4 resultados para plans and pension funds

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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La tesi si articola in tre capitoli. Il primo dà conto del dibattito sorto attorno alla problematica dell’inquadramento della previdenza complementare nel sistema costituzionale dell’art. 38 Cost. che ha diviso la dottrina tra quanti hanno voluto ricondurre tale fenomeno al principio di libertà della previdenza privata di cui all’ art. 38, comma 5, Cost. e quanti lo hanno invece collocato al 2° comma della stessa norma, sulla base di una ritenuta identità di funzioni tra previdenza pubblica e previdenza complementare. Tale ultima ricostruzione in particolare dopo la c.d. Riforma “Amato” è culminata nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, che ha avuto modo di pronunciarsi sulla questione con una serie di pronunce sulla vicenda del c.d. “contributo sul contributo” e su quella della subordinazione dei requisiti di accesso alle prestazioni pensionistiche complementari alla maturazione dei requisiti previsti dal sistema obbligatorio. Il capitolo successivo si occupa della verifica della attualità e della coerenza dell’impostazione della Corte Costituzionale alla luce dell’evoluzione della disciplina dei fondi pensione. Nel terzo capitolo, infine, vengono affrontate alcune questioni aperte in relazione ai c.d. fondi pensione “preesistenti” suscettibili di sollevare preoccupazioni circa la necessità di garantire le aspettative e i diritti dei soggetti iscritti.

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Il presupposto della ricerca consiste nel riconosciuto valore storico-testimoniale e identitario e in un significativo potenziale d’indicazione pianificatoria e progettuale che detengono in sé i segni del paesaggio rurale tradizionale. Allo stato attuale, sebbene tali valori vengano ampiamente affermati sia nell’ambiente normativo-amministrativo che in quello scientifico, è tuttora riscontrabile una carenza di appropriati metodi e tecniche idonei a creare opportuni quadri conoscitivi per il riconoscimento, la catalogazione e il monitoraggio dei paesaggi rurali tradizionali a supporto di politiche, di piani e di progetti che interessano il territorio extraurbano. La ricerca si prefigge l’obiettivo generale della messa a punto di un set articolato ed originale di strumenti analitici e interpretativi di carattere quantitativo idonei per lo studio delle trasformazioni fisiche dei segni del paesaggio rurale tradizionale e per la valutazione del loro grado di integrità e rilevanza alla scala dell’azienda agricola. Tale obiettivo primario si è tradotto in obiettivi specifici, il cui conseguimento implica il ricorso ad un caso studio territoriale. A tal proposito è stato individuato un campione di 11 aziende agricole assunte quali aree studio, per una superficie complessiva pari all’incirca 200 ha, localizzate nel territorio dell’alta pianura imolese (Emilia-Romagna). L’analisi e l’interpretazione quantitativa delle trasformazioni fisiche avvenute a carico dei sopraccitati segni sono state condotte a decorrere da prima dell’industrializzazione all’attualità e per numerosi istanti temporali. Lo studio si presenta sia come contributo di metodo concernente la lettura diacronica dei caratteri tradizionali spaziali e compositivi del territorio rurale, sia come contributo conoscitivo relativo alle dinamiche evolutive dei paesaggi tradizionali rurali dell’area indagata.

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Questo lavoro si occupa di studiare l’effetto delle rappresentazioni sociali della musica degli studenti universitari che diventeranno insegnanti di scuola dell’infanzia e in particolare i cambiamenti che intervengono durante il periodo di formazione universitaria sia italiana sia venezuelana. Obiettivo fondamentale è quindi realizzare un’analisi comparativa sulle seguenti tematiche: bambino musicale, competenze dell’insegnante e finalità dell’educazione musicale. Questo lavoro si è inserito all’interno del progetto “Il sapere musicale come rappresentazione sociale” (Addessi-Carugati 2010). L’ipotesi guida è che le concezioni implicite della musica funzionino come rappresentazioni sociali che influenzano le pratiche dell’insegnamento e dell’educazione musicale. Il primo capitolo, affronta i temi dei bambini, degli insegnanti e dell’educazione musicale nella scuola dell’infanzia in Italia e Venezuela. Nel secondo vengono presentati gli studi sui saperi musicali; la teoria delle rappresentazioni sociali (Moscovici 1981) e il progetto pilota realizzato presso l’Università di Bologna “Il sapere musicale come Rappresentazione Sociale”. Il capitolo successivo presenta l'analisi e l'interpretazione dell’indagine empirica effettuata su un gruppo di studenti dei corsi di formazione per insegnanti dell’Università di Mérida (Venezuela). Nel quarto capitolo si sviluppano riflessioni e discussioni riguardo i risultati dello studio comparativo; i piani e programmi di studio universitari e il profilo professionale musicale dell’insegnante. Le conclusioni finali illustrano come l’ipotesi iniziale sia effettivamente confermata: dall’analisi e interpretazione dei dati sembra che le concezioni implicite sui saperi musicali possedute dagli studenti influiscano sulla loro pratica professionale in qualità di futuri insegnanti. Si è anche osservato che le differenze incontrate sembrano essere dovute ai diversi tipi di variabili del contesto dove si trova l’insegnante di educazione musicale; e soprattutto ai significati espressi dai programmi di studi, dai contenuti didattici diversi, dai contesti sociali e culturali e dal curriculum universitario.

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La tesi ha come oggetto il rinnovamento urbano che fu realizzato a Faenza per opera del suo signore Carlo II Manfredi tra il 1468 e il 1477, d’accordo con il fratello, il vescovo Federico. La prima opera realizzata da Carlo fu il portico a due livelli che dotò di una nuova facciata il suo palazzo di residenza, di origini medievali. Questa architettura sarebbe stata il preludio di un riordino generale della piazza principale della città, probabilmente allo scopo di ricreare un foro all’antica, come prescritto dai trattati di Vitruvio e di Alberti. L’aspetto originale del loggiato rinascimentale, desumibile da documentazione archivistica e iconografica, permette di attribuirlo con una certa probabilità a Giuliano da Maiano. Oltre alla piazza, Carlo riformò profondamente il tessuto urbano, demolendo molti portici lignei di origine medievale, rettificando le principali strade, completando la cerchia muraria. Federico Manfredi nel 1474 diede inizio alla fabbrica della Cattedrale, ricostruita dalle fondamenta su progetto dello stesso Giuliano da Maiano. L’architettura della chiesa ha uno stile largamente debitore all’architettura sacra di Brunelleschi, ma con significative differenze (come la navata definita da un’alternanza tra pilastri e colonne, o la copertura composta da volte a vela). L’abside della cattedrale, estranea al progetto maianesco, fu realizzata nel 1491-92 e mostra alcuni dettagli riconducibili alla coeva architettura di Bramante. A Faenza si realizza in un periodo di tempo brevissimo una profonda trasformazione del volto della città: loggiato, riforma della piazza, riordino delle strade, una nuova cattedrale, tutto contribuisce a dare lustro ai Manfredi e a fare di Faenza una città moderna e in cui si mettono in pratica, forse per la prima volta nell’Italia settentrionale, i dettami di Vitruvio e di Alberti.