46 resultados para reni, insufficienza renale, dialisi, rene artificiale

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Attività di ricerca nell'ambito dell'inidirizzo nefrologia clinica, valutando: la popolazione dei pazienti in trattamento sostitutivo in particolare incidenza e prevalenza dei pazienti in trattamento renale sostitutivo nell'Azienda USL di Cesena dal 2000 al 2009 confronto con i dati del registro italiano (analisi retrospettiva). Analisi di questa popolazione e in particolare referral nefrologico e applicazione di misure atte a ridurre la progressione dell'IRC (prevenzione secondaria, terziaria e riduzione dei costi). Confronto con i dati internazionali.

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L'insufficienza renale cronica (CKD) è associata ad un rischio cardiovascolare più elevato rispetto alla popolazione generale: fattori come uremia, stress ossidativo, età dialitica, infiammazione, alterazioni del metabolismo minerale e presenza di calcificazioni vascolari incidono fortemente sulla morbosità e mortalità per cause cardiovascolari nel paziente uremico. Diversi studi hanno verificato il coinvolgimento dei progenitori endoteliali (EPC) nella malattia aterosclerotica ed è stato dimostrato che esprimono osteocalcina, marcatore di calcificazione. Inoltre, nella CKD è presente una disfunzione in numero e funzionalità delle EPC. Attualmente, il ruolo delle EPC nella formazione delle calcificazioni vascolari nei pazienti in dialisi non è stato ancora chiarito. Lo scopo della tesi è quello di studiare le EPC prelevate da pazienti con CKD, al fine di determinarne numero e fenotipo. È stato anche valutato l'effetto del trattamento in vitro e in vivo con calcitriolo e paracalcitolo sulle EPC, dato il deficit di vitamina D dei pazienti con CKD: il trattamento con vitamina D sembra avere effetti positivi sul sistema cardiovascolare. Sono stati valutati: numero di EPC circolanti e la relativa espressione di osteocalcina e del recettore della vitamina D; morfologia e fenotipo EPC in vitro; effetti di calcitriolo e paracalcitolo sull’espressione di osteocalcina e sui depositi di calcio. I risultati dello studio suggeriscono che il trattamento con vitamina D abbia un effetto positivo sulle EPC, aumentando il numero di EPC circolanti e normalizzandone la morfologia. Sia calcitriolo che paracalcitolo sono in grado di ridurre notevolmente l’espressione di OC, mentre solo il paracalcitolo ha un effetto significativo sulla riduzione dei depositi di calcio in coltura. In conclusione, il trattamento con vitamina D sembra ridurre il potenziale calcifico delle EPC nell’uremia, aprendo nuove strade per la gestione del rischio cardiovascolare nei pazienti affetti da CKD.

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L’anticoagulazione regionale con citrato (RCA) è una valida opzione in pazienti ad alto rischio emorragico. Lo scopo del nostro studio è stato di valutare, in pazienti critici sottoposti a CRRT per insufficienza renale acuta post-cardiochirurgica, efficacia e sicurezza di un protocollo di RCA in CVVH con l’impiego di una soluzione di citrato a bassa concentrazione (12mmol/L). Metodi: L’RCA-CVVH è stata adottata come alternativa all’eparina o alla CRRT senza anticoagulante (no-AC). Criteri per lo switch verso l’RCA: coagulazione dei circuiti entro 24h o complicanze legate all’eparina. Per facilitare l’impostazione dei parametri CVVH, abbiamo sviluppato un modello matematico per stimare il carico metabolico di citrato e la perdita di calcio. Risultati: In 36 mesi, sono stati sottoposti a RCA-CVVH 30 pazienti. La durata dei circuiti con RCA (50.5 ± 35.8 h, mediana 41, 146 circuiti) è risultata significativamente maggiore (p<0.0001) rispetto all’eparina (29.2±22.7 h, mediana 22, 69 circuiti) o alla no-AC CRRT (24.7±20.6 h, mediana 20, 74 circuiti). Il numero di circuiti funzionanti a 24, 48, 72 h è risultato maggiore durante RCA (p<0.0001). I target di Ca++ sistemico e del circuito sono stati facilmente mantenuti (1.18±0.13 e 0.37±0.09 mmol/L). Durante l’RCA-CVVH nessun paziente ha avuto complicanze emorragiche e il fabbisogno trasfusionale si è ridotto rispetto alle altre modalità (0.29 vs 0.69 unità/die, p<0.05). Le piastrine (p=0.012) e l’AT-III (p=0.004) sono aumentate durante RCA riducendo la necessità di supplementazione. L’RCA è stata interrotta per accumulo di citrato in un solo paziente (calcemia totale/s-Ca++ >2.5). Conclusioni: L’RCA ha consentito di prolungare la durata dei circuiti riducendo il fabbisogno trasfusionale e la necessità di supplementazione di AT-III e piastrine. L’utilizzo di un modello matematico ha facilitato l’impostazione dei parametri CVVH. L’RCA appare meritevole di maggiore considerazione come metodica di anticoagulazione di prima scelta in pazienti ad alto rischio emorragico sottoposti a CRRT.

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Nel 1997 venne isolata una popolazione cellulare con caratteristiche appartenenti a cellule endoteliali mature e a cellule progenitrici ; le cellule appartenenti a queste popolazione furono denominate EPCs (cellule endoteliali progenitrici circolanti) e fu messa in evidenza la loro capacità di dare origine a vasculogenesi postnatale. Lo scopo dello studio è stata la caratterizzazione di tale popolazione cellulare in termini biologici e la valutazione delle differenze delle EPCs in soggetti sani e nefropatici in emodialisi. È stata infine valutata l’eventuale capacità della Vitamina D di influenzare le capacità delle Late EPCs in termini di formazione di colonie in vitro e di attività anticalcifica in soggetti in insufficienza renale cronica.

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La sindrome nefrosica (SN) è definita come la presenza concomitante di una proteinuria maggiore di 3.5g/24 h, ipoalbuminemia, ipercolesterolemia e presenza di edemi. I pazienti con SN sono più a rischio di quelli che presentano una nefropatia glomerulare non nefrosica (NNGD) per lo sviluppo di ipertensione, ipernatremia, complicazioni tromboemboliche e comparsa di insufficienza renale. In Medicina Veterinaria, la Letteratura riguardante l’argomento è molto limitata e non è ben nota la correlazione tra SN e gravità della proteinuria, ipoalbuminemia e sviluppo di tromboembolismo. L’obiettivo del presente studio retrospettivo è stato quello di descrivere e caratterizzare le alterazioni cliniche e clinicopatologiche che si verificano nei pazienti con rapporto proteine urinarie:creatinina urinaria (UPC) >2 con lo scopo di inquadrare con maggiore precisione lo stato clinico di questi pazienti e individuare le maggiori complicazioni a cui possono andare incontro. In un periodo di nove anni sono stati selezionati 338 cani e suddivisi in base ad un valore cut-off di UPC≥3.5. Valori mediani di creatinina, urea, fosforo, albumina urinaria, proteina C reattiva (CRP) e fibrinogeno sono risultati al di sopra del limite superiore dell’intervallo di riferimento, valori mediani di albumina sierica, ematocrito, antitrombina al disotto del limite inferiore di riferimento. Pazienti con UPC≥3.5 hanno mostrato concentrazioni di albumine, ematocrito, calcio, Total Iron Binding Capacity (TIBC), significativamente minori rispetto a quelli con UPC<3.5, concentrazioni di CRP, di urea e di fosforo significativamente maggiori. Nessuna differenza tra i gruppi nelle concentrazioni di creatinina colesterolo, trigliceridi, sodio, potassio, cloro, ferro totale e pressione sistolica. I pazienti con UPC≥3.5 si trovano verosimilmente in uno “stato infiammatorio” maggiore rispetto a quelli con UPC<3.5, questa ipotesi avvalorata dalle concentrazioni minori di albumina, di transferrina e da una concentrazione di CRP maggiore. I pazienti con UPC≥3.5 non presentano concentrazioni di creatinina più elevate ma sono maggiormente a rischio di anemia.

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La presenza di Escherichia coli produttori di verocitotossine (VTEC o STEC) rappresenta una tra le più importanti cause di malattia alimentare attualmente presenti in Europa. La sua presenza negli allevamenti di animali destinati alla produzione di alimenti rappresenta un importante rischio per la salute del consumatore. In conseguenza di comuni contaminazioni che si realizzano nel corso della macellazione, della mungitura i VTEC possono essere presenti nelle carni e nel latte e rappresentano un grave rischio se la preparazione per il consumo o i processi di lavorazione non comportano trattamenti in grado d’inattivarli (es. carni crude o poco cotte, latte non pastorizzato, formaggi freschi a latte crudo). La contaminazione dei campi coltivati conseguente alla dispersione di letame o attraverso acque contaminate può veicolare questi stipiti che sono normalmente albergati nell’intestino di ruminanti (domestici e selvatici) e anche prodotti vegetali consumati crudi, succhi e perfino sementi sono stati implicati in gravi episodi di malattia con gravi manifestazioni enteriche e complicazioni in grado di causare quadri patologici gravi e anche la morte. Stipiti di VTEC patogeni ingeriti con gli alimenti possono causare sintomi gastroenterici, con diarrea acquosa o emorragica (nel 50% dei casi), crampi addominali, febbre lieve e in una percentuale più bassa nausea e vomito. In alcuni casi (circa 5-10%) l’infezione gastroenterica si complica con manifestazioni tossiemiche caratterizzate da Sindrome Emolitico Uremica (SEU o HUS) con anemia emolitica, insufficienza renale grave e coinvolgimento neurologico o con una porpora trombotica trombocitopenica. Il tasso di mortalità dei pazienti che presentano l’infezione da E. coli è inferiore all’1%. I dati forniti dall’ECDC sulle infezioni alimentari nel periodo 2006-2010 hanno evidenziato un trend in leggero aumento del numero di infezioni a partire dal 2007. L’obiettivo degli studi condotti è quello di valutare la prevalenza ed il comportamento dei VTEC per una analisi del rischio più approfondita.

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Ottimizzazione di un protocollo di anticoagulazione regionale con citrato in CRRT Introduzione: La necessità di un'anticoagulazione continua e l'ipofosforemia in corso di trattamento sono problemi costranti in corso di CRRT. Il nostro studio ha cercato di dimostrare l'efficacia e la sicurezza dell'anticoagulazione regionale con citrato in CVVH basato sull'utilizzo di una soluzione di citrato (18 mmol/L) associata ad una soluzione di reinfusione contenente fosfato, recentemente disponibile in commercio, al fine di ridurre l'ipofosfatemia in corso di CRRT. Metodi: Abbiamo utilizzato il nostro protocollo basato sull'utilizzo di una concentrazione di citrato contenente 18 mmol/l associata ad una soluzione di reinfusione contenente fosfato in un piccolo gruppo di pazienti ricoverati in terapia intensiva post-cardiochirurgica, sottoposti a CRRT per insufficienza renale acuta. Risultati: Il nostro protocollo ha garantito un'adeguata durata del circuito ed un ottimo controllo dell'equilibrio acido-base in ogni paziente. E' stata necessaria solo una minima supplementazione di fosforo in alcuni dei pazienti trattati. Conclusioni: Il nostro protocollo basato sull' utilizzo di una soluzione a concentrazione di citrato maggiore (18 mmol/l), permette un miglior controllo dell'equilibrio acido-base rispetto all'utilizzo della soluzione a più bassa concentrazione di citrato. L'uso di una minore dose di citrato ed il mantenimento di un target maggiore di calcio ionizzato all'interno del circuito sono comunque associati ad un'adeguata durata del circuito. I livelli di fosforemia sono rimasti sostanzialmente stabili nella maggior parte dei pazienti trattati, grazie alla presenza di fosfato nella soluzione utilizzata come reinfusione in post-diluizione.

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Background L’incidenza di malattie valvolari aortiche è in costante aumento. La terapia definitiva è chirurgica o interventistica, determinando un evidente miglioramento della qualità di vita, a fronte di un rischio operatorio ormai estremamente basso. Le linee guida internazionali più recenti pongono in classe I entrambe le procedure nella fascia di età fra 65 e 80 anni. Materiali e metodi È stata effettuata un’analisi retrospettiva dei pazienti di età compresa fra 65 e 80 anni, sottoposti a sostituzione valvolare aortica isolata chirurgica con bioprotesi sutureless (gruppo SU-AVR), oppure trans-catetere (gruppo TAVR), presso Maria Cecilia Hospital tra gennaio 2011 e dicembre 2021. Mediante propensity score matching sono stati analizzati, nei due gruppi risultanti, gli outcomes di mortalità e complicanze intraospedaliere, a 30 giorni, ad un anno e attuariale. Risultati Sono stati inclusi nello studio 638 pazienti, di cui 338 (52.98%) nel gruppo SU-AVR e 300 (47.02%) nel gruppo TAVR. Dopo propensity score matching, sono stati ottenuti due gruppi di pazienti (124 per gruppo) senza differenze statisticamente significative nelle comorbidità preoperatorie. La mortalità a 30 giorni è risultata sovrapponibile nei 2 gruppi. Il gruppo TAVR ha mostrato un’incidenza significativamente maggiore di impianto di pacemaker definitivo e di danni vascolari maggiori, mentre il gruppo SU-AVR ha mostrato una maggior incidenza di fibrillazione atriale, di trasfusioni e di insufficienza renale. La mortalità per tutte le cause a un anno è risultata significativamente maggiore per il gruppo TAVR e il divario continua ad aumentare con il tempo. Conclusioni La sostituzione valvolare aortica trans-catetere (TAVR) mostra risultati molto buoni nel breve termine nei pazienti fra 65 e 80 anni di età. Al follow-up a medio termine, tuttavia, i risultati preliminari mostrano un miglior outcome dei pazienti sottoposti a sostituzione valvolare chirurgica, sia in termini di mortalità per qualsiasi causa che di eventi cardiovascolari e cerebrovascolari maggiori.

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Obiettivi: valutare in pazienti con rene singolo congenito la correlazione tra il filtrato glomerulare misurato con il DTPA (DTPA-VFG) e 1) marker laboratoristici di danno renale (creatinina, cistatinaC, proteinuria) 2) formule per stimare il filtrato glomerulare 3) parametri di valutazione della crescita renale ecografica. Materiali e metodi: Sono stati arruolati 118 pazienti con rene singolo congenito tra 0 e 18 anni. Sono stati valutati a ogni visita altezza, creatinina, cistatinaC, proteinuria e lunghezza ecografica renale. E’ stato calcolato il filtrato stimato con formule basate sulla creatinina (Schwartz), sulla cistatina C (Zappitelli, Filler, Grubb e Bokenkamp) e su entrambe (equazione di Zappitelli). La crescita renale è stata valutata come rapporto lunghezza ecografica/altezza corporea (USL/H), differenza percentuale tra lunghezza renale misurata e attesa per età (delta%) e presenza o meno d’ipertrofia compensatoria. In 74 bambini è stata misurata la DTPA-VFG. Risultati: Il follow-up è di 2.1 ± 0.9 anni. Il 65% sono maschi. Nessun paziente ha sviluppato danno renale cronico. La media del DTPA-VFG era di 135±44ml/min/1.73m², il valore medio della creatinina 0.47±0.17mg/dl e di cistatinaC di 1±0.4mg/L. La lunghezza ecografica renale media era di 100±17 mm, il rapporto USL/H medio di 0.8±0,1 e il delta% di 1,13±11,4, il 66% presentava ipertrofia renale. Le uniche correlazioni significative con DTPA-VFG sono inversa con la creatinina (p=<.001) e lineare con USL/H (p=<.001). Discussione: Lo studio ha mostrato che come per altre nefrouropatie, la creatina e l’ecografia renale siano due strumenti validi per il follow-up dei pazienti con rene singolo congenito. Il limite principale è dovuto al fatto che nessuno dei pazienti ha sviluppato danno renale cronico e pertanto non è stato possibile stabilire dei cutt-off di rischio per parametri quali USL/H.

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Le infezioni post trapianto sono una complicanza frequente, tra queste l'infezione da Polyomavirus rappresenta una patologia molto frequente e causa di perdita del graft. Sono stati studiati 70 pazienti portatori di trapianto renale per valutare l'incidenza dell'infezione e la sua prognosi e la risposta alla terapia

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NGAL è considerato dalla comunità scientifica un marcatore di danno renale sia di tipo ischemico che tossico. In questo studio è stato effettuato un follow-up ad un mese di una popolazione sottoposta a trapianto di rene, sono state analizzate la fase post-operatoria e l’immediato periodo di stabilizzazione del trapianto. E' stato osservato l’andamento di NGAL in relazione alle principali variabili incidenti.

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Ricerche nel campo del danno renale acuto e frazioni urinarie escrete. La prima parte verte sull’analisi dei dati provenienti da una casistica di cani con leptospirosi, sono stati confrontati due gruppi di cani, il primo con AKI da leptospirosi e l’altro con AKI per eziologie differenti. In queste due popolazioni di pazienti abbiamo valutato alcuni analiti sierici ed urinari come ad esempio l’escrezione elettrolitica frazionata e biomarker di AKI come NGAL. I cani con leptospirosi, hanno mostrato maggiore kaliuresi e più grave glicosuria rispetto a quelli non affetti da leptospirosi, così come erano più frequentemente glicosurici rispetto agli altri. Questi dati sono in analogia con quanto è riportato nell’uomo e dimostrano un pattern di danno tubulare tipico in corso di questa malattia se paragonato appunto ad altre cause di danno tubulare acuto e AKI La seconda parte riguarda la valutazione della funzionalità renale e del danno renale acuto in cani affetti da insufficienza valvolare mitralica. E’ stata incentrata sul danno renale in corso di cardiopatie e per questa ragione abbiamo pensato di valutare esclusivamente pazienti con MVD per varie ragioni: poiché sono pazienti che si presentano frequentemente nella pratica clinica; la malattia è tipicamente cronica e il paziente rimane stabile a lungo con un andamento progressivo della malattia; questi pazienti possono presentare frequenti episodi di AKI legati allo scompenso cardiaco e/o alla terapia con diuretico 3/o ace-i che questi animali ricevono. Abbiamo valutato prospetticamente l'impatto della terapia orale con furosemide sulla chimica urinaria, nei cani con malattia della valvola mitrale mixomatosa. Tali differenze sono state attribuite all'effetto della terapia con furosemide sugli elettroliti renali. La chimica urinaria è utile per stimare la risposta diuretica nei cani con malattie cardiache. I dati suggeriscono differenze significative tra i diversi stadi ACVIM con particolare riferimento all’escrezione elettrolitica di Sodio, Potassio e Cloro.

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Background I filtri dializzatori ad alto flusso potrebbero mitigare la “tempesta citochinica" nell'infezione da Sars-COV-2, ma il loro impatto nei pazienti in dialisi cronica non è accertato. Lo scopo delle studio è valutare l’effetto del filtro in triacetato asimmetrico di cellulosa (ATA) e in polimetilmetacrilato (PMMA) sui marcatori infiammatori in pazienti in dialisi cronica affetti da SARS-CoV-2. Metodi Si tratta di uno studio prospettico osservazionale su pazienti in trattamento emodialitico cronicp con COVID-19 arruolati da marzo 2020 a Maggio 2021.Le variabili cliniche, la conta leucocitaria, la IL-6, la proteina C-reattiva (PCR), la procalcitonina (PCT) e la ferritina sono state determinate al basale. I valori ematici di PCR, PCT, e IL-6 sono stati determinati pre e post-dialisi per ogni seduta effettuata (i valori ottenuti sono stati corretti per ’emoconcentrazione). I pazienti sono stati trattati con emodiafiltrazione online con un filtro ad alto flusso in PMMA o ATA. L’end-point primario è stato valutare l’effetto dei due filtri sulle molecole infiammatorie, in particolare sulla reduction ratio (RR) della IL-6. Risultati Dei 74 pazienti arruolati, 48 sono trati trattati con filtro ATA e 26 con filtro PMMA (420 vs 191 sedute dialitiche). La RR percentuale mediana della IL-6 è risultata maggiore nel gruppo ATA (17,08% IQR -9,0 - 40.0 vs 2,95% IQR -34,63 – 27,32. Anche le RR percentuale di PCR e PCT sono state maggiori nel gruppo ATA. La regressione logistica multipla avente come variabile dipendente una IL-6RR maggiore del 25%, ha mostrato che ATA determinava una maggiore probabilità di raggiungere l’outcome dopo correzione per i parametri infiammatori pre-dialisi (OR 1,721 95% CI 1,176 – 2,538 p=0,0056). Al contrario una PCR elevata riduceva la probabilità di ottenere una IL-6RR significativa (OR 0,9101 95% CI 0,868 – 0,949, p<0.0001). Conclusioni Nella nostra popolazione il filtro ATA ha mostrato un migliore profilo antiinfiammatorio.