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em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Il trasporto intermodale ha acquisito un ruolo sempre più importante nello scenario dei trasporti comunitari merci durante gli ultimi quindici anni. La sfida che si era posta a inizi anni novanta in Europa consisteva nello sviluppo di una rete europea di trasporto combinato strada-ferrovia. A questo fine è stata fondamentale la cooperazione tra gli operatori del settore e le istituzioni (comunitarie e nazionali), nonché l’impulso dato dalla liberalizzazione del trasporto ferroviario, che fortemente influenza il trasporto combinato. Questa tesi, in particolare, intende studiare il ruolo del Sistema Gateway come strumento innovativo e di nuovo impulso per lo sviluppo della rete di trasporto combinato strada-rotaia in ambito europeo. Grazie a questo sistema, le unità di carico, dirette in una determinata regione, giungono ad un "Terminal Gateway", dove secondo un sistema di tipo “hub-and-spoke” vengono trasbordate a mezzo gru su treni “Shuttle” verso la destinazione finale. Tutto ciò avviene con operazioni fortemente automatizzate e veloci con sensibile vantaggio in termini di tempo e costi. La tesi parte da una descrizione del trasporto intermodale, facendo un focus sugli aspetti strutturali, tecnici e organizzativi del trasporto combinato strada – rotaia e del suo funzionamento. Passando attraverso l’analisi delle reti di trasporto merci in Europa, nel secondo capitolo. Il terzo capitolo entra nel vivo della Tesi introducendo l’oggetto dell’indagine: il Sistema Gateway nell’ambito dello sviluppo della rete europea del traffico combinato strada-ferrovia. Nella seconda parte della tesi è voluto studiare il Sistema Gateway con l’ausilio dei metodi d’analisi che vengono applicati per la scelta fra progetti alternativi nel campo della pianificazione dei trasporti, pertanto sono stati presi in rassegna e descritti i metodi più utilizzati: l’Analisi Benefici-Costi e l’Analisi Multicriteria. Nel caso applicativo è stata utilizzata l’Analisi Benefici-Costi. Infine nel capitolo sesto è stato presentato dettagliatamente il caso reale di studio che riguarda il progetto per la trasformazione del terminal di Verona Quadrante Europa in un terminal gateway.
Resumo:
La presente tesi di dottorato si propone lo sviluppo di un modello spazialmente distribuito per produrre una stima dell'erosione superficiale in bacini appenninici. Il modello è stato progettato per simulare in maniera fisicamente basata il distacco di suolo e di sedimento depositato ad opera delle precipitazioni e del deflusso superficiale, e si propone come utile strumento per lo studio della vulnerabilità del territorio collinare e montano. Si è scelto un bacino collinare dell'Appennino bolognese per testare le capacità del modello e verificarne la robustezza. Dopo una breve introduzione per esporre il contesto in cui si opera, nel primo capitolo sono presentate le principali forme di erosione e una loro descrizione fisico-matematica, nel secondo capitolo verranno introdotti i principali prodotti della modellistica di erosione del suolo, spiegando quale interpretazione dei fenomeni fisici è stata data. Nel terzo capitolo verrà descritto il modello oggetto della tesi di dottorando, con una prima breve descrizione della componente afflussi-deflussi ed una seconda descrizione della componente di erosione del suolo. Nel quarto capitolo verrà descritto il bacino di applicazione del modello, i risultati della calibrazione ed un'analisi di sensitività. Infine si presenteranno le conclusioni sullo studio.
Resumo:
E’ stato in primo luogo definito il criterio di efficienza dal punto di vista economico (con una accenno anche ai parametri elaborati dagli studiosi di discipline aziendali), nelle sue varie accezioni, ponendo altresì ciascuna di queste in relazione alle condizioni di concorrenza perfetta. Le nozioni di efficienza che sono state definite a tal fine sono quelle di efficienza allocativa, efficienza tecnica, efficienza dinamica ed efficienza distributiva. Ciascuna di esse é stata inquadrata a livello teorico secondo le definizioni fornite dalla letteratura, esaminandone le ipotesi sottostanti. E’ stata altresì descritta, contestualizzandola temporalmente, l’evoluzione della nozione, e ne sono state evidenziate le implicazioni ai fini della ricerca della forma di mercato più “efficiente”. Sotto quest’ultimo aspetto l’attenzione dello scrivente si é incentrata sul rapporto tra le diverse accezioni di efficienza economica oggetto di analisi e la desiderabilità o meno di un regime di concorrenza perfetta. Il capitolo si conclude con una breve panoramica sulle metodologie di misurazione finalizzata ad individuare i principali parametri utilizzati per determinare il livello di efficienza, di un mercato, di un’attività produttiva o di un’impresa, posto che, come verrà specificato nel prosieguo della tesi, la valutazione di efficienza in ambito antitrust deve essere verificata, ove possibile, anche basandosi sull’evidenza empirica delle singole imprese esaminate, come richiede il criterio della rule of reason. Capitolo 2 Presupposto per avere una regolazione che persegua l’obiettivo di avere una regolazione efficiente ed efficace, è, a parere di chi scrive, anche l’esistenza di autorità pubbliche deputate a esercitare la funzione regolatoria che rispettino al proprio interno e nel proprio agire la condizione di efficienza definita rispetto ai pubblici poteri. Lo sviluppo di questa affermazione ha richiesto in via preliminare, di definire il criterio di efficienza in ambito pubblicistico individuandone in particolare l’ambito di applicazione, il suo rapporto con gli altri principi che reggono l’azione amministrativa (con particolare riferimento al criterio di efficacia). Successivamente é stato collocato nel nostro ordinamento nazionale, ponendolo in relazione con il principio di buon andamnento della Pubblica Amministrazione, benchè l’ordinamento italiano, per la sua specificità non costituisca un esempio estendibile ad ordinamenti. Anche con riferimento al criterio di efficienza pubblica, un paragrafo é stato dedicato alle metodologie di misurazione di questa, e, nello specifico sull’Analisi Costi-Benefici e sull’Analisi di Impatto della Regolazione Una volta inquadrata la definizione di efficienza pubblica, questa é stata analizzata con specifico riferimento all’attività di regolazione dell’economia svolta dai soggetti pubblici, ambito nella quale rientra la funzione antitrust. Si é provato in particolare ad evidenziare, a livello generale, quali sono i requisiti necessari ad un’autorità amministrativa antitrust, costituita e dotata di poteri ad hoc, affinché essa agisca, nella sua attività di regolazione, secondo il principio di efficienza, Il capitolo si chiude allargando l’orizzonte della ricerca verso una possibile alternativa metodologica al criterio di efficienza precedentemente definito: vi si é infatti brevemente interrogati circa lo schema interpretativo nel quale ci muoviamo, affrontando la questione definitoria del criterio di efficienza, ponendolo in relazione con l’unico modello alternativo esistente, quello sviluppatosi nella cultura cinese. Non certo per elaborare un’applicazione in “salsa cinese” del criterio di efficienza alla tutela della concorrenza, compito al quale lo scrivente non sarebbe stato in grado di ottemperare, bensì, più semplicemente per dare conto di un diverso approccio alla questione che il futuro ruolo di superpotenza economica della Cina imporrà di prendere in considerazione. Capitolo 3 Nel terzo capitolo si passa a definire il concetto di concorrenza come istituto oggetto di tutela da parte della legge antitrust, per poi descrivere la nascita e l’evoluzione di tale legislazione negli Stati Uniti e della sua applicazione, posto che il diritto antitrust statunitense ancora oggi costituisce il necessario punto di riferimento per lo studioso di questa materia. L’evoluzione del diritto antitrust statunitense é stata analizzata parallelamente allo sviluppo delle principali teorie di law and economics che hanno interpretato il diritto della concorrenza quale possibile strumento per conseguire l’obiettivo dell’efficienza economica: la Scuola di Harvard e il paradigma strutturalista, la teoria evoluzionista della Scuola Austriaca, la Scuola di Chicago; le c.d. teorie “Post-Chicago”. Nel terzo capitolo, in altri termini, si é dato conto dell’evoluzione del pensiero economico con riferimento alla sua applicazione al diritto antitrust, focalizzando l’attenzione su quanto avvenuto negli Stati Uniti, paese nel quale sono nati sia l’istituto giuridico della tutela della concorrenza sia l’analisi economica del diritto. A conclusione di questa ricostruzione dottrinale ho brevemente esaminato quelle che sono le nuove tendenze dell’analisi economica del diritto, e specificatamente la teoria del comportamento irrazionale, benché esse non abbiano ancora ricevuto applicazione al diritto antitrust. Chi scrive ritiene infatti che queste teorie avranno ricadute anche in questa materia poiché essa costituisce uno dei principali ambiti applicativi della law and economics. Capitolo 4 Nel quarto capitolo é stata effettuata una disanima della disciplina comunitaria antitrust sottolineando come l’Unione Europea si proponga attraverso la sua applicazione, soprattutto in materia di intese, di perseguire fini eterogenei, sia economici che non economici, tra loro diversi e non di rado contrastanti, e analizzando come questa eterogeneità di obiettivi abbia influito sull’applicazione del criterio di efficienza. Attenendomi in questo capitolo al dato normativo, ho innanzitutto evidenziato l’ampiezza dell’ambito di applicazione della disciplina comunitaria antitrust sia dal punto di vista soggettivo che territoriale (dottrina dell’effetto utile), sottolineando come la norma giustifichi esplicitamente il ricorso al criterio di efficienza solo nella valutazione delle intese: il comma 3 dell’art. 81 del Trattato include, infatti, tra i requisiti di una possibile esenzione dall’applicazione del divieto per le intese qualificate come restrittive della concorrenza, la possibilità di ottenere incrementi di efficienza tecnica e/o dinamica attraverso l’implementazione delle intese in questione. Tuttavia la previsione da parte dello stesso art. 81 (3) di altri requisiti che devono contemporaneamente essere soddisfatti affinché un intesa restrittiva della concorrenza possa beneficiare dell’esenzione, nonché la possibile diversa interpretazione della locuzione “progresso tecnico ed economico”, impone, o comunque ammette, il perseguimento di altri obiettivi, contestualmente a quello dell’efficienza, giustificando così quell’eterogeneità dei fini che contraddistingue la politica della concorrenza dell’Unione Europea. Se la disciplina delle intese aiuta a comprendere il ruolo del criterio di efficienza nell’applicazione dei precetti antitrust da parte degli organi comunitari, l’art. 82 del Trattato non contiene invece alcun riferimento alla possibilità di utilizzare il criterio di efficienza nella valutazione delle condotte unilaterali poste in essere da imprese in posizione dominante sul mercato rilevante. Si è peraltro dato conto della consultazione recentemente avviata dalla Commissione Europea finalizzata all’elaborazione di Linee Guida che definiscano i criteri di interpretazione che l’organo comunitario dovrà seguire nella valutazione dei comportamenti unilaterali. A parere dello scrivente, anzi, l’assenza di un preciso schema cui subordinare la possibilità di ricorrere al criterio di efficienza nella valutazione della fattispecie, attribuisce alle autorità competenti un più ampio margine di discrezionalità nell’utilizzo del suddetto criterio poiché manca il vincolo della contestuale sussistenza delle altre condizioni di cui all’art. 81(3). Per quanto concerne infine la disciplina delle concentrazioni, essa, come abbiamo visto, prevede un riferimento ai possibili incrementi di efficienza (tecnica e dinamica) derivanti da operazioni di fusione, utilizzando la nozione utilizzata per le intese, così come nel precedente Regolamento 4064/89. Si é infine analizzato il nuovo Regolamento in materia di concentrazioni che avrebbe potuto costituire l’occasione per recepire nella disciplina comunitaria l’attribuzione della facoltà di ricorrere all’efficiency defense in presenza di una fattispecie, quella della fusione tra imprese, suscettibile più di altre di essere valutata secondo il criterio di efficienza, ma che si é invece limitato a riprendere la medesima locuzione presente nell’art. 81(3). Il capitolo attesta anche l’attenzione verso l’istanza di efficienza che ha riguardato il meccanismo di applicazione della norma antitrust e non il contenuto della norma stessa; a questo profilo attiene, infatti, l’innovazione apportata dal Regolamento 1/2003 che ha permesso, a parere dello scrivente, un’attribuzione più razionale della competenza nella valutazione dei casi tra la Commissione e le autorità nazionali degli Stati membri; tuttavia pone alcune questioni che investono direttamente il tema dei criteri di valutazione utilizzati dalle autorità competenti. Capitolo 5 L’analisi del quarto capitolo é stata condotta, sebbene in forma più sintetica, con riferimento alle normative antitrust dei principali Stati membri della Comunità Europea (Germania, Gran Bretagna, Spagna, Francia e Italia), rapportando anche queste al criterio di efficienza, ove possibile. Particolare attenzione é stata dedicata ai poteri e alle competenze attribuite alle autorità nazionali antitrust oggetto di studio dall’ordinamento giuridico cui appartengono e al contesto, in termini di sistema giuridico, nel quale esse operano. Capitolo 6 Si é provato ad effettuare una valutazione del livello di efficienza delle autorità prese in esame, la Commissione e le diverse autorità nazionali e ciò con particolare riferimento alla idoneità di queste a svolgere i compiti istituzionali loro affidati (criterio di efficienza dal punto di vista giuridico): affinchè un’autorità si possa ispirare al criterio di efficienza economica nell’adozione delle decisioni, infatti, è preliminarmente necessario che essa sia idonea a svolgere il compito che le è stato affidato dall’ordinamento. In questo senso si é osservata la difficoltà dei paesi di civil law a inquadrare le autorità indipendenti all’interno di un modello, quello appunto di civil law, ispirato a una rigida tripartizione dei poteri. Da qui la difficile collocazione di queste autorità che, al contrario, costituiscono un potere “ibrido” che esercita una funzione di vigilanza e garanzia non attribuibile integralmente né al potere esecutivo né a quello giurisdizionale. Si rileva inoltre una certa sovrapposizione delle competenze e dei poteri tra autorità antitrust e organi ministeriali, in particolare nel campo delle concentrazioni che ingenera un rischio di confusione e bassa efficienza del sistema. Mantenendo, infatti, un parziale controllo politico si rischia, oltre all’introduzione di criteri di valutazione politica che prescindono dagli effetti delle fattispecie concrete sul livello di concorrenza ed efficienza del mercato, anche di dare luogo a conflitti tra le diverse autorità del sistema che impediscano l’adozione e l’implementazione di decisioni definitive, incrementando altresì i costi dell’intervento pubblico. Un giudizio a parte è stato infine formulato con riguardo alla Commissione Europea, istituzione, in quanto avente caratteristiche e poteri peculiari. Da un lato l’assenza di vincolo di mandato dei Commissari e l’elevata preparazione tecnica dei funzionari costituiscono aspetti che avvicinano la Commissione al modello dell’autorità indipendenti, e l’ampiezza dei poteri in capo ad essa le permette di operare efficientemente grazie anche alla possibilità di valersi dell’assistenza delle autorità nazionali. Dall’altra parte, tuttavia la Commissione si caratterizza sempre di più come un organo politico svolgente funzioni esecutive, di indirizzo e di coordinamento che possono influenzare gli obiettivi che essa persegue attraverso l’attività antitrust, deviandola dal rispetto del criterio di efficienza. Capitolo 7 Una volta definito il contesto istituzionale di riferimento e la sua idoneità a svolgere la funzione affidatagli dall’ordinamento comunitario, nonché da quelli nazionali, si è proceduto quindi all’analisi delle decisioni adottate da alcune delle principali autorità nazionali europee competenti ad applicare la disciplina della concorrenza dal punto di vista dell’efficienza. A tal fine le fattispecie rilevanti a fini antitrust dal punto di vista giuridico sono state classificate utilizzando un criterio economico, individuando e definendo quelle condotte che presentano elementi comuni sotto il profilo economico e per ciascuna di esse sono state inquadrate le problematiche rilevanti ai fini dell’efficienza economica sulla scorta dei contributi teorici e delle analisi empiriche svolte dalla letteratura. 6 Con riferimento a ciascuna condotta rilevante ho esaminato il contenuto di alcune delle decisioni antitrust più significative e le ho interpretate in base al criterio di efficienza. verificando se e in quale misura le autorità antitrust prese in esame utilizzano tale criterio, cercando altresì di valutare l’evoluzione dei parametri di valutazione occorsa nel corso degli anni. Le decisioni analizzate sono soprattutto quelle adottate dalla Commissione e le eventuali relative sentenze della Corte di Giustizia Europea; ciò sia per la maggior rilevanza dei casi trattati a livello comunitario, sia in quanto le autorità nazionali, con qualche rara eccezione, si conformano generalmente ai criteri interpretativi della Commissione. Riferimenti a decisioni adottate dalle autorità nazionali sono stati collocati allorquando i loro criteri interpretativi si discostino da quelli utilizzati dagli organi comunitari. Ne è emerso un crescente, anche se ancora sporadico e incostante, ricorso al criterio di efficienza da parte degli organi europei preposti alla tutela della concorrenza. Il tuttora scarso utilizzo del criterio di efficienza nello svolgimento dell’attività antitrust è motivato, a parere di chi scrive, in parte dall’eterogeneità degli obiettivi che l’Unione Europea persegue attraverso la politica della concorrenza comunitaria (completamento del mercato unico, tutela del consumatore, politica industriale, sviluppo delle aree svantaggiate), in parte dall’incapacità (o dall’impossibilità) delle autorità di effettuare coerenti analisi economiche delle singole fattispecie concrete. Anche le principali autorità nazionali mostrano una crescente propensione a tendere conto dell’efficienza nella valutazione dei casi, soprattutto con riferimento agli accordi verticali e alle concentrazioni, sulla scia della prassi comunitaria. Più innovativa nell’applicazione del criterio di efficienza economica così come nella ricerca di uso ottimale delle risorse si è finora dimostrato l’OFT, come vedremo anche nel prossimo capitolo. Al contrario sembra più lenta l’evoluzione in questo senso dell’Ufficio dei Cartelli tedesco sia a causa delle già citate caratteristiche della legge antitrust tedesca, sia a causa del persistente principio ordoliberale della prevalenza del criterio della rule of law sulla rule of reason. Peraltro, anche nei casi in cui le Autorità siano propense ad utilizzare il criterio di efficienza nelle loro valutazioni, esse si limitano generalmente ad un’analisi teorica dell’esistenza di precondizioni che consentano alle imprese in questione di ottenere guadagni di efficienza. La sussistenza di tali pre-condizioni viene infatti rilevata sulla base della capacità potenziale della condotta dell’impresa (o delle imprese) di avere un effetto positivo in termini di efficienza, nonché sulla base delle caratteristiche del mercato rilevante. Raramente, invece, si tiene conto della capacità reale dei soggetti che pongono in essere la pratica suscettibile di essere restrittiva della concorrenza di cogliere effettivamente queste opportunità, ovvero se la struttura e l’organizzazione interna dell’impresa (o delle imprese) non è in grado di mettere in pratica ciò che la teoria suggerisce a causa di sue carenza interne o comunque in ragione delle strategie che persegue. Capitolo 8 Poiché l’approccio ispirato al criterio di efficienza economica non può prescindere dalle caratteristiche del settore e del mercato in cui operano l’impresa o le imprese che hanno posto in essere la condotta sotto esame, e poiché una valutazione approfondita di tutti i settori non era effettuabile per quantità di decisioni adottate dalle autorità, ho infine ritenuto di svolgere un’analisi dettagliata dell’attività delle autorità con riferimento ad uno specifico settore. La scelta è caduta sul settore dei trasporti in quanto esso presenta alcune problematiche che intrecciano l’esigenza di efficienza con la tutela della concorrenza, nonché per la sua importanza ai fini dello sviluppo economico. Tanto più alla luce del fenomeno della crescente apertura dei mercati che ha enfatizzato la triplice funzione dei trasporti di merci, di livellamento nello spazio dei prezzi di produzione, di redistribuzione nello spazio dell’impiego dei fattori della produzione, e soprattutto di sollecitazione al miglioramento delle tecnologie utilizzate nella produzione stessa in quanto contribuiscono alla divisione territoriale del lavoro e alla specializzazione produttiva. A loro volta, d’altra parte, i miglioramenti tecnici e organizzativi intervenuti nel settore negli ultimi trenta anni hanno reso possibile il fenomeno della globalizzazione nella misura in cui lo conosciamo. Così come le riduzioni di costo e di tempo conseguite nel trasporto di persone hanno consentito massicci spostamenti di lavoratori e più in generale di capitale umano da una parte all’altra del globo, e favorito altresì la spettacolare crescita del settore turistico. Ho quindi condotto un’analisi delle decisioni antitrust relative al settore dei trasporti, suddividendo la casistica in base al comparto al quale esse si riferivano, cercando sempre di non perdere di vista i crescenti legami che esistono tra i vari comparti alla luce dell’ormai affermato fenomeno del trasporto multimodale. Dall’analisi svolta emerge innanzitutto come l’assoggettamento del settore dei trasporti alla disciplina di tutela della concorrenza sia un fenomeno relativamente recente rispetto alle altre attività economiche, laddove la ragione di tale ritardo risiede nel fatto che tradizionalmente questo settore era caratterizzato da un intervento pubblico diretto e da una pervasiva regolamentazione, a sua volta giustificata da vari fattori economici: le caratteristiche di monopolio naturale delle infrastrutture; le esigenze di servizio pubblico connesse all’erogazione di molti servizi di trasporto; il ruolo strategico svolto dal trasporto sia di persone che di merci ai fini della crescita economica di un sistema. Si concretizza, inoltre, con riferimento ai trasporti marittimi e aerei, l’inadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorità competenti rispetto a comportamenti di impresa che spesso hanno effetti letteralmente globali. Le imprese marittime e aeree coinvolte nelle fattispecie da noi esaminate, infatti, in molti casi predisponevano, direttamente o mediatamente, tramite “alleanze”, collegamenti tra tutte le aree del mondo, individuando nell’Europa solo un nodo di un network ben più ampio Da questa constatazione discende, a parere dello scrivente, l’impossibilità per l’autorità comunitaria e ancor più per quella nazionale di individuare tutti gli effetti in termini di efficienza che la fattispecie concreta può provocare, non includendo pertanto solo quelli evidenti sul mercato comunitario. Conseguentemente una reale applicazione del criterio di efficienza all’attività antitrust nel settore dei trasporti non può prescindere da una collaborazione tra autorità a livello mondiale sia a fini di indagine che a fini di individuazione di alcuni principi fondamentali cui ispirarsi nello svolgimento della loro missione istituzionale. Capitolo 9. Conclusioni L’opera si chiude con l’individuazione delle evidenze e degli elementi emersi dalla trattazione considerati dallo scrivente maggiormente rilevanti nell’ambito dell’attuale dibattito di economia positiva circa le principali problematiche che affiggono l’intervento antitrust con particolare riferimento al suo rispetto del criterio di efficienza. Sono state altresì proposte alcune soluzioni a quelle che sono, a parere dello scrivente, le principali carenze dell’attuale configurazione dell’intervento antitrust a livello europeo, sempre in una prospettiva di efficienza sia delle autorità competenti sia dei mercati in cui le autorità stesse cercano di mantenere o ripristinare condizioni di concorrenza effettiva. Da un lato il modello costituito dalla Commissione Europea, l’autorità antitrust comunitaria, non replicabile né esente da critiche: la Commissione, infatti, rappresenta il Governo dell’Unione Europea e come tale non può ovviamente costituire un esempio di autorità indipendente e neutrale recepibile da parte degli Stati membri. Ciò anche a prescindere dalla questione della sua legittimazione, che in questa sede non affrontiamo. Dall’altro in una prospettiva di efficienza dei mercati la crescente applicazione delle teorie economiche da parte delle autorità esaminate è rimasta a un livello astratto, senza porre la dovuta attenzione alle specificità dei mercati rilevanti né tantomeno alle dinamiche interne alle singole imprese, con particolare riferimento alla loro capacità di rendere effettivi i guadagni di efficienza individuabili a livello potenziale, così come prescrive la più recente teoria economica applicata al diritto antitrust. Sotto il profilo dell’applicazione del criterio di efficienza si può comunque affermare che l’evoluzione che ha avuto la prassi decisionale e la giurisprudenza, comunitaria e degli Stati membri, in materia antitrust è stata caratterizzata dal loro progressivo avvicinamento alle tendenze sviluppatesi nelle agencies e nella giurisprudenza statunitense a partire dagli anni’70, caratterizzate dalla valutazione degli effetti, piuttosto che della forma giuridica, dal riconoscimento del criterio di efficienza e dalla rule of reason quale approccio metodologico. L’effetto è stato quello di determinare una significativa riduzione delle differenze inizialmente emerse tra le due esperienze, nate inizialmente sotto diverse prospettive politiche. Per quanto concerne specificatamente i trasporti sono emersi sotto il profilo economico due aspetti rilevanti, oltre al perdurante ritardo con cui il processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario che limita fortemente l’intervento antitrust nel comparto, ma che esula dalla competenza delle stesse autorità antitrust. Il primo consiste nella spesso troppo rigida separazione tra comparti adottata dalle autorità. Il secondo è l’estensivo ricorso all’essential facility doctrine nelle fattispecie riguardanti infrastrutture portuali e aeroportuali: la massimizzazione dell’efficienza dinamica consiglierebbe in questi casi una maggiore cautela, in quanto si tratta di un paradigma che, una volta applicato, disincentiva la duplicazione e l’ampliamento di tali infrastrutture autoalimentandone il carattere di essenzialità. Ciò soprattutto laddove queste infrastrutture possono essere sostituite o duplicate piuttosto facilmente da un punto di vista tecnico (meno da un punto di vista economico e giuridico), essendo esse nodi e non reti. E’stata infine sottolineata l’inadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorità competenti rispetto a comportamenti di impresa che con riferimento ai trasporti marittimi ed aerei hanno effetti letteralmente globali. E’ di tutta evidenza che le autorità comunitarie e tantomeno quelle nazionali non sono da sole in grado di condurre le analisi quantitative necessarie ad una valutazione di tali condotte ispirata a un criterio di efficienza che tenga conto degli effetti di lungo periodo della fattispecie concreta. Né tali autorità sono sufficientemente neutre rispetto alla nazionalità delle imprese indagate per poter giudicare sulla liceità o meno della condotta in questione senza considerare gli effetti della loro decisione sull’economia interna, rendendo così ancora più improbabile un corretto utilizzo del criterio di efficienza. Da ultimo ho constatato come l’applicazione del concetto di efficienza giuridica imporrebbe di concepire autorità antitrust del tutto nuove, sganciate quanto più possibile dall’elemento territoriale, in grado di elaborare regole e standards minimi comuni e di permettere il controllo dei comportamenti di impresa in un contesto ampliato rispetto al tradizionale mercato unico, nonchè ai singoli mercati nazionali. Il processo di armonizzazione a livello globale è difficile e il quadro che attualmente viene formato è ancora confuso e incompleto. Vi sono tuttavia sparsi segnali attraverso i quali é possibile intravedere i lineamenti di una futura global governance della concorrenza che permetterà, sperabilmente, di incrementare l’efficienza di un sistema, quello antitrust, che tanto più piccolo è l’ambito in cui opera quanto più si sta dimostrando inadeguato a svolgere il compito affidatogli. Solo il futuro, peraltro, ci consentirà di verificare la direzione di sviluppo di questi segnali.
Resumo:
La tesi ha per obiettivo di quantificare gli effetti che la variabilità spaziale del mezzo poroso ha sull'evoluzione di un sistema geochimico. Le reazioni di dissoluzione o precipiazione di minerali modificano la struttura microscopica del mezzo, e con essa le proprietà idrodinamiche del sistema, la permeabilità in modo particolare. La variabilità spaziale iniziale del mezzo può essere causa della formazione di digitazioni o canalizzazioni? La prima parte della tesi tratta il cambiamento di scala, necessario per passare da una simulazione geostatistica su griglia fine al calcolo di trasporto su una tessellazione più grossolana. Nel caso del codice di calcolo Hytec, che implementa uno schema ai volumi finiti basato su discretizzazione in poligoni di Voronoï, sono stati confrontati diversi metodi di calcolo della permeabilità equivalente, seguendo differenti criteri. La seconda parte riguarda i calcoli di trasporto reattivo condotti su famiglie di simulazioni geostatistiche del mezzo; l'influenza della variabilità spaziale iniziale sull'evoluzione dei sistemi viene quantificata grazie ad opportune grandezze osservabili. Sono state studiate due reazioni distinte: un caso di dissoluzione, in maniera più approfondita, e più rapidamente un caso di precipitazione, il cui effetto complessivo è quello di riequilibrare il sistema.
Resumo:
L’oggetto della presente dissertazione è inerente aspetti affidabilistici e diagnostici dei componenti delle reti elettriche. Sono stati condotti studi sul ruolo svolto dai parametri presenti nei modelli affidabilistici utilizzati in presenza di regimi distorti. I risultati ottenuti nel corso della ricerca, indicano chiaramente come anche il fattore efficace Krms e, soprattutto, il fattore di forma, Kf, sotto certe condizioni, possano avere effetti considerevoli sulla degradazione degli isolanti (a volte con contributi perfino maggiori di quello dato dal ben noto fattore di picco, Kp, considerato predominante). Viene inoltre riportata un’indagine sviluppata sui principali Dispositivi Automatizzati per il Controllo degli Isolamenti (AIMS), attualmente disponibili sul mercato. Sono illustrati e discussi innovativi modelli di rischio integrati, sviluppati per integrare informazioni fornite dall’analisi affidabilistica tradizionale con misure di proprietà diagnostiche, acquisite grazie ad un monitoraggio costante dei componenti in servizio. L’impiego di tali modelli permetterebbe di ottenere una manutenzione di tipo affidabilistico-diagnostico, basata sull’effettiva condizione del componente in esame (manutenzione tipo CBM), piuttosto che su scadenze temporali fissate a priori (manutenzione di tipo TBM).
Resumo:
Negli ultimi anni, un crescente numero di studiosi ha focalizzato la propria attenzione sullo sviluppo di strategie che permettessero di caratterizzare le proprietà ADMET dei farmaci in via di sviluppo, il più rapidamente possibile. Questa tendenza origina dalla consapevolezza che circa la metà dei farmaci in via di sviluppo non viene commercializzato perché ha carenze nelle caratteristiche ADME, e che almeno la metà delle molecole che riescono ad essere commercializzate, hanno comunque qualche problema tossicologico o ADME [1]. Infatti, poco importa quanto una molecola possa essere attiva o specifica: perché possa diventare farmaco è necessario che venga ben assorbita, distribuita nell’organismo, metabolizzata non troppo rapidamente, ne troppo lentamente e completamente eliminata. Inoltre la molecola e i suoi metaboliti non dovrebbero essere tossici per l’organismo. Quindi è chiaro come una rapida determinazione dei parametri ADMET in fasi precoci dello sviluppo del farmaco, consenta di risparmiare tempo e denaro, permettendo di selezionare da subito i composti più promettenti e di lasciar perdere quelli con caratteristiche negative. Questa tesi si colloca in questo contesto, e mostra l’applicazione di una tecnica semplice, la biocromatografia, per caratterizzare rapidamente il legame di librerie di composti alla sieroalbumina umana (HSA). Inoltre mostra l’utilizzo di un’altra tecnica indipendente, il dicroismo circolare, che permette di studiare gli stessi sistemi farmaco-proteina, in soluzione, dando informazioni supplementari riguardo alla stereochimica del processo di legame. La HSA è la proteina più abbondante presente nel sangue. Questa proteina funziona da carrier per un gran numero di molecole, sia endogene, come ad esempio bilirubina, tiroxina, ormoni steroidei, acidi grassi, che xenobiotici. Inoltre aumenta la solubilità di molecole lipofile poco solubili in ambiente acquoso, come ad esempio i tassani. Il legame alla HSA è generalmente stereoselettivo e ad avviene a livello di siti di legame ad alta affinità. Inoltre è ben noto che la competizione tra farmaci o tra un farmaco e metaboliti endogeni, possa variare in maniera significativa la loro frazione libera, modificandone l’attività e la tossicità. Per queste sue proprietà la HSA può influenzare sia le proprietà farmacocinetiche che farmacodinamiche dei farmaci. Non è inusuale che un intero progetto di sviluppo di un farmaco possa venire abbandonato a causa di un’affinità troppo elevata alla HSA, o a un tempo di emivita troppo corto, o a una scarsa distribuzione dovuta ad un debole legame alla HSA. Dal punto di vista farmacocinetico, quindi, la HSA è la proteina di trasporto del plasma più importante. Un gran numero di pubblicazioni dimostra l’affidabilità della tecnica biocromatografica nello studio dei fenomeni di bioriconoscimento tra proteine e piccole molecole [2-6]. Il mio lavoro si è focalizzato principalmente sull’uso della biocromatografia come metodo per valutare le caratteristiche di legame di alcune serie di composti di interesse farmaceutico alla HSA, e sul miglioramento di tale tecnica. Per ottenere una miglior comprensione dei meccanismi di legame delle molecole studiate, gli stessi sistemi farmaco-HSA sono stati studiati anche con il dicroismo circolare (CD). Inizialmente, la HSA è stata immobilizzata su una colonna di silice epossidica impaccata 50 x 4.6 mm di diametro interno, utilizzando una procedura precedentemente riportata in letteratura [7], con alcune piccole modifiche. In breve, l’immobilizzazione è stata effettuata ponendo a ricircolo, attraverso una colonna precedentemente impaccata, una soluzione di HSA in determinate condizioni di pH e forza ionica. La colonna è stata quindi caratterizzata per quanto riguarda la quantità di proteina correttamente immobilizzata, attraverso l’analisi frontale di L-triptofano [8]. Di seguito, sono stati iniettati in colonna alcune soluzioni raceme di molecole note legare la HSA in maniera enantioselettiva, per controllare che la procedura di immobilizzazione non avesse modificato le proprietà di legame della proteina. Dopo essere stata caratterizzata, la colonna è stata utilizzata per determinare la percentuale di legame di una piccola serie di inibitori della proteasi HIV (IPs), e per individuarne il sito(i) di legame. La percentuale di legame è stata calcolata attraverso il fattore di capacità (k) dei campioni. Questo parametro in fase acquosa è stato estrapolato linearmente dal grafico log k contro la percentuale (v/v) di 1-propanolo presente nella fase mobile. Solamente per due dei cinque composti analizzati è stato possibile misurare direttamente il valore di k in assenza di solvente organico. Tutti gli IPs analizzati hanno mostrato un’elevata percentuale di legame alla HSA: in particolare, il valore per ritonavir, lopinavir e saquinavir è risultato maggiore del 95%. Questi risultati sono in accordo con dati presenti in letteratura, ottenuti attraverso il biosensore ottico [9]. Inoltre, questi risultati sono coerenti con la significativa riduzione di attività inibitoria di questi composti osservata in presenza di HSA. Questa riduzione sembra essere maggiore per i composti che legano maggiormente la proteina [10]. Successivamente sono stati eseguiti degli studi di competizione tramite cromatografia zonale. Questo metodo prevede di utilizzare una soluzione a concentrazione nota di un competitore come fase mobile, mentre piccole quantità di analita vengono iniettate nella colonna funzionalizzata con HSA. I competitori sono stati selezionati in base al loro legame selettivo ad uno dei principali siti di legame sulla proteina. In particolare, sono stati utilizzati salicilato di sodio, ibuprofene e valproato di sodio come marker dei siti I, II e sito della bilirubina, rispettivamente. Questi studi hanno mostrato un legame indipendente dei PIs ai siti I e II, mentre è stata osservata una debole anticooperatività per il sito della bilirubina. Lo stesso sistema farmaco-proteina è stato infine investigato in soluzione attraverso l’uso del dicroismo circolare. In particolare, è stato monitorata la variazione del segnale CD indotto di un complesso equimolare [HSA]/[bilirubina], a seguito dell’aggiunta di aliquote di ritonavir, scelto come rappresentante della serie. I risultati confermano la lieve anticooperatività per il sito della bilirubina osservato precedentemente negli studi biocromatografici. Successivamente, lo stesso protocollo descritto precedentemente è stato applicato a una colonna di silice epossidica monolitica 50 x 4.6 mm, per valutare l’affidabilità del supporto monolitico per applicazioni biocromatografiche. Il supporto monolitico monolitico ha mostrato buone caratteristiche cromatografiche in termini di contropressione, efficienza e stabilità, oltre che affidabilità nella determinazione dei parametri di legame alla HSA. Questa colonna è stata utilizzata per la determinazione della percentuale di legame alla HSA di una serie di poliamminochinoni sviluppati nell’ambito di una ricerca sulla malattia di Alzheimer. Tutti i composti hanno mostrato una percentuale di legame superiore al 95%. Inoltre, è stata osservata una correlazione tra percentuale di legame è caratteristiche della catena laterale (lunghezza e numero di gruppi amminici). Successivamente sono stati effettuati studi di competizione dei composti in esame tramite il dicroismo circolare in cui è stato evidenziato un effetto anticooperativo dei poliamminochinoni ai siti I e II, mentre rispetto al sito della bilirubina il legame si è dimostrato indipendente. Le conoscenze acquisite con il supporto monolitico precedentemente descritto, sono state applicate a una colonna di silice epossidica più corta (10 x 4.6 mm). Il metodo di determinazione della percentuale di legame utilizzato negli studi precedenti si basa su dati ottenuti con più esperimenti, quindi è necessario molto tempo prima di ottenere il dato finale. L’uso di una colonna più corta permette di ridurre i tempi di ritenzione degli analiti, per cui la determinazione della percentuale di legame alla HSA diventa molto più rapida. Si passa quindi da una analisi a medio rendimento a una analisi di screening ad alto rendimento (highthroughput- screening, HTS). Inoltre, la riduzione dei tempi di analisi, permette di evitare l’uso di soventi organici nella fase mobile. Dopo aver caratterizzato la colonna da 10 mm con lo stesso metodo precedentemente descritto per le altre colonne, sono stati iniettati una serie di standard variando il flusso della fase mobile, per valutare la possibilità di utilizzare flussi elevati. La colonna è stata quindi impiegata per stimare la percentuale di legame di una serie di molecole con differenti caratteristiche chimiche. Successivamente è stata valutata la possibilità di utilizzare una colonna così corta, anche per studi di competizione, ed è stata indagato il legame di una serie di composti al sito I. Infine è stata effettuata una valutazione della stabilità della colonna in seguito ad un uso estensivo. L’uso di supporti cromatografici funzionalizzati con albumine di diversa origine (ratto, cane, guinea pig, hamster, topo, coniglio), può essere proposto come applicazione futura di queste colonne HTS. Infatti, la possibilità di ottenere informazioni del legame dei farmaci in via di sviluppo alle diverse albumine, permetterebbe un migliore paragone tra i dati ottenuti tramite esperimenti in vitro e i dati ottenuti con esperimenti sull’animale, facilitando la successiva estrapolazione all’uomo, con la velocità di un metodo HTS. Inoltre, verrebbe ridotto anche il numero di animali utilizzati nelle sperimentazioni. Alcuni lavori presenti in letteratura dimostrano l’affidabilita di colonne funzionalizzate con albumine di diversa origine [11-13]: l’utilizzo di colonne più corte potrebbe aumentarne le applicazioni.
Resumo:
Water distribution networks optimization is a challenging problem due to the dimension and the complexity of these systems. Since the last half of the twentieth century this field has been investigated by many authors. Recently, to overcome discrete nature of variables and non linearity of equations, the research has been focused on the development of heuristic algorithms. This algorithms do not require continuity and linearity of the problem functions because they are linked to an external hydraulic simulator that solve equations of mass continuity and of energy conservation of the network. In this work, a NSGA-II (Non-dominating Sorting Genetic Algorithm) has been used. This is a heuristic multi-objective genetic algorithm based on the analogy of evolution in nature. Starting from an initial random set of solutions, called population, it evolves them towards a front of solutions that minimize, separately and contemporaneously, all the objectives. This can be very useful in practical problems where multiple and discordant goals are common. Usually, one of the main drawback of these algorithms is related to time consuming: being a stochastic research, a lot of solutions must be analized before good ones are found. Results of this thesis about the classical optimal design problem shows that is possible to improve results modifying the mathematical definition of objective functions and the survival criterion, inserting good solutions created by a Cellular Automata and using rules created by classifier algorithm (C4.5). This part has been tested using the version of NSGA-II supplied by Centre for Water Systems (University of Exeter, UK) in MATLAB® environment. Even if orientating the research can constrain the algorithm with the risk of not finding the optimal set of solutions, it can greatly improve the results. Subsequently, thanks to CINECA help, a version of NSGA-II has been implemented in C language and parallelized: results about the global parallelization show the speed up, while results about the island parallelization show that communication among islands can improve the optimization. Finally, some tests about the optimization of pump scheduling have been carried out. In this case, good results are found for a small network, while the solutions of a big problem are affected by the lack of constraints on the number of pump switches. Possible future research is about the insertion of further constraints and the evolution guide. In the end, the optimization of water distribution systems is still far from a definitive solution, but the improvement in this field can be very useful in reducing the solutions cost of practical problems, where the high number of variables makes their management very difficult from human point of view.
Resumo:
Fenomeni di trasporto ed elettrostatici in membrane da Nanofiltrazione La capacità di predire le prestazioni delle membrane da nanofiltrazione è molto importante per il progetto e la gestione di processi di separazione a membrana. Tali prestazioni sono strettamente legate ai fenomeni di trasporto che regolano il moto dei soluti all’interno della matrice della membrana. Risulta, quindi, di rilevante importanza la conoscenza e lo studio di questi fenomeni; l’obiettivo finale è quello di mettere a punto modelli di trasporto appropriati che meglio descrivano il flusso dei soluti all’interno della membrana. A fianco dei modelli di trasporto ricopre, quindi, una importanza non secondaria la caratterizzazione dei parametri aggiustabili propri della membrana sulla quale si opera. La procedura di caratterizzazione di membrane deve chiarire le modalità di svolgimento delle prove sperimentali e le finalità che esse dovrebbero conseguire. Tuttavia, nonostante i miglioramenti concernenti la modellazione del trasporto di ioni in membrana ottenuti dalla ricerca negli ultimi anni, si è ancora lontani dall’avere a disposizione un modello univoco in grado di descrivere i fenomeni coinvolti in maniera chiara. Oltretutto, la palese incapacità del modello di non riuscire a prevedere gli andamenti sperimentali di reiezione nella gran parte dei casi relativi a miscele multicomponenti e le difficoltà legate alla convergenza numerica degli algoritmi risolutivi hanno fortemente limitato gli sviluppi del processo anche e soprattutto in termini applicativi. Non da ultimo, si avverte la necessità di poter prevedere ed interpretare l’andamento della carica di membrana al variare delle condizioni operative attraverso lo sviluppo di un modello matematico in grado di descrivere correttamente il meccanismo di formazione della carica. Nel caso di soluzioni elettrolitiche, infatti, è stato riconosciuto che la formazione della carica superficiale è tra i fattori che maggiormente caratterizzano le proprietà di separazione delle membrane. Essa gioca un ruolo importante nei processi di trasporto ed influenza la sua selettività nella separazione di molecole caricate; infatti la carica di membrana interagisce elettrostaticamente con gli ioni ed influenza l’efficienza di separazione degli stessi attraverso la partizione degli elettroliti dalla soluzione esterna all’interno dei pori del materiale. In sostanza, la carica delle membrane da NF è indotta dalle caratteristiche acide delle soluzioni elettrolitiche poste in contatto con la membrana stessa, nonché dal tipo e dalla concentrazione delle specie ioniche. Nello svolgimento di questo lavoro sono stati analizzati i principali fenomeni di trasporto ed elettrostatici coinvolti nel processo di nanofiltrazione, in particolare si è focalizzata l’attenzione sugli aspetti relativi alla loro modellazione matematica. La prima parte della tesi è dedicata con la presentazione del problema generale del trasporto di soluti all’interno di membrane da nanofiltrazione con riferimento alle equazioni alla base del modello DSP&DE, che rappresenta una razionalizzazione dei modelli esistenti sviluppati a partire dal modello DSPM, nel quale sono stati integrarti i fenomeni di esclusione dielettrica, per quanto riguarda la separazione di elettroliti nella filtrazione di soluzioni acquose in processi di Nanofiltrazione. Il modello DSP&DE, una volta definita la tipologia di elettroliti presenti nella soluzione alimentata e la loro concentrazione, viene completamente definito da tre parametri aggiustabili, strettamente riconducibili alle proprietà della singola membrana: il raggio medio dei pori all’interno della matrice, lo spessore effettivo e la densità di carica di membrana; in più può essere considerato un ulteriore parametro aggiustabile del modello il valore che la costante dielettrica del solvente assume quando confinato in pori di ridotte dimensioni. L’impostazione generale del modello DSP&DE, prevede la presentazione dei fenomeni di trasporto all’interno della membrana, descritti attraverso l’equazione di Nerst-Planck, e lo studio della ripartizione a ridosso dell’interfaccia membrana/soluzione esterna, che tiene in conto di diversi contributi: l’impedimento sterico, la non idealità della soluzione, l’effetto Donnan e l’esclusione dielettrica. Il capitolo si chiude con la presentazione di una procedura consigliata per la determinazione dei parametri aggiustabili del modello di trasporto. Il lavoro prosegue con una serie di applicazioni del modello a dati sperimentali ottenuti dalla caratterizzazione di membrane organiche CSM NE70 nel caso di soluzioni contenenti elettroliti. In particolare il modello viene applicato quale strumento atto ad ottenere informazioni utili per lo studio dei fenomeni coinvolti nel meccanismo di formazione della carica; dall’elaborazione dei dati sperimentali di reiezione in funzione del flusso è possibile ottenere dei valori di carica di membrana, assunta quale parametro aggiustabile del modello. che permettono di analizzare con affidabilità gli andamenti qualitativi ottenuti per la carica volumetrica di membrana al variare della concentrazione di sale nella corrente in alimentazione, del tipo di elettrolita studiato e del pH della soluzione. La seconda parte della tesi relativa allo studio ed alla modellazione del meccanismo di formazione della carica. Il punto di partenza di questo studio è rappresentato dai valori di carica ottenuti dall’elaborazione dei dati sperimentali di reiezione con il modello di trasporto, e tali valori verranno considerati quali valori “sperimentali” di riferimento con i quali confrontare i risultati ottenuti. Nella sezione di riferimento è contenuta la presentazione del modello teorico “adsorption-amphoteric” sviluppato al fine di descrivere ed interpretare i diversi comportamenti sperimentali ottenuti per la carica di membrana al variare delle condizioni operative. Nel modello la membrana è schematizzata come un insieme di siti attivi di due specie: il gruppo di siti idrofobici e quello de siti idrofilici, in grado di supportare le cariche derivanti da differenti meccanismi chimici e fisici. I principali fenomeni presi in considerazione nel determinare la carica volumetrica di membrana sono: i) la dissociazione acido/base dei siti idrofilici; ii) il site-binding dei contro-ioni sui siti idrofilici dissociati; iii) l’adsorbimento competitivo degli ioni in soluzione sui gruppi funzionali idrofobici. La struttura del modello è del tutto generale ed è in grado di mettere in evidenza quali sono i fenomeni rilevanti che intervengono nel determinare la carica di membrana; per questo motivo il modello permette di indagare il contributo di ciascun meccanismo considerato, in funzione delle condizioni operative. L’applicazione ai valori di carica disponibili per membrane Desal 5-DK nel caso di soluzioni contenenti singoli elettroliti, in particolare NaCl e CaCl2 permette di mettere in evidenza due aspetti fondamentali del modello: in primis la sua capacità di descrivere andamenti molto diversi tra loro per la carica di membrana facendo riferimento agli stessi tre semplici meccanismi, dall’altra parte permette di studiare l’effetto di ciascun meccanismo sull’andamento della carica totale di membrana e il suo peso relativo. Infine vengono verificate le previsioni ottenute con il modello dal suddetto studio attraverso il confronto con dati sperimentali di carica ottenuti dall’elaborazione dei dati sperimentali di reiezione disponibili per il caso di membrane CSM NE70. Tale confronto ha messo in evidenza le buone capacità previsionali del modello soprattutto nel caso di elettroliti non simmetrici quali CaCl2 e Na2SO4. In particolare nel caso un cui lo ione divalente rappresenta il contro-ione rispetto alla carica propria di membrana, la carica di membrana è caratterizzata da un andamento unimodale (contraddistinto da un estremante) con la concentrazione di sale in alimentazione. Il lavoro viene concluso con l’estensione del modello ADS-AMF al caso di soluzioni multicomponenti: è presentata una regola di mescolamento che permette di ottenere la carica per le soluzioni elettrolitiche multicomponenti a partire dai valori disponibili per i singoli ioni componenti la miscela.