati idonei ad interagire con le catene proteiche di quest’ultimo formando blends omogenei e stabili. Al fine di ottimizzare l’interazione chimica tra i polimeri selezionati, sono stati investigati diversi processi di blending alla base dei quali è stato applicato un processo complesso di co-fibrazione-precipitazione: sono state valutate diverse concentrazioni dei due polimeri coinvolti e ottimizzato il pH dell’ambiente di reazione. A seguito dei processi di blending, non sono state registrate alterazioni sostanziali nelle caratteristiche chimiche e nella morfologia fibrosa del collagene, a riprova del fatto che non hanno avuto luogo fenomeni di denaturazione della sua struttura nativa. D’altro canto entrambe le tipologie di compositi realizzati, possiedano proprietà chimico-fisiche peculiari, simili ma non identiche a quelle dei polimeri di partenza, risultanti di una reale interazione chimica tra le due molecole costituenti il blending. Per entrambi i compositi, è stato osservato un incremento della resistenza all’attacco dell’enzima collagenasi ed elevato grado di swelling, quest’ultimo lievemente inferiore per il dispositivo contenente chitosano. Questo aspetto, negativo in generale per quanto concerne la progettazione di impianti per la rigenerazione dei tessuti, può avere aspetti positivi poiché la minore permeabilità nei confronti dei fluidi corporei implica una maggiore resistenza verso enzimi responsabili della degradazione in vivo. Studi morfologici al SEM hanno consentito di visualizzare le porosità e le caratteristiche topografiche delle superfici evidenziando in molti casi morfologie ibride che confermano il buon livello d’interazione tra le fasi; una più bassa omogeneità morfologica si è osservata nel caso dei composti collagene-alginato e solo dopo reidratazione dello scaffold. Per quanto riguarda le proprietà meccaniche, valutate in termini di elasticità e resistenza a trazione, sono state rilevate variazioni molto basse e spesso dentro l’errore sperimentale per quanto riguarda il modulo di Young; discorso diverso per la resistenza a trazione, che è risultata inferiore per i campione di collagene-alginato. Entrambi i composti hanno comunque mostrato un comportamento elastico con un minore pre-tensionamento iniziale, che li rendono promettenti nelle applicazioni come impianti per la rigenerazione di miocardio e tendini. I processi di blending messi a punto nel corso della ricerca hanno permesso di ottenere gel omogenei e stabili per mezzo dei quali è stato possibile realizzare dispositivi con diverse morfologie per diversi ambiti applicativi: dispositivi 2D compatti dall’aspetto di membrane semitrasparenti idonei per rigenerazione del miocardio e ligamenti/tendini e 3D porosi, ottenuti attraverso processi di liofilizzazione, con l’aspetto di spugne, idonei alla riparazione/rigenerazione osteo-cartilaginea. I test di compatibilità cellulare con cardiomioblasti, hanno dimostrato come entrambi i materiali compositi realizzati risultino idonei a processi di semina di cellule differenziate ed in grado di promuovere processi di proliferazione cellulare, analogamente a quanto avviene per il collagene puro.
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Progetto di un aerogeneratore ad asse verticale in grado di erogare una potenza di circa 100 kW con un vento di 16 m/s con l’obiettivo fondamentale di risolvere i problemi di avviamento comuni per le turbine ad asse verticale (VAWT), che affliggono in particolare le turbine Darrieus. Inoltre la turbina eolica in questione non deve necessitare di fondazione nè di trasporti eccezionali per l’installazione, permettendo l’abbattimento dei costi iniziali. Le vele sono state sostituite da profili alari, in grado di generare non solo resistenza ma anche portanza.
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Sviluppo di un aerogeneratore ad asse verticale a pale, che fornisca una potenza di 100 KW utilizzando un generatore senza interposizione di moltiplicatore di giri per la produzione di energia elettrica. Si vuole progettare una macchina che possa essere montata sul luogo di esercizio, avendo quindi tutta la componentistica trasportabile e senza richiedere l’uso di trasporti eccezionali per evitare di avere costi aggiuntivi che con semplici accorgimenti possono essere evitati. La macchina dovrà per quanto possibile evitare la presenza di fondamenta che incrementino i costi di realizzazione e pregiudichino il sito urbanizzandolo fortemente.
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Questo lavoro di tesi intende approfondire gli aspetti relativi alla valorizzazione della frazione organica da rifiuti solidi urbani (FORSU) per la produzione di biogas mediante fermentazione anaerobica. In particolare sono stati studiati pretrattamenti di tipo enzimatico al fine di agevolare la fase di idrolisi della sostanza organica che costituisce uno degli stadi limitanti la resa del processo di produzione di biogas. A tal fine sono stati caratterizzati e selezionati alcuni preparati enzimatici commerciali indicati per il trattamento di matrici ligno-cellulosiche per le loro attività carboidrasiche come quella amilasica, xilanasica e pectinasica. Gli esperimenti hanno comportato la necessità di fare un’approfondita analisi merceologica della FORSU al fine di poter sviluppare un sistema modello da utilizzare per le prove di laboratorio. L’azione enzimatica è stata verificata sulla FORSU modello sottoposta a vari pre-trattamenti termici e meccanici in cui l’azione idrolitica è stata maggiormente osservata per quelle frazioni tipicamente di origine amidacea. I risultati di laboratorio sono stati poi utilizzati per valutare un’estrapolazione industriale del pre-trattamento su un impianto che tratta FORSU per produrre biogas attraverso un processo di fermentazione industriale dry in biocella.
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Questo lavoro di tesi rientra nel progetto europeo SaveMe, al quale partecipa il gruppo di ricerca del dipartimento di chimica organica nel quale ho svolto l’attività di tirocinio. Obiettivo finale di tale progetto è la sintesi di nanoparticelle a base di PLGA (acido poli(D,L-lattico-co-glicolico)) superficialmente funzionalizzate con biomolecole, per l’impiego nel trattamento e nella diagnosi del cancro al pancreas. L’obiettivo da raggiungere nel primo anno di ricerca per il mio gruppo era la sintesi delle nanoparticelle centrali (core nanosystems). Nel presente lavoro sono quindi riportati i metodi di sintesi di polimeri derivati da PLGA e suoi copolimeri con PEG (polietilenglicole) aventi vari gruppi funzionali terminali: acidi idrossamici, amminici e acidi carbossilici. I polimeri sintetizzati sono stati caratterizzati tramite test colorimetrici qualitativi, 1H-NMR, 13C-NMR, spettrometria IR e TGA. Sono state sintetizzate nanoparticelle polimeriche (PNPs), con le tecniche Oil/Water (O/W) e nanoprecipitazione (NP), basate sui polimeri ottenuti, aventi quindi funzioni acide, idrossamiche ed amminiche sulla superficie. Su queste PNPs è stato effettuata una decorazione superficiale con nanoparticelle metalliche di maghemite (CAN-Maghemite). Le nanoparticelle polimeriche sono state caratterizzate tramite DLS e delle PNPs decorate sono state ottenute immagini TEM. Sono riportati inoltre i test di viabilità cellulare delle nanoparticelle ottenute.
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Le celle a combustibile ad ossido solido (SOFC) sono reattori elettrochimici che convertono l’energia chimica di un gas combustibile direttamente in energia elettrica con un’alta efficienza e con basse emissioni. Il materiale più comunemente usato come anodo, il Ni/YSZ cermet, mostra però numerosi svantaggi nell’applicazione quali la suscettibilità all’avvelenamento da zolfo e la deposizione di coke per cracking degli idrocarburi usati come combustibile. E’ perciò necessario sviluppare materiali alternativi che sopperiscano a questi problemi. Il titanato di stronzio drogato con lantanio con stechiometria La0.4Sr0.4TiO3 (LST) è stato scelto come anodo alternativo per le ottime proprietà possedute. Lo scopo del lavoro di tesi è stato quindi lo studio dell’influenza della natura dei precursori, delle condizioni di sintesi e dell’aggiunta di agenti porizzanti necessari per l’ottenimento della fase perovskitica pura e con porosità controllata. In un primo tempo è stata verificata la possibilità di ottenere la fase La0.4Sr0.4TiO3 pura mediante sintesi allo stato solido, trattando termicamente miscele di precursori diversi. I risultati ottenuti hanno evidenziato che l’utilizzo di nitrati metallici porta a risultati migliori rispetto all’utilizzo di carbonati ed ossidi poiché permette la formazione della fase perovskite a temperature inferiori e con una purezza maggiore. Poiché l’analisi elementare sui materiali preparati in questa prima fase ha evidenziato un problema sulla stechiometria, il metodo di sintesi è stato ottimizzato solubilizzando preventivamente i precursori di lantanio e stronzio e determinandone il titolo mediante ICP. Inoltre, sono state effettuate delle sintesi utilizzando TiO2 a diversa area superficiale, per verificare l’effetto sulle fasi formate di una maggior reattività di questo componente. Per completezza la perovskite è stata sintetizzata anche tramite sintesi sol-gel, utilizzando il metodo Pechini, ottenendo a 700°C la fase pura. L’analisi morfologica ha evidenziato che le polveri con caratteristiche migliori per la formatura sono quelle ottenute tramite sintesi allo stato solido. Le pastiglie prodotte, miscelando tali polveri e agenti porizzanti opportuni, hanno evidenziato la stabilità della fase perovskitica voluta ma anche la necessità di ottimizzare l’aggiunta del porizzante per avere una porosità adeguata all’applicazione del sistema quale anodo SOFC.
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Le Dye – Sensitized Solar Cells (DSSC) sono attualmente considerate tra le alternative più promettenti al fotovoltaico tradizionale. I ridotti costi di produzione e l’elevata versatilità di utilizzo rappresentano i punti di forza di questi dispositivi innovativi. Ad oggi la ricerca è concentrata prevalentemente sull’incremento delle prestazioni delle DSSC, ottenibile solamente attraverso un miglioramento delle funzioni dei singoli componenti e dell’interazione sinergica tra questi. Tra i componenti, ha recentemente assunto particolare interesse il blocking layer (BL), costituito generalmente da un film sottile di TiO2 depositato sulla superficie dell’anodo (FTO) e in grado di ottimizzare i fenomeni all’interfaccia FTO/TiO2/elettrolita. Nel corso di questo lavoro di tesi si è rivolta l’attenzione prevalentemente sulle caratteristiche del BLs (ad esempio proprietà morfologico – strutturali) cercando di mettere in correlazione il processo di deposizione con le caratteristiche finali del film ottenuto. A questo scopo è stato ottimizzato un processo di deposizione dei film via spin coating, a partire da soluzioni acquosa o alcolica di precursore (TiCl4). I film ottenuti sono stati confrontati con quelli depositati tramite un processo di dip coating riportato in letteratura. I BLs sono stati quindi caratterizzati tramite microscopia (SEM – AFM), spettrofotometria (UV.- Vis) e misure elettrochimiche (CV – EIS). I risultati ottenuti hanno messo in evidenza come i rivestimenti ottenuti da soluzione acquosa di precursore, indipendentemente dalla tecnica di deposizione utilizzata (spin coating o dip coating) diano origine a film disomogenei e scarsamente riproducibili, pertanto non idonei per l’applicazione nelle DSSC. Viceversa, i BLs ottenuti via spin coating dalla soluzione alcolica di TiCl4 sono risultati riproducibili, omogenei, e uniformemente distribuiti sulla superficie di FTO. Infine, l’analisi EIS ha in particolare evidenziato un effettivo aumento della resistenza al trasferimento di carica tra elettrodo FTO ed elettrolita in presenza di questi BLs, fenomeno generalmente associato ad un efficace blocking effect.
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Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee di una mano. Scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, virgole1 Calvino così parla di Zaira in Le Città Invisibili nella sezione dedicata a Le città e la memoria. Forse nessuno meglio di lui ci restituisce una visione del concetto di memoria all’interno di città. Il tema del passato, quindi della sua memoria, è argomento imprescindibile per la progettazione di un museo archeologico. L’obbiettivo di questa tesi è finalizzato alla realizzazione di un parco archeologico e di un nuovo museo archeologico che valorizzi i tesori del paese di Verucchio. Lo scopo ricercato è quello cogliere i frutti di tante campagne archeologiche svoltesi in questa terra per restituire visibilmente alla memoria, l’eccezionale patrimonio storico di epoca Villanoviana-Etrusca. Parlare di archeologia significa, da sempre, indagare il tempo, la storia, e l’uomo. Dal momento in cui l’uomo riscopre il passato compie congiuntamente una revisione del presente e influenza il suo futuro. Le architetture che trattano il tema dell’archeologia riflettono su questioni ampie e complesse come la memoria storica, la salvaguardia e la rivitalizzazione delle risorse del territorio. Il museo, in particolare, è un tema architettonico privilegiato essendo esso una delle istituzioni fondamentali del mondo occidentale degli ultimi secoli. Il ruolo civile di un architetto, svolto all’interno della società, è maggiormente sollecitato quando si deve confrontare con una delle tipologie architettoniche di maggiore rilievo nella cultura moderna. Per questo è indispensabile acquisire una consapevolezza critica fondata sulla cultura e sulla conoscenza della realtà dei luoghi, con le sue ricchezze e contraddizioni, con le sue dinamiche e le sue risorse.
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Il presente elaborato si inserisce all’interno del progetto THESEUS (Innovative Technologies for safer European coasts in a changing climate), nella sezione denominata “work package 3”. I principali obiettivi di questo studio sono: 1) valutare l’impatto delle differenti strategie di difesa di zone intertidale dell’ecosistema spiaggia lungo il litorale dell’Emilia-Romagna; 2) analizzare nel dettaglio la struttura e la distribuzione del microbivalve Lentidium mediterraneum, tipico do questa zona, per valutarne un eventuale utilizzo nei progetti di monitoraggio e analisi degli impatti antropici legati alle variazioni morfodinamiche. Sono state scelte tre spiagge: Cesenatico, in cui da molti anni sono presenti strutture di difesa rigide della spiaggia, e dove ogni anno, al termine della stagione estiva, vengono costruite delle dune artificiali, rimosse a fine primavera, per proteggere gli stabilimenti balneari dalle mareggiate invernali; Cervia, in cui sono presenti solo le dune artificiali stagionali; Lido di Dante, considerato naturale per l’assenza di strutture di protezione. Il campionamento è stato effettuato in 3 tempi per ciascun sito. 2 tempi senza le dune artificiali, e uno con. Per ciascun sito e ciascun tempo sono stati replicati 3 transetti, random, per ogni livello di marea. Sono stati prelevati campioni per un totale di 14879 individui e identificati 40 taxa. Da questi sono stati estratti gli esemplari di Lentidium mediterraneum da analizzare. Le analisi uni e multivariate effettuate sull’intera comunità hanno messo in evidenza differenze fra le spiagge, fra i tempi di campionamento e i livelli di marea. Si è, inoltre evidenziato come tali differenze fossero in parte dovute alle densità di Lentidium mediterraneum. Oltre alle analisi classiche nel presente lavoro di tesi è stato proposto un modello concettuale di trasporto del Lentidium mediterraneum che se validato confermerebbe la possibilità di utilizzare il microbivalve come “proxy biologico”.
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E’ stimato che circa 4.000 sostanze diverse vengano utilizzate nella medicina umana, fra cui soprattutto analgesici, antinfiammatori, contraccettivi, antibiotici, beta-bloccanti, regolatori lipidici, composti neuroattivi e molti altri. Inoltre un elevato numero di farmaci, spesso simili a quelli umani tra cui antibiotici e antinfiammatori, viene usato nella medicina veterinaria. L’uso può essere diverso nei diversi Paesi ma farmaci quali l’ibuprofene, la carbamazepina, o i beta-bloccanti vengono consumati in quantità di tonnellate per anno. Le analisi chimiche hanno riscontrato la presenza dei residui dei farmaci nelle acque reflue dai depuratori, nei fiumi e nei laghi in maniera ubiquitaria a concentrazioni nell’intervallo di 10-1000 ng/L. Come ci si aspetta, i farmaci sono molto concentrati nelle acque reflue degli ospedali, tuttavia la percentuale di farmaci provenienti dagli ospedali è stata valutata complessivamente non oltre il 20% del quantitativo totale. L’origine preponderante dei farmaci proviene dall’uso domiciliare, per cui gli impianti municipali di raccolta delle acqua di rifiuto sono la maggiore via di ingresso in ambiente. Una volta ingeriti e metabolizzati, i farmaci vengono escreti via urine o feci e introdotti nella rete fognaria fino alle sedi di trattamento delle acque. Altra sorgente è rappresentata dalle manifatture dei farmaci, dalle quali possono derivare scarichi illegali o accidentali. Una sorgente importante di farmaci, soprattutto di antibiotici, è rappresentata dagli allevamenti animali, sia in ambienti interni che al pascolo, e dall’acquacoltura. Nel primo caso in particolare vengono prodotti e raccolti una grande quantità di rifiuti, che di solito sono accumulati temporaneamente e poi dispersi sui suoli agricoli. I farmaci presenti nei suoli possono essere trasportati alle acque sotterranee, o dilavati a livello superficiale contribuendo ad aumentare il livello di farmaci nei corsi d’acqua oppure una volta sciolti nell’acqua interstiziale possono essere assunti dai vegetali. Gli impianti di depurazione attuali non sono pianificati per eliminare microinquinanti altamente polari come i farmaci, e in relazione alle differenti molecole la eliminazione può essere in percentuale diversa, spesso anche molto bassa. I test ecotossicologici di tipo acuto utilizzati per molto tempo per valutare la tossicità dei farmaci ambientali hanno riportato effetti soltanto a concentrazioni superiori a quelle ambientali; nei 2-3 anni più recenti tuttavia è stato messo in luce come, già a basse concentrazioni, alcuni farmaci modifichino le attività riproduttive o il metabolismo di pesci e molluschi. Da qui è nata l’esigenza di studiare quale sia la possibile interazione dei residui dei farmaci con la fauna acquatica a concentrazioni compatibili con quelle ambientali, e valutare il meccanismo d’azione sfruttando per quanto possibile le conoscenze disponibili per i farmaci messi in commercio. I farmaci infatti sono composti disegnati per avere effetti terapeutici attraverso specifici meccanismi d’azione. Negli organismi non bersaglio che risultano esposti ai residui dei farmaci in ambiente, queste sostanze potrebbero però indurre effetti simili a quelli specifici nel caso i bersagli molecolari siano stati conservati durante l’evoluzione. Inoltre, i farmaci manifestano effetti collaterali, in genere se usati a dosi elevate o per lungo tempo, e molto spesso si tratta di effetti ossidanti. E’ possibile che tali effetti siano indotti dai farmaci ambientali nei molluschi o nei pesci, magari a basse dosi se questi animali sono più sensibili dell’uomo. Lo scopo di questa tesi è stato quello di valutare nei mitili Mytilus galloprovincialis i potenziali effetti indotti dalla fluoxetina (farmaco antidepressivo), dal propranololo (farmaco β-bloccante), o dalla loro miscela con riferimento a quelli classificati come collaterali nell’uomo. In particolare, è stata studiata l’espressione di geni che codificano per gli enzimi antiossidanti catalasi (CAT), glutatione S transferasi (GST) e superossido dismutasi (SOD), mediatori della risposta allo stress ossidativo. I possibili effetti dei farmaci sono stati valutati dopo esposizione dei mitili Mytilus galloprovincialis per 7 giorni a fluoxetina (FX) e propranololo (PROP) ad un range di concentrazioni che comprendono quelle misurate in ambiente, e alla loro miscela alla concentrazione di 0,3 ng/l, scelta perché rappresentativa delle dosi inferiori dei due farmaci riscontrate in ambiente acquatico. I risultati hanno dimostrato che FX causa una generale diminuzione dell’espressione dei geni CAT, mentre per i geni codificanti per GST e SOD si osservano variazioni significative soltanto ad una concentrazione di FX, 300 e 3 ng/L rispettivamente. La riduzione dei livelli di espressione di CAT non sempre accompagnata dalla significativa variazione dei livelli di espressione di SOD e GST, può indicare che il sistema anti-ossidante non è in grado di adattarsi in modo efficiente all’alterazione indotta dall’esposizione a FX, portando ad un progressivo aumento dei livelli di stress. Per quanto riguarda gli effetti del PROP, i risultati ottenuti mostrano che nei mitili esposti a concentrazioni crescenti del farmaco i geni CAT e SOD risultano progressivamente sovra-espressi rispetto al controllo, anche se in maniera non significativa mentre i livelli di espressione di GST non sono significativamente alterati. I dati ottenuti esponendo i mitili alla miscela dei due farmaci, indicano che FX e PROP possono avere effetti interattivi sulla regolazione dei tre geni coinvolti nella risposta antiossidante. In presenza della miscela si osserva infatti una riduzione significativa dell’espressione del gene CAT, del gene GST mentre non ci sono effetti sul gene SOD. In conclusione, concentrazioni di PROP e FX nell’intervallo di quelle misurate in ambiente possono generare significativi effetti sui geni CAT, GST, e SOD. Come riscontrato nella precedente letteratura, l’attività o l’espressione degli enzimi antiossidanti risente molto dello stato fisiologico dei mitili e della stagionalità, quindi il ruolo degli enzimi antiossidanti come biomarker deve essere interpretato all’interno di batterie più ampie di risposte subletali degli organismi sentinella. Nel laboratorio questi dati sono stati ottenuti in precedenti lavoro di Tesi (Tosarelli, Tesi Magistrale in Biologia Marina, A.A. 2011; Inzolia, Tesi Magistrale in Biologia Marina, A.A. 2011). Le alterazioni ottenute a concentrazioni circa 1.000 volte inferiori rispetto a quelle efficaci nei test ecotossicologici acuti, dimostrano comunque che i farmaci possono avere effetti sugli organismi anche a concentrazioni molto basse come quelle ambientali. In particolare, poiché gli effetti ossidativi sono i più comuni effetti collaterali dei farmaci nell’Uomo che ne assuma elevate quantità o somministrazioni prolungate nel tempo, possiamo affermare che questi hanno luogo anche negli organismi non-target, a concentrazioni basse e dopo soli 7 giorni di esposizione. I dati della tesi non dimostrano che propranololo e fluoxetina hanno effetti deleteri sulle popolazioni o le comunità dei molluschi, ma debbono essere considerati come indicatori della vulnerabilità degli animali a questi composti.
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Il lavoro è stato suddiviso in tre macro-aree. Una prima riguardante un'analisi teorica di come funzionano le intrusioni, di quali software vengono utilizzati per compierle, e di come proteggersi (usando i dispositivi che in termine generico si possono riconoscere come i firewall). Una seconda macro-area che analizza un'intrusione avvenuta dall'esterno verso dei server sensibili di una rete LAN. Questa analisi viene condotta sui file catturati dalle due interfacce di rete configurate in modalità promiscua su una sonda presente nella LAN. Le interfacce sono due per potersi interfacciare a due segmenti di LAN aventi due maschere di sotto-rete differenti. L'attacco viene analizzato mediante vari software. Si può infatti definire una terza parte del lavoro, la parte dove vengono analizzati i file catturati dalle due interfacce con i software che prima si occupano di analizzare i dati di contenuto completo, come Wireshark, poi dei software che si occupano di analizzare i dati di sessione che sono stati trattati con Argus, e infine i dati di tipo statistico che sono stati trattati con Ntop. Il penultimo capitolo, quello prima delle conclusioni, invece tratta l'installazione di Nagios, e la sua configurazione per il monitoraggio attraverso plugin dello spazio di disco rimanente su una macchina agent remota, e sui servizi MySql e DNS. Ovviamente Nagios può essere configurato per monitorare ogni tipo di servizio offerto sulla rete.
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Il presente lavoro di tesi ha affrontato le problematiche legate alla speciazione del cromo in particolare i rischi legati alla forma esavalente che risulta particolarmente tossica per gli organismi acquatici. Sono state svolte diverse prove per la messa appunto di una metodica standar dell’US EPA “Method 3060A” indicata per l’estrazione selettiva del Cr(VI) in campioni di sedimento e suolo. Un set di campioni provenienti da sedimenti della laguna costiera della Pialassa della Baiona sono stati analizzati per quantificare i livelli cromo environmentally available, previa dissoluzione in acqua regia, e livelli di cromo esavalente per valutare l’eventuale rischio per il biota acquatico. Sia i livelli di concentrazione di cromo environmentally available confrontati con le linee guida internazionali che i livelli di cromo e Cr(VI) paragonati ai livelli di effetto ritrovati in letteratura non mostrano un potenziale rischio per gli organismi bentonici. I bassi valori di cromo esavalente sono in accordo con le condizioni riducenti tipiche di ambienti di transizione come quello di studio dove la forma chimica del cromo predominante sembra essere quella trivalente. La metodica seguita per la determinazione del cromo esavalente ha diversi limiti rappresentati dall’azione di interferenti quali AVS, Fe(II) e materia organica naturalmente presenti nei sedimenti, per questo procede ancora la ricerca di analisi di speciazione più selettive.