643 resultados para Campo magnetico,Via Lattea,Metodi di rilevazione
Resumo:
Lo scenario oggi più accreditato per spiegare la formazione delle galassie è quello del merging gerarchico: Sgr è una delle prove più importanti a favore di questo scenario. Sgr è una galassia satellite della MW ed è il caso migliore di processo di distruzione mareale in corso dalla MW. La sua distruzione ha contribuito alla costituzione dell'alone della Via Lattea. Di Sgr si osserva solo ciò che ne rimane del corpo principale, i suoi streams ed il suo nucleo, dominato dall'ammasso metal-poor M54. È la presenza di M54 che rende complessa la selezione di stelle metal-poor di Sgr: il main-body di Sgr è rarefatto e fortemente contaminato da stelle galattiche ed il suo nucleo si sovrappone con M54 rendendo quasi impossibile identificare stelle di Sagittario metal-poor non appartenenti ad M54. Fino ad ora l'unico metodo utilizzato per selezionare i targets per studiare la chimica di Sgr ha fatto uso della loro posizione sul CMD: questo metodo introduce un bias, selezionando solo le stelle metal-rich di Sgr. In questo lavoro sono state studiate 23 stelle metal-poor appartenenti al main-body di Sgr ma fuori dal raggio mareale di M54 selezionate grazie ai moti propri dalla missione GAIA. Gli spettri analizzati sono stati ottenuti con lo spettrografo UVES-FLAMES del VLT (ESO)da cui è stata ottenuta l'abbondanza di 17 elementi sia di stelle di Sgr che in 12 stelle di M54. Questo campione di abbondanze chimiche permette per la prima volta: (a) di comprendere la storia di arricchimento chimico di Sgr in un ampio range di metallicità (mai studiato finora) e (b) di confrontare la chimica di Sgr con quella di M54. Tali abbondanze dimostrano come Sgr abbia avuto un'evoluzione chimica diversa da quella della MW, con un contributo inferiore da parte di stelle massive, probabilmente a causa del suo basso SFR. Inoltre è stato possibile determinare la forte somiglianza chimica tra Sgr e M54, confermando che i due sistemi condividono la stessa storia di arricchimento chimico.
Resumo:
In the present study, a new pushover procedure for 3D frame structures is proposed, based on the application of a set of horizontal force and torque distributions at each floor level; in order to predict the most severe configurations of an irregular structure subjected to an earthquake, more than one pushover analysis has to be performed. The proposed method is validated by a consistent comparison of results from static pushover and dynamic simulations in terms of different response parameters, such as displacements, rotations, floor shears and floor torques. Starting from the linear analysis, the procedure is subsequently extended to the nonlinear case. The results confirm the effectiveness of the proposed procedure to predict the structural behaviour in the most severe configurations.
Resumo:
Il presente lavoro tratta lo studio dei fenomeni aeroelastici di interazione fra fluido e struttura, con il fine di provare a simularli mediante l’ausilio di un codice agli elementi finiti. Nel primo capitolo sono fornite alcune nozioni di fluidodinamica, in modo da rendere chiari i passaggi teorici fondamentali che portano alle equazioni di Navier-Stokes governanti il moto dei fluidi viscosi. Inoltre è illustrato il fenomeno della formazione di vortici a valle dei corpi tozzi dovuto alla separazione dello strato limite laminare, con descrizione anche di alcuni risultati ottenuti dalle simulazioni numeriche. Nel secondo capitolo vengono presi in rassegna i principali fenomeni di interazione fra fluido e struttura, cercando di metterne in luce le fondamenta della trattazione analitica e le ipotesi sotto le quali tale trattazione è valida. Chiaramente si tratta solo di una panoramica che non entra in merito degli sviluppi della ricerca più recente ma fornisce le basi per affrontare i vari problemi di instabilità strutturale dovuti a un particolare fenomeno di interazione con il vento. Il terzo capitolo contiene una trattazione più approfondita del fenomeno di instabilità per flutter. Tra tutti i fenomeni di instabilità aeroelastica delle strutture il flutter risulta il più temibile, soprattutto per i ponti di grande luce. Per questo si è ritenuto opportuno dedicargli un capitolo, in modo da illustrare i vari procedimenti con cui si riesce a determinare analiticamente la velocità critica di flutter di un impalcato da ponte, a partire dalle funzioni sperimentali denominate derivate di flutter. Al termine del capitolo è illustrato il procedimento con cui si ricavano sperimentalmente le derivate di flutter di un impalcato da ponte. Nel quarto capitolo è presentato l’esempio di studio dell’impalcato del ponte Tsing Ma ad Hong Kong. Sono riportati i risultati analitici dei calcoli della velocità di flutter e di divergenza torsionale dell’impalcato e i risultati delle simulazioni numeriche effettuate per stimare i coefficienti aerodinamici statici e il comportamento dinamico della struttura soggetta all’azione del vento. Considerazioni e commenti sui risultati ottenuti e sui metodi di modellazione numerica adottati completano l’elaborato.
Resumo:
CAPITOLO 1 INTRODUZIONE Il lavoro presentato è relativo all’utilizzo a fini metrici di immagini satellitari storiche a geometria panoramica; in particolare sono state elaborate immagini satellitari acquisite dalla piattaforma statunitense CORONA, progettata ed impiegata essenzialmente a scopi militari tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, e recentemente soggette ad una declassificazione che ne ha consentito l’accesso anche a scopi ed utenti non militari. Il tema del recupero di immagini aeree e satellitari del passato è di grande interesse per un ampio spettro di applicazioni sul territorio, dall’analisi dello sviluppo urbano o in ambito regionale fino ad indagini specifiche locali relative a siti di interesse archeologico, industriale, ambientale. Esiste infatti un grandissimo patrimonio informativo che potrebbe colmare le lacune della documentazione cartografica, di per sé, per ovvi motivi tecnici ed economici, limitata a rappresentare l’evoluzione territoriale in modo asincrono e sporadico, e con “forzature” e limitazioni nel contenuto informativo legate agli scopi ed alle modalità di rappresentazione delle carte nel corso del tempo e per diversi tipi di applicazioni. L’immagine di tipo fotografico offre una rappresentazione completa, ancorché non soggettiva, dell’esistente e può complementare molto efficacemente il dato cartografico o farne le veci laddove questo non esista. La maggior parte del patrimonio di immagini storiche è certamente legata a voli fotogrammetrici che, a partire dai primi decenni del ‘900, hanno interessato vaste aree dei paesi più avanzati, o regioni di interesse a fini bellici. Accanto a queste, ed ovviamente su periodi più vicini a noi, si collocano le immagini acquisite da piattaforma satellitare, tra le quali rivestono un grande interesse quelle realizzate a scopo di spionaggio militare, essendo ad alta risoluzione geometrica e di ottimo dettaglio. Purtroppo, questo ricco patrimonio è ancora oggi in gran parte inaccessibile, anche se recentemente sono state avviate iniziative per permetterne l’accesso a fini civili, in considerazione anche dell’obsolescenza del dato e della disponibilità di altre e migliori fonti di informazione che il moderno telerilevamento ci propone. L’impiego di immagini storiche, siano esse aeree o satellitari, è nella gran parte dei casi di carattere qualitativo, inteso ad investigare sulla presenza o assenza di oggetti o fenomeni, e di rado assume un carattere metrico ed oggettivo, che richiederebbe tra l’altro la conoscenza di dati tecnici (per esempio il certificato di calibrazione nel caso delle camere aerofotogrammetriche) che sono andati perduti o sono inaccessibili. Va ricordato anche che i mezzi di presa dell’epoca erano spesso soggetti a fenomeni di distorsione ottica o altro tipo di degrado delle immagini che ne rendevano difficile un uso metrico. D’altra parte, un utilizzo metrico di queste immagini consentirebbe di conferire all’analisi del territorio e delle modifiche in esso intercorse anche un significato oggettivo che sarebbe essenziale per diversi scopi: per esempio, per potere effettuare misure su oggetti non più esistenti o per potere confrontare con precisione o co-registrare le immagini storiche con quelle attuali opportunamente georeferenziate. Il caso delle immagini Corona è molto interessante, per una serie di specificità che esse presentano: in primo luogo esse associano ad una alta risoluzione (dimensione del pixel a terra fino a 1.80 metri) una ampia copertura a terra (i fotogrammi di alcune missioni coprono strisce lunghe fino a 250 chilometri). Queste due caratteristiche “derivano” dal principio adottato in fase di acquisizione delle immagini stesse, vale a dire la geometria panoramica scelta appunto perché l’unica che consente di associare le due caratteristiche predette e quindi molto indicata ai fini spionaggio. Inoltre, data la numerosità e la frequenza delle missioni all’interno dell’omonimo programma, le serie storiche di questi fotogrammi permettono una ricostruzione “ricca” e “minuziosa” degli assetti territoriali pregressi, data appunto la maggior quantità di informazioni e l’imparzialità associabili ai prodotti fotografici. Va precisato sin dall’inizio come queste immagini, seppur rappresentino una risorsa “storica” notevole (sono datate fra il 1959 ed il 1972 e coprono regioni moto ampie e di grandissimo interesse per analisi territoriali), siano state molto raramente impiegate a scopi metrici. Ciò è probabilmente imputabile al fatto che il loro trattamento a fini metrici non è affatto semplice per tutta una serie di motivi che saranno evidenziati nei capitoli successivi. La sperimentazione condotta nell’ambito della tesi ha avuto due obiettivi primari, uno generale ed uno più particolare: da un lato il tentativo di valutare in senso lato le potenzialità dell’enorme patrimonio rappresentato da tali immagini (reperibili ad un costo basso in confronto a prodotti simili) e dall’altro l’opportunità di indagare la situazione territoriale locale per una zona della Turchia sud orientale (intorno al sito archeologico di Tilmen Höyük) sulla quale è attivo un progetto condotto dall’Università di Bologna (responsabile scientifico il Prof. Nicolò Marchetti del Dipartimento di Archeologia), a cui il DISTART collabora attivamente dal 2005. L’attività è condotta in collaborazione con l’Università di Istanbul ed il Museo Archeologico di Gaziantep. Questo lavoro si inserisce, inoltre, in un’ottica più ampia di quelle esposta, dello studio cioè a carattere regionale della zona in cui si trovano gli scavi archeologici di Tilmen Höyük; la disponibilità di immagini multitemporali su un ampio intervallo temporale, nonché di tipo multi sensore, con dati multispettrali, doterebbe questo studio di strumenti di conoscenza di altissimo interesse per la caratterizzazione dei cambiamenti intercorsi. Per quanto riguarda l’aspetto più generale, mettere a punto una procedura per il trattamento metrico delle immagini CORONA può rivelarsi utile all’intera comunità che ruota attorno al “mondo” dei GIS e del telerilevamento; come prima ricordato tali immagini (che coprono una superficie di quasi due milioni di chilometri quadrati) rappresentano un patrimonio storico fotografico immenso che potrebbe (e dovrebbe) essere utilizzato sia a scopi archeologici, sia come supporto per lo studio, in ambiente GIS, delle dinamiche territoriali di sviluppo di quelle zone in cui sono scarse o addirittura assenti immagini satellitari dati cartografici pregressi. Il lavoro è stato suddiviso in 6 capitoli, di cui il presente costituisce il primo. Il secondo capitolo è stato dedicato alla descrizione sommaria del progetto spaziale CORONA (progetto statunitense condotto a scopo di fotoricognizione del territorio dell’ex Unione Sovietica e delle aree Mediorientali politicamente correlate ad essa); in questa fase vengono riportate notizie in merito alla nascita e all’evoluzione di tale programma, vengono descritti piuttosto dettagliatamente gli aspetti concernenti le ottiche impiegate e le modalità di acquisizione delle immagini, vengono riportati tutti i riferimenti (storici e non) utili a chi volesse approfondire la conoscenza di questo straordinario programma spaziale. Nel terzo capitolo viene presentata una breve discussione in merito alle immagini panoramiche in generale, vale a dire le modalità di acquisizione, gli aspetti geometrici e prospettici alla base del principio panoramico, i pregi ed i difetti di questo tipo di immagini. Vengono inoltre presentati i diversi metodi rintracciabili in bibliografia per la correzione delle immagini panoramiche e quelli impiegati dai diversi autori (pochi per la verità) che hanno scelto di conferire un significato metrico (quindi quantitativo e non solo qualitativo come è accaduto per lungo tempo) alle immagini CORONA. Il quarto capitolo rappresenta una breve descrizione del sito archeologico di Tilmen Höyuk; collocazione geografica, cronologia delle varie campagne di studio che l’hanno riguardato, monumenti e suppellettili rinvenute nell’area e che hanno reso possibili una ricostruzione virtuale dell’aspetto originario della città ed una più profonda comprensione della situazione delle capitali del Mediterraneo durante il periodo del Bronzo Medio. Il quinto capitolo è dedicato allo “scopo” principe del lavoro affrontato, vale a dire la generazione dell’ortofotomosaico relativo alla zona di cui sopra. Dopo un’introduzione teorica in merito alla produzione di questo tipo di prodotto (procedure e trasformazioni utilizzabili, metodi di interpolazione dei pixel, qualità del DEM utilizzato), vengono presentati e commentati i risultati ottenuti, cercando di evidenziare le correlazioni fra gli stessi e le problematiche di diversa natura incontrate nella redazione di questo lavoro di tesi. Nel sesto ed ultimo capitolo sono contenute le conclusioni in merito al lavoro in questa sede presentato. Nell’appendice A vengono riportate le tabelle dei punti di controllo utilizzati in fase di orientamento esterno dei fotogrammi.
Resumo:
L’obiettivo di questo lavoro è illustrare l’analisi dello stato di fatto e la progettazione degli interventi di correzione acustica della torre dell’ ex Carico dell’Acqua di Budrio, nella prospettiva di renderla utilizzabile come sala polifunzionale. La norma tecnica ISO 3382-1 [8] delinea criteri generali per l’analisi qualitativa degli ambienti di ascolto. Il capitolo 1 presenta un panorama sintetico sull’acustica architettonica, con particolare riferimento ai descrittori acustici riportati nella ISO 3382 e riporta cenni teorici sulla simulazione numerica. Nel capitolo 2 sono descritte in dettaglio le misurazioni all’interno dell’ambiente. Sono indicate inoltre motivazioni tecniche e teoriche riguardo i metodi di analisi. I valori misurati sono successivamente confrontati con i valori ricavati mediante simulazione numerica realizzata con un software previsionale. La realizzazione e la successiva taratura del modello numerico chiudono il capitolo 2. Il capitolo 3 relaziona in merito agli interventi proposti di correzione acustica. Attraverso il modello tridimensionale tarato si eseguono simulazioni numeriche di diversi interventi di correzione acustica fino a definire una rosa di possibili soluzioni che realizzino gli obiettivi qualitativi riportati nella ISO 3382. Materiali e geometrie sono riportati in dettaglio, insieme ad una esauriente mappatura acustica dell’ambiente, dallo stato di fatto alla progressiva ottimizzazione acustica.
Resumo:
La tesi è uno studio di diversi metodi di rinforzo delle pavimentazioni stradali, diversi per materiali utilizzati e progettazione dell’intervento. Partendo da una ricca Case History fino a giungere al caso specifico dei lavori di rafforzamento e ripristino della sovrastruttura stradale della S.S. n° 67 “Tosco- Romagnola”.
Resumo:
Nel periodo storico compreso tra la seconda metà dell’Ottocento ed il primo ventennio del Novecento, un’ondata di innovazioni tecnologiche e scientifiche, unitamente all’espansione dell’industria siderurgica e la conseguente diffusione del ferro come materiale da costruzione, portarono alla realizzazione di strutture metalliche grandiose. Ciò fu reso possibile grazie ad una fervida attività di ricerca che permise la risoluzione di problematiche tecniche di assoluto rilievo, come la progettazione di grandi coperture o di ponti destinati al traffico ferroviario in grado di coprire luci sempre maggiori. In questo contesto si sviluppò il sistema della chiodatura come metodo di unione per il collegamento rigido e permanente dei vari elementi che compongono la struttura portante metallica. Ad oggi il sistema della chiodatura è stato quasi completamente sostituito dalla bullonatura di acciaio ad alta resistenza e dalla saldatura, che garantendo gli stessi standard di affidabilità e sicurezza, offrono vantaggi in termini economici e di rapidità esecutiva. Tuttavia lo studio delle unioni chiodate continua a rivestire notevole importanza in tutti quei casi in cui il progettista debba occuparsi di restauro, manutenzione o adeguamento di strutture esistenti che in molti casi continuano ad assolvere le funzioni per le quali erano state progettate. La valutazione delle strutture esistenti, in particolare i ponti, ha assunto un’importanza sempre crescente. L’incremento della mobilità e del traffico sulle infrastrutture di trasporto ha portato ad un incremento contemporaneo di carichi e velocità sui ponti. In particolare nelle ferrovie, i ponti rappresentano una parte strategica della rete ferroviaria e in molti casi, essi hanno già raggiunto i loro limiti di capacità di traffico, tanto è vero che l’età media del sessanta percento dei ponti metallici ferroviari è di un centinaio di anni. Pertanto i carichi di servizio, i cicli di sforzo accumulati a causa dei carichi da traffico e il conseguente invecchiamento delle strutture esistenti, inducono la necessità della valutazione della loro rimanente vita a fatica. In questo contesto, la valutazione delle condizioni del ponte e le conseguenti operazioni di manutenzione o sostituzione diventano indispensabili. Negli ultimi decenni sono state effettuate numerose iniziative di ricerca riguardo il comportamento a fatica dei ponti ferroviari chiodati, poiché le passate esperienze hanno mostrato che tali connessioni sono suscettibili di rotture per fatica. Da uno studio dell’ASCE Committee on Fatigue and Fracture Reliability è emerso che l’ottanta, novanta percento delle crisi nelle strutture metalliche è da relazionarsi ai fenomeni di fatica e frattura. Il danno per fatica riportato dai ponti chiodati è stato osservato principalmente sulle unioni tra elementi principali ed è causato dagli sforzi secondari, che si possono sviluppare in diverse parti delle connessioni. In realtà riguardo la valutazione della fatica sui ponti metallici chiodati, si è scoperto che giocano un ruolo importante molti fattori, anzitutto i ponti ferroviari sono soggetti a grandi variazioni delle tensioni indotte da carichi permanenti e accidentali, così come imperfezioni geometriche e inclinazioni o deviazioni di elementi strutturali comportano sforzi secondari che solitamente non vengono considerati nella valutazione del fenomeno della fatica. Vibrazioni, forze orizzontali trasversali, vincoli interni, difetti localizzati o diffusi come danni per la corrosione, rappresentano cause che concorrono al danneggiamento per fatica della struttura. Per questo motivo si studiano dei modelli agli elementi finiti (FE) che riguardino i particolari delle connessioni e che devono poi essere inseriti all’interno di un modello globale del ponte. L’identificazione degli elementi critici a fatica viene infatti solitamente svolta empiricamente, quindi è necessario che i modelli numerici di cui si dispone per analizzare la struttura nei particolari delle connessioni, così come nella sua totalità, siano il più corrispondenti possibile alla situazione reale. Ciò che ci si propone di sviluppare in questa tesi è un procedimento che consenta di affinare i modelli numerici in modo da ottenere un comportamento dinamico analogo a quello del sistema fisico reale. Si è presa in esame la seguente struttura, un ponte metallico ferroviario a binario unico sulla linea Bologna – Padova, che attraversa il fiume Po tra le località di Pontelagoscuro ed Occhiobello in provincia di Ferrara. Questo ponte fu realizzato intorno agli anni che vanno dal 1945 al 1949 e tra il 2002 e il 2006 ha subito interventi di innalzamento, ampliamento ed adeguamento nel contesto delle operazioni di potenziamento della linea ferroviaria, che hanno portato tra l’altro all’affiancamento di un nuovo ponte, anch’esso a singolo binario, per i convogli diretti nella direzione opposta. Le travate metalliche del ponte ferroviario sono costituite da travi principali a traliccio a gabbia chiusa, con uno schema statico di travi semplicemente appoggiate; tutte le aste delle travi reticolari sono formate da profilati metallici in composizione chiodata. In particolare si è rivolta l’attenzione verso una delle travate centrali, della quale si intende affrontare un’analisi numerica con caratterizzazione dinamica del modello agli Elementi Finiti (FEM), in modo da conoscerne lo specifico comportamento strutturale. Ad oggi infatti l’analisi strutturale si basa prevalentemente sulla previsione del comportamento delle strutture tramite modelli matematici basati su procedimenti risolutivi generali, primo fra tutti il Metodo agli Elementi Finiti. Tuttavia i risultati derivanti dal modello numerico possono discostarsi dal reale comportamento della struttura, proprio a causa delle ipotesi poste alla base della modellazione. Difficilmente infatti si ha la possibilità di riscontrare se le ipotesi assunte nel calcolo della struttura corrispondano effettivamente alla situazione reale, tanto più se come nella struttura in esame si tratta di una costruzione datata e della quale si hanno poche informazioni circa i dettagli relativi alla costruzione, considerando inoltre che, come già anticipato, sforzi secondari e altri fattori vengono trascurati nella valutazione del fenomeno della fatica. Nel seguito si prenderanno in esame le ipotesi su masse strutturali, rigidezze dei vincoli e momento d’inerzia delle aste di parete, grandezze che caratterizzano in particolare il comportamento dinamico della struttura; per questo sarebbe ancora più difficilmente verificabile se tali ipotesi corrispondano effettivamente alla costruzione reale. Da queste problematiche nasce l’esigenza di affinare il modello numerico agli Elementi Finiti, identificando a posteriori quei parametri meccanici ritenuti significativi per il comportamento dinamico della struttura in esame. In specifico si andrà a porre il problema di identificazione come un problema di ottimizzazione, dove i valori dei parametri meccanici vengono valutati in modo che le caratteristiche dinamiche del modello, siano il più simili possibile ai risultati ottenuti da elaborazioni sperimentali sulla struttura reale. La funzione costo è definita come la distanza tra frequenze proprie e deformate modali ottenute dalla struttura reale e dal modello matematico; questa funzione può presentare più minimi locali, ma la soluzione esatta del problema è rappresentata solo dal minimo globale. Quindi il successo del processo di ottimizzazione dipende proprio dalla definizione della funzione costo e dalla capacità dell’algoritmo di trovare il minimo globale. Per questo motivo è stato preso in considerazione per la risoluzione del problema, l’algoritmo di tipo evolutivo DE (Differential Evolution Algorithm), perché gli algoritmi genetici ed evolutivi vengono segnalati per robustezza ed efficienza, tra i metodi di ricerca globale caratterizzati dall’obiettivo di evitare la convergenza in minimi locali della funzione costo. Obiettivo della tesi infatti è l’utilizzo dell’algoritmo DE modificato con approssimazione quadratica (DE-Q), per affinare il modello numerico e quindi ottenere l’identificazione dei parametri meccanici che influenzano il comportamento dinamico di una struttura reale, il ponte ferroviario metallico a Pontelagoscuro.
Resumo:
Le wavelet sono una nuova famiglia di funzioni matematiche che permettono di decomporre una data funzione nelle sue diverse componenti in frequenza. Esse combinano le proprietà dell’ortogonalità, il supporto compatto, la localizzazione in tempo e frequenza e algoritmi veloci. Sono considerate, perciò, uno strumento versatile sia per il contenuto matematico, sia per le applicazioni. Nell’ultimo decennio si sono diffuse e imposte come uno degli strumenti migliori nell’analisi dei segnali, a fianco, o addirittura come sostitute, dei metodi di Fourier. Si parte dalla nascita di esse (1807) attribuita a J. Fourier, si considera la wavelet di A. Haar (1909) per poi incentrare l’attenzione sugli anni ’80, in cui J. Morlet e A. Grossmann definiscono compiutamente le wavelet nel campo della fisica quantistica. Altri matematici e scienziati, nel corso del Novecento, danno il loro contributo a questo tipo di funzioni matematiche. Tra tutti emerge il lavoro (1987) della matematica e fisica belga, I. Daubechies, che propone le wavelet a supporto compatto, considerate la pietra miliare delle applicazioni wavelet moderne. Dopo una trattazione matematica delle wavalet, dei relativi algoritmi e del confronto con il metodo di Fourier, si passano in rassegna le principali applicazioni di esse nei vari campi: compressione delle impronte digitali, compressione delle immagini, medicina, finanza, astonomia, ecc. . . . Si riserva maggiore attenzione ed approfondimento alle applicazioni delle wavelet in campo sonoro, relativamente alla compressione audio, alla rimozione del rumore e alle tecniche di rappresentazione del segnale. In conclusione si accenna ai possibili sviluppi e impieghi delle wavelet nel futuro.
Resumo:
Oggetto di questa tesi è lo studio parametrico del comportamento di paratie mediante modellazione numerica agli elementi finiti. Si è anche analizzato l’aspetto normativo relativo ad esse ed in particolare si è applicato il D.M. 2008 ad una paratia sottolineando le innovazioni nella progettazione geotecnica. Le paratie sono opere di sostegno flessibili interagenti con i fronti di scavo e costituite da una porzione fuori terra, soggetta a condizioni di spinta attiva, e una porzione interrata che contrappone la resistenza passiva del terreno. Le opere di sostegno flessibile si dividono in due categorie: diaframmi e palancole che differiscono molto fra loro sia per il materiale con cui sono realizzate, sia per la tecnica di messa in opera, sia per la geometria, ma hanno in comune il meccanismo di funzionamento. Sono stati illustrati i metodi di calcolo per lo studio delle paratie: metodi dell’equilibrio limite a rottura, metodi a molle e metodi agli elementi finiti. I metodi agli elementi finiti negli ultimi anni hanno avuto maggior successo grazie alla possibilità di definire il modello costitutivo sforzi-deformazioni, le condizioni al contorno e le condizioni iniziali. Esistono numerosi programmi di calcolo che si basano sul metodo agli elementi finiti, tra i quali è da annoverare il programma Plaxis che viene molto usato grazie alla presenza di vari modelli costitutivi in grado di simulare il comportamento del terreno. Tra i legami costitutivi presenti nel programma Plaxis, sono stati presi in esame il modello Mohr-Coulomb, l’Hardening model e il Soft Soil Creep model e sono poi stati applicati per eseguire uno studio parametrico del comportamento delle paratie. Si è voluto comprendere la sensibilità dei modelli al variare dei parametri inseriti nel programma. In particolare si è posta attenzione alla modellazione dei terreni in base ai diversi modelli costitutivi studiando il loro effetto sui risultati ottenuti. Si è inoltre eseguito un confronto tra il programma Plaxis e il programma Paratie. Quest’ultimo è un programma di calcolo che prevede la modellazione del terreno con molle elasto-plastiche incrudenti. Il lavoro di tesi viene illustrato in questo volume come segue: nel capitolo 1 si analizzano le principali caratteristiche e tipologie di paratie mettendo in evidenza la complessità dell’analisi di queste opere e i principali metodi di calcolo usati nella progettazione, nel capitolo 2 si è illustrato lo studio delle paratie secondo le prescrizioni del D.M. 2008. Per comprendere l’argomento è stato necessario illustrare i principi base di questo decreto e le caratteristiche generali del capitolo 6 dedicato alla progettazione geotecnica. Le paratie sono poi state studiate in condizioni sismiche secondo quanto previsto dal D.M. 2008 partendo dall’analisi degli aspetti innovativi nella progettazione sismica per poi illustrare i metodi pseudo-statici utilizzati nello studio delle paratie soggette ad azione sismica. Nel capitolo 3 si sono presi in esame i due programmi di calcolo maggiormente utilizzati per la modellazione delle paratie: Paratie e Plaxis. Dopo aver illustrato i due programmi per comprenderne le potenzialità, i limiti e le differenze, si sono analizzati i principali modelli costituitivi implementati nel programma Plaxis, infine si sono mostrati alcuni studi di modellazione presenti in letteratura. Si è posta molta attenzione ai modelli costitutivi, in particolare a quelli di Mohr-Coulomb, Hardening Soil model e Soft Soil Creep model capaci di rappresentare il comportamento dei diversi tipi di terreno. Nel capitolo 4, con il programma Plaxis si è eseguita un’analisi parametrica di due modelli di paratie al fine di comprendere come i parametri del terreno, della paratia e dei modelli costitutivi condizionino i risultati. Anche in questo caso si è posta molta attenzione alla modellazione del terreno, aspetto che in questa tesi ha assunto notevole importanza. Dato che nella progettazione delle paratie è spesso utilizzato il programma Paratie (Ceas) si è provveduto ad eseguire un confronto tra i risultati ottenuti con questo programma con quelli ricavati con il programma Plaxis. E’ stata inoltra eseguita la verifica della paratia secondo le prescrizioni del D.M. 2008 dal momento che tale decreto è cogente.
Resumo:
Il concetto di “sostenibilità” si riferisce allo sviluppo dei sistemi umani attraverso il più piccolo impatto possibile sul sistema ambientale. Le opere che si inseriscono bene nel contesto ambientale circostante e le pratiche che rispettano le risorse in maniera tale da permettere una crescita e uno sviluppo a lungo termine senza impattare sull’ambiente sono indispensabili in una società moderna. I progressi passati, presenti e futuri che hanno reso i conglomerati bituminosi materiali sostenibili dal punto di vista ambientale sono particolarmente importanti data la grande quantità di conglomerato usato annualmente in Europa e negli Stati Uniti. I produttori di bitume e di conglomerato bituminoso stanno sviluppando tecniche innovative per ridurre l’impatto ambientale senza compromettere le prestazioni meccaniche finali. Un conglomerato bituminoso ad “alta lavorabilità” (WMA), pur sviluppando le stesse caratteristiche meccaniche, richiede un temperatura di produzione minore rispetto a quella di un tradizionale conglomerato bituminoso a caldo (HMA). L’abbassamento della temperature di produzione riduce le emissioni nocive. Questo migliora le condizioni dei lavoratori ed è orientato verso uno sviluppo sostenibile. L’obbiettivo principale di questa tesi di laurea è quello di dimostrare il duplice valore sia dal punto di vista dell’eco-compatibilità sia dal punto di vista meccanico di questi conglomerati bituminosi ad “alta lavorabilità”. In particolare in questa tesi di laurea è stato studiato uno SMA ad “alta lavorabilità” (PGGWMA). L’uso di materiali a basso impatto ambientale è la prima fase verso un progetto ecocompatibile ma non può che essere il punto di partenza. L’approccio ecocompatibile deve essere esteso anche ai metodi di progetto e alla caratterizzazione di laboratorio dei materiali perché solo in questo modo è possibile ricavare le massime potenzialità dai materiali usati. Un’appropriata caratterizzazione del conglomerato bituminoso è fondamentale e necessaria per una realistica previsione delle performance di una pavimentazione stradale. La caratterizzazione volumetrica (Mix Design) e meccanica (Deformazioni Permanenti e Comportamento a fatica) di un conglomerato bituminoso è una fase importante. Inoltre, al fine di utilizzare correttamente i materiali, un metodo di progetto avanzato ed efficiente, come quello rappresentato da un approccio Empirico-Meccanicistico (ME), deve essere utilizzato. Una procedura di progetto Empirico-Meccanicistica consiste di un modello strutturale capace di prevedere gli stati di tensione e deformazione all’interno della pavimentazione sotto l’azione del traffico e in funzione delle condizioni atmosferiche e di modelli empirici, calibrati sul comportamento dei materiali, che collegano la risposta strutturale alle performance della pavimentazione. Nel 1996 in California, per poter effettivamente sfruttare i benefici dei continui progressi nel campo delle pavimentazioni stradali, fu iniziato un estensivo progetto di ricerca mirato allo sviluppo dei metodi di progetto Empirico - Meccanicistici per le pavimentazioni stradali. Il risultato finale fu la prima versione del software CalME che fornisce all’utente tre approcci diversi di l’analisi e progetto: un approccio Empirico, uno Empirico - Meccanicistico classico e un approccio Empirico - Meccanicistico Incrementale - Ricorsivo. Questo tesi di laurea si concentra sulla procedura Incrementale - Ricorsiva del software CalME, basata su modelli di danno per quanto riguarda la fatica e l’accumulo di deformazioni di taglio dai quali dipendono rispettivamente la fessurazione superficiale e le deformazioni permanenti nella pavimentazione. Tale procedura funziona per incrementi temporali successivi e, usando i risultati di ogni incremento temporale, ricorsivamente, come input dell’incremento temporale successivo, prevede le condizioni di una pavimentazione stradale per quanto riguarda il modulo complesso dei diversi strati, le fessurazioni superficiali dovute alla fatica, le deformazioni permanenti e la rugosità superficiale. Al fine di verificare le propreità meccaniche del PGGWMA e le reciproche relazioni in termini di danno a fatica e deformazioni permanenti tra strato superficiale e struttura della pavimentazione per fissate condizioni ambientali e di traffico, è stata usata la procedura Incrementale – Ricorsiva del software CalME. Il conglomerato bituminoso studiato (PGGWMA) è stato usato in una pavimentazione stradale come strato superficiale di 60 mm di spessore. Le performance della pavimentazione sono state confrontate a quelle della stessa pavimentazione in cui altri tipi di conglomerato bituminoso sono stati usati come strato superficiale. I tre tipi di conglomerato bituminoso usati come termini di paragone sono stati: un conglomerato bituminoso ad “alta lavorabilità” con granulometria “chiusa” non modificato (DGWMA), un conglomerato bituminoso modificato con polverino di gomma con granulometria “aperta” (GGRAC) e un conglomerato bituminoso non modificato con granulometria “chiusa” (DGAC). Nel Capitolo I è stato introdotto il problema del progetto ecocompatibile delle pavimentazioni stradali. I materiali a basso impatto ambientale come i conglomerati bituminosi ad “alta lavorabilità” e i conglomerati bituminosi modificati con polverino di gomma sono stati descritti in dettaglio. Inoltre è stata discussa l’importanza della caratterizzazione di laboratorio dei materiali e il valore di un metodo razionale di progetto delle pavimentazioni stradali. Nel Capitolo II sono stati descritti i diversi approcci progettuali utilizzabili con il CalME e in particolare è stata spiegata la procedura Incrementale – Ricorsiva. Nel Capitolo III sono state studiate le proprietà volumetriche e meccaniche del PGGWMA. Test di Fatica e di Deformazioni Permanenti, eseguiti rispettivamente con la macchina a fatica per flessione su quattro punti e il Simple Shear Test device (macchina di taglio semplice), sono stati effettuati su provini di conglomerato bituminoso e i risultati dei test sono stati riassunti. Attraverso questi dati di laboratorio, i parametri dei modelli della Master Curve, del danno a fatica e dell’accumulo di deformazioni di taglio usati nella procedura Incrementale – Ricorsiva del CalME sono stati valutati. Infine, nel Capitolo IV, sono stati presentati i risultati delle simulazioni di pavimentazioni stradali con diversi strati superficiali. Per ogni pavimentazione sono stati analizzati la fessurazione superficiale complessiva, le deformazioni permanenti complessive, il danno a fatica e la profondità delle deformazioni in ognuno degli stati legati.
Resumo:
Lo scopo del seguente lavoro sara' quello di illustrare i mezzi utilizzati in ambito amministrativo per garantire la privacy delle comunicazioni: stiamo parlando della PEC, ovvero della posta elettronica certificata. Inizialmente si tratteranno aspetti piu' tecnici legati a tale strumento, dandone una definizione e illustrando i metodi di funzionamento; successivamente si affronteranno invece aspetti legati piu' nel dettaglio all’ambito giuridico,
Resumo:
Il MUV, ovvero il Museo della Vela di Ravenna vuole ripercorrere la storia della navigazione a vela dai primordi ai giorni nostri. La quantità di materiale ed il tema di enormi dimensioni richiedono la semplificazione dell’apparato museologico. La vela, come la ruota, è stata probabilmente una delle più grandi invenzioni nella storia dell’umanità considerando che la maggior parte del globo è composta da acqua, permetteva di muoversi, emigrare, esplorare, scappare, procacciare cibo, comunicare, conquistare e commerciare. In questo museo si vuole ripercorrere la storia della vela attraverso i cambiamenti significativi delle tre parti fondamentali di una imbarcazione a vela: scafo, timone e vela. Infatti, ognuno di questi componenti è stato, durante la storia dell’uomo, ottimizzato e trasformato per poter sfruttare al massimo l’energia del vento. Le sezioni espositive saranno divise per grandi periodi significativi della storia, cercando di creare un filo conduttore. Dapprima la vela era utilizzata per muoversi più velocemente e per cercare cibo, poi per il trasporto e la vendita di materie prime e successivamente per andare alla scoperta del mondo e per combattere mentre ora è anche strumento di diletto o competizione sportiva. Tutti questi casi sono accumunati dalla volontà dell’uomo di arrivare sempre per primo, a prescindere dall’epoca o dallo scopo. In fondo all’inizio si competeva per raggiungere per primi un nuovo territorio, poi arrivare primi voleva dire decidere il prezzo delle spezie sul mercato e successivamente avere una barca veloce permetteva poter sfuggire al nemico o catturarlo. Adesso si compete per sport, per diletto o , secondo le ultime necessità ecosostenibili, per riuscire a muoversi più velocemente possibile ma anche nel modo più economico e sostenibile. Il MUV cerca di raccontare la continua ed infinita “ regata ” che l’uomo nel corso dei secoli compie con se stesso e di mostrare al visitatore come sono cambiati scafi, vele e metodi di navigazione durante la storia. Il progetto nasce dall’idea di valorizzare l’area urbana in sponda sinistra del Canale Candiano nella città di Ravenna compresa tra le vie Eustachio Manfredi, Montecatini, delle Industrie e Salona oggi area a destinazione industriale in forte trasformazione con utilizzo futuro a prevalenza civica, ossia per l’istruzione , la ricerca, lo svago e cultura. I principali obiettivi sono stati il miglioramento dell’accessibilità del Canale Candiano dagli spazi circostanti, rendendo fruibile al visitatore soprattutto le rive del canale riavvicinando così la città all’acqua e la progettazione di idonei edifici museali e di ricerca per accogliere, mostrare e conservare il patrimonio e di creare un anello di congiunzione funzionale e culturale all’interno del tessuto urbano creando interconnessioni tra i vari livelli di conoscenza e di accessibilità nel mondo velico. La volontà è stata quella di non creare un’isola nella città ma di creare un anello di congiunzione funzionale e culturale all’interno del tessuto urbano creando interconnessioni tra i vari livelli di conoscenza e di accessibilità. Nell’ area potrà accedere chi si avvicina alla vela, chi la conosce e vorrebbe saperne di più, un esperto velista o chi lavora nel settore dei materiali costruttivi o nel campo universitario e di sperimentazione. Il complesso museale è stato pensato per mantenere fruibile a tutti l’attacco a terra dandogli un carattere prettamente pubblico. Il museo vero e proprio è composto da una serie di volumi che si adagiano attorno alla grande permanenza in laterizio e calcestruzzo e insieme a questa creano una corte pubblica di 35 m x 35 m. L’intero patio con i vari camminamenti perimetrali è fruibili a chiunque, anche senza biglietto così come il corpo a ovest, orientato secondo l’asse che collega l’area al Mausoleo di Teodorico, che contiene una caffetteria, il bookshop più vari servizi. Sul lato nord e sul alto est del patio un’altra caffetteria, un ristorante e una parte di esposizione temporanea concludono l’attacco a terra dandogli definitivamente un carattere pubblico. Così facendo ho cercato di aprire lo spazio del patio verso tutta l’area mentre sul lato ovest c’è stata la volontà di chiudersi rispetto all’intorno essendo vicini a una zona residenziale e si è deciso di destinare questa parte a deposito, carico-scarico e servizi del personale. La disposizione dei volumi dell’edificio museale è stata subordinata nel rispetto dell’edificio di valore documentale in laterizio che si voleva mantenere. Partendo da una griglia modulata sugli edifici con vincoli comunali presenti nell’area il museo si è sviluppato come blocchi longitudinali di pochi piani. La volontà di abbracciare il volume in laterizio è stata fin da subito una delle scelte chiave e ha dato cosi forma a una grande corte che richiama i chiostri delle basiliche del centro di Ravenna, trattando quindi quasi come un monumento la vecchia fabbrica di zolfo.
Resumo:
Abbiamo studiato una nuova classe di catalizzatori per la sintesi di biodiesel mediante transesterificazione di trigliceridi in fase liquida con metanolo. Si sono preparate diverse serie di catalizzatori rispettivamente a base di magnesio ossido e idrotalcite dispersi su allumina commerciale mesoporosa. Partendo dai medesimi precursori ottenuti tramite wet-impregnation dell’allumina con soluzioni di magnesio metossido, si sono poi seguiti differenti metodi di calcinazione. Per la creazione della fase idrotalcite si è sfruttato un processo idrotermale di dealluminazione, comunemente impiegato nella sintesi delle zeoliti. Gli spettri XRD e le analisi TPD con biossido di carbonio confermano l’avvenuta formazione delle fasi ricercate. Il confronto tra il rapporto Mg/Al superficiale (ottenuto da analisi XPS) e bulk (ottenuto da analisi SEM/EDX) suggeriscono che la formazione della fase idrotalcite è dovuta ad una reazione allo stato solido avvenuta a seguito del trattamento dei campioni con vapore ad alta temperatura. Tutti i materiali preparati si sono dimostrati essere catalizzatori attivi per la transesterificazione in fase liquida del tributirrato e del triottanoato (molecole modello per la sintesi del biodiesel) con metanolo. I catalizzatori a base di idrotalcite hanno dimostrato le migliori proprietà catalitiche.
Resumo:
Lo stato attuale del mercato continua a dimostrare come l'interesse del pubblico verso i dispositivi mobili sia in costante crescita; se fino a pochi anni fa il termine smartphone era ai piu' privo di significato, ora e' abbastanza comune per giovani e adulti essere concentrati su piccoli dispositivi dove si possono contattare i clienti via e-mail, verificare lo stato di avanzamento dei processi aziendali, consultare il web e cosi' via. L'obiettivo di questa tesi e' introdurre l'utilizzo di diverse tipologie di framework, prendendo come riferimento i sistemi operativi per i dispositivi mobili e quello di presentare soluzioni (attraverso i framework) per lo sviluppo di applicazioni mobili su diverse piattaforme software.
Resumo:
La tesi analizza le principali metodologie e tecniche per il recupero e il consolidamento di edifici in muratura esistenti. Dopo un’iniziale descrizione dei materiali costituenti e delle possibili tipologie costruttive, si evidenziano le caratteristiche meccaniche e le verifiche da attuare in base alle normative vigenti. Vengono poi analizzati i principali elementi strutturali e le norme generali per gli edifici in muratura, nonché i possibili metodi di intervento in base al livello di conoscenza delle costruzioni esistenti. Infine, dopo aver presentato le più importanti indagini e prove, vengono descritte le principali tecniche di consolidamento e i criteri per gli interventi sugli edifici in muratura.