7 resultados para private-public partnerships

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Although rational models of formal planning have been seriously criticized by strategy literature, they not only remain a widely used organizational practice in private firms, but they have increasingly been entering public, professional organizations too, as part of public sector managerial reforms. This research addresses this apparent paradox, exploring the meaning of formal planning in public sector professional work. Curiously, this is an issue that remains under-investigated in the literature: the long debate on formal planning in strategy research devoted scant attention to its diffusion in the public sector, and public sector studies have scrutinized the introduction of other management tools in professional work, but very limitedly formal planning itself. In fact, little is known on the actual meaning of formal planning in public, professional services. This research is based upon a case of adoption of formal planning tools in a public hospital. Embracing a discourse analytical lens, it examines which formal planning discourse entered professional work, to what extent, and how professionals interpret it and engage with it in their practice. The analysis uncovers dynamics of social construction of meaning where, eventually, a formal planning discourse both shapes and is shaped by professional practice. In particular, it is found that formal planning rationality largely penetrated professional work, but not to the detriment of professional values. Morevover, formal planning ‘fails’ as a tool for rational decision making, but it takes up a knowledge work and a social value in professional work, as a tool for explicitation of action courses and for dialogue between otherwise more disconnected parts of the organization.

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In many communities, supplying water for the people is a huge task and the fact that this essential service can be carried out by the private sector respecting the right to water, is a debated issue. This dissertation investigates the mechanisms through which a 'perceived rights violation' - which represents a specific form of perceived injustice which derives from the violation of absolute moral principles – can promote collective action. Indeed, literature on morality and collective action suggests that even if many people apparently sustain high moral principles (like human rights), only a minority decides to act in order to defend them. Taking advantage of the political situation in Italy, and the recent mobilization for "public water" we hypothesized that, because of its "sacred value", the perceived violation of the right to water facilitates identification with the social movement and activism. Through five studies adopting qualitative and quantitative methods, we confirmed our hypotheses demonstrating that the perceived violation of the right to water can sustain activism and it can influence vote intentions at the referendum for 'public water'. This path to collective action coexists with other 'classical' predictors of collective action, like instrumental factors (personal advantages, efficacy beliefs) and anger. The perceived rights violation can derive both from personal values (i.e. universalism) and external factors (i.e. a mobilization campaign). Furthermore, we demonstrated that it is possible to enhance the perceived violation of the right to water and anger through a specifically designed communication campaign. The final chapter summarizes the main findings and discusses the results, suggesting some innovative line of research for collective action literature.

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L’idea fondamentale da cui prende avvio la presente tesi di dottorato è che sia possibile parlare di una svolta nel modo di concettualizzare e implementare le politiche sociali, il cui fuoco diviene sempre più la costruzione di reti di partnership fra attori pubblici e privati, in cui una serie di soggetti sociali plurimi (stakeholders) attivano fra loro una riflessività relazionale. L’ipotesi generale della ricerca è che, dopo le politiche improntate a modelli statalisti e mercatisti, o un loro mix, nella politica sociale italiana emerga l’esigenza di una svolta riflessiva e relazionale, verso un modello societario, sussidiario e plurale, e che di fatto – specie a livello locale – stiano sorgendo molte iniziative in tal senso. Una delle idee più promettenti sembra essere la creazione di distretti sociali per far collaborare tra loro attori pubblici, privati e di Terzo settore al fine di creare forme innovative di servizi per la famiglia e la persona. La presente tesi si focalizza sul tentativo della Provincia di Trento di distrettualizzare le politiche per la famiglia. Tramite l’analisi del progetto “Trentino – Territorio Amico della Famiglia” e di una sua verticalizzazione, il Distretto Famiglia, si è studiato l’apporto delle partnership pubblico-privato nella formazione di strumenti innovativi di governance che possano determinare una svolta morfogenetica nell’elaborazione di politiche per la famiglia. Le conclusioni del lavoro, attraverso una comparazione tra esperienze territoriali, presentano la differenziazione delle partnership sociali, in base ad alcuni variabili (pluralità di attori, pluralità di risorse, shared project, capitale sociale, decision making, mutual action, logiche di lavoro relazionale, sussidiarietà). Le diverse modalità di gestione delle partnership (capacitante, professionale e generativa) sintetizzano i portati culturali, strutturali e personali coinvolti nelle singole costruzioni. Solo le partnership che interpretano il loro potenziale regolativo e promozionale secondo la riflessività relazionale tendono a generare beni comuni nel contesto sociale.

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La ricerca esamina il ruolo delle imprese che svolgono attività di sicurezza privata in Italia (oggi definita anche "sussidiaria" o "complementare") in relazione allo sviluppo delle recenti politiche sociali che prevedono il coinvolgimento di privati nella gestione della sicurezza in una prospettiva di community safety. Nel 2008/2009 le politiche pubbliche di sicurezza legate al controllo del territorio hanno prodotto norme con nuovi poteri “di polizia” concessi agli amministratori locali e la previsione di associazione di cittadini per la segnalare eventi dannosi alla sicurezza urbana (“ronde”). Nello stesso periodo è iniziata un’importante riforma del settore della sicurezza privata, ancora in fase di attuazione, che definisce le attività svolte dalle imprese di security, individua le caratteristiche delle imprese e fissa i parametri per la formazione del personale. Il quadro teorico del lavoro esamina i concetti di sicurezza/insicurezza urbana e di società del rischio alla luce delle teorie criminologiche legate alla prevenzione situazionale e sociale e alla community policing. La ricerca sul campo si basa sull’analisi del contenuto di diverse interviste in profondità con esponenti del mondo della sicurezza privata (imprenditori, dirigenti, studiosi). Le interviste hanno fatto emergere che il ruolo della sicurezza privata in Italia risulta fortemente problematico; anche la riforma in corso sulla normativa del settore è considerata con scarso entusiasmo a causa delle difficoltà della congiuntura economica che rischia di compromettere seriamente la crescita. Il mercato della sicurezza in Italia è frastagliato e scarsamente controllato; manca un’azione di coordinamento fra le diverse anime della sicurezza (vigilanza privata, investigazione, facility/security management); persiste una condizione di subalternità e di assenza di collaborazione con il settore pubblico che rende la sicurezza privata relegata in un ruolo marginale, lontano dalle logiche di sussidiarietà.

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Il lavoro mira a fornire un complessivo inquadramento dell'istituto della società mista, identificato in primo luogo quale strumento di diritto privato a cui partecipano soggetti pubblici e soggetti privati. L'indagine si svolge su differenti piani di valutazione. Si dà ragione delle caratteristiche peculiari di tale contratto associativo e dei limiti che il nostro ordinamento impone allo sviluppo della figura. L'attenzione si sposta poi sulla specifica declinazione che il modello di società mista ha assunto in ambito europeo attraverso l'analisi del partenariato pubblico privato istituzionalizzato. L'istituto è di particolare interesse perchè individua nella società mista un modello organizzativo dai tratti specifici, all'interno del quale il ruolo del socio privato assume connotazioni e forme non comuni a tutti i modelli societari. La ricerca mira a mostrare come tale figura ha trovato riscontro nell'ordinamento interno e quali possibili sviluppi la stessa possa trovare in differenti campi della vita economica. In questi termini, si cerca di valutare quale sia l'incidenza delle procedure competitive nella costituzione e nella vita della società mista ed in che termini lo svolgimento delle attività affidate al socio privato debba essere inquadrato all'interno del rapporto di partenariato. Sul punto è centrale la declinazione fornita all'istituto in relazione ad uno specifico ambito di attività: i servizi pubblici locali di rilevanza economica. In questo contesto, particolarmente rilevante sul piano sistematico è la ricerca di un equilibrio tra il rispetto delle disciplina posta a tutela della concorrenza, ed il perseguimento delle finalità che hanno portato alla scelta di costruire una società mista. La scelta in favore di tale modello organizzativo pare infatti giustificata solo qualora essa apporti un reale vantaggio nella gestione del servizio e la realizzazione di concrete sinergie positive.

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In the last decades, medical malpractice has been framed as one of the most critical issues for healthcare providers and health policy, holding a central role on both the policy agenda and public debate. The Law and Economics literature has devoted much attention to medical malpractice and to the investigation of the impact of malpractice reforms. Nonetheless, some reforms have been much less empirically studied as in the case of schedules, and their effects remain highly debated. The present work seeks to contribute to the study of medical malpractice and of schedules of noneconomic damages in a civil law country with a public national health system, using Italy as case study. Besides considering schedules and exploiting a quasi-experimental setting, the novelty of our contribution consists in the inclusion of the performance of the judiciary (measured as courts’ civil backlog) in the empirical analysis. The empirical analysis is twofold. First, it investigates how limiting compensations for pain and suffering through schedules impacts on the malpractice insurance market in terms of presence of private insurers and of premiums applied. Second, it examines whether, and to what extent, healthcare providers react to the implementation of this policy in terms of both levels and composition of the medical treatments offered. Our findings show that the introduction of schedules increases the presence of insurers only in inefficient courts, while it does not produce significant effects on paid premiums. Judicial inefficiency is attractive to insurers for average values of schedules penetration of the market, with an increasing positive impact of inefficiency as the territorial coverage of schedules increases. Moreover, the implementation of schedules tends to reduce the use of defensive practices on the part of clinicians, but the magnitude of this impact is ultimately determined by the actual degree of backlog of the court implementing schedules.

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Depending on the regulatory regime they are subject to, governments may or may not be allowed to hand out state aid to private firms. The economic justification for state aid can address several issues present in the competition for capital and the competition for transfers from the state. First, there are principal-agent problems involved at several stages. Self-interested politicians might enter state aid deals that are the result of extensive rent-seeking activities of organized interest groups. Thus the institutional design of political systems will have an effect on the propensity of a jurisdiction to award state aid. Secondly, fierce competition for firm locations can lead to over-spending. This effect is stronger if the politicians do not take into account the entirety of the costs created by their participation in the firm location race. Thirdly, state aid deals can be incomplete and not in the interest of the citizens. This applies if there are no sanctions if firms do not meet their obligations from receiving aid, such as creating a certain number of jobs or not relocating again for a certain amount of time. The separation of ownership and control in modern corporations leads to principal-agent problems on the side of the aid recipient as well. Managers might receive personal benefits from subsidies, the use of which is sometimes less monitored than private finance. This can eventually be to the detriment of the shareholders. Overall, it can be concluded that state aid control should also serve the purpose of regulating the contracting between governments and firms. An extended mandate for supervision by the European Commission could include requirements to disincentive the misuse of state aid. The Commission should also focus on the corporate governance regime in place in the jurisdiction that awards the aid as well as in the recipient firm.