75 resultados para vetro strutturale
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
(U-Th)/He and fission-track analyses of apatite along deep-seated tunnels crossing high-relief mountain ranges offer the opportunity to investigate climate and tectonic forcing on the topographic evolution. In this study, the thermochronologic analysis of a large set of samples collected in the Simplon railway tunnel (western-central Alps; Italy and Switzerland) and along its surface trace, coupled with kinematic and structural analysis of major fault zones intersecting the tunnel, constrains the phenomena controlling the topographic and structural evolution, during the latest stage of exhumation of the Simplon Massif, and the timing in which they operated. The study area is located at the western margin of the Lepontine metamorphic dome where a complex nappe-stack pertaining to the Penninic and Ultrahelvetic domains experienced a fast exhumation from the latest Oligocene onward. The exhumation was mainly accommodated by a west-dipping low-angle detachment (the Simplon Fault Zone) which is located just 8 km to the west of the tunnel. However, along the section itself several faults related to two principal phases both with important dip-slip kinematics have been detected. Cooling rates derived from our thermocronological data vary from about 10 °C/Ma at about 10 Ma to about 35 °C/Ma in the last 5 Ma. Such increase in the cooling rate corresponds to the most important climatic change recorded in the northern hemisphere in the last 10 Ma, i.e. the shift to wetter conditions at the end of the Messinian salinity crisis and the inception of glacial cycles in the northern hemisphere. In addition, (U-Th)/He and fission-track age patterns lack of important correlation with the topography suggesting that the present-day relief morphology is the result of recent erosional dynamics. More in details, the (U-Th)/He tunnel ages show an impressive uniformity at 2 Ma, whereas cooling rates calculated at 1 Ma increase towards the two major valleys. This indicates a focusing of erosive processes in the valleys which led to the shaping of present-day topography. Structural analysis documents the presence of two phases of brittle deformation postdating the metamorphic phases in the area. The first one is directly related to the last phase of activity along the Simplon Fault Zone and is characterized by extension towards SO and vertical shortening. The young one is characterized by extension towards NO and horizontal shortening in a along the NE-SO direction. Structures related to the first phase of brittle deformation generate important variations in the older ages' dataset, until 3 Ma, suggesting that tectonics controlled rocks exhumation up to that age. Structures related to the second phase generate some variations also in the younger age dataset, highlighting the activity of faults bordering the massif and suggesting a continuous activity also after 2 Ma. However, most of (U-Th)/He tunnel ages, varying slightly around 2 Ma, document that the Simplon area has experienced primarily erosional exhumation in this time span. In conclusion, all our data suggest that in the central Italian Alps the climatic signal gradually overrode the tectonic effects after about 5 Ma, as a consequence of the climatic instability started at end of Messinian salinity crisis and improved by the onset of glaciations in the northern hemisphere.
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La catena respiratoria mitocondriale è principalmente costituita da proteine integrali della membrana interna, che hanno la capacità di accoppiare il flusso elettronico, dovuto alle reazioni redox che esse catalizzano, al trasporto di protoni dalla matrice del mitocondrio verso lo spazio intermembrana. Qui i protoni accumulati creano un gradiente elettrochimico utile per la sintesi di ATP ad opera dell’ATP sintasi. Nonostante i notevoli sviluppi della ricerca sulla struttura e sul meccanismo d’azione dei singoli enzimi della catena, la sua organizzazione sovramolecolare, e le implicazioni funzionali che ne derivano, rimangono ancora da chiarire in maniera completa. Da questa problematica trae scopo la presente tesi volta allo studio dell’organizzazione strutturale sovramolecolare della catena respiratoria mediante indagini sia cinetiche che strutturali. Il modello di catena respiratoria più accreditato fino a qualche anno fa si basava sulla teoria delle collisioni casuali (random collision model) che considera i complessi come unità disperse nel doppio strato lipidico, ma collegate funzionalmente tra loro da componenti a basso peso molecolare (Coenzima Q10 e citocromo c). Recenti studi favoriscono invece una organizzazione almeno in parte in stato solido, in cui gli enzimi respiratori si presentano sotto forma di supercomplessi (respirosoma) con indirizzamento diretto (channeling) degli elettroni tra tutti i costituenti, senza distinzione tra fissi e mobili. L’importanza della comprensione delle relazioni che si instaurano tra i complessi , deriva dal fatto che la catena respiratoria gioca un ruolo fondamentale nell’invecchiamento, e nello sviluppo di alcune malattie cronico degenerative attraverso la genesi di specie reattive dell’ossigeno (ROS). E’ noto, infatti, che i ROS aggrediscono, anche i complessi respiratori e che questi, danneggiati, producono più ROS per cui si instaura un circolo vizioso difficile da interrompere. La nostra ipotesi è che, oltre al danno a carico dei singoli complessi, esista una correlazione tra le modificazioni della struttura del supercomplesso, stress ossidativo e deficit energetico. Infatti, la dissociazione del supercomplesso può influenzare la stabilità del Complesso I ed avere ripercussioni sul trasferimento elettronico e protonico; per cui non si può escludere che ciò porti ad un’ulteriore produzione di specie reattive dell’ossigeno. I dati sperimentali prodotti a sostegno del modello del respirosoma si riferiscono principalmente a studi strutturali di elettroforesi su gel di poliacrilammide in condizioni non denaturanti (BN-PAGE) che, però, non danno alcuna informazione sulla funzionalità dei supercomplessi. Pertanto nel nostro laboratorio, abbiamo sviluppato una indagine di tipo cinetico, basata sull’analisi del controllo di flusso metabolico,in grado di distinguere, funzionalmente, tra supercomplessi e complessi respiratori separati. Ciò è possibile in quanto, secondo la teoria del controllo di flusso, in un percorso metabolico lineare composto da una serie di enzimi distinti e connessi da intermedi mobili, ciascun enzima esercita un controllo (percentuale) differente sull’intero flusso metabolico; tale controllo è definito dal coefficiente di controllo di flusso, e la somma di tutti i coefficienti è uguale a 1. In un supercomplesso, invece, gli enzimi sono organizzati come subunità di una entità singola. In questo modo, ognuno di essi controlla in maniera esclusiva l’intero flusso metabolico e mostra un coefficiente di controllo di flusso pari a 1 per cui la somma dei coefficienti di tutti gli elementi del supercomplesso sarà maggiore di 1. In questa tesi sono riportati i risultati dell’analisi cinetica condotta su mitocondri di fegato di ratto (RLM) sia disaccoppiati, che accoppiati in condizioni fosforilanti (stato 3) e non fosforilanti (stato 4). L’analisi ha evidenziato l’associazione preferenziale del Complesso I e Complesso III sia in mitocondri disaccoppiati che accoppiati in stato 3 di respirazione. Quest’ultimo risultato permette per la prima volta di affermare che il supercomplesso I+III è presente anche in mitocondri integri capaci della fosforilazione ossidativa e che il trasferimento elettronico tra i due complessi possa effettivamente realizzarsi anche in condizioni fisiologiche, attraverso un fenomeno di channeling del Coenzima Q10. Sugli stessi campioni è stata eseguita anche un analisi strutturale mediante gel-elettroforesi (2D BN/SDS-PAGE) ed immunoblotting che, oltre a supportare i dati cinetici sullo stato di aggregazione dei complessi respiratori, ci ha permesso di evidenziare il ruolo del citocromo c nel supercomplesso, in particolare per il Complesso IV e di avviare uno studio comparativo esteso ai mitocondri di cuore bovino (BHM), di tubero di patata (POM) e di S. cerevisiae.
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Nel 2009 l'Italia attraversa la più grande crisi economica del secondo dopoguerra. Lo studio di ciò che accade, attraverso uno sguardo attento alle principali variabili congiunturali prodotte nel paese, è fondamentale per capire quali sono state le cause che hanno portato a questa situazione e per dare la possibilità ai policy maker di limitarne gli effetti in futuro. Ma l'Italia non è un territorio dalle caratteristiche monolitiche, è un aggregato di parti molto diverse fra loro. Analizzando il territorio italiano come insieme delle sue parti, osserveremo le medesime condizioni economiche ripetersi in ogni territorio del paese? L'esperienza ci suggerisce di no. La tesi vuole evidenziare come e quanto la struttura caratteristica del tessuto produttivo regionale è responsabile anche della performance economica. La tesi è quindi caratterizzata da due parti. Da un lato si è cercato di analizzare quali siano le differenze nei cicli economici regionali, dall'altro, attraverso l'utilizzo di un sistema di valutazione "fuzzy", si è cercato di ricostruire la natura strutturale delle regioni, al fine di determinare quali siano le specializzazioni che ogni territorio è in grado di mettere in campo. La tesi si conclude con un'analisi comparativa degli indici di dissimilarità tra cicli regionali e nazionale e i livelli sintetici di specializzazione, si è verificato che esiste una relazione forte che lega le caratteristiche strutturali delle regioni alle distanze tra i loro cicli, dimostrando quindi la tesi che struttura regionale e performance economica siano strettamente interconnesse.
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The needs of customers to improve machinery in recent years have driven tractor manufacturers to reduce product life and development costs. The most significant efforts have concentrated on the attempt to decrease the costs of the experimental testing sector. The validation of the tractor prototypes are presently performed with a replication of a particularly unfavourable condition a defined number of times. These laboratory tests do not always faithfully reproduce the real use of the tractor. Therefore, field tests are also carried out to evaluate the prototype during real use, but it is difficult to perform such tests for a period of time long enough to reproduce tractor life usage. In this context, accelerated tests have been introduced in the automotive sector, producing a certain damage to the structure in a reduced amount of time. The goal of this paper is to define a methodology for the realization of accelerated structural tests on a tractor, through the reproduction of real customer tractor usage. A market analysis was performed on a 80 kW power tractor and a series of measures were then taken to simulate the real use of the tractor. Subsequently, the rainflow matrixes of the signals were extrapolated and used to estimate the tractor loadings for 10 years of tractor life. Finally these loadings were reproduced on testing grounds with special road pavements. The results obtained highlight the possibility of reproducing field loadings during road driving on proving grounds (PGs), but the use of two field operations is also necessary. The global acceleration factor obtained in this first step of the methodology is equal to three.
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Il lavoro di ricerca descrive il percorso che ha portato alla redazione del Piano Strutturale del Verde del Comune di Senigallia (AN), quale strumento capace di migliorare la qualità di vita ed il benessere della città, intesa come ecosistema, e dei cittadini, quali parte integrante e, al tempo stesso, fruitori di suddetto ecosistema. Lo studio ha pertanto previsto dapprima un'analisi approfondita e dettagliata dell’intero territorio comunale e, successivamente, la stesura di linee guida e la definizione di soluzioni progettuali tipo indirizzate ad una pianificazione e gestione sostenibile del territorio. Il lavoro svolto non si limita alla descrizione del Piano Strutturale del Verde, ma illustra anche un caso studio francese, quale modello di analisi dell'iter successivo, che è consigliabile seguire dopo l'approvazione di questo tipo di Piani, al fine di renderli concreti ed operativi ed attuare, quindi, le linee guida da essi definite. L’obiettivo risulta dunque quello di evitare che questo importante strumento di pianificazione e gestione del territorio sia dimenticato in un cassetto degli Uffici Comunali.
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Negli impianti utilizzati per la produzione di energia elettrica che sfruttano l'energia solare, quali la tecnologia solare a concentrazione (Solare Termodinamico) sviluppata da ENEA, per minimizzare le dispersioni di calore è necessaria una elevata selettività spettrale. Per ottimizzare l'efficienza dell'impianto è quindi necessario lo sviluppo di materiali innovativi, in grado di minimizzare la quantità di energia dispersa per riflessione. In questo studio, per incrementare la trasmittanza solare dei componenti in vetro presenti nei tubi ricevitori dell'impianto, sono state utilizzate tipologie diverse di rivestimenti antiriflesso (multistrato e a singolo strato poroso). I rivestimenti sono stati ottenuti mediante via umida, con tecnica di sol-gel dip-coating. I sol coprenti sono stati preparati da alcossidi o sali metallici precursori degli ossidi che costituiscono il rivestimento. Sono state approfondite sia la fase di sintesi dei sol coprenti, sia la fase di deposizione sul substrato, che ha richiesto la progettazione e realizzazione di una apparecchiatura prototipale, ossia di un dip-coater in grado di garantire un accurato controllo della velocità di emersione e dell'ambiente di deposizione (temperatura e umidità). Il materiale multistrato applicato su vetro non ha migliorato la trasmittanza del substrato nell'intervallo di lunghezze d'onda dello spettro solare, pur presentando buone caratteristiche antiriflesso nell'intervallo dell'UV-Vis. Al contrario, l'ottimizzazione del rivestimento a base di silice porosa, ha portato all'ottenimento di indici di rifrazione molto bassi (1.15 to 1.18) e ad un incremento della trasmittanza solare dal 91.5% al 96.8%, efficienza superiore agli attuali rivestimenti disponibili in commercio.
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Nel presente lavoro di tesi sono state messe a confronto le ATP sintasi wild-type e γM23-K in cromatofori del batterio fotosintetico Rhodobacter capsulatus sotto gli aspetti funzionale e regolatorio. Si pensava inizialmente che la mutazione, in base a studi riportati in letteratura condotti sull’omologa mutazione in E. coli, avrebbe indotto disaccoppiamento intrinseco nell’enzima. Il presente lavoro ha chiarito che il principale effetto della mutazione è un significativo aumento dell’affinità dell’enzima per l’ADP inibitorio, che ne determina il ridotto livello di ATP idrolisi e la rapidissima reinattivazione in seguito ad attivazione da forza protonmotiva. Il residuo 23 della subunità γ si trova posizionato in prossimità della regione conservata DEELSED carica negativamente della subunità β, e l’introduzione nel mutante di una ulteriore carica positiva potrebbe determinare una maggiore richiesta di energia per indurre l’apertura del sito catalitico. Un’analisi quantitativa dei dati di proton pumping condotta mediante inibizione parziale dell’idrolisi del wildtype ha inoltre mostrato come il grado di accoppiamento del mutante in condizioni standard non differisca sostanzialmente da quello del wild-type. D’altro canto, è stato recentemente osservato come un disaccoppiamento intrinseco possa venire osservato in condizioni opportune anche nel wild-type, e cioè a basse concentrazioni di ADP e Pi. Nel presente lavoro di tesi si è dimostrato come nel mutante l’osservazione del fenomeno del disaccoppiamento intrinseco sia facilitata rispetto al wild-type. È stato proprio nell’ambito delle misure condotte sul mutante che è stato possibile dimostrare per la prima volta il ruolo fondamentale della componente elettrica della forza protonmotiva nel mantenere lo stato enzimatico ad elevato accoppiamento. Tale ruolo è stato successivamente messo in luce anche nel wild-type, in parte anche grazie all’uso di inibitori specifici di F1 e di FO. Il disaccoppiamento intrinseco nel wild-type è stato ulteriormente esaminato anche nella sua dipendenza dalla rimozione di ADP e Pi; in particolare, oltre all’amina fluorescente ACMA, è stata utilizzata come sonda di ΔpH anche la 9-aminoacridina e come sonda di Δψ l’Oxonolo VI. In entrambi i casi il ruolo accoppiante di questi due ligandi è stato confermato, inoltre utilizzando la 9-aminoacridina è stato possibile calibrare il segnale di fluorescenza con salti acido-base, dando quindi una base quantitativa ai dati ottenuti. Noi riteniamo che il più probabile candidato strutturale coinvolto in questi cambiamenti di stato enzimatici sia la subunità ε, di cui è noto il coinvolgimento in processi di regolazione e in cambiamenti strutturali indotti da nucleotidi e dalla forza protonmotiva. In collaborazione con il Dipartimento di Chimica Fisica dell’Università di Friburgo è in atto un progetto per studiare i cambiamenti strutturali presumibilmente associati al disaccoppiamento intrinseco tramite FRET in singola molecola di complessi ATP-sintasici marcati con fluorofori sia sulla subunità ε che sulla subunità γ. Nell’ambito di questa tesi sono stati creati a questo fine alcuni doppi mutanti cisteinici ed è stato messo a punto un protocollo per la loro marcatura con sonde fluorescenti.
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Gli istoni sono proteine basiche che possono essere classificate in varie classi: H1, H2A, H2B, H3 e H4. Queste proteine formano l’ottamero proteico attorno al quale si avvolge il DNA per formare il nucleosoma che è l’unità fondamentale della cromatina. A livello delle code N-terminali, gli istoni possono essere soggetti a numerose modifiche posttraduzionali quali acetilazioni, metilazioni, fosforilazioni, ADP-ribosilazioni e ubiquitinazioni. Queste modifiche portano alla formazione di diversi siti di riconoscimento per diversi complessi enzimatici coinvolti in importanti processi come la riparazione e la replicazione del DNA e l’assemblaggio della cromatina. La più importante e la più studiata di queste modifiche è l’acetilazione che avviene a livello dei residui amminici della catena laterale dell’amminoacido lisina. I livelli corretti di acetilazione delle proteine istoniche sono mantenuti dall’attività combinata di due enzimi: istone acetil transferasi (HAT) e istone deacetilasi (HDAC). Gli enzimi appartenenti a questa famiglia possono essere suddivisi in varie classi a seconda delle loro diverse caratteristiche, quali la localizzazione cellulare, la dimensione, l’omologia strutturale e il meccanismo d’azione. Recentemente è stato osservato che livelli aberranti di HDAC sono coinvolti nella carcinogenesi; per questo motivo numerosi gruppi di ricerca sono interessati alla progettazione e alla sintesi di composti che siano in grado di inibire questa classe enzimatica. L’inibizione delle HDAC può infatti provocare arresto della crescita cellulare, apoptosi o morte cellulare. Per questo motivo la ricerca farmaceutica in campo antitumorale è mirata alla sintesi di inibitori selettivi verso le diverse classi di HDAC per sviluppare farmaci meno tossici e per cercare di comprendere con maggiore chiarezza il ruolo biologico di questi enzimi. Il potenziale antitumorale degli inibitori delle HDAC deriva infatti dalla loro capacità di interferire con diversi processi cellulari, generalmente non più controllati nelle cellule neoplastiche. Nella maggior parte dei casi l’attività antitumorale risiede nella capacità di attivare programmi di differenziamento, di inibire la progressione del ciclo cellulare e di indurre apoptosi. Inoltre sembra essere molto importante anche la capacità di attivare la risposta immunitaria e l’inibizione dell’angiogenesi. Gli inibitori delle HDAC possono essere a loro volta classificati in base alla struttura chimica, alla loro origine (naturale o sintetica), e alla loro capacità di inibire selettivamente le HDAC appartenenti a classi diverse. Non è ancora chiaro se la selettività di queste molecole verso una specifica classe di HDAC sia importante per ottenere un effetto antitumorale, ma sicuramente inibitori selettivi possono essere molto utili per investigare e chiarire il ruolo delle HDAC nei processi cellulari che portano all’insorgenza del tumore. Nel primo capitolo di questa tesi quindi è riportata un’introduzione sull’importanza delle proteine istoniche non solo da un punto di vista strutturale ma anche funzionale per il destino cellulare. Nel secondo capitolo è riportato lo stato dell’arte dell’analisi delle proteine istoniche che comprende sia i metodi tradizionali come il microsequenziamento e l’utilizzo di anticorpi, sia metodi più innovativi (RP-LC, HILIC, HPCE) ideati per poter essere accoppiati ad analisi mediante spettrometria di massa. Questa tecnica consente infatti di ottenere importanti e precise informazioni che possono aiutare sia a identificare gli istoni come proteine che a individuare i siti coinvolti nelle modifiche post-traduzionali. Nel capitolo 3 è riportata la prima parte del lavoro sperimentale di questa tesi volto alla caratterizzazione delle proteine istoniche mediante tecniche cromatografiche accoppiate alla spettrometria di massa. Nella prima fase del lavoro è stato messo a punto un nuovo metodo cromatografico HPLC che ha consentito di ottenere una buona separazione, alla linea di base, delle otto classi istoniche (H1-1, H1-2, H2A-1, H2A-2, H2B, H3-1, H3-2 e H4). La separazione HPLC delle proteine istoniche ha permesso di poter eseguire analisi accurate di spettrometria di massa mediante accoppiamento con un analizzatore a trappola ionica tramite la sorgente electrospray (ESI). E’ stato così possibile identificare e quantificare tutte le isoforme istoniche, che differiscono per il tipo e il numero di modifiche post-traduzionali alle quali sono soggette, previa estrazione da colture cellulari di HT29 (cancro del colon). Un’analisi così dettagliata delle isoforme non può essere ottenuta con i metodi immunologici e permette di eseguire un’indagine molto accurata delle modifiche delle proteine istoniche correlandole ai diversi stadi della progressione del ciclo e alla morte cellulare. Il metodo messo a punto è stato convalidato mediante analisi comparative che prevedono la stessa separazione cromatografica ma accoppiata a uno spettrometro di massa avente sorgente ESI e analizzatore Q-TOF, dotato di maggiore sensibilità e risoluzione. Successivamente, per identificare quali sono gli specifici amminoacidi coinvolti nelle diverse modifiche post-traduzionali, l’istone H4 è stato sottoposto a digestione enzimatica e successiva analisi mediante tecniche MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS. Queste analisi hanno permesso di identificare le specifiche lisine acetilate della coda N-terminale e la sequenza temporale di acetilazione delle lisine stesse. Nel quarto capitolo sono invece riportati gli studi di inibizione, mirati a caratterizzare le modifiche a carico delle proteine istoniche indotte da inibitori delle HDAC, dotati di diverso profilo di potenza e selettività. Dapprima Il metodo messo a punto per l’analisi delle proteine istoniche è stato applicato all’analisi di istoni estratti da cellule HT29 trattate con due noti inibitori delle HDAC, valproato e butirrato, somministrati alle cellule a dosi diverse, che corrispondono alle dosi con cui sono stati testati in vivo, per convalidare il metodo per studi di inibizione di composti incogniti. Successivamente, lo studio è proseguito con lo scopo di evidenziare effetti legati alla diversa potenza e selettività degli inibitori. Le cellule sono state trattate con due inibitori più potenti, SAHA e MS275, alla stessa concentrazione. In entrambi i casi il metodo messo a punto ha permesso di evidenziare l’aumento dei livelli di acetilazione indotto dal trattamento con gli inibitori; ha inoltre messo in luce differenti livelli di acetilazione. Ad esempio il SAHA, potente inibitore di tutte le classi di HDAC, ha prodotto un’estesa iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MS275 selettivo per la classe I di HDAC, ha prodotto modifiche molto più blande. E’ stato quindi deciso di applicare questo metodo per studiare la dose e la tempo-dipendenza dell’effetto di quattro diversi inibitori delle HDAC (SAHA, MS275, MC1855 e MC1568) sulle modifiche post-traduzionali di istoni estratti da cellule HT29. Questi inibitori differiscono oltre che per la struttura chimica anche per il profilo di selettività nei confronti delle HDAC appartenenti alle diverse classi. Sono stati condotti quindi studi di dose-dipendenza che hanno consentito di ottenere i valori di IC50 (concentrazione capace di ridurre della metà la quantità relativa dell’istone meno acetilato) caratteristici per ogni inibitore nei confronti di tutte le classi istoniche. E’ stata inoltre calcolata la percentuale massima di inibizione per ogni inibitore. Infine sono stati eseguiti studi di tempo-dipendenza. I risultati ottenuti da questi studi hanno permesso di correlare i livelli di acetilazione delle varie classi istoniche con la selettività d’azione e la struttura chimica degli inibitori somministrati alle cellule. In particolare, SAHA e MC1855, inibitori delle HDAC di classi I e II a struttura idrossamica, hanno causato l’iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MC1568 (inibitore selettivo per HDAC di classe II) ha prodotto l’iperacetilazione solo di H4. Inoltre la potenza e la selettività degli inibitori nel provocare un aumento dei livelli di acetilazione a livello delle distinte classi istoniche è stata correlata al destino biologico della cellula, tramite studi di vitalità cellulare. E’ stato osservato che il SAHA e MC1855, inibitori potenti e non selettivi, somministrati alla coltura HT29 a dose 50 μM producono morte cellulare, mentre MS275 alla stessa dose produce accumulo citostatico in G1/G0. MC1568, invece, non produce effetti significatici sul ciclo cellulare. Questo studio ha perciò dimostrato che l’analisi tramite HPLC-ESI-MS delle proteine istoniche permette di caratterizzare finemente la potenza e la selettività di nuovi composti inibitori delle HDAC, prevedendone l’effetto sul ciclo cellulare. In maggiore dettaglio è risultato che l’iperacetilazione di H4 non è in grado di provocare modifiche significative sul ciclo cellulare. Questo metodo, insieme alle analisi MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS che permettono di individuare l’ordine di acetilazione delle lisine della coda N-terminale, potrà fornire importanti informazioni sugli inibitori delle HDAC e potrà essere applicato per delineare la potenza, la selettività e il meccanismo di azione di nuovi potenziali inibitori di questa classe enzimatica in colture cellulari tumorali.
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La famiglia rappresenta un micro sistema all’interno del macro sistema società, che vive, si riproduce, rimane in equilibrio o cade in situazioni di squilibrio, implode e si rigenera, attraverso gli infiniti feedback comunicativi con l’ambiente esterno. I suoi componenti sono i medium di tale processo interattivo. Quindi: tutti gli eventi all’interno del nucleo familiare, compreso il conflitto, non possono considerarsi slegati dalla società circostante. La famiglia possiede una dimensione politica che si esplicita nella distribuzione di potere fra i suoi componenti. Tale distribuzione può assumere sia forme democratiche, che dispotiche. A forme di distribuzione del potere non democratiche si associano livelli elevati di conflitto. Quest’ultimo, tuttavia, è una dimensione inevitabile delle associazioni umane. Ciò che distingue le relazioni – familiari e non – non è tanto la presenza o assenza del conflitto, quanto piuttosto la modalità di espressione e di gestione di tale conflittualità. In tal senso, infatti, l’antagonismo relazionale si può tradurre in aggressione e violenza, prevaricazione, lesione della integrità e della libertà, oppure divenire occasione di crescita, di confronto, di mediazione e di negoziazione. La ricerca svolta all’interno del Dottorato in Criminologia dell’ Università di Bologna è finalizzata, attraverso un’integrazione teorica, ad individuare le variabili intervenienti nel contesto e nell’esperienza dei conflitti violenti in ambito di coppia, per accertare il loro eventuale ruolo predittivo del fenomeno. In particolare, s’indagano le modalità attraverso le quali la condizione socio-strutturale dei partner di coppia e la costruzione sociale dei ruoli di genere - con la relativa attribuzione di potere – e le condizioni lavorative, interagiscono nell’ espressione violenta della conflittualità. Il collettivo di riferimento - individuato grazie alla collaborazione di associazioni del privato sociale e di istituzioni pubbliche presenti e operanti nel territorio della Provincia di Trento eroganti prestazioni eterogenee alle famiglie - è composto da coppie sposate/conviventi alle quali è stato somministrato un questionario strutturato.
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Il tema di ricerca sul Segretariato Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri si colloca su di un terreno che potremmo definire, genericamente, giuspubblicistico, posto al confine tra il diritto costituzionale ed il diritto amministrativo. Tale visione sistematica trae fondamento alla apparente vocazione del Segretariato, di soggetto istituzionale dalla doppia attitudine: da un lato, infatti, è preposto alla traduzione - in termini strettamente operativi - dell’indirizzo politico governativo e dall’altro svolge un’attività di monitoraggio e di raccolta di informazioni generali necessarie per il migliore svolgimento dell’azione governativa. Pertanto, per l’inquadramento e l’analisi delle differenti problematiche che avvolgono l’istituto sono state recuperate, per i profili d’interesse, diverse categorie giuridiche, alcune di stampo marcatamente costituzionalistico (a titolo esemplificativo, la funzione, l’indirizzo politico, il rapporto di fiducia, la posizione costituzionale del Presidente del Consiglio, dei Ministri e del Consiglio dei Ministri, categorie cui è stata aggiunta, per alcuni aspetti, la disciplina elettorale e, in particolare, la stessa formula elettorale, suscettibile di apportare una spiccata “mobilità decisionale” tra i diversi organi di cui si compone il Governo), accostate ad altre di specifico interesse amministrativistico (il coordinamento, l’atto politico, l’atto di alta amministrazione, la direzione, le strutture in cui si dipana l’organizzazione, l’azione amministrativa, la gestione finanziaria). Lo sviluppo del tema è proposto, in via preliminare, facendo riferimento all’inquadramento generale dell’istituto, attraverso l’esame della genesi e dello sviluppo della struttura burocratica oggetto dello studio, tenendo conto della versatilità operativa, sia sul versante strutturale, sia funzionale, dimostrata nel corso degli decenni di storia costituzionale del Paese, spesso costellata da avvenimenti politici e sociali controversi e, a volte, non privi di accadimenti drammatici. La dottrina non ha dedicato specifici studi ma si è occupata dell’argomento in via incidentale, nell’ambito di trattazioni di più ampio respiro dedicate alla funzione di governo nelle sue varie “declinazioni”, legando “a doppio filo” il Segretariato Generale della Presidenza del Consiglio al Presidente del Consiglio soprattutto nella misura in cui afferma che il Segretariato è struttura meramente servente del premier di cui sembrerebbe condividerne le sorti specie con riferimento alla conformazione strutturale e funzionale direttamente collegata alla maggiore o minore espansione dei suoi poteri (reali) di coordinamento e di direzione della compagine governativa, ponendo in secondo piano le funzioni “di continuità” istituzionale e di servizio al cittadino che pure sono assolte dall’organo. Ciò premesso, si è tentato di fornire una visione generale del Segretariato nella sua dimensione ordinamentale ed operativa, attraverso la ricognizione, scomposizione e ricomposizione delle sue numerose attribuzioni per saggiare il suo reale natura giuridica. In conclusione, anche a fronte della posizione netta della giurisprudenza, si è optato per ritenere che il Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri sia attratto tra gli organi amministrativi.
Resumo:
Questo lavoro di tesi nasce da un progetto di ricerca promosso nel 2001 dal Prof. Leonardo Seccia (Seconda Facoltà di Ingegneria, sede di Forlì, e C.I.R.A.M., Università di Bologna), dal Prof. Nicola Santopuoli (Facoltà di Architettura Valle Giulia, Sapienza Università di Roma), dal Prof. Ingo Muller e dal Dott. André Musolff (Technical University Berlin, Facultat III, Thermodynamics). Tale progetto ha avuto come obiettivo lo studio, la progettazione e la realizzazione di un dispositivo di ancoraggio in lega a memoria di forma per il restauro di affreschi e mosaici parietali, che presentino distacchi più o meno evidenti fra gli strati di intonaco di supporto, proponendosi come mezzo efficace per la salvaguardia strutturale di tali zone variamente ammalorate. In particolare, è stata programmata una serie di prove di laboratorio per caratterizzare in modo preciso il comportamento del materiale prescelto, al fine di realizzare un prototipo rispondente alle caratteristiche di progetto ed anche per implementare un modello numerico sufficientemente realistico. A questo proposito, è stato anche approfondito il problema della scelta del modello costitutivo più adeguato. Successivamente, i risultati ottenuti sono stati impiegati nella progettazione e realizzazione di nuovi dispositivi in lega a memoria di forma da impiegare nel campo dei beni culturali, fra cui sistemi reversibili per il ricongiungimento di parti fratturate e sistemi di movimentazione intelligenti sia per lastre di protezione di superfici affrescate, sia per finestre da inserire in contesti museali per il controllo del microclima.
Valutazione in opera ed in laboratorio della trasmissione laterale nelle tipologie edilizie italiane
Resumo:
L’attività di ricerca del dottorando è stata rivolta allo studio della trasmissione del rumore per via strutturale negli edifici. Questo argomento e' di notevole interesse sia fondamentale che applicativo. Il fenomeno e le problematiche ad essa connesse contribuiscono alla diminuzione delle prestazioni fonoisolanti, sia per le strutture verticali (usualmente valutate rispetto al rumore aereo), sia per quelle orizzontali (valutate anche rispetto al rumore impattivo) ed è tipico degli edifici con struttura portante a telaio e tamponatura in laterizi. Si tratta delle tipiche tipologie edilizie italiane, per le quali il problema risulta amplificato rispetto ad altre tipologie. La metodologia di studio è stata di tipo sperimentale. La scelta è dettata sia dall’insufficiente avanzamento dello stato dell’arte dei metodi di calcolo teorici, o delle loro versioni numeriche, sia dalla necessità di disporre di dati certi da confrontare con i valori forniti dai metodi previsionali semplificati indicati nelle norme UNI (modello CEN); infatti queste ultime sono un recepimento letterale di quelle europee, sebbene esse si basino su tipologie costruttive, materiali e tecniche di realizzazione differenti da quelle comunemente in uso in Italia; da qui la difformità di risultati tra formule previsionali e misurazioni sperimentali. Al fine di realizzare uno studio completo delle principali casistiche della trasmissione laterale sono state utilizzate 6 configurazioni in scala reale, con elementi edilizi diversamente collegati fra loro in modo da simulare i nodi strutturali comunemente realizzati negli edifici. La parte sperimentale della ricerca è stata svolta presso le “Camere Acustiche di Prova” del Laboratorio del Lazzaretto “R. Alessi” del DIENCA. Oltre alle usuali misurazioni di isolamento acustico, sono state eseguite numerose misurazioni di vibrazione. Infatti, dal confronto dei livelli di velocità di vibrazione dei diversi elementi di una struttura, rigidamente connessi, è possibile determinare l’indice di riduzione delle vibrazioni Kij che è la grandezza chiave per modellizzare il fenomeno della trasmissione laterale. La possibilità di determinare sperimentalmente tali valori nel contesto di un lavoro di ricerca finalizzato a determinare i meccanismi di propagazione delle vibrazioni nelle strutture, permette di valutare la precisione delle formule previsionali del modello CEN e di proporne varianti e integrazioni. I valori di Kij così determinati assumono grande importanza anche in fase di progetto, fornendo dati attendibili da utilizzare per la progettazione acustica degli edifici.
Resumo:
La ricerca si propone di definire le linee guida per la stesura di un Piano che si occupi di qualità della vita e di benessere. Il richiamo alla qualità e al benessere è positivamente innovativo, in quanto impone agli organi decisionali di sintonizzarsi con la soggettività attiva dei cittadini e, contemporaneamente, rende evidente la necessità di un approccio più ampio e trasversale al tema della città e di una più stretta relazione dei tecnici/esperti con i responsabili degli organismi politicoamministrativi. La ricerca vuole indagare i limiti dell’urbanistica moderna di fronte alla complessità di bisogni e di nuove necessità espresse dalle popolazioni urbane contemporanee. La domanda dei servizi è notevolmente cambiata rispetto a quella degli anni Sessanta, oltre che sul piano quantitativo anche e soprattutto sul piano qualitativo, a causa degli intervenuti cambiamenti sociali che hanno trasformato la città moderna non solo dal punto di vista strutturale ma anche dal punto di vista culturale: l’intermittenza della cittadinanza, per cui le città sono sempre più vissute e godute da cittadini del mondo (turisti e/o visitatori, temporaneamente presenti) e da cittadini diffusi (suburbani, provinciali, metropolitani); la radicale trasformazione della struttura familiare, per cui la famiglia-tipo costituita da una coppia con figli, solido riferimento per l’economia e la politica, è oggi minoritaria; l’irregolarità e flessibilità dei calendari, delle agende e dei ritmi di vita della popolazione attiva; la mobilità sociale, per cui gli individui hanno traiettorie di vita e pratiche quotidiane meno determinate dalle loro origini sociali di quanto avveniva nel passato; l’elevazione del livello di istruzione e quindi l’incremento della domanda di cultura; la crescita della popolazione anziana e la forte individualizzazione sociale hanno generato una domanda di città espressa dalla gente estremamente variegata ed eterogenea, frammentata e volatile, e per alcuni aspetti assolutamente nuova. Accanto a vecchie e consolidate richieste – la città efficiente, funzionale, produttiva, accessibile a tutti – sorgono nuove domande, ideali e bisogni che hanno come oggetto la bellezza, la varietà, la fruibilità, la sicurezza, la capacità di stupire e divertire, la sostenibilità, la ricerca di nuove identità, domande che esprimono il desiderio di vivere e di godere la città, di stare bene in città, domande che non possono essere più soddisfatte attraverso un’idea di welfare semplicemente basata sull’istruzione, la sanità, il sistema pensionistico e l’assistenza sociale. La città moderna ovvero l’idea moderna della città, organizzata solo sui concetti di ordine, regolarità, pulizia, uguaglianza e buon governo, è stata consegnata alla storia passata trasformandosi ora in qualcosa di assai diverso che facciamo fatica a rappresentare, a descrivere, a raccontare. La città contemporanea può essere rappresentata in molteplici modi, sia dal punto di vista urbanistico che dal punto di vista sociale: nella letteratura recente è evidente la difficoltà di definire e di racchiudere entro limiti certi l’oggetto “città” e la mancanza di un convincimento forte nell’interpretazione delle trasformazioni politiche, economiche e sociali che hanno investito la società e il mondo nel secolo scorso. La città contemporanea, al di là degli ambiti amministrativi, delle espansioni territoriali e degli assetti urbanistici, delle infrastrutture, della tecnologia, del funzionalismo e dei mercati globali, è anche luogo delle relazioni umane, rappresentazione dei rapporti tra gli individui e dello spazio urbano in cui queste relazioni si muovono. La città è sia concentrazione fisica di persone e di edifici, ma anche varietà di usi e di gruppi, densità di rapporti sociali; è il luogo in cui avvengono i processi di coesione o di esclusione sociale, luogo delle norme culturali che regolano i comportamenti, dell’identità che si esprime materialmente e simbolicamente nello spazio pubblico della vita cittadina. Per studiare la città contemporanea è necessario utilizzare un approccio nuovo, fatto di contaminazioni e saperi trasversali forniti da altre discipline, come la sociologia e le scienze umane, che pure contribuiscono a costruire l’immagine comunemente percepita della città e del territorio, del paesaggio e dell’ambiente. La rappresentazione del sociale urbano varia in base all’idea di cosa è, in un dato momento storico e in un dato contesto, una situazione di benessere delle persone. L’urbanistica moderna mirava al massimo benessere del singolo e della collettività e a modellarsi sulle “effettive necessità delle persone”: nei vecchi manuali di urbanistica compare come appendice al piano regolatore il “Piano dei servizi”, che comprende i servizi distribuiti sul territorio circostante, una sorta di “piano regolatore sociale”, per evitare quartieri separati per fasce di popolazione o per classi. Nella città contemporanea la globalizzazione, le nuove forme di marginalizzazione e di esclusione, l’avvento della cosiddetta “new economy”, la ridefinizione della base produttiva e del mercato del lavoro urbani sono espressione di una complessità sociale che può essere definita sulla base delle transazioni e gli scambi simbolici piuttosto che sui processi di industrializzazione e di modernizzazione verso cui era orientata la città storica, definita moderna. Tutto ciò costituisce quel complesso di questioni che attualmente viene definito “nuovo welfare”, in contrapposizione a quello essenzialmente basato sull’istruzione, sulla sanità, sul sistema pensionistico e sull’assistenza sociale. La ricerca ha quindi analizzato gli strumenti tradizionali della pianificazione e programmazione territoriale, nella loro dimensione operativa e istituzionale: la destinazione principale di tali strumenti consiste nella classificazione e nella sistemazione dei servizi e dei contenitori urbanistici. E’ chiaro, tuttavia, che per poter rispondere alla molteplice complessità di domande, bisogni e desideri espressi dalla società contemporanea le dotazioni effettive per “fare città” devono necessariamente superare i concetti di “standard” e di “zonizzazione”, che risultano essere troppo rigidi e quindi incapaci di adattarsi all’evoluzione di una domanda crescente di qualità e di servizi e allo stesso tempo inadeguati nella gestione del rapporto tra lo spazio domestico e lo spazio collettivo. In questo senso è rilevante il rapporto tra le tipologie abitative e la morfologia urbana e quindi anche l’ambiente intorno alla casa, che stabilisce il rapporto “dalla casa alla città”, perché è in questa dualità che si definisce il rapporto tra spazi privati e spazi pubblici e si contestualizzano i temi della strada, dei negozi, dei luoghi di incontro, degli accessi. Dopo la convergenza dalla scala urbana alla scala edilizia si passa quindi dalla scala edilizia a quella urbana, dal momento che il criterio del benessere attraversa le diverse scale dello spazio abitabile. Non solo, nei sistemi territoriali in cui si è raggiunto un benessere diffuso ed un alto livello di sviluppo economico è emersa la consapevolezza che il concetto stesso di benessere sia non più legato esclusivamente alla capacità di reddito collettiva e/o individuale: oggi la qualità della vita si misura in termini di qualità ambientale e sociale. Ecco dunque la necessità di uno strumento di conoscenza della città contemporanea, da allegare al Piano, in cui vengano definiti i criteri da osservare nella progettazione dello spazio urbano al fine di determinare la qualità e il benessere dell’ambiente costruito, inteso come benessere generalizzato, nel suo significato di “qualità dello star bene”. E’ evidente che per raggiungere tale livello di qualità e benessere è necessario provvedere al soddisfacimento da una parte degli aspetti macroscopici del funzionamento sociale e del tenore di vita attraverso gli indicatori di reddito, occupazione, povertà, criminalità, abitazione, istruzione, etc.; dall’altra dei bisogni primari, elementari e di base, e di quelli secondari, culturali e quindi mutevoli, trapassando dal welfare state allo star bene o well being personale, alla wellness in senso olistico, tutte espressioni di un desiderio di bellezza mentale e fisica e di un nuovo rapporto del corpo con l’ambiente, quindi manifestazione concreta di un’esigenza di ben-essere individuale e collettivo. Ed è questa esigenza, nuova e difficile, che crea la diffusa sensazione dell’inizio di una nuova stagione urbana, molto più di quanto facciano pensare le stesse modifiche fisiche della città.