2 resultados para interest groups

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Depending on the regulatory regime they are subject to, governments may or may not be allowed to hand out state aid to private firms. The economic justification for state aid can address several issues present in the competition for capital and the competition for transfers from the state. First, there are principal-agent problems involved at several stages. Self-interested politicians might enter state aid deals that are the result of extensive rent-seeking activities of organized interest groups. Thus the institutional design of political systems will have an effect on the propensity of a jurisdiction to award state aid. Secondly, fierce competition for firm locations can lead to over-spending. This effect is stronger if the politicians do not take into account the entirety of the costs created by their participation in the firm location race. Thirdly, state aid deals can be incomplete and not in the interest of the citizens. This applies if there are no sanctions if firms do not meet their obligations from receiving aid, such as creating a certain number of jobs or not relocating again for a certain amount of time. The separation of ownership and control in modern corporations leads to principal-agent problems on the side of the aid recipient as well. Managers might receive personal benefits from subsidies, the use of which is sometimes less monitored than private finance. This can eventually be to the detriment of the shareholders. Overall, it can be concluded that state aid control should also serve the purpose of regulating the contracting between governments and firms. An extended mandate for supervision by the European Commission could include requirements to disincentive the misuse of state aid. The Commission should also focus on the corporate governance regime in place in the jurisdiction that awards the aid as well as in the recipient firm.

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Nel 1932 Ernst Robert Curtius pubblica il pamphlet politico culturale Deutscher Geist in Gefahr nel quale chiarisce il suo pensiero di fronte alla grave crisi in cui versa la Germania. Egli si schiera contro le posizioni di destra del suo tempo, delle quali critica apertamente la boria nazionalista, il rozzo antisemitismo e la creazione di un mito nazionale elaborato come strumento di manipolazione dell’opinione pubblica. Ritiene inoltre inaccettabili le posizioni rivoluzionarie, tanto di destra quanto di sinistra, che vogliono liberarsi della tradizione umanistica europea e disprezzano la Zivilisation francese; allo stesso modo rifiuta l’ideale di un germanesimo eroico avulso dalla storia europea e respinge infine tutte le forme di nichilismo che si risolvono in un atteggiamento di indifferenza nei confronti della realtà, dei valori e della storia. Curtius accetta il sistema democratico come unica soluzione e ritiene che le decisioni politiche debbano mirare al bene di tutti i ceti sociali indipendentemente dagli interessi di partiti e di singoli gruppi. Rifiuta qualunque forma, anche culturale, di supremazia della Germania, aspira a un’Europa cosmopolita, le cui nazioni siano valorizzate nelle loro caratteristiche specifiche, ed è convinto che per la costruzione della pace gli europei debbano vivere, studiare e lavorare insieme imparando gli uni le lingue degli altri. Per Curtius l’Umanesimo della tradizione classica e la letteratura del Medioevo sono parte integrante della vita di ogni europeo e fonte di energie spirituali per affrontare in modo creativo il presente e il futuro.