44 resultados para Io sono l’ultimo


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This dissertation is aimed at analysing deeply and thoroughly the most significant topics and features reflected in the Latin American literary work of Alberto Manzi. His almost thirty years of travelling and volunteering in the indigenous communities of South America formed a background of knowledge and experiences, which turned out to be crucial for the genesis of his Latin American trilogy. In the light of this, not only are ‘La luna nelle baracche’, ‘El loco’ and ‘E venne il sabato’ a speaking testimony of Manzi’s life and inner development, but they also offer a privileged perspective on the social, historical and religious situation of the people of Latin America. For a better understanding of the books, chapter one provides an extensive historical and economic commentary stretching over a century, from the collapse of the Spanish Empire to the rise of modern dictatorships in the late ‘70s, and the long democratic transition of the ‘80s. As far as the religious background is concerned, it is important to mention the influence of the liberation theology in the shaping of Manzi’s revolutionary thought. Indeed, chapter two identifies the precursors of the liberation theology, considers the effects of the Second Vatican Council on Latin America’s Catholic Church, and presents the methodology and the most powerful intuitions of the liberation theology. Finally, chapter three employs a critical analysis of Manzi’s Latin American trilogy, which focuses on his personal journal of his time in the austral continent, and Sonia and Giulia Manzi’s testimony published in a book entitled ‘Non è mai troppo tardi’. Chapter three provides an in-depth analysis of the evolution of the author’s revolutionary thought and plot dynamics; it discusses the psychological profile of the characters, the cultural features of the indigenous traditions, and the author’s urge to involve the readership in a permanent process of self-questioning.

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Nonostante il multilinguismo faccia parte del patrimonio comune europeo, la diversità linguistica può rappresentare un ostacolo alla comunicazione. Per promuovere l' integrazione e la mobilità all'interno del nostro continente, l'Unione Europea si impegna a finanziare progetti per sviluppare la pratica dell'intercomprensione. Si tratta di programmi che migliorano le capacità ricettive, che consentono la comunicazione tra persone che parlano lingue diverse e che facilitano l'apprendimento linguistico grazie alle somiglianze lessicali e morfosintattiche tra lingue che fanno parte di una stessa famiglia. L'ambito dove più si sono sviluppati questi progetti negli ultimi vent'anni è quello delle lingue romanze. Nella prima parte di questo lavoro, si introdurrà il concetto di intercomprensione e si spiegheranno i suoi obiettivi e i suoi vantaggi. Nella seconda parte, si esamineranno i principali metodi di intercomprensione tra lingue romanze. A causa dello spazio limitato, è stato necessario scegliere solo alcune tipologie di programmi e i loro esempi più rappresentativi: si prenderanno in considerazione solo i progetti che comprendono anche il catalano e si focalizzerà l'attenzione sulle piattaforme digitali, sui programmi per bambini e sui manuali.

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Reg-Io è un creatore di storie tramite il quale il bambino può divertirsi ad inventare racconti senza preoccuparsi della loro struttura narrativa. Il gioco invita il bambino a sperimentare le possibili relazioni tra le componenti così da poter trovare un modo per esprimere sé stessi e le proprie emozioni. Nella dinamica stessa del gioco non ci sono errori o scelte sbagliate, rendendo l'esperienza ludica totalmente libera e personale. L’obiettivo di Reg-Io è quello di abbattere l’insorgere di preconcetti e stereotipi sociali, che andrebbero radicandosi nel corso del tempo, tramite il gioco.

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Il Lavoro si inserisce nel quadro complesso del settore Energy & Utilities e si propone l’obiettivo di analizzare l’attuale mercato dell’energia per individuarne i driver al cambiamento e presentare un innovativo modello di business per le aziende di vendita di energia, con lo scopo di recuperare efficienza nella gestione del Cliente finale, cercando di quantificarne i vantaggi potenziali. L’attività di studio e progettuale è stata svolta nell’ambito di un periodo di tirocinio formativo della durata di sei mesi, effettuato presso Engineering Ingegneria Informatica S.p.A., in particolare nella sede di viale Masini di Bologna, a seguito della candidatura autonoma dello studente e del suo immediato inserimento nei processi di business della divisione Utilities dell’azienda. Il Lavoro si suddivide in 9 capitoli: dopo una breve introduzione sul settore Energy&Utilities, nei primi quattro capitoli sono descritte le filiere produttive dei principali servizi, i principali attori del mercato e gli aspetti normativi e tariffari che caratterizzano l’intero settore, valutando in particolare la formazione del prezzo del gas e dell’energia elettrica. I capitoli cinque e sei descrivono invece le principali tendenze, le strategie competitive in atto nel mercato delle Utilities e l’importanza del Cliente, in un’ottica di CRM che segue i dettami del modello “Customer Centric”. Gli ultimi capitoli mostrano invece, dopo una breve presentazione dell’azienda in cui lo studente ha svolto l’attività, l’intero lavoro di analisi realizzato, input del modello di business a chiusura del Lavoro, volto a quantificare gli impatti del processo di liberalizzazione che ha radicalmente modificato il settore delle Utilities negli ultimi anni, valutando a proposito la profittabilità per un cliente medio in base ad un’opportuna pre-analisi di segmentazione. Il modello di business che occupa l’ultimo capitolo costituisce una soluzione originale e innovativa per incrementare tale profittabilità.

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Nel campo della tecnologia, l’ultimo decennio è stato caratterizzato da significativi sviluppi nel mondo dei dispositivi mobili. Si è passati dal tradizionale telefono cellulare, ai più recenti palmari e Smartphone che integrano al tradizionale stereotipo di telefono cellulare, funzionalità avanzate su hardware molto sofisticato. Con un moderno dispositivo mobile infatti, è possibile collegarsi ad Internet, leggere mail, guardare video, scaricare applicazioni e installarle per poterne così fruire. L’International Telecommunications Union (ITU-T) ha stimato che alla fine del 2010 il numero di utenti Internet a livello mondiale ha raggiunto i 2 mi- liardi e che gli accessi alla rete cellulare hanno raggiunto circa 5,3 miliardi di sottoscrizioni. Se si considera inoltre che le reti 2G verranno sostituite da quelle 3G (che consente una connessione alla rete a banda larga tramite dispositivi cellulari), è inevitabile che nel prossimo futuro, gli utilizzatori di Internet tramite rete mobile potranno arrivare ad essere anche qualche miliardo. Le applicazioni disponibili in rete sono spesso scritte in linguaggio Java che su dispositivi embedded, dove è cruciale il consumo di energia, mettono in crisi la durata della batteria del dispositivo. Altre applicazioni scritte in linguaggi meno dispendiosi in termini di consumi energetici, hanno un’interfaccia scarna, a volte addirittura ridotta a semplice terminale testuale, che non è indicata per utenti poco esperti. Infine altre applicazioni sono state eseguite solo su simulatori o emulatori, perciò non forniscono riscontri su dispositivi reali. In questa tesi verrà mostrato come su un dispositivo mobile sia possibile utilizzare, tramite un’interfaccia “user-friendly”, una tecnologia già esistente e diffusa come il VoIP in maniera tale che qualunque tipologia di utente possa utilizzarla senza conoscerne i dettagli tecnici. Tale applicazione, dovendo utilizzare una connessione dati, sfrutterà o una connessione a una rete WLAN o una connessione a una rete cellulare (GPRS, UMTS e HSDPA ad esempio) a seconda della dotazione hardware dell’apparecchio mobile e della locazione dello stesso in una rete accessibile dall’utente.

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Questa riflessione sulla città contemporanea nasce dall’esigenza di definire delle pratiche d’intervento utili alla gestione di una realtà urbana. Seguendo il pensiero di studiosi delle varie discipline quali la composizione e l’urbanistica, mi assumo la responsabilità di analizzare una pratica urbana utile alla gestione delle realtà conflittuali, senza voler entrare nel merito di burocrazie, a volte caotiche, ma semplicemente seguendo l’aspetto sociale e urbanistico di un intervento. Un riflessione generale su quelle che sono le pratiche urbane contemporanee, alla ricerca di una soluzione che possa infine risolvere le problematiche delle città: Agopuntura Urbana. Durante lo studio delle dinamiche, che portano alla formazione di un tessuto urbano, spesso veniamo a conoscenza di realtà malate frutto della continua evoluzione della città. Il progresso, in ogni suo campo, ha anche determinato un’evoluzione del comportamento sociale: ci troviamo spesso all’interno di una frenetica rete d’idee e di cambiamenti. La strategia dell’Agopuntura Urbana proposta da Jaime Lerner ci fornisce le soluzioni per risolvere il corpo urbano e la sua visione olistica, le analisi, lo studio e le conseguenti soluzioni, le quali, non sono da ricercare nella complessità ma piuttosto nella semplicità degli interventi: un’oculata riqualificazione che metta in primo piano le necessità della collettività. Nell’incontenibile serie di eventi, che hanno caratterizzato l’ultimo secolo, ritroviamo una realtà che ricerca soluzioni: la società vuole soluzioni per migliorare le realtà sociali contemporanee all’interno del proprio panorama urbano. ANDREA FALCO

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Questa tesi di laurea nasce da una collaborazione con il Centro Studi Vitruviani di Fano, un’associazione nata il 30 Settembre 2010 nella mia città. Le note vicende riguardanti la Basilica vitruviana di Fano fanno della città adriatica il luogo più autorevole per accogliere un Centro Studi Internazionale dedicato all’opera di Vitruvio. Questa associazione è nata come contenitore di riferimento per eventi e iniziative legate al mondo della classicità intesa come momento storico, ma anche come più ampio fenomeno non solo artistico che interessa trasversalmente tutta la cultura occidentale. La creazione di un’istituzione culturale, di fondazione pubblico-privata, con l'obiettivo di porsi a riferimento internazionale per il proprio ambito di ricerca, è notizia comunque rilevante in un periodo in cui lo Stato vara l’articolo 7 comma 22 di una legge che ribadisce la fine dei finanziamenti agli enti, agli istituti, e alle fondazioni culturali. Il Centro Studi Vitruviani dovrà diventare presto sede di momenti scientifici alta, borse di studio, occasioni divulgative, mostre, iniziative didattiche. L’alto livello scientifico mi si è presentato subito chiaro durante questi mesi di collaborazione con il Centro, quando ho avuto l’occasione di incontrare e conoscere e contattare personalità quali i Professori Salvatore Settis, Pierre Gros, Howard Burns, Antonio Corso, Antonio Monterroso e Piernicola Pagliara. Attualmente nella mia città il Centro Studi ha una sede non adeguato, non è fruibile al pubblico (per problemi accessi in comune con altri Enti) e non è riconoscibile dall’esterno. L’attuale sede è all’interno del complesso conventuale del S.Agostino. Il Centro Studi mi ha proposto di valutare la possibilità di un ampliamento dell’associazione in questo edificio storico. Nel mio progetto è stato previsto un processo di acquisizione totale del complesso, con un ripensamento dell’accesso riconoscibile dall’esterno, e un progetto di rifunzionalizzazione degli spazi interni. È stata inserita un’aula per la presentazione di libri, incontri e congressi, mostre ed esposizioni, pubblicazioni culturali e specialistiche. Il fatto interessante di questa sede è che l’edificio vive sulle rovine di un tempio romano, già visitabile e inserite nelle visite della città sotterranea. Fano, infatti, è una città di mare, di luce e nello stesso tempo di architetture romane sotterranee. L’identità culturale e artistica della città è incisa nelle pieghe dei suoi resti archeologici. Le mura augustee fanesi costituiscono il tratto più lungo di mura romane conservate nelle città medio-adriatiche. Degli originari 1750 metri, ne rimangono circa 550. Di grande suggestione sono le imponenti strutture murarie rinvenute sotto il complesso del Sant’Agostino che hanno stimolato per secoli la fantasia e suscitato l'interesse di studiosi ed appassionati. Dopo la prima proposta il Centro Studi Vitruviani mi ha lanciato una sfida interessante: l’allargamento dell’area di progetto provando a ripensare ad una musealizzazione delle rovine del teatro romano dell’area adiacente. Nel 2001 l’importante rinvenimento archeologico dell’edificio teatrale ha donato ulteriori informazioni alle ricostruzione di una pianta archeologica della città romana. Questa rovine tutte da scoprire e da ripensare mi si sono presentate come un’occasione unica per il mio progetto di tesi ed, inoltre, estremamente attuali. Nonostante siano passati dieci anni dal rinvenimento del teatro, dell’area mancava un rilievo planimetrico aggiornato, un’ipotesi ricostruttiva delle strutture. Io con questo lavoro di Tesi provo a colmare queste mancanze. La cosa che ritengo più grave è la mancanca di un progetto di musealizzazione per inserire la rovina nelle visite della Fano romana sotteranea. Spero con questa tesi di aver donato materiale e suggestioni alla mia città, per far comprendere la potenzialità dell’area archeologica. Per affrontare questo progetto di Tesi sono risultate fondamentali tre esperienze maturate durante il mio percorso formativo: prima fra tutte la partecipazione nel 2009 al Seminario Internazionale di Museografia di Villa Adriana Premio di Archeologia e Architettura “Giambattista Piranesi” organizzato nella nostra facoltà dal Prof. Arch. Sandro Pittini. A noi studenti è stata data la possibilità di esercitarci in un progetto di installazioni rigorosamente temporanee all’interno del sedime archeologico di Villa Adriana, grande paradigma per l’architettura antica così come per l’architettura contemporanea. Nel corso del quarto anno della facoltà di Architettura ho avuto l’occasione di seguire il corso di Laboratorio di Restauro con i professori Emanuele Fidone e Bruno Messina. Il laboratorio aveva come obiettivo principale quello di sviluppare un approccio progettuale verso la preesistenza storica che vede l'inserimento del nuovo sull'antico non come un problema di opposizione o di imitazione, ma come fertile terreno di confronto creativo. Durante il quinto anno, ho scelto come percorso conclusivo universitario il Laboratorio di Sintesi Finale L’architettura del Museo, avendo già in mente un progetto di tesi che si rivolgesse ad un esercizio teorico di progettazione di un vero e proprio polo culturale. Il percorso intrapreso con il Professor Francesco Saverio Fera mi ha fatto comprendere come l’architettura dell'edificio collettivo, o più semplicemente dell’edificio pubblico si lega indissolubilmente alla vita civile e al suo sviluppo. È per questo che nei primi capitoli di questa Tesi ho cercato di restituire una seria e attenta analisi urbana della mia città. Nel progetto di Tesi prevedo uno spostamento dell’attuale Sezione Archeologica del Museo Civico di Fano nell’area di progetto. Attualmente la statuaria e le iscrizioni romane sono sistemate in sei piccole sale al piano terra del Palazzo Malatestiano: nel portico adiacente sono esposti mosaici e anfore sottoposte all’azione continua di volatili. Anche la Direttrice del Museo, la Dott.ssa Raffaella Pozzi è convinta del necessario e urgente spostamento. Non è possibile lasciare la sezione archeologica della città all’interno degli insufficienti spazi del Palazzo Malatestiano con centinaia di reperti e materiali vari (armi e uniformi, pesi e misure, ceramiche, staturia, marmi, anfore e arredi) chiusi e ammassati all’interno di inadeguati depositi. Il tutto è stato opportunamente motivato in un capitolo di questa Tesi. Credo fortemente che debbano essere le associazioni quali il CSV assieme al già attivissimo Archeclub di Fano e il Museo Archeologico, i veri punti di riferimento per questa rinascita culturale locale e territoriale, per promuovere studi ed iniziative per la memoria, la tutela e la conservazione delle fabbriche classiche e del locale patrimonio monumentale. Questo lavoro di Tesi vuole essere un esercizio teorico che possa segnare l’inizio di un nuovo periodo culturale per la mia città, già iniziato con l’istituzione del Centro Studi Vitruviani. L’evento folkloristico della Fano dei Cesari, una manifestazione sicuramente importante, non può essere l’unico progetto culturale della città! La “Fano dei Cesari” può continuare ad esistere, ma deve essere accompagnata da grandi idee, grandi mostre ed eventi accademici.

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Questo lavoro nasce principalmente da un legame affettivo e di parentela che mi lega alla figura di Mario Giacomelli e alla sua grande opera di fotografo che lo ha portato a raggiungere un ruolo fondamentale nella storia della fotografia contemporanea. Ricordo che sin da quando ero bambino rimanevo affascinato dalle sue opere, da quei paesaggi fotografati in bianco e nero, da quelle sagome dei pretini che sembrano danzare nel vuoto, il tutto però senza capire la vera importanza di quello che avevo davanti ai miei occhi e ignorando completamente tutto l’interesse, le critiche e i dibattiti che quegli scatti accendevano in quegli anni, al punto di venire addirittura esposti in quello che si può definire il museo di arte moderna per antonomasia, ovvero il MoMa, in fondo per me non era altro che uno zio. Il ricordo mi porta nella sua piccola e buia Tipografia Marchigiana, in pieno centro storico a Senigallia, proprio dietro il Municipio, dove lo trovavo sempre indaffarato con timbri, foto e oggetti di ogni tipo, sommerso in un caos primordiale. È incredibile pensare come in quel minuscolo negozio siano passati tutti i più grandi personaggi della fotografia italiana, quali Giuseppe Cavalli, Ferruccio Ferroni, Gianni Berengo Gardin, Ferdinando Scianna; dietro quella facciata di piccola bottega si nascondeva un universo parallelo che entrava in contatto con le più importanti gallerie e musei di arte contemporanea del mondo. Oggi al suo posto c’è una Parrucchieria. Molte cose sono cambiate, io ho capito, aimè in ritardo, l’importanza del personaggio che ho avuto la fortuna di conoscere e di avere come parente. La città stessa si è accorta solo dopo la morte, come spesso accade, di quale formidabile artista ha cresciuto, un artista che è sempre rimasto fedele alla sua terra di origine, che ha rappresentato una fonte inesauribile di spunti per la sua opera fotografica. A quel punto si è scatenato un turbinio di conferenze, mostre e pubblicazioni sul lavoro di Giacomelli, tanto che sarebbe rimasto impossibile a chiunque non capire il peso che questa figura ha ancora oggi per la città. Proprio lo scorso Novembre è ricorso il decennale della sua scomparsa e in questa occasione si è dato il via ad una infinita serie di iniziative, mostre, conferenze e pubblicazioni dedicate alla figura del fotografo senigalliese, ribadendo la necessità per la città di dotarsi di uno spazio idoneo ad ospitare questi eventi. In una recente intervista condotta dal quotidiano Il Resto del Carlino, Simone Giacomelli, figlio del fotografo, ha sottolineato l’urgenza della creazione di uno spazio dedicato alle fotografie del padre “Io lavoro molto con l'estero e sono in contatto con appassionati che arrivano da tutto il mondo per ammirare le foto di Giacomelli. C'è un gruppo di studenti che mi ha contattato dall'Australia. Ho dovuto dire di aspettare perché in città c'è una raccolta di foto al Museo mezzadria ed una parte al Museo dell'informazione. Manca un luogo dove si possa invece vedere tutta la produzione.”. Con queste premesse il progetto per un Centro Internazionale della Fotografia non poteva che essere a Senigallia, non tanto per il fatto di essere la mia città, alla quale sono molto legato, quanto per l’essere stata la culla di un grande artista quale Mario Giacomelli, dalla quale non si è mai voluto allontanare e che ha rappresentato per lui la fonte di ispirazione di quasi tutte le sue opere. Possiamo dire che grazie a questo personaggio, Senigallia è diventata la città della Fotografia, in quanto non passa settimana senza che non venga presentata una nuova iniziativa in ambito fotografico e non vengano organizzate mostre di fotografi di calibro internazionale quali Henri Cartier Bresson, Ara Guler, etc… Ecco quindi motivato il titolo di Internazionale attribuito al museo, in quanto da questo cuore pulsante si dovranno creare una serie di diramazioni che andranno a collegare tutti i principali centri di fotografia mondiali, favorendo lo scambio culturale e il dibattito. Senigallia è una città di modeste dimensioni sulla costa adriatica, una città dalle grandi potenzialità e che fa del turismo sia balneare che culturale i suoi punti di forza. La progettazione di questa sede museale mi ha permesso di affrontare e approfondire lo studio storico della città nella sua evoluzione. Da questa analisi è emerso un caso molto particolare ed interessante, quello di Piazza Simoncelli, un vuoto urbano che si presenta come una vera e propria lacerazione del tessuto cittadino. La piazza infatti è stata sede fino al 1894 di uno dei quattro lotti del ghetto ebraico. Cambia quindi il ruolo del sito. Ma la mancata capacità aggregativa di questo vuoto, data anche dal fatto della mancanza di un edificio rappresentativo, ne muta il ruolo in parcheggio. E’ la storia di molti ghetti italiani inseriti in piani di risanamento che vedevano la presenza del costruito antecedente, come anomalia da sanare. E’ la storia del ghetto di Roma o di quello di Firenze, che sorgeva nel luogo dell’attuale Piazza della Repubblica. Tutti sventrati senza motivazioni diverse che non la fatiscenza dell’aggregato. A Senigallia il risultato è stato una vera e propria lacerazione del tessuto urbano, giungendo alla produzione di un vuoto oppositivo al resto della città, che ha portato la perdita della continuità spaziale, se non si vuole poi far riferimento a quella culturale. Il mio intervento quindi vede nel legame con la storia e con l’identità del luogo un punto fondamentale di partenza. Da queste basi ho cercato di sviluppare un progetto che ha come presupposto il forte legame con la memoria del luogo e con le architetture locali. Un progetto che possa rappresentare un polo culturale, un cuore pulsante dove poter sviluppare e approfondire le conoscenze fotografiche, dal quale poter entrare in contatto con tutti i principali centri dedicati alla fotografia e nel quale poter tenere sempre vivo il ricordo di uno dei più importanti artisti che la città ha avuto la fortuna di crescere.

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Il presente lavoro di tesi si inserisce all’interno del progetto Europeo Theseus (Innovative technologies for European coasts in a changing climate), volto a fornire una metodologia integrata per la pianificazione sostenibile di strategie di difesa per la gestione dell’erosione costiera e delle inondazioni che tengano in conto non solo gli aspetti tecnici ma anche quelli sociali, economici e ambientali/ecologici. L'area oggetto di studio di questo elaborato di tesi è la zona costiera della Regione Emilia Romagna, costituita unicamente da spiagge sabbiose. In particolare si è focalizzata l’attenzione sulla zona intertidale, in quanto, essendo l’ambiente di transizione tra l’ambiente marino e quello terrestre può fornire indicazioni su fenomeni erosivi di una spiaggia e cambiamenti del livello del mare, unitamente alla risposta agli interventi antropici. Gli obiettivi della tesi sono sostanzialmente tre: un primo obiettivo è confrontare ecosistemi di spiagge dove sono presenti strutture di difesa costiera rispetto a spiagge che ne erano invece prive. Il secondo obiettivo è valutare l’impatto provocato sugli ecosistemi di spiaggia dall’attività stagionale del “bulldozing” e in ultimo proporre un sistema esperto di nuova concezione in grado di prevedere statisticamente la risposta delle comunità bentoniche a diversi tipi di interventi antropici. A tal fine è stato pianificato un disegno di campionamento dove sono stati indagati tre siti differenti per morfologia e impatto antropico: Cesenatico (barriere e pratica bulldozing), Cervia, dissipativa e non soggetta a erosione (assenza di barriere e ma con pratica del bulldozing) e Lido di Dante, tendenzialmente soggetta a erosione (senza barriere e senza pratica del bulldozing). Il campionamento è stato effettuato in 4 tempi (due prima del “bulldozing” e due dopo) nell’arco di 2 anni. In ciascun sito e tempo sono stati campionati 3 transetti perpendicolari alla linea di costa, e per ogni transetto sono stati individuati tre punti relativi ad alta, media e bassa marea. Per ogni variabile considerata sono stati prelevati totale di 216 campioni. Io personalmente ho analizzato i campioni dell’ultima campagna di campionamento, ma ho analizzato l’insieme dei dati. Sono state considerate variabili relative ai popolamenti macrobentonici quali dati di abbondanza, numero di taxa e indice di diversità di Shannon e alcune variabili abiotiche descrittive delle caratteristiche morfologiche dell’area intertidale quali granulometria (mediana, classazione e asimmetria), detrito conchigliare, contenuto di materia organica (TOM), pendenza e lunghezza della zona intertidale, esposizione delle spiagge e indici morfodinamici. L'elaborazione dei dati è stata effettuata mediante tecniche di analisi univariate e multivariate sia sui dati biotici che sulle variabili ambientali, “descrittori dell’habitat”, allo scopo di mettere in luce le interazioni tra le variabili ambientali e le dinamiche dei popolamenti macrobentonici. L’insieme dei risultati delle analisi univariate e multivariate sia dei descrittori ambientali che di quelli biotici, hanno evidenziato, come la risposta delle variabili considerate sia complessa e non lineare. Nonostante non sia stato possibile evidenziare chiari pattern di interazione fra “protezione” e “bulldozing”, sono comunque emerse delle chiare differenze fra i tre siti indagati sia per quanto riguarda le variabili “descrittori dell’habitat” che quelle relative alla struttura dei popolamenti. In risposta a quanto richiesto in contesto water framework directive e in maniera funzionale all’elevate complessità del sistema intertidale è stato proposto un sistema esperto basato su approccio congiunto fuzzy bayesiano (già utilizzato con altre modalità all’interno del progetto Theseus). Con il sistema esperto prodotto, si è deciso di simulare nel sito di Cesenatico due ripascimenti virtuali uno caratterizzato da una gralometria fine e da uno con una granulometria più grossolana rispetto a quella osservata a Cesenatico. Il sistema fuzzy naïve Bayes, nonostante al momento sia ancora in fase di messa a punto, si è dimostrato in grado di gestire l'elevato numero di interazioni ambientali che caratterizzano la risposta della componente biologica macrobentonica nell'habitat intertidale delle spiagge sabbiose.

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La sostenibilità ambientale ed il risparmio energetico rappresentano temi di grande attualità,forse non ancora sufficientemente approfonditi nel contesto dei territori costieri con una vocazione prevalentemente turistica. Il paesaggio marittimo della costa adriatica, con particolare attenzione alle zone di Ravenna e Jesolo, viene riletto attraverso le esperienze didattiche raccolte e rielaborate in questa sede, come vera e propria risorsa. Nel primo caso (Laboratorio di progettazione architettonica I) dedicato alla valorizzazione della foce dei Fiumi Uniti a Ravenna, si sono utilizzati il paesaggio e le emergenze architettoniche del territorio come fonti di ispirazione per la realizzazione di un percorso didattico. La seconda esperienza (Laboratorio di costruzione dell’architettura I), il progetto di un’unità abitativa sviluppata secondo criteri di sostenibilità ambientale sul litorale pugliese, rappresenta un momento di approfondimento di alcuni aspetti tecnici della costruzione, per ciò che riguarderà la ricerca e l’uso dei materiali più performanti. L’ultimo contributo (Laboratorio di sintesi finale), il progetto per la riqualificazione di un’area presso la località di Jesolo, sintetizza al suo interno gli interessi e le conoscenze maturate nel corso delle precedenti esperienze progettuali. Le riflessioni progettuali elaborate all’interno del laboratorio di progettazione del primo anno e del laboratorio di sintesi finale oltre a rappresentare le esperienze di inizio e fine del mio percorso universitario, ne restituiscono bene l’evoluzione, mettendo chiaramente in risalto come la mia attenzione nei confronti del paesaggio sia mutata nel corso degli anni. Nel primo caso la volontà è stata quella di rispettare la memoria del luogo senza modificarne l’identità, per questo si è scelto di collocare lungo il corso dei Fiumi Uniti, dall’immaginaria sorgente, all’incontro tra il Montone ed il Ronco, fino alla foce presso Lido di Dante, una serie di padiglioni che rappresentano gli elementi salienti del territorio ravennate. Per quanto riguarda Jesolo, invece, a causa delle pregresse condizioni dell’area oggetto dell’intervento, si è proceduto in modo più deciso, azzerando il lavoro di urbanizzazione primaria già effettuato, al fine di realizzare un “parco della ricerca”, all’interno del quale sviluppare energia biochimica attraverso l’uso di materia micro-algale, con l’intento di garantire al progetto nel suo insieme tanto una sostenibilità ambientale, quanto economica. Tra queste due esperienze un approfondimento sul tema del risparmio energetico, con il progetto per un’unità abitativa sul litorale pugliese, mette in luce l’interesse ed il progressivo avvicinamento a tematiche legate alla sostenibilità ambientale in ambito architettonico.

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Oggetto della tesi di laurea è la riqualificazione energetica e funzionale dell’ex asilo Santarelli a Forlì. Il complesso sorge su un area al margine del tracciato delle mura storiche della città dove erano collocati gli orti medievali. Promosso dalla collettività e da numerosi enti caritatevoli come primo asilo laico della città, l’edificio venne progettato nel 1934 dall’ing Guido Savini, secondo i caratteri stilistici e compositivi dell’architettura razionalista e inaugurato da donna Rachele Mussolini nel 1937. L’edificio, di proprietà dell’O.A.S.I. A.S.P., ha svolto la sua attività educativa fino alla sua chiusura avvenuta a giugno 2012, a causa degli gli elevati costi di gestione e per l’inidoneità della struttura alle attuali necessità. L’amministrazione comunale ha manifestato l’intenzione di recuperare l’immobile, soggetto al parere della soprintendenza, prevedendo di ospitare nuove funzioni didattiche, a conferma della sua destinazione storica, ma organizzate in base alle esigenze attuali, secondo il principio dell’economicità. Dalle analisi urbane è emerso che il quartiere dispone di servizi quali il museo San Domenico, la casa di riposo e il parco Franco Agosto, ma che al contempo la sua posizione marginale e la struttura della viabilità lo rendono un punto di passaggio automobilistico tra la periferia e il centro storico. Per la formulazione di un programma funzionale si è condotta un’indagine sia sugli attuali servizi didattici che gli indirizzi di sviluppo sociale offerti dall’amministrazione, ha fatto emergere una carenza degli spazi verdi all’interno delle scuole e la presenza di un programma di sviluppo degli orti urbani nelle aree di proprietà comunali. Al fine di rispondere alle esigenze della pubblica amministrazione si è deciso di formulare una proposta di intervento su due livelli. Il primo mediante una ridefinizione fisica del rapporto tra l’edificio, il quartiere e il sistema della mobilità. Il secondo attraverso una proposta funzionale che potesse coinvolgere non solo gli studenti ma tutta la cittadinanza. Per la ridefinizione del rapporto tra l’edificio e il quartiere si è deciso di eliminare l’isolamento dell’edificio imposto dalla recinzione esistente, mediante la 8 realizzazione di nuovi varchi di accesso. Diventa così possibile proporre un nuovo percorso pedonale inserito all’interno dell’area verde dell’edificio. In prossimità dell’accesso su via Val Verde, è stato realizzato un ambiente filtro a relazione tra la città e il verde privato.Per migliorare l’accessibilità, favorire il coinvolgimento del pubblico e promuovere l’interazione con le aree verdi circostanti, si sono definiti dei concetti chiave: chiusura, connessione tra le preesistenze, varco, permeabilità visiva, organicità. La tensostruttura, caratteristica per sua flessibilità, leggerezza e trasparenza, è stato l’elemento scelto per rispondere alle esigenze, permettendo al contempo di distinguere l’intervento dalle preesistenze. Il nuovo programma funzionale suddivide l’edificio in tre zone autonome, così da affiancare alla didattica, una zona pubblica per offrire uno spazio a disposizione della comunità e una commerciale per garantire una quota di risorse finanziarie alla gestione dell’immobile. Nello specifico, la didattica è stata specializzata per l‘insegnamento dell’orticultura, al fine di promuovere l’educazione della sostenibilità ambientale, la valorizzazione degli spazi verdi e la promozione dei prodotti del territorio. L’ispirazione scaturisce dal primo orto didattico nato in America a metà degli anni ‘90 ad opera dello chef Alice Waters, precursore degli attuali sviluppi didattici e sociali all’interno delle scuole. Il recupero di alcune funzioni originali ha favorito la tripartizione dell’edificio, inoltre la disponibilità di più accessi esistenti ha garantito la possibilità di rendere autonoma le tre zone. Le aule sono state collegate direttamente con l’esterno ed il problema del dislivello con il giardino, è stato risolto realizzando un porticato coperto, che dilata lo spazio didattico sull’esterno. Il solarium, nonostante fosse abbandonato da anni, grazie alla sua posizione privilegiata per l’osservazione del parco e della città è stato recuperando inserendolo come nuovo punto di sosta nel sistema dei percorsi pubblici. Per questo è stato necessario progettare un corpo scale esterno per rendere accessibile ed autonomo l’ambiente. L’ultimo aspetto affrontato è l’intervento di retrofit energetico, pensato in varie fasi per essere il meno invasivo possibile sull’immobile, prevede l’installazione di un sistema di ventilazione meccanica, un isolamento termico interno di 10cm in lana di roccia montata 9 meccanicamente e la sostituzione di tutti gli infissi non originali con soluzioni più performanti. Per raggiungere la classe A è stato necessario intervenire anche sugli impianti, introducendo un sistema autonomo per la zona commerciale e la sostituzione di tutti i terminali radianti. Considerando l’elevato fabbisogno di energia primaria si è integrata una parte questa mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili quali fotovoltaico e solare termico. patrimonio storico, adattandolo alle nuove necessità e dimostrando come sia possibile la trasformazione di un edificio fortemente energivoro in una con ridotto fabbisogno energetico senza stravolgere la struttura e aggiungendo qualità e valore.

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In questa tesi viene descritto il funzionamento delle sorgenti di luce LED (Light Emitting Diode) a confinamento quantico, che rappresentano la nuova frontiera dell'illuminazione ad alta efficienza e durata. Nei capitoli introduttivi è descritta brevemente la storia dei LEDs dalla loro invenzione agli sviluppi più recenti. Il funzionamento di tali dispositivi fotonici è spiegato a partire dal concetto di sorgente di luce per elettroluminescenza, con particolare riferimento alle eterostrutture a confinamento quantico bidimensionale (quantum wells). I capitoli centrali riguardano i nitruri dei gruppi III-V, le cui caratteristiche e proprietà hanno permesso di fabbricare LEDs ad alta efficienza e ampio spettro di emissione, soprattutto in relazione al fatto che i LEDs a nitruri dei gruppi III-V emettono luce anche in presenza di alte densità di difetti estesi, nello specifico dislocazioni. I capitoli successivi sono dedicati alla presentazione del lavoro sperimentale svolto, che riguarda la caratterizzazione elettrica, ottica e strutturale di LEDs a confinamento quantico basati su nitruri del gruppo III-V GaN e InGaN, cresciuti nei laboratori di Cambridge dal Center for Gallium Nitride. Lo studio ha come obiettivo finale il confronto dei risultati ottenuti su LEDs con la medesima struttura epitassiale, ma differente densità di dislocazioni, allo scopo di comprendere meglio il ruolo che tali difetti estesi ricoprono nella determinazione dell'effcienza delle sorgenti di luce LED. L’ultimo capitolo riguarda la diffrazione a raggi X dal punto di vista teorico, con particolare attenzione ai metodi di valutazioni dello strain reticolare nei wafer a nitruri, dal quale dipende la densità di dislocazioni.

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L’area di progetto si trova nella parte orientale della città di Jesolo, vicino al confine comunale con Eraclea. A nord è delimitata dal canale Cavetta, al di là del quale si trova il borgo di Cortellazzo, ad est si trova l’ultimo tratto del corso del Piave, a sud si trovano la pineta e l’area del nuovo quartiere residenziale progettato dall’architetto Gonçalo Byrne, ad ovest vi è il progetto di una strada che attraverserà il Cavetta, compresa nella nuova viabilità comunale. Le qualità paesaggistiche dell’area rendono evidente il continuo ed inevitabile rapporto del territorio con l’acqua. Da una parte ci sono le difficoltà che gli abitanti di queste terre hanno sempre avuto, cercando attraverso le bonifiche di difendere le proprie terre, provando a strappare la maggiore quantità possibile di terreno coltivabile alle acque stagnanti. Dall’altra ci sono i benefici che una zona così ricca di acqua ha portato alle coltivazioni. La lettura dell’area, ma anche del territorio circostante, suggerisce un approccio progettuale che porti alla definizione di una nuova identità del luogo: una identità diversa da quella esistente, ma che sia integrata con gli elementi strettamente legati alla natura del territorio.

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Tesi realizzata presso l’azienda Paglierani S.r.l. con sede a Torriana, per l’esigenza di studiare e ottimizzare dinamicamente il manipolatore “Antrop”. Dopo una breve descrizione dell’azienda e della sua storia, nel secondo capitolo sono racchiuse le informazioni più importanti e utili sulla robotica e sugli azionamenti elettrici, nozioni poi sfruttate durante lo svolgimento dell’elaborato stesso. Successivamente sono descritte in modo dettagliato il robot, le sue funzionalità e le sue caratteristiche meccaniche. Seguono l’analisi cinematica e l’analisi dinamica, suddivisa in due parti a causa della geometria cilindrica del manipolatore. Il sesto capitolo contiene il procedimento di mappatura e la logica con cui è stato scritto. Inoltre, vengono presentati i risultati dei test e le conseguenti considerazioni. Nel capitolo settimo è descritta la formulazione analitica delle sollecitazioni per le leve del robot e ne vengono raffigurati i risultati generali. L’ultimo capitolo è dedicato al bilanciamento statico con masse e molle.

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La costituzione dell’Unione Europea nel 1993 pose la questione del dover aiutare le regioni svantaggiate in essa contenute, allo scopo di promuovere i principi di eguaglianza appena stipulati. Allo stesso tempo si dovette cercare uno strumento per facilitare la collaborazione fra le regioni appartenenti all’Unione stessa. Tale strumento sono i Fondi Strutturali Europei, un sistema di autofinanziamento utilizzato per promuovere progetti lavorativi, di cultura o di ricerca in tutta Europa. La distribuzione dei fondi avviene secondo delle regole specifiche e spesso i temi verso cui i fondi vengono rivolti sono scelti di comune accordo tra i Paesi membri. Le amministrazioni regionali hanno quindi la possibilità di usufruire di una notevole quantità di denaro, giustificando in modo appropriato la destinazione d’uso dei fondi e stilando dei piani che ne descrivano la loro suddivisione nei vari progetti. In seguito all’evoluzione tecnologica degli anni ’60 e ’70 nacquero nuovi strumenti a favore delle aziende: i DSS (Decision Support System), descritti come “sistemi informatici a supporto del processo decisionale”. L’uso di questa nuova tecnologia permise una facilitazione dei compiti decisionali, oltre ad un miglioramento delle prestazioni negli ambiti di applicazione. Da tali premesse nascono diversi progetti che puntano ad utilizzare strumenti di supporto alle decisioni nei campi più diversi: amministrativo, medico, politico, culturale. In particolare, l’area d’applicazione politica vive un grande fermento negli ultimi anni, grazie a strumenti in grado di aiutare la classe politica in decisioni su più livelli di scelta e su una grosse mole di dati. Un esempio fra gli altri è la redazione del Programma Operativo Regionale, il quale fa affidamento sui finanziamenti dei Fondi Strutturali Europei per potersi sostentare. Negli ultimi anni la Regione Emilia-Romagna ha puntato molto sull’uso di strumenti informatici e automatizzati come aiuto nella compilazione di progetti, piani operativi e preventivi di spesa, sviluppando delle collaborazioni con diversi Enti ed Università, tra le quali l’Università degli Studi di Bologna. L’ultimo progetto realizzato in collaborazione con la Regione, e qui esposto, riguarda la realizzazione di uno strumento di supporto alle decisioni politiche per la ripartizione dei Fondi Europei, in particolare quelli destinati al Programma Operativo Regionale (POR).