3 resultados para remix
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
La pratica del remix è al giorno d’oggi sempre più diffusa e un numero sempre più vasto di persone ha ora le competenze e gli strumenti tecnologici adeguati per eseguire operazioni un tempo riservate a nicchie ristrette. Tuttavia, nella sua forma audiovisiva, il remix ha ottenuto scarsa attenzione a livello accademico. Questo lavoro esplora la pratica del remix intesa al contempo come declinazione contemporanea di una pratica di lungo corso all’interno della storia della produzione audiovisiva – ovvero il riuso di immagini – sia come forma caratteristica della contemporaneità mediale, atto di appropriazione grassroots dei contenuti mainstream da parte degli utenti. La tesi si articola in due sezioni. Nella prima, l’analisi di tipo teorico e storico-critico è suddivisa in due macro-aree di intervento: da una parte il remix inteso come pratica, atto di appropriazione, gesto di riciclo, decontestualizzazione e risemantizzazione delle immagini mediali che ha attraversato la storia dei media audiovisivi [primo capitolo]. Dall’altra, la remix culture, ovvero il contesto culturale e sociale che informa l’ambiente mediale entro il quale la pratica del remix ha conosciuto, nell’ultimo decennio, la diffusione capillare che lo caratterizza oggi [secondo capitolo]. La seconda, che corrisponde al terzo capitolo, fornisce una dettagliata panoramica su un caso di studio, la pratica del fan vidding. Forma di remix praticata quasi esclusivamente da donne, il vidding consiste nel creare fan video a partire da un montaggio d’immagini tratte da film o serie televisive che utilizza come accompagnamento musicale una canzone. Le vidders, usando specifiche tecniche di montaggio, realizzano delle letture critiche dei prodotti mediali di cui si appropriano, per commentare, criticare o celebrare gli oggetti di loro interesse. Attraverso il vidding il presente lavoro indaga le tattiche di rielaborazione e riscrittura dell’immaginario mediale attraverso il riuso di immagini, con particolare attenzione al remix inteso come pratica di genere.
Resumo:
Come dimostrano i sempre più numerosi casi di cronaca riportati dai notiziari, la preoccupazione per la gestione delle immagini di morte si configura come un nodo centrale che coinvolge spettatori, produttori di contenuti e broadcaster, dato che la sua emersione nel panorama mediale in cui siamo immersi è sempre più evidente. Se la letteratura socio-antropologica è generalmente concorde nel ritenere che, rispetto al passato, oggi la morte si manifesti con meno evidenza nella vita comune delle persone, che tendono a rimuovere i segni della contiguità vivendo il lutto in forma privata, essa è però percepita in modo pervasivo perché disseminata nei (e dai) media. L'elaborato, concentrandosi in maniera specifica sulle produzioni audiovisive, e quindi sulla possibilità intrinseca al cinema – e alle sue forme derivate – di registrare un evento in diretta, tenta di mappare alcune dinamiche di produzione e fruizione considerando una particolare manifestazione della morte: quella che viene comunemente indicata come “morte in diretta”. Dopo una prima ricognizione dedicata alla tensione continua tra la spinta a considerare la morte come l'ultimo tabù e le manifestazioni che essa assume all'interno della “necrocultura”, appare chiaro che il paradigma pornografico risulta ormai inefficace a delineare compiutamente le emersioni della morte nei media, soggetta a opacità e interdizioni variabili, e necessita dunque di prospettive analitiche più articolate. Il fulcro dell'analisi è dunque la produzione e il consumo di precisi filoni quali snuff, cannibal e mondo movie e quelle declinazioni del gore che hanno ibridato reale e fittizio: il tentativo è tracciare un percorso che, a partire dal cinema muto, giunga al panorama contemporaneo e alle pratiche di remix rese possibili dai media digitali, toccando episodi controversi come i Video Nasties, le dinamiche di moral panic scatenate dagli snuff film e quelle di contagio derivanti dalla manipolazione e diffusione delle immagini di morte.
Resumo:
L'oggetto principale di questa tesi è il concetto di fine negli universi seriali. Spesso si intende il “The End” in un romanzo o in un film come un momento climatico, e che i finali sono collegati ad una teleologia che guida il testo nel suo insieme. Come risultato di questo modo di approcciare i finale, una delle opinioni più comuni è simile a quella di Henry James [1884] che diceva: “distribution at the last of prizes, pensions, husbands, wives, babies, millions, appended paragraph, and cheerful remarks”. Ma è molto difficile applicare la posizione di James a un romanzo modernista o a un film postmoderno e ancor ameno ai cosiddetti universi narrativi seriali, in cui la storia si sviluppa lungo decenni. Nel nostro contemporaneo panorama mediale, il testo non è più concepito come un'opera, ma deve essere costruito e concepito come un network, un ecosistema in cui nuove connessioni economiche e nuove relazioni bottom-up modellano una struttura inedita. Questa nuova struttura può riconfigurare il senso del finale e della fine, ma anche per le vast narratives spesso si dice che “Il finale non corrispondeva alla spirito della storia”, “il finale era deludente”. Potremmo sostenere che il concetto di finale sia ancora importante, nonostante sia stato superato dal punto di vista teorico. Per analizzare se il finale è costruito in un maniera non-lineare ma percepito come teleologico, la tesi è strutturata in due parti e di quattro capitoli. Prima parte “Storia” [1. Letteratura; 2. Cinema], seconda “Forme/strutture” [3. Transmedia; 4. Remix]