6 resultados para performativity of speech

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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This research focuses on the definition of the complex relationship that exists between theory and project, which - in the architectural work by Oswald Mathias Ungers - is based on several essays and on the publications that - though they have never been collected in an organic text - make up an articulated corpus, so that it is possible to consider it as the foundations of a theory. More specifically, this thesis deals with the role of metaphor in Unger’s theory and its subsequent practical application to his projects. The path leading from theoretical analysis to architectural project is in Ungers’ view a slow and mediated path, where theory is an instrument without which it would not be possible to create the project's foundations. The metaphor is a figure of speech taken from disciplines such as philosophy, aesthetics, linguistics. Using a metaphor implies a transfer of meaning, as it is essentially based on the replacement of a real object with a figurative one. The research is articulated in three parts, each of them corresponding to a text by Ungers that is considered as crucial to understand the development of his architectural thinking. Each text marks three decades of Ungers’ work: the sixties, seventies and eighties. The first part of the research deals with the topic of Großform expressed by Ungers in his publication of 1966 Grossformen im Wohnungsbau, where he defines four criteria based on which architecture identifies with a Großform. One of the hypothesis underlying this study is that there is a relationship between the notion of Großform and the figure of metaphor. The second part of the thesis analyzes the time between the end of the sixties and the seventies, i.e. the time during which Ungers lived in the USA and taught at the Cornell University of Ithaca. The analysis focuses on the text Entwerfen und Denken in Vorstellungen, Metaphern und Analogien, written by Ungers in 1976, for the exhibition MAN transFORMS organized in the Cooper - Hewitt Museum in New York. This text, through which Ungers creates a sort of vocabulary to explain the notions of metaphor, analogy, signs, symbols and allegories, can be defined as the Manifesto of his architectural theory, the latter being strictly intertwined with the metaphor as a design instrument and which is best expressed when he introduces the 11 thesis with P. Koolhaas, P. Riemann, H. Kollhoff and A. Ovaska in Die Stadt in der Stadt in 1977. Berlin das grüne Stadtarchipel. The third part analyzes the indissoluble tie between the use of metaphor and the choice of the topic on which the project is based and, starting from Ungers’ publication in 1982 Architecture as theme, the relationship between idea/theme and image/metaphor is explained. Playing with shapes requires metaphoric thinking, i.e. taking references to create new ideas from the world of shapes and not just from architecture. The metaphor as a tool to interpret reality becomes for Ungers an inquiry method that precedes a project and makes it possible to define the theme on which the project will be based. In Ungers’ case, the architecture of ideas matches the idea of architecture; for Ungers the notions of idea and theme, image and metaphor cannot be separated from each other, the text on thematization of architecture is not a report of his projects, but it represents the need to put them in order and highlight the theme on which they are based.

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La tesi di ricerca si propone di esaminare due tipologie della canzone sociale nel XIX secolo, ed in particolare attorno al 1848. Lo studio del canto nei contesti presi in esame (l’Italia e la Francia) viene analizzato attraverso due piste di ricerca parallele tra loro. Da una parte si è utilizzato il concetto di sociabilité per conoscere i luoghi di produzione e di diffusione del canto (l’importanza della strada, dell’osteria, delle goguette parigine, degli chansonniers des rues e dei cantastorie) e le circostanze di utilizzazione della canzone (la canzone in quanto forma d’espressione orale ma anche come scrittura murale, foglio volante e volantino). Dall’altra l’analisi si è focalizzata sui contenuti dei testi musicali per mette in luce le differenti tematiche, le immagini linguistiche e le figure retoriche cantate dall’artigiano-operaio per far emergere le differenze dell’idea di nazione tra i due contesti presi in esame. L’attenzione posta alla comparazione condurrà all’evidenziazione di punti di contatto tra le due nazioni. Il canto, infatti, costituisce un terreno privilegiato per comprendere l’immagine dell’“altro”: quale immagine possedevano i lavoratori francesi dell’Italia risorgimentale? E gli artigiani italiani come percepivano la nazione francese? Il canto viene analizzato non solamente come un “testo” ma anche come una “pratica sociale”. Queste operazioni permetteranno di sondare più in profondità la funzione sociale svolta dalla canzone all’interno della cultura popolare e la sua importanza in quanto forma d’espressione e vettore di politicizzazione. La duplice utilizzazione del canto, in quanto “testo” e “pratica”, consente di inserire la ricerca all’interno di un filone storiografico che dalla storia sociale si muove a quella culturale. La canzone sociale rappresenta un fertile terreno di ricerca, non solamente all’interno di un singolo territorio nazionale, ma possiede un prezioso valore euristico in funzione comparativa.

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La presente indagine mira ad esaminare, in chiave innovativa, i rapporti tra l’Europa ed un reato prettamente europeo: il negazionismo. Sviluppatosi in maniera assolutamente predominante nel nostro continente, le ragioni della sua diffusione sono molteplici. Al di là della lotta a razzismo ed antisemitismo, il motivo principale va identificato nel ruolo “fondativo” che riveste la memoria dell’Olocausto in Europa, collocata nel cuore dell’universo valoriale su cui si reggono i due principali attori europei, ovverosia l’Unione europea e la Corte europea dei diritti dell’uomo. La ricerca, dunque, ruota attorno a due poli tematici. Da un lato, sono state esaminate le politiche normative dell’Unione europea in materia di razzismo e xenofobia, entro cui spicca la promozione dell’incriminazione del negazionismo “allargato”, cioè esteso alle condotte di negazione non solo dell’Olocausto, ma anche degli altri crimini internazionali. Dall’altro lato, l’analisi della trentennale giurisprudenza della Corte di Strasburgo in materia ha evidenziato come, con riguardo alle manifestazioni negazioniste, sia stato elaborato uno “statuto speciale”, che si risolve nel perentorio diniego di tutela per questa categoria di opinioni, sottratte a monte all’ordinario giudizio di bilanciamento in quanto giudicate incompatibili con i valori sottesi alla CEDU. Lo scopo di questo lavoro riposa nel tentativo di individuare le interazioni tra questi due sistemi istituzionali, per interpretare una tendenza che converge con nettezza verso un incremento della repressione penale della parola. Da questo complesso intreccio di norme e principi, di hard law e soft law, sarà possibile enucleare la natura giuridica ed il contenuto delle richieste di incriminazione rivolte agli Stati membri. Una volta appurato che agli Stati è concesso di restringere il campo di applicazione del reato di negazionismo, adottando degli indici di pericolosità delle condotte, sarà analizzata la tenuta di questi “elementi opzionali del reato” alla luce dei principi penalistici di tassatività, materialità, offensività e laicità.

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En la sociedad europea crece la preocupación por el retorno de tendencias fascistas y neonazis y por la extensión de ideologías xenófobas y antisemitas, algunas de ellas alimentadas a partir de tesis de negacionistas de aquellos trágicos eventos de nuestra historia reciente. La lucha frente a los discursos negacionistas se ha llevado más allá del ámbito social y académico, y se ha propuesto la incorporación en los ordenamientos jurídicos europeos de tipos penales específicos que incriminan este tipo de discurso: negar, banalizar, o justificar el Holocausto u otros genocidios o graves crímenes contra la humanidad. Esta legislación, que encuentra su mayor expresión en la Decisión marco 2008/913/JAI, aunque castiga un discurso socialmente repugnante, sin embargo presenta dudas en cuanto a su legitimidad con un sistema de libertades erigido sobre el pilar del pluralismo propio de los Estados democráticos. Surge así la cuestión de si pueden estar surgiendo «nuevos» delitos de opinión y a ello se dedica entonces la presente tesis. El objetivo concreto de este trabajo será analizar esta política-criminal para proponer una configuración del delito de negacionismo compatible con la libertad de expresión, aunque se cuestionará la conveniencia de castigar penalmente a través de un específico delito este tipo de conductas. En particular se pretende responder a tres preguntas: en primer lugar, ¿el discurso negacionista debe ampararse prima facie por la libertad de expresión en un ordenamiento abierto y personalista y cuáles podrían ser las «reglas» que podrían servir como criterio para limitar este género de manifestaciones? La segunda pregunta sería entonces: ¿Cómo podría construirse un tipo penal respetuoso con los principios constitucionales y penales que específicamente incriminara este género de conductas? Y, como última pregunta: ¿Es conveniente o adecuada una política criminal que lleve a crear un específico delito de negacionismo?

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La tesi analizza la rappresentazione del maquis nella letteratura spagnola contemporanea, scritti in castigliano e pubblicati dal 1985 ad oggi. La tesi si articola in tre capitoli: il primo presenta a livello teorico la metodologia e gli strumenti utilizzati nello svolgimento dello studio, ed è incentrato innanzitutto sul tentativo di definizione e catalogazione dei romanzi del maquis, con una particolare attenzione alla temperie culturale cui fanno riferimento, presentando le estetiche postmoderna e neomoderna e cercando di situare le opere narrative facenti parte del corpus della ricerca. Nel secondo capitolo è centrale in cambio l’analisi dei rapporti tra Storia e narrazione: oltre a concentrarsi sul dibattito interdisciplinare circa le connessioni tra la Storia e la narrativa, si cerca di dar conto dei riflessi di questa riflessione contemporanea all’interno delle opere facenti parte del corpus. Infine, il terzo capitolo riguarda l’analisi delle metafore animali rintracciabili nei romanzi sul maquis scelti, concentrandosi principalmente su Luna de lobos di Julio Llamazares e La agonía del búho chico di Justo Vila. L’impiego di questa figura retorica, che si ritrova in vari gradi in tutte le opere narrative scelte, risponde tanto ad una ricerca di verosimiglianza quanto alle modalità di rappresentazione della realtà empirica, riportando l’attenzione sui metodi atti alla figurazione e all’accesso alla conoscenza del mondo. La proposta di un cambio di paradigma estetico e narrativo in atto nella letteratura contemporanea spagnola cerca quindi una conferma nel momento dell’analisi, attraverso la quale si cerca di indagare se, e in che misura, il romanzo sul maquis si inserisce nel dibattito letterario odierno, e quanto contribuisce allo sviluppo del medesimo paradigma estetico in via di definizione – quello neomoderno –, cercando una conferma che si basa sulla presenza di quelle tematiche segnalate nel momento della discussione teorica e metodologica come tratti basilari e strutturanti le opere.

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En este estudio se han investigado algunas líneas poéticas de la poesía chilena desde la vanguardia hasta los Ochenta. La perspectiva asumida ha dado relevancia a algunas de las obras que más claramente han instaurado una relación profunda con su propio tiempo y que han incorporado en su enunciación y retórica fenómenos vinculados con los eventos socio-culturales y con los procesos histórico-políticos. Se han analizado algunas obras poéticas y de carácter crítico de Vicente Huidobro, Nicanor Parra, Enrique Lihn, Juan Luis Martínez y Raúl Zurita. En su corpus textual se ha podido verificar la formulación de actos lingüísticos que connotan el sentido de la poesía como vehículo privilegiado para la producción de significantes y contenidos. La concepción de la poesía como testimonio y memoria escritural de una comunidad hablante, así como de desafío a la memoria del lector, son las premisas que articulan el trabajo: la relación entre escritura y realidad, entre escritura e ideología y entre las distintas declinaciones de la cuestión en torno al binomio arte-vida. La componente ética que caracteriza en particular las obras de Lihn y Zurita, surge de la urgencia de elaborar el trauma del golpe de Estado, de la violencia, de la pérdida y la marginación social.