5 resultados para peptidi, autoassemblanti

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Herpes simplex virus entry into cells requires a multipartite fusion apparatus made of gD, gB and heterodimer gH/gL. gD serves as receptor-binding glycoprotein and trigger of fusion; its ectodomain is organized in a N-terminal domain carrying the receptor-binding sites, and a C-terminal domain carrying the profusion domain, required for fusion but not receptor-binding. gB and gH/gL execute fusion. To understand how the four glycoproteins cross-talk to each other we searched for biochemical defined complexes in infected and transfected cells, and in virions. We report that gD formed complexes with gB in absence of gH/gL, and with gH/gL in absence of gB. Complexes with similar composition were formed in infected and transfected cells. They were also present in virions prior to entry, and did not increase at virus fusion with cell. A panel of gD mutants enabled the preliminary location of part of the binding site in gD to gB to the aa 240-260 portion and downstream, with T306P307 as critical residues, and of the binding site to gH/gL at aa 260-310 portion, with P291P292 as critical residues. The results indicate that gD carries composite independent binding sites for gB and gH/gL, both of which partly located in the profusion domain. The second part of the project dealt with rational design of peptides inhibiting virus entry has been performed. Considering gB and gD, the crystal structure is known, so we designed peptides that dock in the structure or prevent the adoption of the final conformation of target molecule. Considering the other glycoproteins, of which the structure is not known, peptide libraries were analyzed. Among several peptides, some were identified as active, designed on glycoprotein B. Two of them were further analyzed. We identified peptide residues fundamental for the inhibiting activity, suggesting a possible mechanism of action. Furthermore, changing the flexibility of peptides, an increased activity was observed,with an EC50 under 10μM. New approaches will try to demonstrate the direct interaction between these peptides and the target glycoprotein B.

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Lo scheletro è un tessuto dinamico, capace di adattarsi alle richieste funzionali grazie a fenomeni di rimodellamento ed alla peculiare proprietà rigenerativa. Tali processi avvengono attraverso l’azione coordinata di osteoclasti ed osteoblasti. Queste popolazioni cellulari cooperano allo scopo di mantenere l’ equilibrio indispensabile per garantire l’omeostasi dello scheletro. La perdita di tale equilibrio può portare ad una diminuzione della massa ossea e, ad una maggiore suscettibilità alle fratture, come avviene nel caso dell’osteoporosi. E’ noto che, nella fisiopatologia dell’osso, un ruolo cruciale è svolto da fattori endocrini e paracrini. Dati recenti suggeriscono che il rimodellamento osseo potrebbe essere influenzato dal sistema nervoso. L’ipotesi è supportata dalla presenza, nelle vicinanze dell’osso, di fibre nervose sensoriali responsabili del rilascio di alcuni neuro peptidi, tra i quali ricordiamo la sostanza P. Inoltre in modelli animali è stato dimostrato il diretto coinvolgimento del sistema nervoso nel mantenimento dell’omeostasi ossea, infatti ratti sottoposti a denervazione hanno mostrato una perdita dell’equilibrio esistente tra osteoblasti ed osteoclasti. Per tali ragioni negli ultimi anni si è andata intensificando la ricerca in questo campo cercando di comprendere il ruolo dei neuropeptidi nel processo di differenziamento dei precursori mesenchimali in senso osteogenico. Le cellule stromali mesenchimali adulte sono indifferenziate multipotenti che risiedono in maniera predominante nel midollo osseo, ma che possono anche essere isolate da tessuto adiposo, cordone ombelicale e polpa dentale. In questi distretti le MSC sono in uno stato non proliferativo fino a quando non sono richieste per processi locali di riparo e rigenerazione tessutale. MSC, opportunamente stimolate, possono differenziare in diversi tipi di tessuto connettivo quali, tessuto osseo, cartilagineo ed adiposo. L’attività di ricerca è stata finalizzata all’ottimizzazione di un protocollo di espansione ex vivo ed alla valutazione dell’influenza della sostanza P, neuropeptide presente a livello delle terminazioni sensoriali nelle vicinanze dell’osso, nel processo di commissionamento osteogenico.

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Inflammatory Bowel Diseases (IBD) are intestinal chronic relapsing diseases which ethiopathogenesis remains uncertain. Several group have attempted to study the role of factors involved such as genetic susceptibility, environmental factors such as smoke, diet, sex, immunological factors as well as the microbioma. None of the treatments available satisfy several criteria at the same time such as safety, long-term remission, histopatological healing, and specificity. We used two different approaches for the development of new therapeutic treatment for Inflammatory Bowel Disease. The first is focused on the understanding of the potential role of functional food and nutraceuticals nutrients in the treatment of IBD. To do so, we investigated the role of Curcuma longa in the treatment of chemical induced colitis in mice model. Since Curcma Longa has been investigated for its antinflammatory role related to the TNFα pathway as well investigators have reported few cases of patients with ulcerative colites treated with this herbs, we harbored the hypothesis of a role of Curcuma Longa in the treatment f IBD as well as we decided to assess its role in intestinal motility. The second part is based on an immunological approach to develop new drugs to induce suppression in Crohn’s disease or to induce mucosa immunity such as in colonrectal tumor. The main idea behind this approach is that we could manipulate relevant cell-cell interactions using synthetic peptides. We demonstrated the role of the unique interaction between molecules expressed on intestinal epithelial cells such as CD1d and CEACAM5 and on CD8+ T cells. In normal condition this interaction has a role for the expansion of the suppressor CD8+ T cells. Here, we characterized this interaction, we defined which are the epitope involved in the binding and we attempted to develop synthetic peptides from the N domain of CEACAM5 in order to manipulate it.

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Con il termine IPC (precondizionamento ischemico) si indica un fenomeno per il quale, esponendo il cuore a brevi cicli di ischemie subletali prima di un danno ischemico prolungato, si conferisce una profonda resistenza all’infarto, una delle principali cause di invalidità e mortalità a livello mondiale. Studi recenti hanno suggerito che l’IPC sia in grado di migliorare la sopravvivenza, la mobilizzazione e l’integrazione di cellule staminali in aree ischemiche e che possa fornire una nuova strategia per potenziare l’efficacia della terapia cellulare cardiaca, un’area della ricerca in continuo sviluppo. L’IPC è difficilmente trasferibile nella pratica clinica ma, da anni, è ben documentato che gli oppioidi e i loro recettori hanno un ruolo cardioprotettivo e che attivano le vie di segnale coinvolte nell’IPC: sono quindi candidati ideali per una possibile terapia farmacologica alternativa all’IPC. Il trattamento di cardiomiociti con gli agonisti dei recettori oppioidi Dinorfina B, DADLE e Met-Encefalina potrebbe proteggere, quindi, le cellule dall’apoptosi causata da un ambiente ischemico ma potrebbe anche indurle a produrre fattori che richiamino elementi staminali. Per testare quest’ipotesi è stato messo a punto un modello di “microambiente ischemico” in vitro sui cardiomioblasti di ratto H9c2 ed è stato dimostrato che precondizionando le cellule in modo “continuativo” (ventiquattro ore di precondizionamento con oppioidi e successivamente ventiquattro ore di induzione del danno, continuando a somministrare i peptidi oppioidi) con Dinorfina B e DADLE si verifica una protezione diretta dall’apoptosi. Successivamente, saggi di migrazione e adesione hanno mostrato che DADLE agisce sulle H9c2 “ischemiche” spronandole a creare un microambiente capace di attirare cellule staminali mesenchimali umane (FMhMSC) e di potenziare le capacità adesive delle FMhMSC. I dati ottenuti suggeriscono, inoltre, che la capacità del microambiente ischemico trattato con DADLE di attirare le cellule staminali possa essere imputabile alla maggiore espressione di chemochine da parte delle H9c2.